giuliano

lunedì 27 giugno 2022

STORIE ERETICHE (14)

 










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del 27 Giugno.... (13) 


Si raccomanda di curarsi 


con naturalezza







Come interpretare questa variazione?

 

A prima vista sembrerebbe ovvio supporre che, di fronte al prolungarsi degli interrogatori e alla nuova incarcerazione, il Gasparutto abbia tentato di districarsi dalle maglie dell’inquisizione accentuando ulteriormente le motivazioni cristiane della sua ‘professione’ con l’inserzione del motivo dell’angelo, senza avvedersi di aggravare così la propria posizione.

 

Il Gasparutto ha appena finito di parlare dell’apparizione dell’angelo ‘tutto d’oro’, che l’inquisitore insinua con repentina brutalità: ‘che cosa vi promesse, donne, da mangiare, salti et che cosa?’.

 

E’ bastato l’accenno all’angelo, fatto da Paolo per convincere fra’ Felice del carattere effettivamente diabolico dei ‘giochi’ dei benandanti, e della loro identità con il sabba…

 

Il Gasparutto nega recisamente, e si difende attribuendo le accuse che gli vengono mosse agli altri, ai nemici, agli stregoni: ‘non mi promesse alcuna cosa, ma quelli altri ballano et saltano, et gli ho visti perché combattemo con loro’.

 

Allora l’inquisitore attacca un altro caposaldo della narrazione di Paolo: ‘dove andò il Spirito vostro quando l’angelo vi chiamò?’.

 

‘Uscì fuora, perché nel corpo non può parlare’, rispose Paolo.




Ed il dialogo si fa serrato: ‘chi vi ha detto che ’l Spirito esca di fora acciò parli con l’angelo?’.

 

‘L’angelo medesimo me l’ha detto’.

 

‘Quante volte avete visto questo angelo?’.

 

‘Ogni volta che io andava fora, perché sempre veneva con me’ (e poco dopo aggiungerà: ‘lui sta in persona apresso la nostra bandiera’)’.

Finora si era avuto quasi un monologo del Gasparutto rotto solamente da richieste di chiarimenti da parte dell’inquisitore. Finché i racconti dei ‘giochi’ notturni dei benandanti rivelavano una realtà sconcertante, lievemente sospetta, ma comunque non inquadrabile nei consueti schemi demonologici, fra’ Felice aveva mantenuto un atteggiamento passivo, misto di stupore e di distaccata curiosità.

 

Ora, di fronte allo spiraglio insperatamente offerto da Gasparutto, la tecnica dell’interrogatorio cambia, diventa palesemente suggestiva…




(ed intimidatoria, in riferimento a ciò dobbiamo considerare il fine dell’inquisitore, il quale non solo vigile pastore e custode dell’Anima quanto dello Spirito, di ogni Anima e Spirito, - ieri come oggi con prassi invariata ad altri delegata e comandata ed ugualmente ed efficacemente abdicata ad una più moderna tecnica altrettanto vigile alla coscienza innestata e controllata, ed in cui lo Spirito costretto ad un ‘sogno’ materiale a lui avverso, ‘comandato’ e ‘innestato’ a forza d’una falsa ragione della vigilata Coscienza; non si dimentichi, altresì, l’interesse puramente materiale dell’aspetto, o meglio, gli aspetti, che la stessa ‘Orwelliana’ inquisizione incarna nei confronti degli ‘interessi’ puramente terreni dell’inquisito…):

 

l’inquisitore vuole ad ogni costo far aderire le confessioni del benandante al modello (telogico ed in futuro ‘psicologico’) di cui dispone il suo manuale: il sabba.

 

Dapprima egli inquina subdolamente la figura dell’angelo con attributi demoniaci: ‘quando vi appare overo si parte da voi, vi spaventa questo angelo?’; Paolo ribatte puntigliosamente: ‘non ne spaventa mai, ma quando ci partemo dalla squadra ne dà la beneditione’.

 

‘Questo angelo non si fa adorare?’.


‘L’adoramo sì come adoriamo il nostro signor Jesu Cristo in chiesa’.




Allora fra’ Felice cambia discorso: ‘vi mena quest’angelo dove è quel altro in quella bella sedia?’.

 

Inutile dire che nel racconto del Gasparutto mancava qualsiasi accenno a diavoli o a sedie; ma la risposta anche questa volta è prontissima, e venata d’indignazione: ‘ma ’l non è della nostra lega, Dio ci guardi di impicciarci con quel falso nemico!... sonno li stregoni di quelle belle sedie’. 

 

L’inquisitore incalza: ‘havete mai visto li stregoni a  quella bella sedia?’.

 

E il Gasparutto, muovendo le braccia, sentendosi prigioniero della rete che gli è stata tesa dall’inquisitore: ‘ma signor no, che noi non femo altro che combattere!’.

 

Ma fra Felice è implacabile: ‘qual è più bel angelo, il vostro o quello di quella bella sedia?’.

 

E Paolo, contraddicendosi disperatamente: ‘non vi ho detto che non ho visto quelle sedie?...’.

 

Ormai il processo volge al termine…




L’inquisitore è sostanzialmente riuscito a ricondurre la testimonianza del Gasparutto all’interno dei propri schemi, delle proprie coordinate teologiche: i convegni dei benandanti e degli stregoni non sono altro che il sabba, e la ‘compagnia’ dei benandanti, che falsamente asseriscono di essere sotto la protezione divina e di combattere sotto la guida e la protezione di un angelo, è così diabolica.

 

Di fronte all’incalzare delle domande dell’inquisitore la sicurezza del Gasparutto sembra vacillare, come se la realtà in cui egli credeva avesse improvvisamente mutato aspetto, gli fosse sfuggita dalle mani. Qualche giorno dopo, ripresentandosi a fra’ Felice, dichiarerà: ‘credo che la aparitione di quel angelo sia stato il demonio che mi tentasse, poi che mi avete detto che si può trasfigurare in agnolo’.

 

Si è parlato dei benandanti come di una setta: una setta particolarissima, le cui cerimonie, a detta dei benandanti stessi, hanno la caratteristica di essere, staremmo per dire, puramente oniriche. In realtà i benandanti si esprimono diversamente, e non mettono mai in dubbio la ‘realtà’ dei loro convegni a cui si recano ‘in Spirito’. L’atteggiamento delle streghe processate in altre parti d’Italia (e non soltanto in Italia) era perfettamente analogo. Si veda ad esempio il caso di Domenica Barbarelli, una strega di Novi processata dall’inquisizione modenese nel 1532 la quale affermava l’andare in sogno ‘in Spirito’, anche in questo caso di Eresia l’‘andare in Spirito’ è percepito come qualcosa di reale; per questo la strega può beffarsi degli astanti: ella, o meglio il suo Spirito è veramente andato al ‘corso’.




Ci soffermeremo più avanti sul significato di questo andare ‘in Spirito’ per streghe e benandanti; cominciamo intanto col notare che tanto le une che gli altri affermavano di cadere, prima di recarsi ai ‘convegni’, in uno stato di profonda prostrazione, di catalessi, sulla cui origine si è discusso molto. Si tratta di un problema senza dubbio marginale per l’interpretazione della stregoneria: anche se potessimo (e non possiamo) determinare con sicurezza la natura di questi stati catalettici, rimarrebbe da spiegare ciò che più importa, e cioè il significato delle ‘visioni’ di streghe e benandanti. Ma non c’è dubbio che il problema vada almeno posto (e valutato con ugual Spirito di ricerca).

 

Le interpretazioni avanzate sono sostanzialmente di due tipi: o si è supposto che streghe e stregoni fossero individui affetti di epilessia, o di isterismo, o da altre malattie nervose non meglio individuate; oppure si sono attribuite le perdite di coscienza accompagnate da allucinazioni, da essi narrate, all’azione di unguenti composti di sostanze soporifere o stupefacenti. Cominciamo col discutere la seconda ipotesi.




Che le streghe si ungessero prima di recarsi al sabba, è risaputo. Già a metà del ’400 il teologo spagnolo Alfonso Tostado, commentando la ‘Genesi’, notava incidentalmente che le streghe spagnole, dopo aver pronunziato determinate parole, si spalmavano di unguenti e cadevano in un profondo sonno, che le rendeva insensibili perfino al fuoco o alle ferite; ma, risvegliate, asserivano di essersi recate in questo o quel luogo, magari lontanissimo, a ‘convegno’ con le altre compagne, banchettando e amoreggiando.

 

Mezzo secolo più tardi, il Della Porta ottenne un identico risultato facendo ungere una vecchia in fama di stregoneria, ed elencando poi minutamente gli ingredienti dell’unguento adoperato. L’esperimento è stato ripetuto modernamente da due studiosi, con risultati discordanti. Sembra tuttavia ragionevole supporre che se non tutte, almeno una parte delle streghe confesse, si servissero di unguenti capaci di provocare stati di delirio allucinatorio. Non è facile, tuttavia, estendere questa ipotesi anche ai benandanti. Né il Gasparutto né il Moduco fanno parola di unguenti: essi parlano soltanto di sonni profondi, di letarghi che li rendono insensibili consentendo l’uscita dello Spirito dal corpo.   




Passiamo ora all’altra ipotesi…

 

Che molte streghe fossero epilettiche, e che molte indemoniate fossero isteriche, è certo. E tuttavia, non c’è dubbio che ci troviamo di fronte a manifestazioni che è impossibile ridurre all’ambito della ‘patologia’: per motivi statistici (di fronte ad un numero così elevato di ‘malati’ anche i confini tra salute e malattia si spostano), e, soprattutto, perché le presunte allucinazioni, anziché situarsi in una sfera individuale, privata, posseggono una consistenza culturale precisa – si pensi anzitutto al loro ricorrere in un ben circoscritto periodo dell’anno: le quattro tempora – ed esprimono contenuti propri di una determinata religiosità popolare o di un particolare misticismo deviato.

 

Lo stesso discorso vale per i benandanti…

 

Verrebbe spontaneo attribuire a crisi epilettiche le catalessi e i letarghi in cui essi asseriscono di cadere. Di fatto, un solo benandante – una donna, Maria Panzona, processata prima a Latisana e poi a Venezia dal Sant’Uffizio, nel 1618-1619 – risulta soffrire del ‘bruto male’, cioè di epilessia. Certo, nel suo caso le crisi che la colgono di continuo, perfino nel corso di un interrogatorio, avranno assunto in determinate circostanze – durante le tempora – la fisionomia dei letarghi rituali dei benandanti. Comunque sia il problema dei benedanti e delle loro credenze va risolto nell’ambito della storia della religiosità popolare, non della farmacologia o della psichiatria. 




Comune denominatore di una determinata ‘socialità’ e  ‘società’ il rifiuto e la conseguente emarginazione soggetta sempre ad invariate prassi e schemi comportamentali riflessi nella costante incapacità di comprensione, sia questa teologica, che, (seppur moderna scienza), psichiatrica (quindi medica). Nel definire e intendere, cioè, con il dono della vera conoscenza la formula ‘storica’ alla circoscritta diagnosi della pratica ortodossa e/o teologica, per sempre coniata da ugual identica medesima Storia (compresa l’odierna) coniata.  


Circoscrivere enumerare, nonché il pretendere decifrare (con formule ‘dogmatiche esatte’) tali fenomeni ed eventi ponendoli di fatto in un contesto alieno in cui evoluti e motivati, sottintesi al comune senso di percepire vita e natura così come all’alba del Sacro in ognuno nato, indistintamente essere Spirito Anima di codesto incompreso Creato. 


Quindi nel paradosso di tale intento, cioè, ciò in cui si attesta il mito (o motivo) e la successiva sua evoluzione nel Sacro percepito, reprimendo o peggio riducendo (e/o talvolta o troppo spesso), consistenza e storicità antropologica della stessa sua genetica evoluzione, certificando ‘sicuro miracolo’ (là ove regna il ‘falso raggiro’, a tal proposito si rimembri l’attribuzione della presunta santità attestata o al contrario perseguitata); e negando incompreso evento trasmutato in ‘pericolo’ Eretico enunciato e successivamente denunziato. 


Come se volessimo negare all’adorata montagna, all’elemento pregato, all’animismo nato, allo Sciamano studiato, stratigrafica voce ed appartenenza quindi ‘crosta’ cui il comune mondo abitato nato. E di cui, come ogni Elemento in Lei evoluto, Parola del Dio (Primo o Secondo) universalmente studiato. Invisibile allo Spazio e Tempo evoluto, frapposto e in bilico fra un’equazione, Big-Bang di certa consistenza, ed opposta ed immateriale ma sicura certezza (il campo di battaglia fra opposti ed invisibili Universi di cui Milarepa non fu certo il primo, cui i benandanti non furono né secondi né ultimi). 


Ritornando all’invariato punto di partenza di questa Eretica ‘ricerca’ ma con uguale ed immateriale (nonché invisibile - così come lo Spirito -) certezza!...







venerdì 24 giugno 2022

LETTERE (11)

 









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Eretici capitoli (10) 


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il capitolo completo [12] 


il 27 Giugno  (13/4)







Prima, di una serie di lettere che ripropongo integralmente, così come vennero inviate, ho apportato solo qualche correzione. Risalgono al periodo che va dal 99 al 2005, per l’intera permanenza, non più al confino del reggente, ma al carcere duro del cinese. Senza nessuna giustificazione morale, eccetto quella in uso ad un regime che leggeva, fotocopiava e sindacava il mio ed il nostro pensiero, circa l’essere ed l’appartenere al mondo.

 

Questo fu uno dei tanti motivi. Motivi che divennero oggetto di scambio per la costruzione di una infamia nuova, che osservo in tutto il suo orrore. L’orrore di una società che ha mistificato la verità, spacciando una moneta falsa per vera, ed una vera per falsa. Fui costretto per tutto il tempo, ad un regime peggiore dei lavori forzati, mentre non mi era concesso neanche l’onore del sé, unico e primordiale. Anche quello, sembrava negato. Mentre la moneta falsa, si dibatteva ed agitava in cima alla sua nuova costruzione.


(Storia di un Eretico)




Non avevo torto, la natura ha manifestato di nuovo la sua forza, quando costretta, si vendica contro colui che tenta (il troppo) di imporre la propria logica a dispetto di un ordine precostituito che determina il corso ‘naturale’ degli eventi. Pur dettando una nostra volontà di dominio sugli elementi della natura, non dobbiamo né temere né sottomettere ciò che troppo spesso pensiamo di conoscere, che ci affrettiamo a studiare, sezionare, catalogare, sradicare, ma mai a concepire come elemento unico che tende ad evolversi e se necessario, quando gli equilibri vengono meno, a reagire secondo la violenza a cui viene sollecitato.

 

Quando nostro malgrado, da una premessa di naufragio, semplice nella sua dinamica, ma complessa nelle responsabilità, siamo costretti ad assistere ad eventi di una portata maggiore che superano ampiamente la prevedibilità dell’evento stesso, siamo certi delle sicure responsabilità dell’uomo. Tutte argomentazioni tenute ben celate per il timore che una diversa visione, non materiale, possa intralciare il - regredire - dell’umanità.




Dal ponte della nave lanciamo una scialuppa di salvataggio nell’attesa del prevedibile naufragio dopo la lunga tempesta. Prima e dopo siamo ben lieti di dimostrare che le nostre ragioni e argomentazioni sono state ben occultate negli itinerari culturali che tanto vi affannate a compiere. Se nuove crociate dovranno renderci ciechi e sordi al cospetto di tribunali ben peggiori che l’inquisizione ci ha tramandato, vi rammento con le parole di De André …: “Anche se voi vi credete assolti, siete per sempre coinvolti …”.

 

Ed è vero, anche se ognuno di noi nel tepore della propria intimità, lontano da sciagure e disastri si sente ben al sicuro dagli elementi della bufera, ebbene egli è sicuramente coinvolto quanto lo è l’industriale di turno alle prese con un nuovo sistema di produzione, o il semplice operaio che esegue con diligenza il proprio lavoro.

 

Non cerco facili capri espiatori di fronte alla tragedia, ma certamente è accertata una nostra ben precisa responsabilità nell’evolversi degli eventi.




Alcuni anni fa, nell’Ottobre del 99, mi sono permesso di esprimere un giudizio in materia ecologica sviluppandolo in una dinamica matematica, che ha trovato puntuale conferma scientifica. Da supposizioni che sono scaturite dalla pura osservazione degli eventi, fino a coinvolgere argomentazioni di natura filosofica, e sociologica, rapportate giustamente nella dinamica dell’ambiente che occupiamo. Questa ultima considerazione, non trascurabile sta ad indicare una precisa presa di coscienza, innanzitutto scientifica, dello spazio da noi occupato e delle nostre esigenze presenti e future.

 

Qualsiasi solida argomentazione deve poggiare su questa consistenza dei fatti.

 

Qualsiasi nostra opera presente e futura deve sempre tener conto di questa dinamica. Quando assistiamo ad un nuovo fiorire di opere, in qualsiasi luogo esse vengono concepite, dalle più indispensabili alle più inutili, dobbiamo integrarle perfettamente nell’ambiente circostante ed interagire con esso. Non è un semplice problema circoscrivibile all’architettura, ma bensì, oltre alla forma o lo stile, concepire l’idea che queste due prerogative intervengono nell’equilibrio delle armonie che ci accingiamo a comporre.

 

L’universo appartiene a questo tipo di armonie, così come lo pensarono i Greci, ed è vero!




Noi rappresentiamo con la nostra evoluzione la stessa dinamica dell’intero Universo che ammiriamo e scrutiamo, e quindi non possiamo discernere da Gaia ed i suoi millenari equilibri ed evoluzioni, che sono le nostre progressioni stratigrafiche di milioni di anni. La sua armonia poggia su ciò, che alla percezione degli eventi potrebbe apparire come puro CAOS; basta studiare l’evoluzione della terra dal punto di vista geologico o glaciologico.

 

Come il CLIMA di un pianeta che proviamo a rappresentare alle nostre percezioni, scorgiamo in esso una disarmonia apparente perché contrasta con la concezione della nostra armonia.

 

Quell’inferno che pensiamo di scorgere, in realtà è composto dall’evolversi di determinati elementi e condizioni. Così questi progrediranno nei secoli. Ma il tutto appartiene ad una perfetta armonia che governa la meccanica celeste. Così la stessa dall’infinitamente piccolo fino alle ipotesi del pre e post Big-Bang per formulare delle probabili ipotesi su alcuni stati della materia.




Regna alla base di tutto un ‘equilibrio’, per chi si addentra anche da semplice profano verso queste verità, poi non smetterà mai di cercare e meravigliarsi. Se veniamo meno a questo principio siamo costretti ad assistere nostro malgrado a delle catastrofi incredibili nello scenario delle opere umane. Sono pienamente convinto che questa verità che purtroppo non appartiene più agli uomini, perché protesi verso altri orizzonti di dominio, ci ricondurrà su altre strade abbandonate, riconsiderando argomentazioni che fino ad ora abbiamo trascurato.

 

L’equilibrio che scomponiamo verso altri orizzonti di energia incontrollata che annienterà per sempre la nostra capacità di sopravvivenza, quell’equilibrio si ricomporrà non solo nelle malattie psicologiche e sociali che sconvolgono il nostro vivere, con tutte le conseguenze a cui assistiamo giornalmente, ma anche in tutte quelle strutture virtuali di cui siamo circondati per momentaneo benessere economico.

 

Futura voce dello squilibrio sociale e della sua totale disarmonia, il rumore dell’inutile che udiamo a piena voce in ogni dove. Tutto ciò che pensiamo costruire senza una composta armonia, potrà tranquillamente ritorcersi contro di noi, nostro malgrado, e nostro malgrado dovremmo assistere sempre a dei disastri che fanno parte della natura. Appartengono alla natura, per quanto noi ci sforzeremo di dominarla o prevederla.




Quindi troveremo conferma nell’affermare ancora una volta, che L’UOMO sta ALL’AMBIENTE (che occupa), trasformando lo stesso per i tempi necessari al suo FABBISOGNO (geopolitica-geostrategia-geofilosofia), come i cittadini o i ‘componenti’ del mondo stanno alla loro economia, la quale in un lasso di tempo  (maggiore o minore) provvede al suo benessere inteso questo come VALORE ECONOMICO RAGGIUNTO REALE ( - reale - valore dato dalla differenza fra il valore economico raggiunto nel breve lasso di tempo, sottratto ai costi per tutti quegli interventi dovuti ad una logica incompatibilità, quindi intendesi - reale - non quello virtuale dato DALL’IMMEDIATEZZA, del traguardo economico, ma bensì quello raggiunto grazie ad una LOGICA COMPATIBILITÀ che equivale all’equilibrio di cui accennavamo precedentemente, con lo SPAZIO OCCUPATO).

 

QUINDI IL VALORE ECONOMICO PERSEGUITO è determinato dalle risorse naturali GIACENTI (che sono la fonte dell’energia a cui nostro malgrado dobbiamo rivolgerci per determinare le nostre capacità economiche), ed in base alle nostre scelte energetiche determiniamo UN MAGGIORE O MINORE LIVELLO DI BENESSERE REALE E NON VIRTUALE; uno sfruttamento eccessivo, questo ci  insegna sia la storia che l’economia, di determinate risorse e il loro incontrollato utilizzo, a dispetto di altre, possono causare sia uno squilibrio ambientale e sia un fattore fondamentale di INQUINAMENTO che scatena un processo irreversibile di alterazione climatica che tende poi a destabilizzare un equilibrio preesistente.




Il fattore climatico appartiene, con le costanti, già accertate, di CAOS, ad uno di quei motivi che favoriranno a creare quei momentanei esempi di - SCHIZOFRENIA - meteorologica a cui stiamo assistendo in questi ultimi anni.

 

Quindi il livello reale di EVOLUZIONE: sociale, ambientale ed economico, è dato in un lasso di tempo INVERSAMENTE PROPORZIONALE alla industrializzazione raggiunta ed al conseguente benessere economico apportato rispetto al - PRIMITIVO - stato originario dell’ambiente occupato. Minori sono i tempi, ed OBSOLETE le fonti energetiche, e sempre maggiori saranno i tempi per ristabilire gli equilibri preesistenti che determineranno in seguito un benessere economico reale, il quale poggia su reali fondamenta.

 

Logicamente questo discorso, è applicabile soprattutto ai grandi PROMOTORI INDUSTRIALI, che sono il cuore della nostra economia. Se consideriamo che l’industria automobilistica è una delle più potenti multinazionali mondiali, dovremmo pensare che il nostro benessere è raggiungibile nel momento in cui vedremmo modificati i parametri organizzativi di alcune strutture industriali per concepire un prodotto compatibile con l’ambiente in cui esso si deve misurare.




PER COMPATIBILE si intende innanzitutto un suo duraturo impatto con l’ambiente in cui deve coabitare, quindi si deve tener conto di fondamentali caratteristiche che possono e devono essere confacenti con le risorse dell’ambiente che è il motore principale ed unico di questa operazione.

 

L’ambiente ci fornisce energia in diverse forme, e noi dobbiamo restituirla con il minimo danno ambientale. Se non vorremmo vedere sconvolti in maniera irreversibile gli equilibri che ci insegnano le leggi della fisica. Il surriscaldamento del pianeta, e questo lo insegna soprattutto la glaciologia, non avviene in un lasso di tempo breve come quello che potremmo misurare da una fase all’altra del respiro stagionale di un ghiacciaio, ma impiega un tempo assai vasto, ed è conseguenza di diversi fattori climatici naturali.

 

Al contrario dell’attuale fenomeno che coinvolge NELLA SUA INUSUALE MANIFESTAZIONE, in pari misura, ghiacciai e non, in una spirale di connessioni aliene agli equilibri della natura.




Quindi la ricerca si deve sforzare di tener presenti questi fattori, che possono non essere compatibili con interessi economici più pressanti rispetto a quelli di più breve durata che sono quelli di alcuni stati produttori di energia prima, come il petrolio, che determinano una precisa strategia economica e politica.

 

Determinate situazioni politiche, le quali influenzano uno stato di equilibrio sociale in quei paesi ricchi di petrolio, sono legati per il loro sviluppo a questa fonte di energia fin tanto che non decidono di rinnovarsi verso un progetto di compatibilità. Ed insieme ad essi trovano numerosi paesi industrialmente avanzati che si scontrano sugli stessi interessi.

 

L’Europa, gli Stati Uniti, e la Cina, sono direttamente coinvolti in questo discorso, dove l’apparenza ci porta ad esaminare ragioni di futile odio religioso o di semplice geopolitica territoriale, in realtà regnano sovrani interessi corporativi di intere economie.




Chi determina questa mancanza di equilibri, sono coloro che hanno un interesse specifico affinché una intera linea politica si SFALDI VERSO IL CAOS, consentendo un progressivo controllo di altrui economie, non dimentichiamo che alcuni dittatori trovano il loro maggior profitto da questo stato di cose e quindi di un veloce arricchimento di pochi a danno di molti, condizioni standard di brevi o lunghe dittature ad uso di paesi democratici e civili.

 

Quindi benefici e condizioni economiche favorevoli con una linea politica più confacente con gli interessi dei singoli Stati coinvolti, scadendo di fatto in quella illusione da laboratorio di una economia VIRTUALE, decisa a favore dei più ricchi, mentre i valori ottenuti nel REALE per entrambe le parti coinvolte vanno gradualmente peggiorando.

 

L’economia virtuale è quella che ci accompagna ora, nella quale l’illusione di una probabile evoluzione non fa i conti con uno dei tanti disastri a cui nostro malgrado siamo costretti ad assistere, imputando responsabilità al di fuori della nostra portata. Essere ciechi e sordi di fronte a ciò, significa essere irrazionali oltre che INVOLUTI.

 

La RAZIONALITÀ ci insegna innanzitutto a constatare i fatti, e non convincersi, nostro malgrado, che la realtà che siamo chiamati a vivere ogni giorno coinvolge altre dinamiche rispetto a quelle certe e vere che sono quelle di una natura di cui abbisogniamo e abbisogneremo per sempre fin tanto che dovremmo vivere con le leggi che la governano e l’hanno governata per millenni.

 

                                                                                                        (Anno 2000) 

 

                                                     Giuliano


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martedì 21 giugno 2022

OVE MILLE NON VAGLIANO PER UNO SOLO (9)

 









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Un sol uomo vale per mille... (8) 


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Vicisti, Galilaee (10/11)










La natura e Dio si occupano nella cura degli uomini come se altro non curassero;

 

Quello che a noi è difficilissimo a intendersi, alla natura è agevolissimo a farsi;

 

Naturale inclinazione delle parti di tutti i globi mondani d’andare a i lor centri;



 

LUNA

 

Luna manca di generazioni simili alle nostre, ed è inabitata da uomini;

 

Nella Luna posson esser generazioni di cose diverse dalle nostre;

 

Nella Luna posson esser sustanze diverse dalle nostre;

 

Prima conformità tra la Luna e la Terra, che è quella della figura: il che si prova dal modo dell’essere illuminata dal Sole;

 

Seconda conformità è l’esser la Luna tenebrosa come la Terra;

 

Terza conformità è la materia della Luna densa come la Terra e montuosa;

 

Quarta conformità, Luna distinta in due parti differenti per chiarezza ed oscurità, come il globo terrestre nel mare e nella superficie terrena;

 

Quinta, mutazioni di figure nella Terra simili a quelle della Luna, fatte con l’istesso periodo;




Sesta, la Luna e la Terra scambievolmente s’illuminano;

 

Settima, la Luna e la Terra scambievolmente si eclissano;

 

Dalla Terra si vede più che la metà del globo lunare;

 

Due macchie nella Luna, per le quali si osserva lei aver riguardo al centro della Terra nel suo moto;

 

Luce secondaria stimata propria della Luna;

 

Eminenze e cavità nella Luna sono illusioni di opaco e di perspicuo;

 

Superficie della Luna tersa più d’uno specchio;

 

Provasi, la Luna esser di superficie aspra;

 

La Luna, se fusse come uno specchio sferico, sarebbe invisibile;

 

Luna, se fusse tersa e liscia, sarebbe invisibile;

 

Apparenze varie dalle quali si argumenta la montuosità della Luna;




Le apparenti inegualità della Luna non si possono imitar per via di più e meno opaco e perspicuo;

 

Vedute varie della Luna imitabili con qualsivoglia materia opaca;

 

Luna apparisce più risplendente la notte che il giorno;

 

Luna veduta di giorno simile a una nugola;

 

Illumina più la terza reflession d’un muro che la prima della Luna;

 

Lume della Luna più debole di quel del crepuscolo;

 

Nugolette atte ad essere illuminate dal Sole non meno che la Luna;

 

Luce secondaria della Luna cagionata dal Sole, secondo alcuni;

 

Luce secondaria della Luna apparisce in forma di anello, cioè chiara nella circonferenza e non nel mezo, e perché;




Disco della Luna nell’eclisse del Sole non può vedersi se non per privazione;

 

Modo di osservar la luce secondaria della Luna;

 

Affinità tra la Terra e la Luna rispetto alla vicinanza;

 

Solidità del globo lunare s’argomenta dall’esser montuoso;

 

Luce secondaria della Luna più chiara inanzi la congiunzione che doppo;

 

Le parti della Luna più oscure son piane, e le più chiare montuose;

 

Aspetti del Sole, necessarii per le generazioni, non sono nella Luna;

 

Alla Luna il Sole si alza e s’abbassa con diversità di gradi 10, ed alla Terra di gradi;

 

Luna non composta di terra e d’acqua;




Nella Luna non si generano cose simili alle nostre, ma diversissime, quando pur vi si generino;

 

Nella Luna non son pioggie;

 

Giorni naturali nella Luna son di un mese l’uno

 

Intorno alle macchie della Luna son lunghe tirate di monti;

 

La Luna non può separarsi dalla Terra;

 

La Luna perturba assai l’ordine degli altri pianeti;

 

Il Sole e la Luna ricrescon poco;

 

È improbabile che l’elemento del fuoco sia rapito dal concavo della Luna;

 

Moto della Luna ricercato principalmente in grazia degli eclissi;

 

La linea descritta dal cadente naturale, supposto il moto della Terra circa ’l proprio centro, sarebbe probabilmente circonferenza di cerchio;

 

La linea retta e circonferenza di cerchio infinito son l’istessa cosa;




AVVISO ASTRONOMICO CHE CONTIENE E SPIEGA OSSERVAZIONI DI RECENTE CONDOTTE CON L'AIUTO DI UN NUOVO OCCHIALE SULLA FACCIA DELLA LUNA, SULLA VIA LATTEA E LE NEBULOSE, SU INNUMEREVOLI STELLE FISSE, E SU QUATTRO PIANETI DETTI ASTRI MEDICEI NON MAI FINORA VEDUTI

 

Grandi cose per verità in questo breve trattato propongo all’osservazione e alla contemplazione di quanti studiano la natura. Grandi, dico, e per l’eccellenza della materia stessa, e per la novità non mai udita nei secoli, e infine per lo strumento mediante il quale queste cose stesse si sono palesate al nostro senso.

 

Grande cosa è certamente alla immensa moltitudine delle stelle fisse che fino a oggi si potevano scorgere con la facoltà naturale, aggiungerne e far manifeste all’occhio umano altre innumeri, prima non mai vedute e che il numero delle antiche e note superano più di dieci volte.




Bellissima cosa e mirabilmente piacevole, vedere il corpo della Luna, lontano da noi quasi sessanta raggi terrestri, così da vicino come distasse solo due di queste dimensioni; così che si mostrano il diametro stesso della Luna quasi trenta volte, la sua superficie quasi novecento, il volume quasi ventisettemila volte maggiori che quando si guardano a occhio nudo: e quindi con la certezza della sensata esperienza chiunque può comprendere che la Luna non è ricoperta da una superficie liscia e levigata, ma scabra e ineguale, e, proprio come la faccia della Terra, piena di grandi sporgenze, prof onde cavità e anfratti.

 

Inoltre non mi pare si debba stimar cosa da poco l’aver rimosso le controversie intorno alla Galassia, o Via Lattea, e aver manifestato al senso oltre che all’intelletto l’essenza sua; e inoltre il mostrare a dito che la sostanza degli astri fino a oggi chiamati dagli astronomi nebulose è di gran lunga diversa da quel che si è fin qui creduto, sarà cosa grata e assai bella.

 

Ma quel che di gran lunga supera ogni meraviglia, e principalmente ci spinse a renderne avvertiti tutti gli astronomi e filosofi, è l’aver scoperto quattro astri erranti, da nessuno, prima di noi, conosciuti né osservati, che, a somiglianza di Venere e Mercurio intorno al Sole, hanno le loro rivoluzioni attorno a un certo astro cospicuo tra i conosciuti, ed ora lo precedono ora lo seguono, non mai allontanandosene oltre determinati limiti. E tutte queste cose furono scoperte e osservate pochi giorni or sono con l’aiuto d’un occhiale che io inventai dopo aver ricevuto l’illuminazione della grazia divina.




Altre cose più mirabili forse da me e da altri si scopriranno in futuro con l’aiuto di questo strumento, della cui forma e struttura e dell’occasione d’inventarlo dirò prima brevemente, poi narrerò la storia delle osservazioni da me fatte.

 

Circa dieci mesi fa ci giunse notizia che era stato costruito da un certo Fiammingo un occhiale, per mezzo del quale gli oggetti visibili, pur distanti assai dall’occhio di chi guarda, si vedevan distintamente come fossero vicini; e correvan voci su alcune esperienze di questo mirabile effetto, alle quali chi prestava fede, chi no. Questa stessa cosa mi venne confermata pochi giorni dopo per lettera dal nobile francese Iacopo Badovere, da Parigi; e questo fu causa che io mi volgessi tutto a cercar le ragioni e ad escogitare i mezzi per giungere all’invenzione di un simile strumento, che poco dopo conseguii, basandomi sulla dottrina delle rifrazioni.




Preparai dapprima un tubo di piombo alle cui estremità applicai due lenti, entrambe piane da una parte, e dall’altra una convessa e una concava; posto l’occhio alla parte concava vidi gli oggetti abbastanza grandi e vicini, tre volte più vicini e nove volte più grandi di quanto non si vedano a occhio nudo. In seguito preparai uno strumento più esatto, che mostrava gli oggetti più di sessanta volte maggiori. E finalmente, non risparmiando fatiche e spese, venni a tanto da costruirmi uno strumento cosi eccellente, che gli oggetti visti per il suo mezzo appaiono ingranditi quasi mille volte e trenta volte più vicini che visti a occhio nudo.

 

Quanti e quali siano i vantaggi di un simile strumento, tanto per le osservazioni di terra che di mare, sarebbe del tutto superfluo dire. Ma lasciate le terrestri, mi volsi alle speculazioni del cielo; e primamente vidi la Luna così vicina come distasse appena due raggi terrestri. Dopo questa, con incredibile godi-mento dell’animo, osservai più volte le stelle sia fisse che erranti; e poiché le vidi assai fitte, cominciai a studiare il modo con cui potessi misurare le loro distanze, e finalmente lo trovai. Su questo è bene siano avvertiti tutti coloro che vogliono darsi a simili osservazioni.


[il capitolo completo]