giuliano

sabato 14 dicembre 2013

AMMAZZARE IL TEMPO: ricerca dell'assoluto (35)
















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Ammazzare il Tempo: il fiore o il dodecaedro? (34)

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Nutrimento da 'fotoni' (36)












..... Gioca in un ecosistema molto più grande di lui, in cui è coinvolta l’esistenza di tanti e tanti altri organismi viventi.
Gli antichi greci, come i fisici che portarono a componimento la rivoluzione copernicana non conoscevano nulla della possibilità che la struttura si formi attraverso simili processi. Non avevano altra alternativa per spiegare la bellezza e l’ordine del mondo se non vagheggiare che esso rappresentasse un riflesso dell’eterna forma matematica di Platone.
Il problema che ci troviamo oggi di fronte è se la nostra teoria fisica rimarrà limitata da questa concezione, o se invece vorremo usufruire dei vantaggi resi possibili dalla costruzione di un mondo ordinato attraverso processi di autorganizzazione.
Il problema, in ultima analisi, si riduce a questo: se l’Universo assomiglia a un fiore o a un dodecaedro.




Non c’è in tutta la storia della scienza un argomento a favore del potere della matematica più forte di quello rappresentato dai travagli di Keplero per scoprire, all’alba del XVII secolo, un ordine nei moti del cielo. Per lui, come per i suoi contemporanei il cosmo era costituito dal Sole, dai sette pianeti e dalla sfera delle stelle fisse che li circondava.
Come per noi, parte del problema di Keplero consisteva nel comprendere perché una certa lista di parametri che governa la forma globale dell’Universo assumesse i valori che assumeva. Per Keplero, i parametri erano quelli che descrivevano le orbite dei pianeti allora conosciuti, nel suo cuore Keplero era un mistico, e ci si può immaginare che avrebbe preferito un Universo che rispecchiasse esattamente un qualche bellissimo principio matematico, ad un mondo accordato approssimativamente da un cieco processo statistico.
Ma ciò che in ultima analisi fece Keplero era la disponibilità ad abbandonare antichi preconcetti nella sua lunga lotta per arrivare ad udire ciò che le mappe dei motivi dei pianeti cercavano di dirgli. Così, dopo quasi dieci anni di travagli, riuscì ad ascoltare le elissi del moto dei pianeti che ronzavano nei cieli, quando, fino ad allora, tutti i suoi contemporanei e predecessori avevano le orecchie ad ascoltare solo il suono dei cerchi…..




E alla fine anche noi, se riusciremo ad ascoltare abbastanza attentamente l’armonia delle sfere, potremo udire quei precisi intervalli che possono rappresentare solo il segno di un ordine matematico fondamentale celato dietro il mondo, o potremo invece ascoltare tutti quei resti di approssimazione e disarmonia che un cieco processo statistico non può arrivare a cancellare.
… L’ambizione di costruire una teoria scientifica che possa spiegare il mondo, così come è stata concepita dal XVII secolo fino all’inizio del XX, condivide non poche cose con la ricerca di Dio. Sono entrambe ricerche dell’assoluto, di una comprensione del mondo che attribuisce bellezza e ordine a una realtà eterna e trascendente nascosta ‘dietro’ al mondo stesso. In diversi aspetti della cultura europea di questi secoli – nelle scienza, nella filosofia, nella teologia, nell’arte – si può riscontrare lo sforzo di costruire un punto di vista assoluto e obiettivo sul mondo, un punto di vista che riuscirebbe a radicare le vicissitudini delle nostre vite in una più grande realtà, immutabile ed eterna.




Che si parli di Dio, o di una legge di Natura eterna e universale, l’idea che domina è che la razionalità responsabile della coerenza di ciò che ci circonda non si trova nel mondo, ma si nasconde dietro di esso….
Credo che la transizione che la scienza sta attualmente attraversando sia in parte un necessario processo di liberazione dalle influenze di questa concezione del mondo essenzialmente religiosa. Ciò che lega assieme la relatività generale, la fisica quantistica, la selezione naturale e le nuove teorie sui sistemi complessi e autorganizzati è il fatto che in modi diversi, essi descrivono un mondo che è un tutto in sé, senza alcun bisogno di un’intelligenza esterna che giochi il ruolo di suo inventore, organizzatore, o osservatore esterno.
Queste teorie rappresentano altrettanti passi verso una comprensione del mondo più razionale e completa, basata più su ciò che conosciamo e meno sui miti che ci sono stati trasmessi dalle generazioni passate.
Questa scienza potrà soddisfare due scopi divenuti, almeno implicitamente, il fine di buona parte della ricerca corrente: costruire una scienza cosmologica che non abbia bisogno di far riferimento ad un quadro fissato, estraneo al sistema dinamico del mondo, e generare una fisica e una cosmologia al cui interno la vita possa avere un posto naturale e comprensibile.




Cosa ancor più importante, come ho cercato sin qui di argomentare, ci sono buone ragioni di sperare che la realizzazione di questi due scopi porterà a comprendere quanto essi siano intimamente legati, di modo che un Universo accogliente nei confronti della nostra stessa esistenza sarà anche un Universo completo, che possa essere razionalmente compreso senza bisogno di riferirsi ad un agente o a un’intelligenza a lui esterni. Molti filosofi (o semplici autodidatti come il sottoscritto…) hanno spesso presunto che ci fosse una verità assoluta da scoprire nascosta dietro le apparenze del mondo, verità che concepivano o come la legge fondamentale e finale o come la vera essenza, il vero Essere.
Entrambe si sono ispirate alla dottrina eraclitea per cui ‘la Natura ama nascondere’ e hanno di conseguenza concepito come loro più alto scopo la ricerca di un’attualità trascendente e atemporale nascosta al di là del velo delle apparenze. Entrambe sono percorse da una tradizione che asserisce che il mondo che vediamo intorno a noi non è completamente reale, ma è solo una specie di film prodotto dal nostro occhio. Dietro queste apparenze si celerebbe la vera realtà, quella che la fisica teorica e la metafisica, ciascuna con i suoi mezzi, si sono sforzate di scoprire.

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