giuliano

giovedì 28 marzo 2024

LA FILOSOFIA PERENNE

 





















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Circa la Polvere 







del nostro Tempo 


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Fine ultimo







La Philosophia Perennis è la metafisica che riconosce una Realtà Divina consostanziale al mondo delle cose, delle vite e degli spiriti; è la psicologia che scopre nell’anima qualcosa di simile, o addirittura di identico alla Realtà divina; è l’etica che ripone lo scopo ultimo dell’uomo nella conoscenza dell’immanente e trascendente Fondamento dell’intero essere. Rudimenti della Filosofia Perenne si possono trovare all’interno del complesso di tradizioni dei popoli primitivi in ogni regione del mondo. 

 

Una versione di questa Suprema Misura Comune di ogni teologia fu affidata per la prima volta alla scrittura più di 25 secoli fa, e da allora l’inesauribile tema è stato sempre di nuovo ripreso, dal punto di vista di ogni singola tradizione religiosa ed in tutte le principali lingue dell’Asia e dell’Europa.

 

La conoscenza è una funzione dell’essere....

 

Quando avviene un mutamento nell’essere di chi conosce, si verifica un mutamento corrispondente nella natura e nella misura del conoscere. Quando l’individuo cresce, la sua conoscenza diventa più concettuale, assume una forma sistematica ed il suo contenuto utilitario e fattuale viene enormemente incrementato. Ma a questi guadagni si contrappone un certo deterioramento nella qualità dell’apprensione immediata, un ottundimento ed una diminuzione della capacità intuitiva. Ciò che sappiamo dipende anche da ciò che, in quanto esseri morali, scegliamo di fare riguardo a noi stessi.




La Filosofia Perenne riguarda principalmente l’unica, divina Realtà sostanziale al mondo molteplice delle cose, delle vite e degli spiriti. Ma la natura di quest’unica Realtà è tale da non poter essere direttamente ed immediatamente appresa se non da coloro che hanno scelto di adempiere certe condizioni: rendendosi colmi d’amore, puri di cuore e poveri in spirito (gli altri… non la comprendono e comprenderanno mai…).

 

Possiamo supporre che lo spirito dell’uomo medio abbia, fra i propri elementi costitutivi, qualcosa di rassomigliante o di identico alla Realtà sostanziale al mondo molteplice; ciò nonostante, quando quello spirito subisce certi trattamenti piuttosto drastici, l’elemento divino, di cui almeno in parte è composto, diviene manifesto, non soltanto allo spirito stesso, ma anche, mediante il suo riflesso sul comportamento esteriore, agli altri spiriti.

 

Ed è anche unicamente compiendo esperimenti psicologici e morali che possiamo scoprire l’intima natura dello spirito e delle sue potenzialità. Nelle circostanze ordinarie della vita media sensibile queste potenzialità dello spirito rimangono latenti e non si manifestano. Se vogliamo attuarle, dobbiamo adempiere certe condizioni ed obbedire a certe regole.




In ogni epoca vi sono comunque stati uomini e donne che scelsero di adempiere le condizioni che sole, consentono di raggiungere tale conoscenza immediata. A tale genuini interpreti della Filosofia Perenne, quanti li conobbero hanno generalmente attribuito il nome di ‘santi’ o ‘profeti’, di ‘saggi’ o ‘illuminati’.

 

La Realtà ultima non viene chiaramente ed immediatamente appresa se non da quanti si sono resi colmi d’amore, puri di cuore e poveri in spirito.

 

Se non si è né saggi né santi, la miglior cosa da fare, nel campo della metafisica, è di studiare le opere di coloro che lo furono, e di chi, avendo modificato il proprio modo di essere meramente umano, fu capace di pervenire ad una qualità e ad una misura di conoscenza più che meramente umane.

 

Le forme più veraci di religione sono quelle in cui Dio viene concepito, non solo come unico e colmo d’amore, ma anche come eterno; e le migliori forme di pratica religiosa sono quelle che aiutano a creare nello spirito una condizione che si approssimi all’eternità.




In tutte le religioni superiori, le dottrine concernenti la Realtà eterna, e le pratiche designate per aiutare i fedeli a disporsi sufficientemente al di fuori del tempo per apprendere un Dio eterno, posseggono una forte somiglianza di famiglia. L’insegnamento pratico dei mistici indiani e cristiani è identico su questioni quali la “santa indifferenza” nei confronti degli affari temporali; la mortificazione della memoria del passato e dell’ansia riguardo al futuro; la rinuncia alla preghiera supplice in favore del semplice abbandono alla volontà di Dio.

 

I grandi mistici geocentrici hanno sempre posto una netta distinzione tra lo ‘psichico’ e lo ‘spirituale’, secondo la loro visione, i fenomeni della prima classe esistono all’interno di una dimensione poco conosciuta del mondo spazio-temporale, ma in nessun modo ad esso intrinsecamente superiore. I fenomeni spirituali, d’altro lato, appartengono all’ordine atemporale ed eterno, entro il quale l’ordine temporale possiede la propria esistenza di realtà inferiore.




L’atteggiamento dei mistici nei confronti dei ‘miracoli’ è di accettazione intellettuale e di distacco emozionale e volitivo. Si deve sempre resistere alla tentazione di voler compiere ‘miracoli’. Per i mistici questa tentazione è particolarmente forte, poiché coloro che cercano di rendersi atemporalmente consci della Realtà eterna, di frequente sviluppano, nel corso del processo, insolite capacità psichiche.

 

Un’altra fisionomia frequentemente assunta dalla religione temporale è quella della dottrina apocalittica – credenza in un evento cosmico straordinario che avrà luogo in un futuro non troppo distante, unita alle pratiche ritenute appropriate ad un simile stato di cose. Qui, ancora una volta, l’intensa preoccupazione rivolta al tempo futuro, garantisce il sostenitore della dottrina apocalittica contro la possibilità di una atemporale comprensione della Realtà eterna.

 

Il tempo distrugge tutto ciò che crea. La morte viene interamente trascesa solo quando il tempo viene trasceso; l’immortalità appartiene alla coscienza che ha aperto un varco nella dimensione temporale in direzione dell’eternità.




In tutte le filosofie e le religioni tradizionali del mondo, il tempo viene considerato in qualità di nemico e ingannatore, prigione e camera di tortura. Solo in quanto strumento, in quanto mezzo in vista di altro, esso possiede un valore positivo, poiché il tempo fornisce all’anima incarnata le opportunità per trascendere il tempo. I beni morali posseggono molti ed evidenti valori utilitari; ma il loro supremo e fondamentale valore consiste nel fatto di essere mezzi atti a promuovere quel distacco dell’io che è la precondizione della comprensione dell’eterno.

 

Il flusso della durata è indefinito e inconcludente, un trascorrere perpetuo che non possiede in sé alcuna forma, alcuna possibilità di equilibrio, di simmetria. La natura, in realtà, impone a questo perpetuo svanire una certa apparenza di ordine e simmetria. Così i giorni si alternano alle notti, le stagioni ricorrono con regolarità, le piante e gli animali percorrono il proprio cicli vitale, e ad essi subentra una progenie del tutto somigliante. Lo spazio è un simbolo dell’eternità, poiché nello spazio si dà libertà, esiste la reversibilità del movimento, e non vi è nulla nella natura dello spazio, a differenza di quella del tempo, che condanni quanto da essa abbracciato alla morte ed alla dissoluzione inevitabili. L’evidenza indica che è l’anima individuale, incarnata in un particolare momento del tempo, la sola capace di stabilire un contatto con il Divino, il che significa escludere ogni altra anima.




Il tempo distrugge tutto ciò che crea. La morte viene interamente trascesa solo quando il tempo viene trasceso; l’immortalità appartiene alla coscienza che ha aperto un varco nella dimensione temporale in direzione dell’eternità.

 

In tutte le filosofie e le religioni tradizionali del mondo, il tempo viene considerato in qualità di nemico e ingannatore, prigione e camera di tortura. Solo in quanto strumento, in quanto mezzo in vista di altro, esso possiede un valore positivo, poiché il tempo fornisce all’anima incarnata le opportunità per trascendere il tempo. I beni morali posseggono molti ed evidenti valori utilitari; ma il loro supremo e fondamentale valore consiste nel fatto di essere mezzi atti a promuovere quel distacco dell’io che è la precondizione della comprensione dell’eterno.

 

Il flusso della durata è indefinito e inconcludente, un trascorrere perpetuo che non possiede in sé alcuna forma, alcuna possibilità di equilibrio, di simmetria. La natura, in realtà, impone a questo perpetuo svanire una certa apparenza di ordine e simmetria. Così i giorni si alternano alle notti, le stagioni ricorrono con regolarità, le piante e gli animali percorrono il proprio cicli vitale, e ad essi subentra una progenie del tutto somigliante. Lo spazio è un simbolo dell’eternità, poiché nello spazio si dà libertà, esiste la reversibilità del movimento, e non vi è nulla nella natura dello spazio, a differenza di quella del tempo, che condanni quanto da essa abbracciato alla morte ed alla dissoluzione inevitabili. L’evidenza indica che è l’anima individuale, incarnata in un particolare momento del tempo, la sola capace di stabilire un contatto con il Divino, il che significa escludere ogni altra anima.


(Prosegue...)







domenica 17 marzo 2024

UNA SCIENZA NUOVA

 




























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d'una medesima 


Storia







Incontrovertibilmente vero, che si prova sereno saggio benefico clima alla sua illuminata vista, concetto questo, che ci fa dimenticare la stessa Geografia al pericolo in cui esposta, e facendoci dimenticare coordinate rette e confini ove talvolta - smarriti - ci troviamo ad ammirare simmetrici panorami, perdendo il senso materiale della Storia nell’intento della Universale Conoscenza a cui l’Anima così come lo Spirito, si eleva all’Infinito.

 

Dacché traduciamo che i principi, anche se esplicitati entro la gravità geografica in cui dedotti o costretti, nella uguale specifica della materia in cui nati, Infiniti nel rispetto alla elevata Natura chi li ha ispirati, aliena alla Geografia così come al limite del materiale Dogma di questa ed ogni altra Scienza, e eternamente al di fuori e simmetrica ad ogni diversa Geografia spirituale che li ha elevati e ispirati. Se questa una condizione a sua volta assoggettata al Dogma della dottrina, sia essa psicologica filosofica teologica e scientifica, noi risolviamo la questione in conformità al principio dell’unione, ovvero non sussiste contrasto, così come fuoco o ghiaccio, negli Elementi così tradotti ed interpretati, ma semmai simmetrici al concetto che da essi nasce e per sempre nascerà per volontà divina, in quanto negli opposti riconosciamo la vita.




Con questo Principio ogni volta ove l’uomo ha modificato il proprio ‘paesaggio’ nell’intento di subordinarlo e dominarlo, noi lo edifichiamo di nuovo, riconoscendo nell’umiltà di un Dio la capacità non più del perdono, in quanto non scorgiamo peccato, semmai la capacità di comprensione nel vedere lo Spirito nel tentativo della Conoscenza, sia questa un atto gnostico che ortodosso; non rileviamo, simmetricamente come evoluto ogni panorama della Terra, divergenza fra il fuoco e il ghiaccio, neppure il principio fisico e bio-chimico che li caratterizza nella differenza, in quanto sappiamo che gli opposti climi e le condizioni in cui nati (anche se protratti da uno all’altro polo che li differenzia fra caldo e freddo) evolveranno secondo l’accordo del riconosciuto beneficio cui la Natura tende a migliorare, e di conseguenza, migliorare le condizioni necessarie al conseguimento oltre che dell’avversa sopravvivenza, anche dell’esistenza.

 

Leggere negli anelli dell’Albero con tutte le vicissitudini a cui il clima ed a cui alla sua vista l’occhio estasiato ed in qual tempo ispirato ne ha goduto (e gode ancora) i benefici frutti, oltre la bellezza e l’ombra da cui più sereno pensiero e respiro, è una Scienza molto più profonda se oltremodo adottata nei simmetrici principi formali della sua nuova dimensione in cui tale ricerca ci illumina.




Ovvero simmetricamente ‘rileviamo e riveliamo’ alterne condizioni cui l’Albero, così come le rocce su cui le radici, non meno del terreno, esposti ad una determinate Geografia - o meglio ancora Ecosistema -, ne hanno modificato il profilo della comune crescita (a cui anche la materia inanimata soggetta), e con ciò siamo in grado di decifrare una invisibile scrittura ben più vasta e profonda circa i muti silenziosi comuni Geni, che la roccia l’albero, ed ogni essere inanimato ed animato, con noi, hanno e condividono ancora; nelle mutevoli condizioni in cui esposti, irrimediabilmente dipendenti l’uno dell’altro, connessi e stabilmente in costante reciproco seppur mutevole rapporto, ma al fine del beneficio, in cui leggiamo l’altrettanta condizione della incorrotta Natura, la quale tende al miglioramento nel dovuto adattamento mantenendo integra la Forma riflessa nella costante Crescita, quasi un costante rapporto fra forma e adattamento, in cui invariata la Spirale in cui leggiamo la Vita. 

 

Solo l’estinzione interrompe in maniera irreversibile cotal evoluzione in seno al costante concetto della Vita,  e dell’invisibile Pensiero che l’ha originata.




Per cui con questa Scienza, deduciamo, rimpiangendo l’Albero, gli strati in cui leggere la sua lenta inesorabile crescita al fine della Vita, e la nostra volontà risiede nel creare un Bosco, una Selva, al fine di migliorare l’esistenza, giacché sappiamo anche che il polmone ove si svolge un determinato principio, ci impone alla sua tutela. Certo l’Albero nella sua sacra simbologia, rappresenta un simbolo, oltre un aspetto ben determinato e specificato, e non solo genealogico di una razza o stirpe sacra che questa sia. Mentre il concetto che alla sua vista ci ispira dispiega una più vasta e connessa genealogia.

 

È altrettanto certo anche, che con la legna non meno del calore che da questo deriva, l’umano ingegno nei secoli si è servito e serve ancora, un vasto principio a cui  contrastare il ghiaccio quale avverso elemento, così simmetricamente per ogni animale più o meno allevato o addomesticato, qual altrettanto fine nel nutrimento della carne. È vero anche che le risorse rivolte alla sua tutela superano i benefici del rogo stagionale, così come oltremodo vero che l’animale ogni animale della selva rischia la prematura estinzione al fuoco da cui l’albero ci dispensa il suo nutrimento. A dispetto della vera sana incorrotta bellezza.




Procedendo su questo, non più immateriale Sentiero, nella volontà di volermi coniugare al Dio che così benefica ha creato a sua immagine Madonna Beatrice Natura, divengo immediatamente eretico. Ed altresì avversato da chi dello Spirito fa e promuove le alterne ragioni o stagioni della propria dottrina. Invece sappiamo bene che la Verità supera le materiali Ragioni a cui il rogo della dogmatica dottrina, impongono determinate scelte, trascurando più profonde e benefiche Verità.

 

La concretezza di una determinata Scienza rivolta alla comprensione del comune passato rivolto al beneficio del futuro, ci porta alle trascurate simmetriche Ragioni dell’Infinito, non certo Infinite le Stagioni della Vita con cui leggere gli anelli della Storia, semmai simmetriche alla condizione in cui ciò che deduciamo o interpretiamo come un soggetto senza Anima Pensiero e moto, diverso da un animale, nella differente caratteristica data dal movimento, e nella classificazione puramente materiale di una o più scienza, le quali classificano studiano ed interpretano, lo precludono ad un essere vivo, pur principio primo e fondamentale da cui e per cui la Vita.




Ma oltre modo preclusa nella capacità di una determinata Logica, più o meno posta nella paradossale illogicità dell’incomprensione così come scientifica dottrinale, la quale classificando e procedendo ad un comune divergente simbolo interpretativo, che la presunta Conoscenza ispira per ogni anello del reciso tronco, da cui ogni cosa o elemento classificato si presuppone conosciuto in quanto entro la materia in cui svolge la funzione, sia come vegetale (alieno al Pensiero quindi ad ogni principio di Conoscenza) o come albero abdicato alla dottrina d’una comune Via; quantunque incapace di riconoscere gli stadi evolutivi da cui transita l’elevato Pensiero, ovvero come un Dio pensa crea e dispensa  a sua immagine, un universale Beneficio (al di fuori dalla Dottrina).

 

Nel compiuto illimitato limite della dotta Conoscenza abbiamo posto una severa Geografia, in cui una determinata Natura specificata ma non del tutto dedotta o compresa nella verità a cui per sua Infinita caratteristica appartiene nella differenza, e cui invisibile espleta ed assolve superiore funzione ( o capacità posta in ugual differenza) ad ogni pensiero parola o scrittura nell’insieme dell’umano da cui, come poco fa detto circa la suddetta classificazione entro la materia divide e differenzia, in quanto come tale tramite di un più elevato Principio e Pensiero e oserei dire, Verbo, circa la Creazione cui destinato non più l’uomo, nell’elevato concetto classificatorio dedotto, ora più limite che oggetto illimitato della propria materia, ed a cui detto limite subordinato, nell’Infinita per quanto possa esserlo principio da cui la Vita, o il conseguimento in cui posta l’Anima e lo Spirito a lei subordinato.    




Dacché ne deduciamo ancora l’‘oggetto-soggetto’ cogitato sia filosoficamente che scientificamente e teologicamente e come altresì rapportato nella sua ed altrui funzione ‘classificatoria’ posta nel Dogma, non ben compreso nei processi del proprio ed altrui (inarticolato seppur Infinito= Dio, ovvero assente all’atto distintivo da cui l’umana prerogativa e classificazione di cui l’umano posto in Cima alla piramide della specie) Pensiero, giacché la Vita (con il suo vero principio) perisce in ciò di cui, per opposto modus operandi, subordinata al Dominio della morte, con la pretesa di riconciliarla, o peggio, addomesticarla quindi subordinarla a chi per ultimo ne classifica il principio sottratto all’atto Creativo, senza il Superiore atto cogitato di cui l’uomo si assume l’esclusiva comprensione nella dinamica evolutiva il quale lo differenzia, sia nel Dominio stesso, sia nella comprensione circa la presunta Intelligenza al Dio che l’ha posto al vertice qual ultimo elemento della catena evolutiva.

 

Da ciò non ne ricaviamo un miglioramento come lo è per chi ha compiuto l’atto evolutivo (ovvero la Natura), ma al contrario, in questo specchio, decifriamo la morte qual ultimo intento apocalittico rivolta all’involuzione, di un intento nato e rivolto alla costante da cui leggere  decifrare e risalire la Spirale della (morta) Vita, per volontà umana!




La Vita come tale accresce il proprio tronco negli anelli di cui la radice ben cinta entro la Terra per il dovuto necessario duplice nutrimento, e renderlo poi al concetto dell’accrescimento sino alla foglia del più elevato Ramo, d’un Pensiero articolato nei vasti Rami sino alle alterne Stagioni di cui il frutto accrescerà la dovuta necessaria Comprensione rivolta all’ispirata evoluta Conoscenza; ma l’uomo nel gesto del secolare simmetrico accrescimento rivolta all’opposto Dogma del Dominio, reciderà tronco arbusto e l’intera Selva con la pretesa scritta nell’impropria Geografia del Dogma, di cui confini ed improprie Cime, eleveranno la ciclicità anch’essa scritta in simmetrici anelli di dominio, i quali rimembriamo conserviamo e osserviamo, come atti disgiunti e congiunti d’una medesima ciclica Storia compiere medesima opera; seppur ammirata nelle impareggiabili opere comunque sempre disgiunta dalla simmetrica evoluzione di cui la Natura subordinata ad una prospettiva aliena alla figura rappresentata in primo piano, sia questa una icona regale qual volto umano, sia questa una icona dottrinale rappresentare santi aneddoti, sia questa una semplice o composta scena seppur inerente alla vita, la Natura domina se rappresentata, al di fuori quale fosco panorama subordinato al Dominio umano, da cui l’umano ricaverà ogni abominio per la propria aliena impropria concezione di Vita, quindi dell’atto cogitato di un più probabile Dio Straniero. 




Dicevamo l’Albero sarà sradicato, e noi leggeremo con ampio sforzo, grazie alla nuova Scienza da cui una più profonda comprensione posta fra la crescita forma e tutti i fattori fra loro connessi quali Elementi, i quali hanno determinato oltre la dovuta crescita, anche le ricavate dedotte condizione ambientali cui l’Albero come un essere vivo nella propria genetica, simmetrica al contesto della vita, ha conservato e abdicato alla conoscenza dell’uomo; seppur lo stesso nelle proprie Memorie ha lasciato ampio testimonianza delle proprie o improprie stagioni della Vita, mai potremmo comprendere dall’eterno processo della Storia, quanto appartiene alla vera sua (malefica) natura inerente alla materia, e all’opposto concetto di simmetrico Infinito dato - seppur nell’apparente limitatezza di ugual materia (come potrebbe esserla un albero) - posta nello specchio del Tempo, rivolta alla maggiore finitezza e compiuta evoluzione confacente con il miglioramento delle condizioni di Vita.




L’Albero in ciò può dirsi maestro, e prendendo spunto da questo illuminato esempio, ci sia concesso di apostrofare la frammentata scomposta ciclica storia dell’uomo sempre disgiunta dalla sua innaturale natura seppur ricca di opera e pensiero assente dallo stesso nella summa data dalla reale Storia, la quale come sempre, e non solo nel caso di Pavel, abbatte il tronco, la Selva, l’intero Bosco, da cui ogni sano duraturo accrescimento nell’estesa ugual Geografia dell’intera Sfera, non apporterà quel Beneficio di cui il sano frutto appagherà l’evoluzione della Vita, e con essa il Sentiero in questa intrapreso, verso la Cima non più della conquista, ma della dovuta Conoscenza e della comprensione di come cogita accresce e crea (per suo tramite) alla sua ombra un Dio. 


(Giuliano)