giuliano

domenica 30 aprile 2017

MEMORIA VEGETALE ovvero regressioni tecno-evolute in spaciotempore poste: I PITTOGRAMMI



















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Memoria vegetale.....

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Passo di gambero...














...Da un lato meraviglia il fatto che nessuno avesse mai tentato prima un’analisi strutturale globale dell’arte sulla base di una grammatica, ovvero di una tipologia dei segni, di una sintassi dei sistemi di associazione tra i segni. La logica scolastica diceva che, se non era già stato fatto, voleva dire che non era fattibile. D’altro canto, affermare, come facevo, che l’arte delle rinomate grotte della Dordogna seguiva gli stessi criteri e la stessa logica dell’arte degli aborigeni australiani o dei boscimani del deserto del Kalahari suscitava scandalo e anche risentimenti. La scoperta di paradigmi universali proponeva una dimensione difficile da afferrare, in un mondo umanistico, più descrittivo che analitico, abituato a definire soprattutto caratteristiche locali, e a cercare più le differenze che le affinità.
Nell’arte dei primordi troviamo infatti archetipi e paradigmi del nostro essere che abbiamo ancora profondamente dentro di noi.  L’arte rupestre è un fenomeno mondiale comune alle popolazioni non letterate che inizia con Homo sapiens e viene sovente a cessare quando la gente che la pratica acquisisce una forma di comunicazione del tipo che chiamiamo scrittura…
In moltissimi complessi d’arte preistorica ed etnologica, in tutti i continenti e in tutte le categorie ricorrono tre tipi di segni grammaticali diversi tra loro:
Pittogrammi, figure nelle quali riteniamo di riconoscere forma identificabili con oggetti reali o immaginari, animali uomini o cose.

Ideogrammi, segni ripetitivi che vengono talvolta definiti come dischi, frecce, rami, bastoncini.

Psicodrammi, segni nei quali non si riconoscono e non sembrano rappresentati né oggetti né simboli. Sono slanci, violente scariche di energia, che potrebbero esprimere sensazioni quali vita o morte o odio, o anche esclamazioni o auspici.





Iniziamo ad analizzare, questa, e sicuramente più che discussa nonché ‘Eretica’ condizione posta, rilevata ed accertata nella fattispecie del Primo libro scritto dall’uomo (neppur di ciò son tanto sicuro giacché ho scoperto il suggerimento in siffatto merito non derivare dalla specifica natura dicono evoluta, rivelo ancor meglio: sembrerebbe provenire da chi dalla Genesi consegnato e relegato ad inferior ruolo e pretesa, o peggio, quale nutrimento in ogni cosa che muove striscia e vola in globale Anima-Mundi pensiero e Dio; e non certo dissimile da questa bestia o futuro Homo che sia cresciuta in pregiato bestiario così ben rilegato che ne deriverà in progressiva ed evoluta Natura conseguita…), molto più antico della Genesi di una Bibbia quale vero ed autentico best-seller in uso (dicono anche dal Provenzano free-style di cui il proprio ed altrui … pizzino…arredato…)….

il Pittogramma.



Indistintamente ognuno dirà penserà e di seguito digitalizzerà ortodossa ‘dottrina’ in etere diffusa, e come Genesi comanda, in Parabola tradotta, qual agnello ideol…gramma e pittogramma da un più ‘algoritmo’ celebro-(ora)leso misurato manipolato e certamente gradito (giacché corre differenza fra intelligibile pensiero & Natura e istinto… verso… non ancor parola).
E non volendo consegnerà indistintamente il Nobel di siffatta eretica esplosiva diagnosi introdotta, e/o se preferite, travasata da otri troppo antiche per essere da ogni moderna dottrina gradita… a ‘boccioni’ in caverne posti quale più mature nature riflesse (almeno così i maestri dicono) dissetare lo spirito di chi di cotal (pitto)gramma ne fa principio didattico evoluto consegnando ed abdicando ad un mondo così celebro(leso) in Dionisico principio…
Cui Bacco e Sangue di Cristo comporre materiale avvento e mito sconosciuto ad una scrittura ancor da nascere in medesima grotta incustodita nelle dinamiche cui ogni civiltà fedele alla genesi nel credo e conseguente dottrina (im)posta si riconosce e misura nella dovuta distanza numerata nel Tempo assente di cotal regressione celebro(lesa) sì celebrata…




Prima che in alcuni angoli del pianeta l’uomo inventasse la scrittura, l’arte visuale era il metodo per memorizzare e trasmettere nozioni e messaggi, e fino ad oggi rimane il principale strumento di storicizzazione dei popoli senza scrittura…

Infatti…(si narra)…

In primo luogo un traguardo irraggiungibile e ciò per due diverse ragioni…
In primo luogo l’esuberanza dei contenuti di un’arte che era ed è cultura…, esprimere credenze…, filosofie…, aspettative…, paure…, incertezze…, quale specchio della psiche (in minimo ingombro spazio neurale digitalizzato, infatti or ora mi giunge grugnito dalla caverna digitalizzato…)…, rivelare la DIROMPENTE CARICA dell’immaginazione e della creatività umana (certo per i tempi di allora… ma adesso? Mi scusi professore se mi intrometto prosegua sì dotta evoluzione…!) (e lui a me: INFATTI ORA PUR DICO E CERTO NON DISDICO… prima della parentesi evolutiva introdurre verbo…)… NON MI SEMBRAVA POSSIBILE CHE POTESSE ESSERE CONTENUTA IN UN’OPERA IL CUI SUPPORTO E’ LA CARTA… (mi scusi! Non visto la seguo e di nuovo e interrompo: potrebbe essere ‘anco’… o ‘anco essere…’ come meglio preferisce quest’‘anca’ posta in doppio cammino rimembrata… che la corteccia di siffatti ‘bei fusti’ non gradiscano cotal violenza…; infatti professore a lei posso ben dire o fors’anche confessare che sia lo fusto che il sottoscritto nutriti da medesimo malessere nello scorgere tanti ‘Homini’ vagare così vigili riflessi presenti in ogni loco illuminati in evoluto ingegno… corrisposto, tantè ho notato taluno angelico Putto che indeciso sul Pitto da incidere chiedere consulenza quanto ‘cogitare’ in corretta dottrina dallo canone servita così che l’opera e l’arte non sminuisca l’ingegno globalmente meditato…)…




NON FACCIA DELLO ‘SPIRITO’ OSSERVI E MEDITI L’OPERA… giacché l’arte rupestre detta costituisce il più grande e significativo archivio della storia dell’uomo prima della scrittura…(Verissimo magister infatti le Superiori Intelligenze connesse di tal arte ne fanno verbo per proprio ed altrui diletto… Di nuovo odo… oh mio magister l’Homo detto scalciare clava sul pavimento…  questa è la vera e sana evoluzione… ‘Scusa Homo se osato siffatto Eretico pensiero pento me stesso e l’altrui ingegno nell’evoluzione così mortificata ed udita nella genesi dell’altrui intento…’.
Mi scusi professore prosegua pure…).

INFATTI (come dicevo…) le opere d’arte visuale, pitture, incisioni, sculture costituiscono di gran lunga la più importante documentazione sull’evoluzione della mente umana nel corso degli ultimi 40.000 anni (verissimo mio magister, basta entrare in qual si voglia megastore e colà sgorgherà primo ‘verso’ glutterato di stupore non ancor ‘parola’, mi permetta, giacché non ancora arrivati al canone pattuito dalla genesi posto, e neppure alla cassa se per questo, tantè qui si scorgono ed ammirano tante meraviglie dal Creato così numerato ed annunciato…
….Che il sospiro per ogni centesimo sottratto dalla somma comporre la grande volta della caverna così di nuovo celebrata… Forse, professor… mi permetta, quello dopo che dal Mat evolvere al Matto di codesto materiale impero e sacrario celebrato… aver anco un poco contribuito all’Universale glutterato inchino verso…  monolitico traguardo e Dio…)…




(Ed INFATTI mi lasci proseguire in più retto ingegno…)…

L’arte mobiliare preistorica, placchette, medaglie, stellette, oggetti decorati è forte di un corpus di circa 100.000 doll…

(ma che dico ecco mi confonde ed inganna nell’eretico motivo taciti parola giacché l’algoritmo dal profondo oceano potrebbe incontrarsi con l’alga di una nuova natura e al componimento di codesta futura alchemica e connessa natura la guerra al sommergibile vigile di superior scrittura e cultura…)

 …MI CORREGGO E MI PENTO… reperti… Ma quanto tuttora da scoprire e comandare sparso in recondite località di ogni continente (là ove il sommergibile e l’alga non ancora approdati…)… è certamente di dimensioni ben più vaste…

ED ALLORA DOMANDIAMOCI cosa? (COSA HO PUR DETTO giacché qualcuno mi fa ‘segno’!?) in verità e per il vero ha spinto l’uomo, a livello globale ad una creatività artistica di tali proporzioni?

(Non mi guardi sto parlando per la vasta platea alla caverna assisa e riunita.. e non facciamo equivoci con queste simmetriche Rime o Poesie vogliamo raccogliere l’Algo… o meglio l’alga di un più profondo martirio…?

Mai sia detto o solo pronunciato ed ora breve sosta per un caffè che l’Intelligence mi fa segno composto e devo seguire non vorrei vedere smarrire retta borsa [no dicevo via] in codesto Universo taccio e pongo pausa mensa al pitto e per il putto comandata…  












           


lunedì 24 aprile 2017

GIOCHI DI MASCHERE & SPECCHI (2)


















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La prodigiosa sala degli specchi alla fotosintesi della vita posti....

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Memoria vegetale...














Tu che fai spiriti gli angeli tuoi e fuoco ardente i tuoi ministri…
I platonici dicono che tutte le cose terrene ricevono le loro idee dalle idee superiori e definiscono l’idea una forma unica, semplice, pura, immutabile, indivisibile, incorporea, eterna, che è superiore alle anime e alle intelligenze.
La natura di tutte le idee è unica e tutte le idee derivano dal bene istesso, vale a dire da Dio, e solo differiscono tra loro per certe ragioni relative. Tutto quanto v’ha al mondo è immutabile e unico e tutte le cose si accordano tra loro perché Dio non sia una sostanza differente, così che in Dio tutte le idee sono una forma, e perché l’intelligenza, ossia l’anima del mondo, sia imbevuta di esse e perché la natura riceva dalle forme infuse per le idee come una specie di germi inferiori.
Infine esse mettono come ombre nella materia.
Si può aggiungere che nell’anima del mondo v’hanno tante fogge seminali delle cose, quante idee v’hanno nello spirito divino, per le quali questo ha impresso nei cieli negli astri e nelle immagini le loro proprietà.
Tutti i poteri e le proprietà delle specie inferiori dipendono dunque dagli astri, dalle immagini e dalle proprietà, in modo che ciascuna specie dipende da una data immagine celeste da cui trae il potere per agire, qualità che le è propria e che riceve dalla sua idea mercé le fogge seminali dell’anima del mondo.





Perché le idee non solo sono la causa dell’essere, ma anche la causale delle diverse virtù che s’incontrano in una data specie e i filosofi dicono che le virtù che esistono nella natura delle cose agiscono sotto l’imperio di altre virtù più stabili, che non sono fortuite, ma efficaci, poderose, infallibili e che non producono nulla d’inutile o di vano.
Queste virtù sono operazioni delle idee e non errano che accidentalmente e solo per impurità o ineguaglianza della materia e in tal modo le cose della stessa specie sono dotate di virtù maggiore o minore secondo la purezza o l’impurità della materia. Così che i platonici hanno potuto enunciare che le virtù celesti sono infuse secondo i meriti della materia, perciò le cose che ricevettero in grado minore l’idea della materia, vale a dire quelle che ricevettero a preferenza la rassomiglianza dei corpi separanti, possiedono virtù maggiori e più efficaci, simili all’operazione delle idee separate.
Dunque ora noi sappiano che la situazione e la figura dei corpi celesti sono la causa d’ogni virtù attiva che si riscontra nelle specie inferiori.




Ciò che noi pensiamo tradotto in questo cielo ora osservato in anamorfico ingegno… ossia la scienza non è che errore e falsità….
Gli Aritmetici e i Geometri numerano misurano e spiano tutte le cose, ma ai loro occhi l’Anima non ha mai numero né misura…
I Musici trattano di suoni e canti, e tuttavia non odono le dissonanze che esistono nel loro Spirito…
Gli Atrologi ricercano gli astri e vagano per i cieli e presumono di indovinare quello che nel mondo accade agli altri, ma non si danno pensiero di ciò che è vicinissimo a loro e che hanno sempre sott’occhi.
I Cosmometri possiedono la conoscenza della Terra e dei mari, insegnano i confini di ogni paese, e tuttavia non per questo rendono l’uomo migliore o più saggio…
(J. Baltrusaitis, Anamorfosi)





L’aumento della frequenza dei fenomeni meteorologici estremi - come i lunghi periodi di siccità in alcune regioni del globo e le devastanti alluvioni in altre - ha un preciso responsabile: le emissioni di gas serra prodotte dalle attività umane che, attraverso il riscaldamento globale, alterano il movimento delle masse d’aria fra i poli e le regioni tropicali. Responsabili dell’incremento del numero e dell’intensità di condizioni meteorologiche estreme sono le attività umane.
Il ripetersi di lunghi periodi di siccità e/o di piogge che si trasformano in alluvioni dipende infatti in modo diretto dal riscaldamento globale legato ai gas serra: la ‘febbre’ del pianeta determina infatti un blocco delle gigantesche correnti atmosferiche che permettono uno scambio fra le masse d’aria ai poli e quelle tropicali.
Ad affermarlo è un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico (PIK) in Germania, della  VU University di Amsterdam nei Paesi Bassi e  della Pennsylvania State University negli Stati Uniti, che firmano un articolo su “Nature Scientific Reports”.
L’incidenza di eventi meteorologici estremi e particolarmente devastanti – come la siccità senza precedenti verificatasi in California nel 2016, l’ondata di caldo del 2011 negli Stati Uniti, le inondazioni in Pakistan del 2010 e l’ondata di caldo in Europa del 2003 - è superiore a quello che ci si aspetterebbe in base agli effetti diretti del solo riscaldamento globale.
Le simulazioni al computer e le osservazioni indicano che i cambiamenti climatici in corso favoriscono un’insolita persistenza delle correnti a getto all’origine degli eventi estremi.
‘Se lo stesso tempo meteorologico persiste per settimane in una regione, le giornate di sole possono trasformarsi in un grave ondata di caldo e di siccità, o le piogge  possono provocare inondazioni’, spiega Stefan Rahmstorf coautore dello studio.




Gli spostamenti delle grandi masse d’aria sono guidati in gran parte dalle differenze di temperatura tra l’equatore e i poli. Poiché la regione artica si sta riscaldando più rapidamente rispetto ad altre, questa differenza di temperatura è in diminuzione. Inoltre, le masse continentali si stanno riscaldando più rapidamente degli oceani, soprattutto in estate.
Le simulazioni hanno mostrato che l’effetto combinato di questi fenomeni fa sì che le correnti d’aria che spostano le aree cicloniche e anticicloniche (le aree di alta e bassa pressione) finiscano in stallo.
Questa conclusione è confermata anche dalle rilevazioni da satellite, anche se – osservano prudentemente Rahmstorf e colleghi – i dati satellitari di cui si dispone coprono un arco di anni insufficiente per offrire una controprova assolutamente conclusiva. Tuttavia, proseguono i ricercatori, la maggior parte degli effetti legati a questo stallo delle correnti a getto è avvenuta negli ultimi quattro decenni, suggerendo che il fenomeno sia relativamente recente, il che ‘lo rende ancora più rilevante’.
Dal 2000 al 2014 ben 13 anni hanno segnato una temperatura globale da record. La possibilità che una simile successione di anni caldi sia dovuta a fluttuazioni naturali ha una plausibilità statistica bassissima, che diminuisce ancor più se si considera che il 2015 è stato l’anno più caldo mai registrato da quando sono iniziate le rilevazioni sistematiche del clima.
Le probabilità che una successione record di anni caldi come quella che ha caratterizzato l’inizio del millennio sia dovuta solo alle oscillazioni climatiche naturali sono così basse che è del tutto irragionevole escludere il contributo determinante delle emissioni di gas serra dovute alle attività umane.




E’ questa la conclusione a cui è giunto un gruppo di ricercatori del Potsdam Institut per la ricerca climatica, della  Pennsylvania State University e di altre istituzioni internazionali che firmano un articolo pubblicato su “Nature Scientific Reports”.
Anche senza considerare l’anno più caldo mai registrato da quando sono iniziate rilevazioni sistematiche, il 2015 (i dati relativi al 2015 sono arrivati troppo tardi per essere inclusi nello studio), le probabilità che una simile successione di anni caldi – 13 su 15 dal 2000 al 2014 – sia dovuta alla variabilità naturale sono infatti comprese fra 1 su 5000 e 1 su 170.000. Se si includesse anche il 2015,  ha detto Stefan Rahmstorf, coautore della ricerca, le probabilità crollerebbero ulteriormente, e in modo drastico: ‘Il 2015 è stato, di nuovo, l’anno più caldo mai registrato, e questo non può essere un caso’.
Per arrivare a questa conclusione, gli scienziati hanno eseguito sofisticate analisi statistiche, combinando i dati osservativi con simulazioni al computer del sistema climatico. Questo approccio ha permesso di distinguere le caratteristiche statistiche della variabilità naturale del clima dai cambiamenti climatici causati dall’uomo.
‘La variabilità climatica naturale fa sì che le temperature crescano e calino nel corso di un periodo di diversi anni, e non in modo irregolare da un anno all’altro’, spiega Michael Mann, primo autore dello studio.
Di fatto, dal punto di vista statistico la variabilità naturale non riesce a spiegare il fenomeno, che invece appare perfettamente in linea con quanto prevedibile se si ipotizza il contributo delle emissioni antropiche.
Inoltre, la variabilità naturale non riesce a dar conto della serie di ondate di calore locali senza precedenti che si sono verificate in tutto il mondo: ‘Come mostra chiaramente la nostra analisi dei dati, il rischio di fenomeni di calore estremi è stato moltiplicato a causa della nostra interferenza con il sistema Terra’, ha osservato Rahmstorf.


















IL CULTO DELL'IGNORANZA (49)






















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Il culto dell'ignoranza (48)















...Vergini perite per mano dei feroci unni.  Antoine de Lalaing, cortigiano e cronista del viaggio di Filippo il Bello, scriveva che Colonia era una città ‘ricca, potente, mercantile, densamente popolata, ben lastricata, ben assicurata da spesse mura e da grandi e forti porte, con case molto belle in muratura sfarzosamente ornate’, piena di sante reliquie le quali, includono le menzionate martiri, arrivavano a ventitré o ventiquattromila.
‘La terra è talmente santa che non accetta più altri corpi, neppure quelli dei bambini innocenti. Sostengo che, dopo Roma, non c’è luogo in tutta la cristianità con tanti corpi di santi come a Colonia’.
Teodor Billewicz non rinuncia ad alcun particolare e di solito la descrizione delle curiosità della città visitata inizia dalle reliquie. Eppure siamo già nel 1677! E’ commovente questo pio interesse per il dettaglio. A Praga, nella cattedrale di San Vito, vede, ‘tra le altre cose, i seni di sant’Anna, interissimi, nel cristallo; la testa di santo Stefano, pro martire; la testa di san Giovanni Battista e di molti altri’. In margine troviamo aggiunto: ‘Nota bene’.




In seguito, nella chiesa di Santa Teresa, ‘le monache presentano dietro la grata una monaca già di trent’anni morta, di vita molto pia, e ancora adesso seduta viva’. Dai gesuiti, poi, ‘la testa di sant’Orsola, il cappello di san Severio e il dito e parte dell’unghia’.  Ad Augusta, qualche giorno più tardi, Billewicz ha appena finito di descrivere il solenne ingresso del principe che subito passa a parlare delle locali reliquie. Presso i benedettini ci sono i corpi di sant’Udalrico e sant’Afra, ‘in questa chiesa c’è tanta moltitudine di ss. Reliquie che il coro e la terra sotto l’altare possono essere chiamate Sancta, per il fatto che ovunque ss. corpi giacciono. Abbiamo visto colà anche una crocetta in forma di croce di cavalieri, la quale fu offerta da un Angelo a sant’Udalrico in una battaglia e con la quale si fece il segno della croce subito il nemico sconfiggendo.  La crocetta è a similitudine di un legno, ma essa di legno non è e adesso ha queste dotes, che nubes dissipa, malattie molte col suo tocco si placano, lo stesso valore hanno i vestiti di sant’Adalrico’.
Tuttavia, non tutte le cose sacre svolgono un ruolo esclusivamente religioso. Nella chiesa di Netel, in Baviera, c’è una statua della Madonna di alabastro o marmo, mandata dal cielo da un angelo, nella persona di san Benedetto al principe Ludovico IV, futuro imperatore, al quale, come scrive Billewicz, ‘dalle ribellioni di certe sue province scosso questo dono in consolationem et subsidium prodigiose obtulit’
A Venezia, invece, una nuova emozione: ‘Tra le altre reliquie, abbiamo baciato una testa nuda di San Giorgio martire. Poi, una meraviglia ancora più grande: i ritratti di san Domenico e di san Francesco – dipinti ancor prima della loro nascita -, dove san Francesco era rappresentato già con le stimmate’.




Calvino non avrebbe elogiato quei viaggiatori protestanti che avessero dimostrato interesse per le memorie e i ricordi della vita di Cristo.  ‘Infatti, il primo errore, come radice del male, è che invece di cercare Gesù Cristo, nella sua parola, nei suoi sacramenti, nelle sue grazie spirituali, il mondo, come è suo costume, si diletta con le sue vesti, le sue camicie e la sua biancheria’. Presto, però, abbandona le considerazioni teologiche e con manifesto buonumore comincia ad additare le contraddizioni e le vere assurdità del mondo delle reliquie cattoliche. Esaminiamo con lui gli stessi oggetti che nei decenni successivi alcuni viaggiatori guarderanno con venerazione.
Ebbene, Calvino, non sa nulla del palmo della mano di san Giovanni, custodito dai Cavalieri di Malta, anche se menziona una parte del cranio; ha sentito parlare di una mano a Siena e si scandalizza, perché le fonti antiche parlano della distruzione del corpo del Battista.  E infatti, le ceneri si custodiscono a Genova e a Roma nella basilica lateranense.  Tuttavia, l’indice, ovviamente salvatosi dal rogo, con il quale Giovanni indicò agli ebrei Gesù Cristo, dicendo: Ecce Agnus Dei!, esiste a Besancon, a Tolosa, a Lione, a Bourges, a Saint-Jean-des-Aventures, vicino a Macon, e a Firenze.
In seguito, il ‘Dictionnarie critique des reliques et des images miraculeuses’ di Jean Collin de Plancy del 1821, elencherà otto mani del santo e ben undici indici della mano destra, e, secondo questa fonte, un dito si dovrebbe trovare anche a Malta…..





Son io che creo questo strano
e certo mercato,
chiede anche l’estrema unzione
prima della morte,
che lenta sul mare ci porta via.
Dopo questa strana vita
ancora non del tutto capita.
La preghiera è giusta moneta
a cui affido l’anima mia,
per un paradiso pagato a suon di denari
(e custodito ora da un dotto professore
perché i tempi sembran mutati
nella terra dei santi ed illustri….
ciarlatani…),
e per la salvezza che mi vuole al sicuro
dal patimento di un fuoco lento
nominato Inferno. (11)

(G. Lazzari, Frammenti in Rima, Dialogo in-crociato)























martedì 18 aprile 2017

IL RAMO INDUSTRIOSO DELL'UOMO ovvero la foglia genesi della conquista (2)



















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Il ramo industrioso dell'uomo ovvero.... (1)






















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Giardini di Primavera...

























In una precedente riflessione abbiamo letto capito e meditato il come la Natura, e non solo quella umana, operare un processo indispensabile connesso alla propria ed altrui  conservazione nel medesimo principio nominato vita, nella fattispecie di un elemento primario e poi restituito in retto saggio compo(ni)mento, sicché alla sezione di tal ‘corteccia’ rimembriamo e rinnoviamo ugual (memoria vegetale… giacché privati della prima non potremmo respirare o aspirare alla seconda) volontà conservata nel libro o tomo, perché in verità e per il vero, meditiamo taluni, a prescindere credo e ragione, connessi con i cicli della Spirale cui indistintamente nati…
E più non aggiungo eccetto delle massime che sembrano in profonda sintonia con una certa legge la qual regola propria ed altrui vita, tralasciando, oppure al contrario, sindacando, medesimi motivi circa l’ecologica materia studiata nel ‘diritto’ ed in suo difetto e cui ognuno indistintamente può o potrebbe aspirarne il principio…
E quando indistintamente violato per superiore economica ragion di stato, o dicono democratico interesse, nel e per, il progresso conseguito… sorrido dell’anidride dal ramo alla (loro) foglia dispensata… E cogito diverso antidoto al veleno offerto nobilmente e candidamente vestito nell’errata e falsata interpretazione di qualsivoglia  principio ed elemento…
Alla ‘parabola’ della foglia cui ogni Anima e natura al ramo malmente evoluta perita nella dottrina di cui ogni Spirito… ravvivarne antica Memoria perduta…

Così introduco taccio… e più non dico… giacché parafrasando il Montesquieu detto come lui medito…

 “Ho stima dei ministri: non sono gli uomini che sono piccoli, ma i compiti che sono grandi”.




Dicevo ch’era naturalissimo credere che ci fossero delle intelligenze superiori a noi: infatti, immaginando la catena delle creature a noi conosciute, e i diversi gradi d’intelligenza, dall’ostrica fino a noi, se noi formassimo l’ultimo anello, sarebbe la cosa più straordinaria, e si potrebbe sempre scommettere a 2, 3 o 400 mila o milioni contro 1 che non è possibile, tanto se tra le creature siamo noi ad avere il primo posto, quanto se siamo noi al termine della catena, e che non esiste nessun essere intermedio tra noi e l’ostrica che non sappia ragionare come noi.
È vero che noi siamo i primi tra gli esseri che conosciamo.
…Ma, quando ne concludiamo che siamo i primi tra gli esseri, ci gloriamo della nostra ignoranza, e del fatto che non sappiamo come si faccia ad avere rapporti tra il nostro globo e un altro, e perfino tutto ciò che esiste nel nostro globo...
Fontenelle ha un’idea assai graziosa a questo proposito!
Dice che forse le intelligenze che hanno dato occasione a tutti gli episodi di rapporti con gli esseri sconosciuti non possono vivere a lungo sul nostro globo, e che avviene come per i tuffatori, che possono entrare nel mare e non possono vivere nel mare.
Così i 230 rapporti con gli Spiriti dell’Aria, per esempio, saranno stati brevi; saranno stati rari; ma a volte ci saranno stati.




Parmi questa ottima premessa a giustificazione la qual essa sia… in tal difettevole condizione o ancor meglio globale connessione…

 Un Principe crede di diventare più potente attraverso la rovina di uno Stato vicino.
È il contrario!
In Europa le cose sono combinate in modo che tutti gli Stati dipendono gli uni dagli altri. La Francia ha bisogno dell'opulenza della Polonia e della Moscovia, come la Guienna ha bisogno della Bretagna e la Bretagna dell’Angiò.
L’Europa è uno Stato composto di molte province.

I ministri possono venire a sapere dai cambi i movimenti segreti d’uno Stato vicino, poiché una grande impresa non si può mai compiere senza denaro, e, per conseguenza, senza un grande mutamento nei cambi.

Non ci dobbiamo stupire vedendo come quasi tutti i popoli dell’universo siano così lontani dalla libertà che prediligono. Il governo dispotico balza agli occhi, per dir così, e s’istituisce quasi da sé. Dato che per costituirlo bastano delle passioni, tutti ne son capaci.
Ma per fare un governo moderato, bisogna combinare le forze, temperarle, lasciarle agire e regolarle; mettere, per dir così, zavorra nell’una per porla in condizione di resistere a un’altra.
È un capolavoro di legislazione che il caso compie molto raramente, e che non si permette di compiere alla prudenza.

Dicevo: ‘Il governo dispotico ostacola le capacità dei sudditi e dei grandi uomini, come l’autorità degli uomini ostacola le capacità delle donne’.

Osservavo la lista delle mercanzie che i negozianti europei portano ogni anno a Smirne.
Osservavo con piacere come quella brava gente prendesse 400 balle di carta per involgere lo zucchero, e non prendesse che 30 balle di carta per scrivere.

Quand’anche l’immortalità dell’anima fosse un errore, mi rincrescerebbe, molto di non credervi.
Non so come la pensino gli atei. (Confesso di non essere umile come gli atei). Ma, quanto a me, non voglio barattare (e non baratterò) l’idea della mia immortalità con quella di una beatitudine d’un giorno.
Sono lietissimo di credermi immortale come Dio stesso.
A parte le verità rivelate, alcune idee metafisiche mi danno una speranza assai forte nella mia felicità eterna, alla quale non vorrei rinunciare.

Il dogma dell’immortalità dell’anima ci spinge alla gloria, mentre la credenza contraria ne attenua in noi il desiderio.

Non si vuol morire!
Ogni uomo è in effetto un succedersi d’idee che non si vogliono interrompere.

 Quest’opera è il frutto delle riflessioni di tutta la mia vita, e forse da un lavoro immenso, da un lavoro fatto con le migliori intenzioni, da un lavoro fatto per la pubblica utilità io non ritrarrò che dolori, e, sarò compensato dalle mani dell’ignoranza e dell’invidia.

Ho lavorato vent’anni di seguito a quest’opera, e non so ancora se sono stato ardito o se sono stato temerario, se m’abbia schiacciato la grandezza del tema o se la sua maestà m’abbia sostenuto.

A che mi servirebbe aver riflettuto per vent’anni, se mi fosse sfuggita la prima di tutte le riflessioni, che la 250 vita è breve?
Non ho neppure il tempo di abbreviare quel che ho fatto.

La virtù civica non consiste nel vedere la propria patria divorare tutte le altre.
Questo desiderio di vedere la propria città inghiottire tutte le ricchezze delle nazioni, di saziarsi continuamente gli occhi con i trionfi dei generali e gli odi dei re, tutto questo non costituisce la virtù civica.
La virtù civica consiste nel desiderio di vedere l’ordine nello Stato, di provar gioia per la pubblica tranquillità, per l’esatta amministrazione della giustizia, per la sicurezza dei magistrati, per la prosperità di coloro che governano, per il rispetto tributato alle leggi, per la stabilità della monarchia o della repubblica.
(Montesquieu)


















mercoledì 12 aprile 2017

IL FIOR DETTO DAL DUR... DURANTE DETTO (2)












































Precedente capitolo:

Ricostruire Memoria antica....













Molte salute, Madonna, v’porto
Dal vostro figluolo. E’ pregavi, per Dio,
Che  ’l socoriate, od egli è in punto rio,
Che Gielosia gli fa troppo gran torto.

Che nonn’ à guar ched e fu quasi morto
In una battaglia, nella qual fu’ io.
Ancor si par ben nel visagio mio
Che molto mi vi fu strett’ ed a torto. —

Allor Venusso fu molto crucciata,
E disse ben chella forteza fìa
Molto tosto per lei tutta  ’nbraciata:

Ed a malgrado ancor di Gielosia,
Ella sera per terra rovesciata.
Nolle varrà già guardia che vi sia. —

Venusso sì montò sus’ un ronzino
Corsiere ch’era buon da cacciagione,
E con sua giente n’ andò a Cicierone.
Sì comanda che sia’ prest’ al matino

Il carro suo, eh’ era d’oro lino.
I[n]mantenente fu messo i’ limone,
E presto tutto, sì ben per ragione,
Che, quando vuol, puote entrar in camino.

Ma non volle cavai per lmoniere.
Né per tirare il caro, anzi fé trarre
Cinque colonbi d’un su’ colonbiere.

A corde di fil d’oro gli fé legare.
Non bisogniava avervi carettiere,
Chèlla dea gli sapea ben guidare.

Di gran vantagio fu ’l carro prestato.
Venusso ben matin v’ è su salita,
E sì sacciate eh’ ell era guernita
E d’ arco, e di brandon ben inpennato,

E seco porta fuoco tenperato.
Così da Ciceron sì s’ è partita,
E dritta all’ oste del figluol n’ è ita
Con suo’ colonbi che ’1 car àn tirato.

Lo dio d’amor sì avea rotte le triove,
Prima che Veno vi fosse arivata.
Che troppo gli parea 1’ atender grieve.

Venus dritta a lui sì se n’ è andata.
Sì disse : Figluol, non dottar, che ’n brieve
Questa forteza no’ avremo aterata. —

Figluol mi’, tu l’arai un saramento,
E io d’altra parte si ’I faroe.
Che Castitate i’ ma’ non lascieroe
In femina che agia intendimento,

Nèttu in uon chetti si’ a piacimento.
Ed i’ te dico ben eh’ i’ lavorroe
Col mi’ brandone; sì gli scalderoe,
Che ciaschedun verrà a comandamento.

Per far le saramenta sì aportaro,
En luogo di relique, si aportaro
Brandoni, e archi, e saette; si giurarono.

Di suso, e diser e’ altrettanto vale.
Color de 1’ oste ancor vi s’ acordaro.
Che ciaschedun sapea le dicretali.

Venus, che d’ assalire era presta.
Sì comanda a ciascun ched e’ s’ arenda,
O che la mercie ciascheduno atenda,
Ch’ ella la guarda lor tratutta presta.

E sì lor à giurato per sua testa,
Ched e’ non sia nessun che si difenda,
Ch’ ella de la persona nogli afenda;
E così ciaschedun sì amonesta.

Vergogna sì respuose: I’ non vi dotto.
Se nel Castel non fosse se non io,
Non crederei che fosse per voi rotto.

Quando vi piacie intrare a lavorio,
Già per minacele no m’ intrate sotto,
Né vo né que’ che d’ amor si fa dio. –

Quando Venus intese che Vergogna
Parlò sì arditamente contrallei,
Sì gì’ à giurato per tutti gli dei,
Ch’ ella le farà ancor gran vergogna;

E poi villanamente la ranpogna,
Diciendo : Garza, poco pregierei
Il mi’ brandone, sed i’ te non potrei
Farti ricoverare in una fogna.

Già tanto non se’ figlia di Ragione,
Che senpre co’ figluoi m’ à gueregiato,
Ch’ i’ non ti metta fuoco nel groppone. —

Ed a Paura ancor da 1’ altro lato :
Ben poco varrà vostra difensione,
Quand’ i’ v’ avrò il fornel ben riscaldato. –

Molto le va Venus minacciando,
Diciendo, se no rendono il castello,
Ched ella metterà fuoco al fornello
Sì che per forza le n’ andrà cacciando.

E disse : A .M. diavoli v’ acomando,
Chi amor fugie, e’ fosse mi’ fratello.
Per Dio, i’ le farò tener bordello.
Color che l’Amor vanno sì schifando.

Chèd e’ non è più gioia che ben amaro,
Rendetemi il castel, o veramente
Il farò i[n]mantenente giù versare ;

E poi avremo il fior ciertanamente,
E si ’1 faremo in tal modo sfogliare
Che poi non fia vetato a nulla gente. —

Venus la sua roba à socorciata,
Crucciosa per senbianti molto, e fiera,
Verso ’1 Castel tenne sua caminiera,
E ivi sì s’ è un poco riposata.
E riposando sì ebe avisata,
Come cole’ eh’ era sottil’ archiera,
Tra due pilastri una balestriera.
La qual natura v’ avea conpasata.

In su’ pilastri una imagine avea asisa ;
D’argiento fin senbiava, sì luciea;
Trop’ era ben taglata a gran divisa.

Di sotto un santuaro sì avea :
D’undrapo era coperto sì, in ta’ guisa.
Che ’1 santuaro punto non parca.

Troppo avea quel’ imagine ’1 [vi]sagg’io
Tagliato di tranobile fazone.
Molto pensai d’ andarvi a prociessione,
E di fornirvi mie pelligrinagio.

E sì no mi parìa paruto oltragio
Di starvi un dì davanti ginochione,
E poi di notte esservi su boccone,
E di donarne ancor ben gran lo gagio.

Chèd i’ era ciertan sed i’ toccasse
Le r[e]lique, che disotto eran riposte.
Che ogne mal eh’ i’ avesse mi sanasse ;

E fosse mal di capo, over di coste,
Od altra malatia, che mi gravasse,
A tutte m’ avrìa fatto donar soste.

Venus allora già più non atende,
Però ched ella sì vuol ben mostrare
A ciaschedun, ciò ched ella sa fare
I[n]mantenente l’arco su’ sì tende,

E poi prende il brandone e sì 1’ aciende.
Sì nolle parve pena lo scocare,
E per la balestriera il fé volare,
Sì che ’1 Castel ma’ più non si difende

I[n]mantenente il fuoco sì s’ aprese,
Per lo castello ciascun si fugio,
Si che nessun vi fecie più difese

Lo Schifo disse : Qui no sto più io.
Vergogna si fugì in istran paese,
Paura a gran fatica si partio.

Quando ’1 castello fu così inbrasciato,
E chelle guardie fur fu gite via,
Alor sì v’ entro entrò Cortesia
Per la figluola trar di quello stato.

E Franchez’ e Pietà da l’altro lato
Sì andaron collei in conpagnia.
Cortesia sille disse: Figlia mia,
Molt’ ò avuto di te il cuor crucciato,

Che stata se’ gran tenpo inpregionata.
La Gielosia agi’ or mala ventura,
Quando tenuta t’ à tanto serrata.

Lo Schifo, e Vergogna con Paura
Se son fugiti, e la gol’ à tagliata
Ser Malabocca, per sua disaventura.

Figluola mia, per Dio, e per merzede,
Agie pietà di quel leal amante,
Che per te à soferte pene tante
Che dir noi ti porìa in buona fede.

I[n] nessun altro idio chette non crede,
E tuttora acciò è stato fermo e stante.
Figluola mia, or gli fa tal senbiante
Che sia ciertano di ciò e’ or non crede.

Bellacoglienza disse : I ’ gli abandono
E me, e ’1 fiore, e ciò eh’ i’ ò ’n podere,
E ched e’ prenda tutto quanto in dono.

Per altre volte avea alcun volere,
Ma nonn’ era sì agiata com’ or sono.
Or ne può fare tutto ’1 su’ piaciere.

Quand’ i’ udi’ quel buon risposto fino
Chella gientil rispuose,……
Ed a la balestriera m’adrizai,
Chè quel si era il mi’ dritto camino.

E sì v’ andai come buon pellegrino,
Ch’ un bordon noderuto v’ aportai,
E la scarsella non dimenticai,
La qual v’ apiccò buon mastro divino.

Tutto mi’ arnese tal chent’ i’ portava,
S’ ò di condurr al porto in mia ventura,
Di toccarne le relique i’ pur pensava.

Nel mi’ bordon non avea feratura,
Che giamai contra pietre noli’ urtava :
La scharsella sì era san costura.

 Tant’ andai, giorno e notte caminando,
Col mi’ bordon che non era ferrato,
Che ’ntra duo be’ pilastri fu’ arivato.
Molto s’ andò il mi’ cuor riconfortando.

Dritt’ a le r[e]lique venni apressimando,
E mantenente mi fu’ inginochiato,
Per adorar quel corpo beato ;
Po’ venni la coverta solevando.

E poi provai sed i’ potea il bordone
In quella balestriera, eh’ i’ v’ ò detto,
Metterlo dentro tutto di randone ;

Ma i’ non potti, eh’ eli’ era sì stretto
L’ entrata, che ’1 fatto andò in falligione
La prima volta i’ vi fu’ ben distretto.

Pe’ più volte falli’ allui ficcare,
Perciò che ’n nulla guisa vi capea ;
Ella scarsella e’ al bordon pendea,
Tuttor disotto lo faciea urtare,

Credendo il bordon me’ far entrare,
Ma già nessuna cosa mi valea ;
Ma a la fine i’ pur tanto scotea,
Ched i’ pur lo faciea oltre passare.

Sì eli’ io allora il fior tutto sfoglai,
E la semenza eh’ i’ avea portata.
Quand’ ehi arato, silla seminai ;

La semenza del fior v’ era cascata,
Amendue insieme sille mescolai.
Che molta di buon’ erba n’ è po’ nata.


(Dur Durante…)