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Un sol uomo.... (da 2 ad.... 1)
Il potere totalitario oppressore
è il suo Dio (con lui anche ex nazisti quanto comunisti); il modello che
egli ha dell’ordine è la simmetria delle croci in un cimitero.
In tale simmetria si incasella, lui stesso, senza discutere: non può
immaginare nulla di nuovo o di diverso. Il nuovo e il diverso lo spaventano. Devoto
quanto un prete a sistemi già collaudati, divinizza i regolamenti e vi obbedisce
nel modo in cui obbedisce ai banali canoni dell’eleganza: abito blu, camicia
bianca, cravatta blu.
Il vero inquisitore è un uomo
lugubre (2*). Filosoficamente è il vero fascista assommato al nazista,
privo di colore che serve tutti i fascismi ( e ne diventa docile strumento),
tutti i totalitarismi, tutti i regimi purché servano a mettere gli uomini in
fila come croci in un cimitero.
Lo trovi ovunque vi sia
un’ideologia, un principio assoluto, una dottrina che proibisca all’individuo
di essere se stesso.
L’inquisitore si dichiara
idealista ma odia gli ideali. Ha uffici in ogni contrada della Terra,
capitoli in ogni volume di storia, ieri serviva i tribunali dell’Inquisizione
cattolica (a caccia di cani!) e del terzo Reich, oggi serve la caccia alle
streghe delle tirannie orientali e occidentali, di destra e di sinistra.
Egli è eterno, onnipresente, immortale….
E mai umano… Più bestia che uomo…
Forse si innamora, all’occorrenza piange e soffre come noi, forse ha un’anima.
Ma, se ce l’ha giace dentro una tomba così profonda che per disseppellirla ci
vorrebbe un bulldozer, o un trattore.
(Oriana Fallaci, Un Uomo)
(2*) Come durante il
medioevo, gli inquisitori non
frequentavano scuole particolari, ma imparavano il loro mestiere sul campo,
talvolta iniziando la carriera in qualità di vicari, ma ciò non rappresentava
una regola. Una volta eletti, veniva loro consegnata una patente da parte dalla
Congregazione, raggiungevano la sede loro assegnata, pubblicavano in genere un
editto di fede e iniziavano l’attività.
Nei primi quarant’anni di funzionamento del
Sant’Uffizio romano gli inquisitori non godettero generalmente di effettiva
autonomia giuridica, dato che nei casi finora studiati in modo sistematico i
vescovi o i loro vicari influenzarono più di quanto avrebbero fatto dopo
l’opera del tribunale. Sul piano economico e logistico, gli inquisitori
all’inizio dipendevano dal convento che li ospitava e dagli ordinari, che fornivano
i luoghi dove celebrare i processi, i cancellieri per redigere gli atti
processuali, come pure i messi giurati e la polizia per eseguire le citazioni, le perquisizioni e gli
arresti. Ugualmente di proprietà vescovile o conventuale furono nei primi tempi
le carceri, che cominciarono poi a essere costruite dagli inquisitori con i
propri fondi.
Per tutta l’età
moderna non mancarono i conflitti con le sedi conventuali, perché gli
inquisitori (che a volte erano anche priori) suscitavano la gelosia degli altri
frati del chiostro, occupavano locali spesso spaziosi e godevano di ampie
eccezioni al rispetto della regola. Altri conflitti con i poteri civili vennero
innescati dalla presenza di familiari e patentati. Solo con i papati di Pio V
(1566-1572) e del successore Gregorio XIII (1572-1585) gli inquisitori
iniziarono a godere di entrate proprie che, negli anni, portarono anche a una
parità effettiva fra i due giudici di fede (ordinario e delegato) nell’attività
giudiziaria. Pio V infatti dotò di una pensione perpetua almeno le sedi di
Alessandria, Bergamo, Bologna, Brescia, Ceneda, Cremona, Faenza, Genova,
Mantova, Milano, Novara, Parma, Pavia, Pisa, Vercelli, Verona. Gregorio XIII
garantì delle entrate fisse derivanti da pensioni agli uffici di Belluno,
Capodistria, Faenza, Padova e Rimini, mentre concesse dei benefici alle sedi di
Alessandria, Asti, Bergamo, Firenze, Novara, Udine e Vicenza. Negli anni
successivi il papato continuò ad assegnare sia pensioni sia benefici.
Alla fine
del Cinquecento gli inquisitori locali
erano finanziariamente autonomi, ma il tribunale continuò a essere composto e
gestito da due giudici, l’inquisitore e l’ordinario, che decidevano assieme quali
denunce dovevano trasformarsi in processi informativi, quali processi
informativi in processi formali, decretavano il modo di condurre le cause, l’eventuale
comminazione della tortura e stabilivano la sentenza con le relative pene.
Nei primi decenni di funzionamento del Sacro
Tribunale gli inquisitori furono molto probabilmente mobili sul territorio della
loro giurisdizione. Solo nel corso del primo
Seicento pare che essi assumessero le funzioni prevalenti che il diritto
assegnava loro nella repressione dell’eresia rispetto all’autorità dei vescovi,
cominciarono a nominare dei propri vicari foranei nei paesi più importanti e a
risiedere più stabilmente nella città principale del territorio loro assegnato.
Gli
inquisitori non avevano obblighi
procedurali se non quelli dovuti alla prassi e alle disposizioni inviate per
lettera dalla Congregazione nei casi particolari: non esisteva infatti nessuna istruzione
organica e neppure un manuale ufficialmente avallato, ma solo dei testi
giuridici più o meno autorevoli e delle raccolte di ordini impartiti dalla
Congregazione in seguito a richieste dei singoli inquisitori. Sui poteri,
compiti e privilegi dell’inquisitore e sulle sue relazioni con il vescovo, i
commissari del Sant’Uffizio, i superiori dell’Ordine, le autorità secolari, i
propri vicari, consultori, notai ecc., danno indicazioni quasi tutti i manuali,
come ad esempio quello di Cesare Carena nel Titulus quintus. ‘De apostolicis inquisitoribus’,
dove in 112 paragrafi viene trattata sia l’Inquisizione romana sia quella
spagnola.
Come risulta da studi fatti sulla
documentazione archivistica, nella conduzione del processo formale i giudici
della fede seguivano diversi modelli di interrogatorio: uno molto ridotto per i
testimoni, normalmente uno semplice per gli imputati, inteso a verificare gli
indizi già emersi, più raramente uno complesso e approfondito per gli imputati,
con la proposta di nuovi argomenti. Nelle procedure sommarie, pare molto
utilizzate nel Sei e Settecento, in teoria non ci dovrebbero essere state
domande, se non per facilitare la confessione volontaria dell’imputato e fargli
rivelare i complici.
Gli
inquisitori locali comunicavano alla
Congregazione, attraverso le lettere, i casi più rilevanti o difficili, e
ricevevano da parte del cardinale segretario indicazioni e ordini stabiliti dai
cardinali inquisitori e talvolta dal papa nelle sedute del mercoledì e del
giovedì. Quanto funzionasse la centralizzazione dei controlli è un problema ancora
discusso e in fase di revisione, perché in realtà ci sono ancora pochi studi
sistematici condotti contemporaneamente sui processi e sulle lettere.
Gli inquisitori
inoltre erano soggetti al
controllo da parte della Congregazione non solo sul piano procedurale, ma anche
su quello finanziario: dovevano infatti inviare ogni anno una relazione dello
stato economico del loro ufficio, con tanto di inventario, comprendente i costi
e i ricavi relativi all’anno solare precedente. Ci furono comunque degli sforzi
da parte della Congregazione per omogeneizzare i comportamenti degli uffici
periferici, in cui talvolta i giudici si macchiarono di abusi procedurali o di corruzione:
nel 1578 per esempio fu inviata una importante lettera circolare, Ordini
generali quali si devono osservare inviolabilmente da tutti l’inquisitori,
ufficiali fiscali et notari nelle cause del Sant’Ufficio sotto pena della
privatione degl’uffici et d’altre pene ad arbitrio dell’illustrissimi e
reverendissimi signori cardinali generali inquisitori, in cui furono uniformate
le spese processuali a carico del Sant’Uffizio periferico e quelle a carico
degli imputati.
Nel 1611 fu inviata un’altra circolare contenente
gli Ordini da osservarsi dagli inquisitori: si trattava di disposizioni
concernenti i comportamenti che i giudici dovevano assumere nel periodo in cui
ricoprivano l’incarico. L’ufficio non aveva una scadenza prefissata e gli
inquisitori più meritevoli agli occhi di Roma potevano essere promossi in sedi
più prestigiose, a capo di una diocesi, in incarichi di Curia, nella rete delle
nunziature, nella stessa Congregazione.
Carriere particolarmente brillanti ebbero gli
inquisitori di Malta. Vi furono anche figure di giudici della fede che ascesero
fino al papato: il primo fu Marcello Cervini (Marcello II, 1555), ma i più
famosi furono Gian Pietro Carafa (Paolo IV, 1555-1559), Michele Ghislieri (Pio
V, 1566-1572) e Felice Peretti (Sisto V, 1585-1590).
In seguito una notevole parte dei papi provennero
dalle file dell’Inquisizione o dell’Indice fino alla metà del Settecento, e in
alcuni casi anche oltre: Urbano VII Castagna (1590), Innocenzo IX Facchinetti
(1591), Paolo V Borghese (1605-1621), Innocenzo X Pamphili (1644-1655),
Alessandro VII Chigi (1655-1667), Clemente X Altieri (1670-1676), Alessandro VIII
Ottoboni (1689-1691), Innocenzo XII Pignatelli (1691- 1700), Clemente XI Albani
(1700-1721), Clemente XII Corsini (1730-1740), Clemente XIV Ganganelli
(1769-1774), Pio VIII Castiglioni (1829-1830), Gregorio XVI Cappellari
(1831-1846), Benedetto XVI Ratzinger, in precedenza prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede (2005-vivente nel 2010).
Con l’abolizione delle tre Inquisizioni moderne
alla fine del Settecento e nei primi decenni dell’Ottocento gli inquisitori
locali scomparvero, eccetto che nello Stato pontificio, dove furono nominati fino
al 1880 anche dopo il passaggio al Regno d’Italia. L’attività di controllo del
dissenso religioso non fu generalmente ripresa dai vescovi, ma venne svolta per
tutto il mondo cattolico dalla Congregazione del Sant’Uffizio, che assunse
ufficialmente questo nome nel 1908 e venne riformata nel 1911. Alla fine del
Concilio ecumenico Vaticano II, con il ‘motu proprio Integrae servandae’ di
Paolo VI del 7 dicembre 1965, è stata trasformata nella Congregazione per la
Dottrina della Fede, con propri scopi, procedure e strutture. La Congregazione
comprende tre sezioni: dottrinale, disciplinare e matrimoniale, è diretta dal
prefetto, coadiuvato dal segretario, dal sottosegretario e dal promotore di
giustizia ed è attualmente costituita da 23 cardinali, arcivescovi e vescovi di
14 nazionalità, assistita da 33 consultori e fatta funzionare da 37 vari ufficiali
stabili (nel 2009).
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