giuliano

mercoledì 22 luglio 2015

COSA E' LA RAGIONE? (4)






































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Cosa è la ragione? (1/3)













Louisiana aprile-maggio 2010: aspettando il petrolio. Due fra le prime dieci società statunitensi per fatturato (la Exxon Mobil e la Chevron Texaco) e tre fra le prime venti (le due già citate e la Conoco Phillips) sono società petrolifere. Nel 2002 le entrate delle prime dieci società petrolifere statunitensi hanno sfiorato i 430 miliardi di dollari. Nel 1999 sei delle maggiori aziende a livello mondiale (e nove fra le prime venti) erano società petrolifere o le loro gemelle, le case automobilistiche.
Le società petrolifere sono potenti e redditizie grazie alla domanda mondiale di petrolio, che viene in prevalenza usato per i trasporti; e in questo settore, fra tutte le categorie di veicoli domina l'automobile.
Il parco auto mondiale è cresciuto dai 53 milioni di unità del 1950 ai 539 milioni del 2003. Di conseguenza anche la produzione automobilistica è passata dagli 8 milioni del 1950 agli oltre 41 milioni del 2003.  Si prevede che questa tendenza continui a causa dell'incremento della motorizzazione nei paesi in via di sviluppo: in Cina nel 2003 sono state vendute più di 2 milioni di automobili, l'80% in più rispetto al 2002 e si ritiene che il parco macchine arriverà a 28 milioni di unità nel 2010. Sebbene il trasporto aereo rappresenti una percentuale decisamente bassa del consumo petrolifero totale è anch'esso aumentato in modo vertiginoso soprattutto a seguito dell’introduzione dei jet commerciali: dagli anni 50 il volume dei viaggi aerei è più che centuplicato, passando dai 28 miliardi di passeggeri/km ai 2942 miliardi del 2002. 
Dipendenza dal petrolio significa vulnerabilità economica. Le impennate del prezzo del petrolio portano sia all’inflazione sia alla recessione, con impatti reali sui redditi individuali e sui posti di lavoro. Negli Stati Uniti, ben nove dei dieci periodi di recessione verificatisi dalla fine della seconda guerra mondiale sono stati preceduti da bruschi incrementi del prezzo del petrolio. Gli attori chiave sul palcoscenico del petrolio, ovvero le nazioni importatrici e quelle esportatrici, hanno tra loro un rapporto simile a quello che unisce un tossicodipendente al suo spacciatore: nessuno dei due sopravvive senza l’altro.
Il tema della dipendenza è forse scontato, ma non è solo una metafora.
Negli studi fatti sulla dipendenza da sostanze chimiche, la definizione classica di ‘dipendenza’ comprende tre aspetti: l’assuefazione, cioè la tendenza a usare una sempre maggiore quantità di sostanza per raggiungere gli effetti desiderati; l’astinenza, in cui si provano gli effetti indesiderati della mancanza d'uso; e l’uso continuato di una sostanza nonostante le conseguenze negative. Tutti e tre questi aspetti sono evidenti nel rapporto del mondo moderno con il petrolio.
Il petrolio rappresenta il 36% del budget energetico della Francia, il 39% di quello degli Stati Uniti, il 49% di quello del Giappone, il 51% di quello thailandese e il 77% di quello dell'Ecuador. Ma queste cifre minimizzano comunque la dipendenza, poiché in molti paesi il petrolio fornisce praticamente tutto il combustibile per i trasporti. In generale, nonostante l’aggravarsi dell’inquinamento, delle emissioni di gas serra e di altri problemi, nel corso degli anni il consumo mondiale è sempre aumentato, tranne quando gli incrementi repentini del prezzo del petrolio hanno scatenato crisi di ‘astinenza’ nelle economie mondiali. Sebbene i paesi industrializzati consumino oggi la maggior parte del petrolio, anche le nazioni in via di sviluppo, se si calcola la percentuale di impiego sul totale di energia e se si esclude la  biomassa, sono in media sempre più dipendenti dal petrolio: l’impiego è addirittura maggiore di quello delle nazioni industrializzate se misurato in proporzione alla dimensione delle loro economie.
Molti paesi in via di sviluppo importano praticamente tutto il petrolio di cui necessitano, e sono quindi più vulnerabili rispetto agli incrementi di prezzo. L’agenzia internazionale per l'energia ritiene che se l'aumento di 20 dollari a barile del prezzo del greggio registrato del 2004 si mantenesse nel tempo, si registrerebbe una riduzione della crescita economica dell’ 1% negli Stati Uniti, dell’ 1,6% in Europa ma del 3,2% in India e del 5,1% nella maggioranza delle nazioni più povere, già molto indebitate, soprattutto in Africa.
Per comprendere come il petrolio sia passato dallo status di patrimonio a quello di ‘zavorra’, dobbiamo prima renderci conto del suo ruolo nella vita moderna. Prendiamo in considerazione un cittadino tipo, chiamato signor Rossi, che vive in una città o in una zona residenziale del mondo industriale, che un normalissimo sabato mattina si appresta a sbrigare alcune commissioni.
Il signor Rossi si alza al suono della radiosveglia, si lava, si mette le lenti a contatto, indossa una tuta da ginnastica e un paio di scarpe sportive. Va in cucina, prende alcuni antistaminici contro il raffreddore e si gusta una tazza di cereali; si lava i denti, si infila una giacca di nylon e si avvia, nella pioggerella mattutina, a fare shopping. Prenderà l'auto o il tram? Oggi decide per l'auto. Si ferma al suo negozio preferito di musica, parcheggia, apre l'ombrello e corre verso l'entrata. Una volta dentro, si guarda un po’ in giro fino a quando decide di acquistare un paio di CD, e li paga con la carta di credito. Ed eccolo un po’ più in là verso il negozio di articoli sportivi, non prima però di una capatina in pasticceria per una fetta di torta, dove acquista una racchetta da tennis e una confezione di palle per il compleanno della signora Rossi. Tornando verso casa, il signor Rossi si ferma al negozio che vende macchine fotografiche per comprare una nuova macchina digitale, un altro regalo per la signora Rossi. Quindi chiama la moglie al cellulare per sapere se ha bisogno di qualcosa in farmacia: sì, della crema per le mani e il suo rossetto preferito. Con alcuni lievi cambiamenti questa situazione potrebbe descrivere la vita di centinaia di persone da Singapore a Berlino, da New York a qualsiasi altro posto nel mondo industrializzato.
Ma provate a immaginare come tutto ciò potrebbe cambiare se un elemento, il petrolio, uscisse di scena!
Tanto per cominciare, sia le automobili sia i quartieri residenziali che si allargano a vista d’occhio sono creature del petrolio, e sarebbero quindi molto meno diffusi. E a guardar meglio, senza il petrolio la nostra storia cambierebbe radicalmente. Tutti gli oggetti qui di seguito sono almeno in parte prodotti a partire dal petrolio: radio, tende da doccia, shampoo, lenti a contatto, spazzolini da denti e dentifricio, medicinali e medicine in capsule, tessuti, scarpe, automobili, gli ombrelli, i CD, le racchette da tennis, le carte di credito, le penne a sfera, le macchine fotografiche, le pellicole, i telefono cellulari e un numero imprecisato di cosmetici. E il dolce mangiato dal signor Rossi non è altro che una rappresentazione dell'importante ruolo che il petrolio ricopre nella produzione agricola, a partire dalla produzione dei macchinari agricoli al combustibile, all'impiego del petrolio nella produzione dei fertilizzanti e ancora nella lavorazione, nell’imballo e nel trasporto. E poi ci sono gli arredi e i pavimenti della casa della famiglia Rossi, nonché il tetto che li ripara e le strade percorse dall'auto del signor Rossi: migliaia di oggetti. In molti casi non ci sono sostituti del petrolio disponibili per la realizzazione di questi beni. 
Il petrolio ha un’importanza equivalente a quella degli alimenti; negli Stati Uniti, ad esempio, la produzione alimentare è responsabile di circa un quinto del consumo complessivo del petrolio. Ma il petrolio è ancora più importante come fonte energetica, in quanto l’energia ha una presenza enorme nell'economia mondiale e nella vita di miliardi di persone. Non è immediatamente comprensibile quanto questa presenza sia nodale, e come l’abbondanza di energia sia l’elemento determinante nel definire i modi di vita nelle nazioni industrializzate e nel differenziarli da quelli della civiltà tradizionale. Questa era subordinata al flusso irregolare dell’energia solare e, di fatto, la fonte dell’energia muscolare degli uomini e degli animali deriva dalle piante.
La rivoluzione industriale ha trasformato radicalmente l’economia energetica mondiale, e in tal senso la storia energetica degli Stati Uniti ci offre un modello di rivoluzione paradigmatico. Sebbene durante tutto il periodo premoderno il legname fosse la principale fonte energetica non derivata dall’energia muscolare, quando alla fine del diciannovesimo secolo i combustibili fossili divennero largamente accessibili, prima il carbone e poi il petrolio e i gas naturali, giunsero molto in fretta a costituire gran parte dei budget energetici in quelle nazioni che ne avevano una disponibilità immediata.
Da allora sia il consumo energetico pro capite sia quello totale sono saliti alle stelle, soprattutto a seguito dello sviluppo di industrie come quella automobilistica e quella energetica che meglio hanno saputo cogliere i vantaggi offerti dai nuovi combustibili.
Oggi il consumo globale pro-capite di energia è circa 13 volte maggiore di quello del periodo pre-industriale, anche se dal 1700 la popolazione è solo decuplicata, ma naturalmente il consumo nelle nazioni industrializzate è decisamente più alto della media mondiale, mentre nei paesi in via di sviluppo è di molto inferiore.
Il petrolio, che si estrae con facilità e ricco di energia, è la fonte energetica di maggior valore ed è anche più diffusa sul pianeta, essendo titolare del 37% della produzione energetica mondiale. Il petrolio ha inoltre un ruolo fondamentale nell’economia globale. Il valore e la disponibilità del petrolio come fonte di carburante per il trasporto fa sì che rappresenti la quasi totalità del consumo energetico in questo settore. Il consumo di petrolio è anche all’origine del 42% di tutte le emissioni di CO2, principale gas serra di origine antropica. In questa ‘cultura del consumo energetico’, unica nella storia dell’umanità, la salute, il benessere, la prosperità e le prospettive di miliardi di persone, la loro sicurezza personale e quella delle loro nazioni, sono influenzate in modo diretto dal prezzo e dalla disponibilità del petrolio.
Il petrolio è diventato indiscutibilmente la merce con la più grande importanza strategica di tutti i tempi. In un’economia globalizzata, esso accomuna tutte le economie e i popoli del mondo in un unico modello. Ma proprio questo modello è soggetto a pressioni sempre più forti: la schiavitù del mondo nei confronti del petrolio genera minacce che si aggiungono al pressante dibattito sulla necessità di uscire dall'attuale regime energetico. (WorldWatch Institute)

In attesa di completare l’identikit dei gas colpevoli, possiamo almeno valutare sin d’ora di quanto si è riscaldato il pianeta?

Negli ultimi cento anni la variazione della temperatura globale è stata dell’ordine di mezzo grado centigrado. Cinque tra gli anni più caldi si sono registrati proprio negli anni 80; quando il livello dei mari, è salito di 10-20 centimetri nello stesso periodo. I modelli matematici indicano che se le emissioni di gas serra continueranno ai ritmi attuali si potrebbe avere un incremento medio della temperatura oscillante tra 1,5 5 gradi centigradi da qui al 2050 circa… Ma l’Apocalisse potrebbe riservarci inaspettate sorprese…
La prima l’abbiamo già avuta: il buco dell’ozono.
La seconda potrebbe provenire dall’Oceano…
La terza dalla costante distruzione delle foreste… le quali contribuiscono in maniera determinante a frenare l’accelerazione dell’effetto serra…
Basti pensare che 5 gradi centigradi è esattamente la differenza che separa il presente dalla fine dell’ultima grande glaciazione di 12.000 anni fa’. Le previsioni indicano che l’emisfero Nord potrebbe sperimentare in solo mezzo secolo un cambiamento climatico da 10 a 50 volte più rapido di quello verificatosi dall’ultima età del ghiaccio…
Quindi l’Apocalisse avanza non arretra…. )

















martedì 21 luglio 2015

COSA E' LA RAGIONE? (2)








































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Cosa è la ragione?

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Cosa è la ragione? (3)













....Ambientale del consumo. Di fatto, parte di essa è del tutto antitetica alla sostenibilità. Ma il suo spirito è preziosissimo per un’accurata comprensione delle motivazioni dei consumatori.
Innanzitutto, è subito chiaro che il consumo va ben oltre la mera soddisfazione di bisogni fisici o fisiologici del nutrirsi, di un tetto e così via. I beni materiali sono profondamente legati alle vite sociali e psicologiche di un individuo. Gli individui creano e mantengono identità utilizzando cose materiali.
L’‘identità’, sostengono i ricercatori di marketing è la Roma a cui tutte le teorie del consumo portano. Gli individui raccontano la storia della loro vita attraverso la ‘roba’. Cementano relazioni con altri individui con beni di consumo. Utilizzano pratiche di consumo per suggellare la loro fedeltà a certi gruppi sociali e per distinguersi dagli altri.  Inizialmente, potrebbe sembrare strano scoprire che cose semplici possano avere un tale potere sulle vite sociali ed emotive, eppure tale capacità degli esseri umani di impregnare di significati simbolici cose nude e crude è stata identificata dagli antropologi in ogni società documentata che si conosca.
La gente va matta per le ‘cose’, e non solo a livello materiale.
Il ruolo di semplici oggetti è avvalorato da migliaia di esempi molto familiari: un vestito da sposa, il primo orsacchiotto di un bambino, un cottage ricoperto di rose vicino al mare. Il ‘potere evocativo’ delle cose materiali innesca una gamma di complesse e radicatissime ‘narrazioni sociali’ circa lo status, identità, coesione sociale e la ricerca di un senso personale e culturale. In momenti difficili, i possedimenti materiali portano speranza e offrono prospettive di un mondo migliore in futuro. In una società secolare, il consumismo diventa una sorta di sostituto alla consolazione religiosa. Da recenti esperimenti psicologici è emerso che quando si diventa più coscienti della propria mortalità, si fa di tutto per migliorare la propria autostima e proteggere la propria visione culturale del mondo.
In una società dei consumi, tale contesa ha conseguenze materialistiche. E’ come se gli individui tentassero di placare la propria ansia esistenziale attraverso gli acquisti. Secondo il punto di vista convenzionale, la ricetta del progresso è semplice: più si consuma, più si diventa felici.
Un esame approfondito di ciò che motiva i consumatori rivela una vasta gamma di fattori, famiglia, amicizia, salute, approvazione dei pari, comunità, scopo, noti per avere una forte correlazione con la felicità di cui si dichiara di godere. In altre parole, gli individui credono veramente che, attraverso i consumi, si ottengono amici, comunità, senso del proprio scopo e così via.
Ma ci troviamo di fronte a un paradosso per certi aspetti tragico.
Le persone conoscono bene le cose che le rendono felici, ma hanno una scarsa comprensione di come fare a ottenerle. La tesi secondo cui sempre più consumi portano a un livello più elevato di benessere si rivela errata. Avvalendosi di dati raccolti si è verificata l’ipotesi che il livello di soddisfazione di vita sia legato all’aumento del reddito. Di positivo c’è che l’equazione quasi funziona: si assiste infatti a un trend crescente di soddisfazione per la propria vita ai livelli più bassi del reddito. Di negativo c’è che il rapporto continuerà a diminuire all’aumentare del reddito. In gran parte dei paesi industrializzati, nella migliore delle ipotesi, vi è solo una blanda correlazione tra del reddito e felicità dichiarata e in paesi con redditi medi oltre i 15.000 dollari, la correlazione tra aumento del reddito e un livello di soddisfazione di vita più elevato è praticamente nulla.
Nel corso del tempo, si può raccontare lo stesso paradosso all’interno di singole nazioni. Negli Stati Uniti, dal 1950 il reddito reale pro capite è triplicato, ma la percentuale di individui che dichiara di essere molto soddisfatta non è affatto cresciuta, anzi, dagli anni 70 ha registrato un calo. In Giappone per molti decenni la soddisfazione di vita non ha registrato grossi cambiamenti. Nel Regno Unito, la percentuale di individui che si dichiara molto soddisfatta è passata dal 52 del 1957 al 36% di oggi. Nei paesi occidentali alcuni aspetti fondamentali del benessere individuale, invece di migliorare sembrano aver subito un declino. Nell’America del Nord, i tassi di depressione raddoppiano ogni decennio. Il 15% degli  americani di 35 anni ha già sofferto di una forte depressione. Quarant’anni fa’, si parlava solo del 2%. Negli Stati Uniti, a un certo momento della vita, un terzo della popolazione soffre di malattie mentali gravi, e circa la metà di queste persone sarà colpita da una grave depressione inabilitante. Nel corso di un qualsiasi anno, circa il 6% della popolazione soffrirà di depressione clinica e attualmente in America del Nord, il suicidio è la terza causa di morte più comune tra i giovani adulti. Risalire alle cause di questa infelicità non è particolarmente facile, ma vi sono due serie di dati piuttosto convincenti che vedono come il consumismo stesso ne sia in parte responsabile. La prima serie rivela una correlazione negativa tra i comportamenti materialistici e il benessere soggettivo.
Il filosofo Alain de Botton ha mostrato come una società iniqua porti ad alti livelli di ‘ansia da status’ tra i cittadini. Lo psicologo Tim Kasser e colleghi hanno mostrato come chi mostra comportamenti più materialistici, definendo e misurando il proprio valore attraverso il denaro e i possedimenti materiali, dichiara livelli inferiori di felicità. Rincorre l’autostima attraverso la ricchezza materiale sembra un tipo di ‘gioco a somma zero’ in cui il bisogno costante di migliorarsi e di approvazione serve solo a far sì che ci si fossilizzi in una nevrotica spirale di consumi. Un secondo nucleo di prove altrettanto convincenti collega la crescente infelicità all’indebolimento di certe istituzioni fondamentali. Il benessere soggettivo dipende in maniera determinante da stabilità familiare, amicizia e forza della comunità. Ma, nella società dei consumi questi aspetti sono stati messi in secondo piano. 
Nel Regno Unito, ad esempio, dal 1950 la disgregazione familiare è aumentata di circa il 400%. Negli ultimi 20 anni dell’ultima parte del secolo scorso, la percentuale di americani che definiva i propri matrimoni come ‘molto felici’ è calata drasticamente e negli ultimi 50 anni, la fiducia e il senso di comunità tra la gente sono calati enormemente. Alla metà del ventesimo secolo, oltre il 50% di tutti gli americani credeva che le persone fossero ‘morali e oneste’. Nel 2000, la proporzione era calata a circa poco più di un quarto e, nello stesso periodo, anche la partecipazione alle attività comunitarie e sociali diminuì nettamente. In altre parole, sembra esserci una correlazione tra la crescita dei consumi e l’erosione delle cose che rendono felici le persone, in particolare le relazioni sociali.
E’ evidente che tale correlazione non significa necessariamente che ci sia un rapporto casuale tra i due termini. Di fatto, come si scriverà più avanti, ci sono però ragioni più che solide per considerare seriamente l’idea che le strutture e istituzioni necessarie a mantenere la crescita erodano le relazioni sociali o, come sostiene l’economista Richard Layard, che la crescita dei consumi abbia portato un certo aumento della felicità, anche in paesi ricchi, ma tale felicità aggiunta è stata annullata da una maggiore tristezza derivante da relazioni sociali meno armoniose. Un tragico risultato di questa inafferrabile corsa alla felicità è che, sia ora sia per il futuro, le società industriali stanno escludendo le possibilità che altre persone possano condurre una vita soddisfacente, e non sono nemmeno in grado di offrir loro ricompense nell’immediato. 
Il paradosso del benessere rende la domanda inevitabile: perché si continua a consumare?
Perché non si guadagna meno, si spende meno in modo tale da avere più tempo per la famiglia e gli amici? In questo modo, non si potrebbe vivere meglio, e più equamente, riducendo l'impatto dell'umanità sull'ambiente?
Questa idea ha dato la motivazione a numerose iniziative che mirano a uno stile di vita più semplice.  ‘La semplicità volontaria’ è per certi aspetti una vera filosofia di vita. Si ispira in gran parte agli insegnamenti del Mahatma Gandhi, che incoraggiava le persone a ‘vivere semplicemente, cosicché gli altri possano semplicemente vivere’. Nel 1936, uno dei discepoli di Ghandi descrisse la semplicità volontaria come ‘l’evitare l’accozzaglia esteriore’ e la ‘intenzionale organizzazione della vita per uno scopo’. (- WorldWatch Institute -) 



Per cui la ‘ragione’ in questo tempo in-voluto impone un’unione di intenti quando vediamo i principi regolatori della vita perdere le sue funzioni vitali (quale corpo malato) affinché essa possa manifestare in ogni luogo e tempo dove si è evoluta casualmente e non, le condizioni ottimali che l’hanno resa tale affinché possiamo.....

















mercoledì 15 luglio 2015

COSA E' LA RELIGIONE? (4)







































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Cosa è la religione? (3)













ora in qualche posto su Marte o su qualche stella della Croce del Sud…
…Ma, mia cara, la vera essenza il nodo vero della leggenda sta in ciò, che dopo mille anni giusti, dacché il monaco andava per il deserto, il miraggio tornerà a capitare nell’atmosfera terrestre e apparirà agli uomini…. E pare che questo migliaio di anni sia ormai sul finire... Stando al senso della leggenda, il monaco nero noi dovremmo aspettarcelo, se non oggi, domani...
Alle quattro e mezzo tornò ad accendere la candela e in quel momento scorse il monaco nero che stava seduto nella poltrona accanto al letto.
‘Buon giorno’, disse il monaco e, dopo un po’ di silenzio, domandò: ‘a che cosa stai pensando?’.
‘Alla gloria, rispose Kovrin’.
 ‘Nel romanzo francese che leggevo dianzi è raffigurato un giovane scienziato che fa sciocchezze e deperisce per bramosia di gloria’.
‘Per me questa bramosia è incomprensibile’.
 ‘Perché sei intelligente. Tu consideri la gloria con indifferenza, come un balocco che non ti diverte’.
 ‘Sì, è vero...’.
  Tanja frattanto si era svegliata e con stupore e sgomento guardava il marito… Egli parlava rivolgendosi alla poltrona, gestiva e rideva, i suoi occhi brillavano e nel suo riso c’era un che di strano.
 ‘Andrjusa, con chi parli?’, domandò, afferrandogli la mano, che egli aveva teso verso il monaco. ‘Andrjusa! Con chi?’…
 …‘Eh?... Con chi?’, si turbò Kovrin. ‘Con lui, ecco...  Eccolo lì seduto’, disse indicando il monaco nero.
 ‘Qui non c’è nessuno... nessuno! Andrjusa, tu sei matto!’.
 Tanja abbracciò il marito e si strinse a lui, come per difenderlo dalle visioni, e gli coprì gli occhi con la mano.
 ‘Sei malato!’, si mise a singhiozzare, tremando in tutto il corpo. ‘Perdonami, caro, diletto, ma già da lungo tempo ho osservato che l’anima tua è sconvolta da non so che cosa...  …Sei malato nella psiche, Andrjusa...’.
Il tremito di lei si cominciò anche a lui. Egli gettò ancora uno sguardo alla poltrona, che ormai era vuota, sentì a un tratto una debolezza nelle mani e nelle gambe, si spaventò e prese a vestirsi.
 ‘Non è nulla, Tanja, non è nulla...’, mormorava, tremando. ‘Infatti sono un pochino indisposto... è tempo ormai di riconoscerlo’.
 ‘Io me n’ero accorta già da un pezzo… anche il babbo se n’è accorto’, diceva, sforzandosi di trattenere i singhiozzi.
 ‘Parli con te stesso, sorridi in un certo modo strano... non dormi. Oh, Dio mio, Dio mio, salvaci!’, proferì sgomenta. ‘Ma tu non temere, Andrjusa, non temere, per l'amor di Dio non temere...’.
Anch’ella cominciò a vestirsi. Solo adesso guardandola, Kovrin comprese tutto il pericolo del proprio stato, capì che cosa significasse il monaco nero e i colloqui con lui. Adesso gli riusciva chiaro ch’egli era pazzo.
(A. Checov, Il monaco nero)

(Fotografie di: O. Zapirain)

















domenica 12 luglio 2015

COSA E' LA RELIGIONE? (2)

















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Cosa è la religione?

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Cosa è la religione? (3)













Paul se la prende moltissimo e comunque non cambia nulla.
Il suo lavoro è del resto estremamente brillante.
Siamo andati di recente insieme a una mostra di pittura dove c’era una marina di Manet tutta giocata su stupende sfumature di grigio e di blu: si vedeva in primo piano una barca accanto alla quale stava, nell'acqua, una forma grigia non immediatamente riconoscibile.
- Quella cosa lì è inammissibile -, ha commentato Paul. 
Riconosco che si tratta sì di un modo piuttosto strano di accostarsi all’arte, ma non per questo del tutto infondato. Nell’arte, come nelle scienze, ogni particolare va descritto con la massima chiarezza e attenzione: non c’è posto per il caso.
Tuttavia la religione è qualcosa di più complesso.
Come per Dirac, l’idea di un Dio personale mi è estranea. Dobbiamo però tener presente che la religione impiega la lingua in modo diverso dalla scienza: la lingua della religione è, semmai, più vicina a quella della poesia. E’ vero che siamo portati a credere che la scienza si occupi di informazioni relative a fatti oggettivi, mentre la poesia tratta essenzialmente di fatti soggettivi: ne concludiamo quindi che se la religione vuole occuparsi di verità oggettive bisogna che adotti gli stessi criteri di verità della scienza.
Ma per parte mia trovo la divisione del mondo in una sfera oggettiva e una soggettiva operazione troppo arbitraria. Da sempre le religioni hanno parlato per immagini, per parabole, per paradossi: ciò significa che non vi è altro modo per riferirsi a quel tipo di realtà cui la religione si applica. Ciò, naturalmente, non significa che si tratti di una realtà solo immaginaria. E questo modo di ripartire il reale in una sfera oggettiva e una soggettiva non credo ci possa portare molto lontano.
Ecco perché sostengo che i progressi compiuti dalla fisica negli ultimi decenni hanno esercitato un influsso liberatorio sul pensiero: perché hanno dimostrato che i concetti di ‘soggettivo’ e di ‘oggettivo’ sono oltremodo problematici.
Tutto comincia con la teoria della relatività.
In passato, dire che due eventi sono simultanei era considerato un enunciato significativo e oggettivo, comunicabile con facilità e verificabile da qualsiasi osservatore.
Oggi sappiamo che nel concetto di simultaneità è incluso un aspetto soggettivo: due eventi che appaiono simultanei a un osservatore in quiete non sono necessariamente simultanei per un osservatore in movimento.
Tuttavia la teoria della relatività non relativizza integralmente il reale: è oggettiva in quanto ogni osservatore può dedurre, ricorrendo a calcoli, che cosa un altro osservatore ha percepito in passato o percepirà in futuro.
Siamo comunque molto lontani dal concetto classico di descrizione oggettiva. Questa lontananza si fa ancora maggiore nella meccanica quantistica. Ancora possiamo impiegare il linguaggio ‘oggettivo’ della fisica classica per avanzare enunciati relativi ad alcuni fatti osservabili. Possiamo ad esempio dire che una pellicola fotografica è stata esposta, o che si sono formate goccioline d’acqua.
Ma sugli atomi non possiamo dire nulla.
E le previsioni che possiamo eventualmente avanzare sulla base di questa scoperta dipendono dal nostro modo di porci nella situazione: e in quest’ambito l’osservatore ha la libertà di scelta.
Naturalmente, non fa differenza se l’osservatore sia un uomo, un animale o una macchina: però non è più possibile avanzare previsioni senza tener conto dell’osservatore o delle modalità d’osservazione. In questo senso ogni processo fisico ha un aspetto soggettivo e uno oggettivo.
Oggi sappiamo che il mondo oggettivo della scienza ottocentesca era in effetti solo una riduzione, una idealizzazione, che non rappresenta tutto il reale.
E’ probabile che in futuro si dovrà ancora, nell’accostamento al reale, distinguere tra sfera soggettiva e sfera oggettiva, e tracciare una linea di separazione tra questi due ambiti. Ma dove esattamente corre questa linea di separazione dal mondo in cui si guarda alle cose: in una certa misura siamo liberi di stabilire questo confine. Ecco perché capisco benissimo l'impossibilità di parlare di questioni religiose impiegando un linguaggio oggettivo: e che religioni diverse si esprimono ricorrendo a differenti forme spirituali è un'obiezione priva di fondamento.
Sono forme diverse ma forse complementari l’una all'altra, sebbene possano escludersi a vicenda, e tutte necessarie per dare un'idea delle vastissime possibilità inerenti al rapporto dell'uomo con il principio dell'ordine’.
(W. Heisenberg, Fisica e oltre)

Parli di cose che non conosci, Aristeo, o conosci in modo distorto….
Da quando le querce di Dodona non stormiscono più e l’oracolo di Delfi ha una sola stralunata profetessa pare che gli spiriti intermediari, i dèmoni che ispiravano gli oracoli si siano eclissati.
Che la nascita del vostro Messia abbia reso gli oracoli muti?
Io stesso ho consultato la parola nascosta di Apollo, i primi tempi del mio regno, e ne ho avuto una risposta sibillina: ‘Il grande palazzo è crollato non vi è più capanna né alloro, né sorgente profetica....’.
Come a dire: inutile chiedere, qui non ti risponderà nessuno…
La vera ragione è che gli oracoli, forse, hanno fatto il loro tempo. Ma anche, la causa occasionale è nella colpa degli Stati, ora pacificati sotto il dominio di Roma, che non promuovono più consultazioni pubbliche circa il bene comune. Il massimo che ultimamente si chiedeva loro erano i pronostici di faccenduole private: ‘Devo intraprendere il mio viaggio?’. ‘Mi conviene spostarmi?’.
I misteri sono invece tentativi, assalti all'inconoscibile. Noi che nel nostro credere veniamo accusati di mente ottusa e infantile adoriamo un’unica divinità sotto diversi nomi. Invochiamo attraverso gli Dèi subordinati il Padre degli Dèi e degli uomini. In quanto al tuo Paolo di Tarso, costui cambia le sue opinioni su Dio come certi polipi che cambiano colore secondo le rocce alle quali si attaccano. Voi galilei dite di essere superiori al Fato, al Sole e alla Luna, dopo che avete ricevuto il battesimo. Eppure, come nel vostro comportamento siete terrestri! Gli scheletri dei cosiddetti martiri vengono da voi sepolti sotto gli altari, la traslazione avviene con sfarzo, grandi folle sontuose. Quelle ossa pulite con olio sacro sono rivestite di tuniche d’oro: ed ecco la guarigione di un cieco, di un sordomuto appena le toccano. Nel potere delle reliquie le potenze della....
















domenica 5 luglio 2015

COSA E' LA DEMOCRAZIA? (2)












































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Cosa è la democrazia?  (1)













Quella ortodossia o peggio inquisizione dalla quale ebbe a nascere la presunta ‘democrazia’.
Ogni Impero per essere tale…, dalla carta stampata uso potere… alla ‘parola’ uso ‘parabola’ immagine della nuova via… (divulgatori e custodi nel paradosso dell’economia), non certo saggezza o sogno di antica dottrina…, deve tacitare ogni retto e degno filosofo custode della vera e saggia Parola. Questo fin dai tempi antichi della nostra stratigrafica Memoria… Per cui, l’Eretico uomo che esce dal Tempio, per il vero, sta costruendo la Storia e la vera ‘democrazia’ bandita alla casa di mammona, per questo lo ritengo immune da ogni peccato, se pur piccolo nel ‘pil’ che contraddistingue il valore al comune mercato ma grande nella Memoria inquisita e bandita, se pur piccolo nel tempo ora narrato e pregato, ha svelato e capito i motivi del ‘democratico inganno’ di chi sta tradendo e uccidendo ogni retto principio per cui dirsi ancora uomini ha un valore… troppo antico rispetto a colui che forgiava nel fuoco elemento e forza nella caverna custodito.
In quei tempi noi ci nutrivamo in modo certamente saggio, avevamo intuito lo Spirito sceso in ogni corpo di questo strano sudario che riflette l’immagine entro l’invisibile geografia navigata. In codesto invisibile mondo svelato e narrato abbiamo disquisito il filosofico principio,  il retto sapere allo Spirito così nutrito, il principio sul quale ogni uomo può consumare e vivere la vita di nuovo vissuta… in quanto eterna l’Anima discesa per questa via… Al cacciatore dello Spirito abbiamo preferito un diverso Principio!
Altrimenti gli antichi motivi non troverebbero ragione di ‘incontrarsi’ in opposte zolle di terra evoluta sino all’Olimpo del Primo Dio, sino alla ragione dello Spirito risalito al difficile cammino passo di una cima principio di vita. E se il terremoto appare antico… fu lo stesso che udimmo quando quell’Uomo, al Teschio della vita chiamava il Padre il quale lo aveva abbandonato, oppure solo comandato in codesto Creato quale umile agnello da altri sacrificato.
Alla stessa cima dove anche noi navigammo.
Allo stesso Olimpo dove anche noi pregammo.
In nome di un mito ragione e motivo di un Dio osservato.
Su questa ‘filosofia’ si governa l’‘invisibile’ credo nella ‘visibile’ terra vissuta e nella materia evoluta, chi in ragione di uno Spirito fedele al principio fu specchio della Natura quale Parola di Dio riconosce una ‘democratica consapevolezza’ distinto dalla ricchezza e differente dal benessere…, e chi all’opposto, in una diversa zolla di terra vorrebbe riconoscersi superiore alla Prima Parola, e con ugual intento e misura di Dio, dirsi capace di creare ciò che a Lui impossibile nel breve martirio…
Angelo caduto e nella terra cresciuto!
Vediamo il terremoto compiuto ma la crosta solleverà una differente certezza quale unica promessa di salvezza avversa alla materia custodita, un invisibile credo governerà la consapevolezza di una cima e spronerà la retta parola democraticamente evoluta nella geologia di una Storia giammai perita nella geografia condivisa.
Questa l’‘invisibile’ stratigrafia con la quale, al contrario di tanti troppi e saputi per quanto arguti sermoni, contemplo ammiro e prego. L’eterna piccola Terra così vissuta da chi vorrebbe destinare diverso principio avverso al comune destino… E se pur la visibile Terra così cresciuta abbisogna di ugual dignità e prosperità per ogni Anima albergata…, questa per il vero non può giammai smarrire l’immagine di Dio asservita al corpo incarnato… Altrimenti la prigione della vita dimostra una imparziale e ‘anti-democratico’ principio evoluto e vissuto, giacché non vi è padrone e servo nel peccato consumato di chi vuol nutrire e vestire con il filosofico principio l’abito del libero arbitrio…
Il Dio pregato non ancora morto alla piazza del falso-dio del comune e libero mercato, dove un pazzo lo andava nominando e cercando urlando un Creato smarrito e perseguitato nell’eterno peccato consumato. Ha svelato la doppia essenza della sua Natura materia evoluta,  quanto da Lui creato poi barattato alla piazza di un mercato ove ogni principio smarrito all’opposto di quanto donato e trasmutato in doveroso ‘defolt’ in odor di peccato braccato, da chi servo di una materia evoluta nella spirale di codesto Universo osservato.  
E cotal Principio per il vero conosce un proprio limite scritto nel codice genetico di chi nato da un diverso miracolo pensato… il Dio che taciterà l’Eretica Rima e nostra parola… ha scritto i motivi di una strana dottrina e questi per secoli furono avversi ad ogni sana ed evoluta… democrazia… nell’‘exit’ di ogni possibile strategia…. soluzione alla terra che trema paura…

(Giuliano…) 















             

giovedì 2 luglio 2015

L'ARTE DELLA MENZOGNA (politica) (2)





































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L'arte della menzogna (politica)














Si divertirebbe molto in questa città un uomo dotato del potere di vedere le menzogne, come gli scozzesi con i fantasmi. Che spasso ne trarrebbe a osservarne le diverse forme, dimensioni e colori: sciami di menzogne che ronzano attorno alla testa della gente come mosche d’estate nelle orecchie dei cavalli, legioni di menzogne che ogni pomeriggio nella zona della Borsa si agitano fino al punto di offuscare l’aria attorno a gruppi di persone eminenti e scontente, prima di venire diffuse in gran quantità durante le elezioni.
Vi è un punto essenziale in cui il bugiardo politico si distingue dagli altri esperti di quest’arte: egli necessita di breve memoria, essenziale alle diverse circostanze in cui si ritrova, e a seconda dell’inclinazione della persona nella quale si imbatte, per smentirsi o giurare su entrambi i lati di una contraddizione.




Quando si descrivono le virtù e i vizi dell’umanità è certamente utile avere a portata di mano qualche personaggio eminente su cui ricalcare la descrizione. Ho osservato attentamente questa regola e l’immaginazione ha richiamato alla mia memoria un certo grand’uomo, sommo esponente di quest’arte. Attraverso una pratica ventennale e costante, costui si è guadagnato la reputazione di mente più fine d’Inghilterra (una delle tante nazioni…) nella gestione degli affari pubblici; la superiorità del suo ‘genio’ consiste in un fondo inesauribile di menzogne (che si accalcano di ora in ora, di giorno in giorno, in una soluzione di sfida alle ragioni della verità e del tempo dove la verità dovrebbe regnare… ma dove il tempo il misero tempo della menzogna prospera nel Secondo regno del suo 'ricco' e meschino Creato…) politiche (e non..) che dissemina copiosamente ogni qual volta apre bocca e che, con una generosità senza precedenti, dimentica nella mezz’ora che segue, contraddicendosi.




Costui (più bestia che uomo, senza recar offesa a primi da cui discende…) non si è mai chiesto se un’affermazione fosse vera o falsa ma solo se fosse opportuno affermarla o negarla a seconda della circostanza e del suo interlocutore; se pensate quindi di ragionare sulle sue osservazioni cercando di interpretarle, giacché vi pare vero il contrario, dovrete riflettere a lungo e ne uscirete sconfitti; che gli crediate o no, l’unico rimedio è di supporre di aver udito suoni inarticolati e privi di significato.
Questo vi risparmierà lo sdegno dinanzi ai giuramenti sacri che inserisce (con l’aiuto anche di strani testimoni…) all’inizio e alla fine di ogni sua proposizione, sebbene non creda che possa essere accusato di spergiuro verso Dio o Cristo dal momento che ha ammesso pubblicamente di non credere né all’uno né all’altro (nel momento in cui convinto della sua ‘superiore verità’: la menzogna…).
Qualcuno potrebbe pensare (e con ‘ragione ragionata’..), ma si sbaglia di grosso, che un simile talento non sia di grande utilità per chi lo possiede o per il suo partito, soprattutto se viene praticato tanto a lungo da diventare dominio pubblico. Sono poche le menzogne, infatti, che portano la firma dell’autore e il più ignobile nemico della verità è capace di disseminarne a migliaia senza essere mai scoperto, anzi amato, vezzeggiato, ammirato….




Inoltre, come l’infimo scrittore ha un pubblico di lettori, così il più grande dei bugiardi ha un pubblico di creduloni; talvolta è sufficiente che la menzogna venga creduta per un’ora per aver adempiuto il suo dovere (.. ma non lo dite ai pennivendoli di Stato, cioè a spese dei contribuenti  dello Stato…) e quindi essere congedata oppure dimenticata…. Così, la Menzogna vola via e la Verità arriva zoppicante: finita la beffa e raggiunto il fine, quando gli uomini arrivano a ricredersi è ormai troppo tardi (la verità è inchiodata…), come scovare finalmente una buona battuta dopo che si è passati a un altro discorso oppure la compagnia si è congedata, o come trovare una cura infallibile dopo il decesso del paziente.
Considerando la naturale predisposizione di molti uomini alla menzogna e di molti uomini a credervi, mi sono chiesto cosa fare di quella massima che è spesso sulla bocca della gente, secondo la quale ‘alla fine la Verità prevale’. Per quasi un ventennio l’isola ha subito l’influenza di istituzioni e persone il cui unico obiettivo e interesse era ed è quello di corromperne i costumi, la cultura, accecarne le menti, prosciugarne le ricchezze e danneggiarne sia la chiesa che lo stato.




Condotti sull’orlo della rovina, per mezzo di perpetui travisamenti della realtà, non siamo mai stati in grado di distinguere i nemici dagli amici. Abbiamo visto una gran parte del denaro pubblico finire nelle mani di coloro che per nascita, istruzione e merito non potevano pretendere nient’altro che indossare le nostre livree; mentre altri che per credito, qualità e fortuna avrebbero potuto conferire fama e successo alla rivoluzione, non solo furono messi da parte e considerati inutili e pericolosi (se non addirittura ‘pazzi’…), ma persino soffocati dallo scandalo dei Giacobini e accusati di essere uomini dai principi arbitrari e al soldo della Francia, mentre la Verità, che si dice dimorasse in un pozzo, sembrava sepolta sotto un mucchio di pietre…..  

(J. Swift, L'arte della... menzogna politica)
















mercoledì 1 luglio 2015

AMMAZZARE IL TEMPO: verità scientifica e verità ideologica (39)

















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Ammazzare il Tempo: verità scientifica e verità ideologica (ovvero il regime velato) (38)

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I benefici della biodiversità delle piante (40/41)














‘Io credo – rispose il notaio – che il S. Officio proceda contro li Heretici, et per stregarie et altri mallefitii’. E qui l’inquisitore dovette abbandonare per un attimo la via delle domande, per precisare e informare: il raggio d’azione del Sant’Uffizio era molto più ampio; riguardava anche i blasfemi, i superstiziosi, i possessori o i lettori nonché gli scrittori di libri proibiti, uguagliandoli a coloro che mangiavano carne nei giorni proibiti: dicesse dunque se conosceva qualche persona in quelle condizioni o se aveva egli stesso libri proibiti (averli.. figuriamoci… scriverli…).
Arbitrio segretezza intimidazione e mistero: questi i caratteri che una lunga tradizione ha legato ai processi dell’inquisizione condizionando un’intera cultura e la successiva sua stratificazione storica e scientifica.
Prigioniero di un tetro carcere e soprattutto di regole ignote, il ‘reo’ è il modello dell’uomo posto nella condizione della incertezza totale, di sé e del mondo (se visto dall’esterno appare un meschino teatro dell’assurdo di Kafkiana memoria…). Il sogno del prigioniero è fatto di luce e di libertà: gli scritti di Tommaso Campanella, un uomo che visse una tremenda esperienza carceraria, sono dominati dal tema della luce solare.




Ma l’oscurità delle regole (per chi non ha regola..), più ancora di quella materiale delle segrete, domina il mondo storiografico dell’Inquisizione, la sua immagine vulgata. E’ un’immagine che ben merita di esser definita ‘Kafkiana’: e l’atmosfera diffusa dalla letteratura romanzesca intorno al processo dell’Inquisizione è quella oscura, inquietante, mista di arbitrio e di burocrazia pedanteria e vigliaccheria che si riassume in quell’aggettivo.
Si assume, in sostanza, che il tribunale ecclesiastico operasse coprendo col segreto ogni arbitrio e ponendo i ‘rei’ davanti al fatto compiuto, lasciandoli annaspare senza punti di riferimento.
‘Questo segreto è l’anima del sistema inquisitoriale’: lo ha detto Juan Antonio Llorente, uno che se ne intendeva. Secondo l’ex segretario dell’inquisizione spagnola, senza il segreto non ci sarebbero stati l’arbitrio, il fanatismo, lo scatenarsi delle passioni personali dei giudici, e neppure il furore del popolo…
Bisognerà distinguere intanto i due aspetti del problema, la segretezza delle procedure inquisitoriali e l’ignoranza soggettiva dell’imputato (ma non da meno, è importante rilevare, dei delatori di volta in volta costretti dal Regime di tal metodo acquisito e così servito), una norma pratica a tutelare i testimoni dalla vendetta degli accusati; c’era poi la necessità di un’azione efficace e la pubblicità era pericolosa. Dunque, bisognava operare per evitare le conseguenze pericolose della pubblicità, se si voleva estirpare la mala pianta dell’eresia.




Ma se non c’era pericolo, l’inquisitore o il vescovo potevano pubblicare i nomi dei testimoni: questo era quanto stabilito, ad esempio, da Bonifacio VIII e registrato da Nicolau Eymeric. Tuttavia, già alla fine del Quattrocento si era affermata la prassi di imporre il segreto sotto pena di scomunica sia ai testimoni sia ai periti di cui si chiedeva il parere: e Francisco Pena, annotando il manuale di Eymeric nell’edizione romana del 1578 registrava l’incontrastata vittoria della prassi del silenzio e del segreto.
Era una svolta importante nella storia stratigrafica sociale, che doveva segnare la vita dell’istituzione e la sua immagine: il segreto, associandosi al metodo inquisitorio che metteva nelle mani del giudice l’azione di polizia e la raccolta delle prove a carico, finì col diventare una caratteristica primaria di questo tribunale.
Ne derivano conseguenze di vario genere, di cui basterà ricordare le due più evidenti: la nascita di un sistema carcerario (e non…) inquisitoriale e l’organizzazione di un sistema speciale e segretissimo di archiviazione dei dati raccolti.




Carceri archivi e fascicoli hanno variamente servito a sottrarre persone e informazioni alla libera circolazione (delle idee…): ma quelli dell’inquisizione lo hanno fatto in maniera particolarmente accentuata e rigorosa, fino a diventare – da strumenti accessori e facoltativi – le istituzioni più tipiche di quel tribunale. Caratteristica, da non trascurare, le carceri inquisitoriali dovevano garantire l’isolamento del prigioniero nella fase processuale; e potevano essere usate anche per punire e non solo per custodire qualcuno in attesa di giudicarlo.
In ambedue i casi, l’isolamento dell’eretico era fondamentale: l’imputato – o il condannato – doveva essere isolato dal mondo, per concentrarsi su se stesso e, nella solitudine (molto e fruttuosamente inquisita, perché lo stesso tribunale si incaricava di sottrarre i beni legittimi dell’ignaro reo…) e nell’afflizione, arrivare al pentimento pieno delle sue colpe (colpe che molto spesso l’imputato ignorava, non solo per l’ignoranza detta, sua o dei delatori, ma anche per l’interpretazione che i detti Inquisitori o se preferiamo dotti inquisitori, attribuivano al pensiero dell’eretico per meglio interpretarlo ed inserirlo nella dotta ignoranza specchio del proprio secolo.




Ragione per cui, possiamo rovesciare i termini del discorso in materia di ignoranza e dotta sapienza, come per la pianta custode di un processo di crescita vegetativo, nel post connesso al presente, diverso come per secoli è stato supposto nella fotosintesi e nel nutrimento dai fotoni, ed aggiungere senza nessuno voler offendere nell’eretica nostra condizione, che ‘a tutt’oggi ugual fotoni nutrono la pianta, nel suo processo di sviluppo e crescita, fotoni ed immagini prive di contenuti nel fertile terreno dell’ignoranza coltivata, dove per il vero la terra, intesa come materia... e non come la luce della spirito riflesso in una condizione gnostica di sapere, è nutrimento primo e ragione della loro esistenza’. Con questo assunto, siamo tornati ai titoli della presente: Verità scientifica e… & il regime velato….).

(A. Prosperi, Tribunali della coscienza)

(Fotografie di: Appie Bonis)