giuliano

domenica 28 luglio 2019

& L'AFFARE DEL PETROLIO (18)






































Precedenti capitoli:

Matteo come Matteotti (17/1)

Prosegue con...

Progetti separatisti... (19)

& What shall it profit (?) (20)










Il giornale del Partito fascista, ‘Il Popolo d’Italia’, lo sostiene in modo esplicito: Non mi meraviglierei che dovesse risultare domani come la mano stessa che forniva a Londra all’on. Matteotti i documenti mortali, contemporaneamente armasse i sicari che sul Matteotti dovevano compiere il delitto scellerato. L’autore dell’articolo si nasconde dietro lo pseudonimo di ‘Spettatore’, ma a ispirarlo – è stato appurato – è direttamente la presidenza del Consiglio, cioè Mussolini.

Seppur velatamente, il cronista pare individuare il mandante del delitto proprio nella britannica Anglo-Persian.

La contraddizione, almeno all’apparenza, è evidente: perché la mente che ha armato Matteotti contro Mussolini, consegnandogli documenti compromettenti, avrebbe dovuto contemporaneamente armare anche la mano dei suoi assassini prima che potesse pronunciare il suo discorso in parlamento?

L’ipotesi del presunto doppio gioco degli inglesi non trova altro fondamento certo, tuttavia la domanda resta, poiché una responsabilità diretta del duce non è mai stata provata in nessuno dei tre processi per il delitto; neppure in quello, l’ultimo, celebrato subito dopo la guerra, nel 1947, quando il regime si era ormai dissolto, Mussolini era morto, l’Italia era stata liberata ed era ormai una repubblica democratica. Ma oggi, alla luce dei documenti riguardanti Churchill e l’affaire Dumini rinvenuti negli archivi nazionali britannici di Kew Gardens a Londra dagli autori di questo libro, è forse possibile aggiungere le tessere mancanti del mosaico.

Dopo l’assassinio il governo annulla l’accordo con gli americani




La prima tessera è proprio l’ambigua figura di Dumini, l’uomo della Ceka che ha guidato il commando dei rapitori e degli assassini di Matteotti. Massone iscritto alla Gran Loggia nazionale di piazza del Gesù con il terzo grado, quello di Maestro, vanta con il regime rapporti stretti almeno quanto quelli che intrattiene con il mondo anglosassone.

Dumini è nato nel 1894 a Saint Louis, negli Stati Uniti, e il padre Alfredo è un mercante d’arte fiorentino. La madre, Jessica Wilson, è invece rampolla di una facoltosa famiglia inglese: ha due sorelle che conducono una vita molto agiata nei pressi di Londra, un fratello, ricco commerciante, che si è stabilito in Australia, e un altro fratello, ingegnere, che svolge un compito piuttosto delicato in America per conto del governo inglese nel settore della costruzione di navi da guerra. Qualche tempo dopo il delitto, nel 1933 – racconta Peter Tompkins, l’uomo dell’Oss (ovvero l’Office of Strategic Services, il servizio segreto Usa in tempo di guerra, poi ribattezzato Cia) in Italia –, Dumini, forse sentendosi abbandonato dal regime, scrive un memoriale e lo invia a due legali di estrema fiducia, uno in America e l’altro in Inghilterra, con l’invito a renderlo pubblico nel caso in cui venga assassinato. Ma non gli succede nulla. Anzi, viene inserito nei ranghi dei servizi italiani e inviato in Libia. Scoppiata la guerra, quando gli inglesi entrano a Derna, nel 1941, lo arrestano e lo fucilano. Viene solo ferito, però, e riesce a scappare dopo essersi finto morto.

Questa, almeno, è la versione ufficiale diffusa dagli stessi britannici.




Nel 1943 Dumini segue Mussolini a Salò, dove continua a svolgere il suo ruolo di agente segreto per conto dell’intelligence della Repubblica sociale e con ogni probabilità anche di Londra. Arrestato nuovamente dagli inglesi nel 1945, a guerra conclusa, due anni dopo viene processato e condannato all’ergastolo per il delitto Matteotti. Ma la pena è prima ridotta a trent’anni e poi, grazie a una serie di indulti, praticamente annullata. Ed è davvero difficile pensare che dietro la clemenza dei vari tribunali non ci siano ragioni inconfessabili, per esempio qualche debito da saldare nei confronti di un personaggio che aveva ben servito la causa.

La seconda tessera è il gerarca fascista De Bono, alle cui dipendenze lavora Dumini all’epoca del caso Matteotti. Il capo della Milizia è legato alla Gran Bretagna da un filo doppio: attraverso la massoneria, come abbiamo visto; e in quanto fiduciario di Casa Savoia, i cui rapporti con la Gran Bretagna non sono mai venuti meno, rafforzandosi anzi con il passare degli anni.

Assume quindi una certa importanza il fatto che una copia delle carte compromettenti sulla convenzione Sinclair, quelle che erano nella borsa di Matteotti, finisca proprio nella cassaforte di De Bono. Il gerarca utilizza quei documenti per ricattare Mussolini e ottenere un risultato favorevole agli interessi britannici?

Ipotesi più che plausibile. Di sicuro – e la coincidenza non può non impressionare – subito dopo l’assassinio del deputato socialista, quando si diffonde la notizia dei suoi incontri londinesi e delle informazioni che ha raccolto nella capitale inglese, il governo italiano annulla immediatamente gli accordi con la Sinclair. Non solo. Anni dopo, deposto Mussolini il 25 luglio 1943, tra i gerarchi della corrente filobritannica che hanno partecipato al golpe firmando l’ordine del giorno proposto da Dino Grandi, c’è anche De Bono. Il quale, processato a Verona da un tribunale della Repubblica sociale e condannato a morte insieme ad altri, tenta di salvarsi la pelle consegnando a Mussolini i documenti di Matteotti.




Quel materiale si trova probabilmente fra le carte sequestrate dagli inglesi a Mussolini, a Dongo, poco prima che il duce sia fucilato: il famoso archivio sui rapporti segreti tra il fascismo e il governo di Londra, che tanto avrebbe imbarazzato Winston Churchill e la Corona britannica se fosse finito in mano ai partigiani o, peggio, a conoscenza dell’opinione pubblica. I profili e le storie personali di Dumini e De Bono portano certamente a Londra. E il loro speciale legame con quel governo autorizza quantomeno a ipotizzare un qualche doppio gioco da parte loro.

Quale potrebbe essere, dunque, il tassello mancante del caso Matteotti?

Le carte segrete e la finta morte di Dumini

 Facciamo un passo indietro e torniamo all’inizio del 1941. Quando gli inglesi conquistano Derna, in Libia, la prima cosa che fanno gli uomini dell’intelligence è raggiungere l’abitazione di Dumini. La ragione di tanta fretta è che gli agenti di Sua Maestà cercano qualcosa che per loro è di enorme importanza. Infatti, dietro una finta parete, il tenente Duff e i suoi uomini del Naval Service trovano l’archivio segreto del sicario di Matteotti. Materiale scottante, con molte lettere di Mussolini e altri documenti su quel delitto assai pericolosi per il duce.

Ma solo per lui?

Dumini, con le sue carte, viene subito trasferito al Cairo, dove valuta con i servizi britannici quale possa essere il modo migliore di gestire la faccenda. Le sue controparti sono il colonnello George Pollock (Special Operations) e l’agente Rex Leeper. Molto probabilmente Dumini si assicura l’incolumità offrendo il suo archivio all’intelligence in cambio della protezione inglese. La spia italiana rimane per qualche tempo al Cairo, in gran segreto, mentre i suoi documenti vengono immediatamente trasferiti a Londra e messi al sicuro negli archivi del Naval Service. Qualche mese dopo, ai primi di novembre, le autorità militari britanniche al Cairo, assieme all’ambasciatore in Egitto Sir Miles Lampson, propongono un piano al Foreign Office (il ministero degli Esteri britannico): redigere un falso certificato di morte dell’agente italiano, la cui ‘fucilazione’ sarebbe avvenuta il 7 aprile 1941.




Si punta a ottenere due risultati. Da un lato, la sua scomparsa allontanerà ogni sospetto sui suoi rapporti con l’intelligence britannica, che anzi potrà continuare a servire anche negli anni successivi. Dall’altro, sapendo che il sicario di Matteotti ha inviato un memoriale a due legali in America e in Inghilterra, pregandoli di renderlo pubblico in caso di morte, la diplomazia britannica è certa che la notizia del suo decesso indurrà gli avvocati a diffondere quel documento, con effetti propagandistici devastanti per l’immagine del duce. Londra approva il piano il 13 novembre 1941. Ma l’ambasciatore in Egitto e il Foreign Office, che probabilmente non sono informati su tutti i retroscena dell’affaire Dumini, non hanno messo in conto la reazione di Churchill. Una reazione furibonda. E incredibilmente strana. Non appena viene messo a conoscenza del piano predisposto dall’ambasciatore Lampson e dal Foreign Office, il 14 novembre, il premier si inquieta non poco, perché ‘la faccenda sembra molto seria’.

Tre giorni dopo, durante una riunione del War Cabinet, il gabinetto di Guerra, ordina infatti di mettere tutto a tacere. La vicenda Dumini, leggiamo nei documenti inglesi, dev’essere ‘attentamente valutata’ perché potrebbe provocare ‘attacchi’ in grado di danneggiare il Regno Unito. Al ministero degli Esteri britannico appare del tutto incomprensibile il comportamento di Churchill. Il Foreign Office non capisce perché non si debba sfruttare contro Mussolini un’occasione così ghiotta. La faccenda sembra chiusa. Trasferito il suo archivio a Londra, Dumini scompare nel nulla, salvo riapparire più tardi di nuovo al fianco di Mussolini, a Salò.

Ma c’è un imprevisto che getta Londra e Churchill di nuovo nel panico. Nel maggio del 1942, un anno dopo il ritrovamento dell’archivio a Derna, nonostante sia stata bloccata l’idea di utilizzare quelle carte contro Mussolini, chissà come, perché e da chi, a un giornalista australiano al Cairo, John Lardner, viene riferita la notizia della ‘morte’ di Dumini. Ignaro ovviamente dei retroscena, il giornalista la prende per buona e la ‘gira’ alla stampa americana. L’articolo esce sul ‘New York Times’ il 14 maggio 1942. Londra entra subito in fibrillazione, temendo la pubblicazione del materiale che l’assassino di Matteotti ha inviato anni prima ai suoi legali in Inghilterra e Stati Uniti. L’agitazione britannica risulta con tutta evidenza dalle pressanti richieste di chiarimenti inviate da Londra alla sua ambasciata di Washington. Ma Churchill, anche in questa occasione, ha molta fortuna, oppure riesce ancora una volta a insabbiare il tutto. Perché l’avvocato londinese non rende pubblica neppure una riga. Mentre quello americano, Martin Robertson (San Antonio, Texas), si limita a divulgare, il 16 maggio 1942, un innocuo memoriale di un centinaio di pagine, in cui Dumini ammette di aver partecipato al sequestro del deputato socialista, professando però la propria innocenza per la sua morte: tutto lì, non emerge nient’altro.




Il potenziale esplosivo di quei documenti viene così disinnescato. E il premier britannico tira un sospiro di sollievo.

Mussolini pagato dagli inglesi

Torniamo allora alla domanda iniziale: perché Churchill ha tanta paura di quello che potrebbe saltar fuori dalle carte sul delitto Matteotti?

Le risposte sono diverse.

Alcune ipotetiche perché basate solo su indizi, per quanto molto seri. Altre certe, perché fondate su documenti trovati negli archivi londinesi dagli autori di questo libro. Ad angosciare il premier ci sarebbe innanzitutto il rischio che venga alla luce che Dumini fosse al servizio dell’intelligence britannica già dal 1919-1924, cioè nel periodo che va dall’ascesa al potere di Mussolini fino al delitto Matteotti.

Vediamo ora, invece, le risposte certe.

Intanto, in quello stesso periodo, anche il duce intrattiene rapporti con i servizi segreti di Londra. Nel gennaio del 1918, subito dopo la disfatta italiana a Caporetto, il diplomatico inglese Samuel Hoare apre a Roma una sede dell’MI5 (Military Intelligence, Sezione 5, ovvero l’agenzia britannica per la sicurezza e il controspionaggio). Con una missione molto precisa: spostare l’opinione pubblica italiana dalla parte delle potenze alleate che combattono contro gli imperi centrali, reclutare uomini politici e giornali e tenere d’occhio i filotedeschi (tra questi ultimi, come risulta da decine di rapporti inviati a Londra da Hoare, c’è anche il cardinale Eugenio Pacelli, il futuro Pio XII). Nella fase finale della prima guerra mondiale i servizi britannici foraggiano abbondantemente uomini di partito, direttori di giornali e giornalisti perché conducano una campagna di stampa a favore di Gran Bretagna e Francia. E tra costoro c’è anche Benito Mussolini, ex esponente di punta del Partito socialista, che percepisce 100 sterline alla settimana da Sir Hoare.




Churchill evidentemente sa che il duce è un uomo degli inglesi. Di più: è un suo ammiratore e intrattiene con lui intensi rapporti epistolari. Ne favorirà l’ascesa al potere per contenere non solo il pericolo social-comunista in Italia, ma anche quello bolscevico in Europa. E non esita, in seguito, all’epoca in cui il regime fascista è nel pieno del suo splendore, a esprimergli pubblicamente tutta la sua ammirazione, definendolo il ‘salvatore dell’Italia’ e ‘il più grande legislatore vivente’.

Quando nell’aprile del 1924 Matteotti si reca in gran segreto a Londra per incontrare i laburisti, i Tories sono all’opposizione. È assai probabile che gli uomini dell’intelligence vicini ai conservatori apprendano che il deputato socialista è ripartito dalla Gran Bretagna con le prove sulle tangenti pagate in Italia dall’americana Sinclair Oil, e che utilizzerà quelle carte in parlamento contro Mussolini.

Churchill, dunque, non può consentire che il regime italiano rischi di cadere, travolto dalle carte di Matteotti, compromettendo anche la politica petrolifera inglese (di cui lo statista è uno dei grandi strateghi sin dai primi del Novecento). Come abbiamo visto, proprio alla vigilia del caso Matteotti, la britannica Apoc ha messo in piedi il suo progetto di assalto al mercato italiano. Puntando in due direzioni. Da un lato, l’obiettivo è l’americana Standard Oil. Dall’altro la stessa Italia, o meglio: quella parte meno ‘anglofila’ del regime che comincia a scommettere su una politica energetica autonoma attraverso la costituzione di un ente petrolifero nazionale. Un disegno pericoloso quanto la presenza degli Usa, per gli interessi britannici nel Mediterraneo e in Medio Oriente, e che Londra tenta di contrastare in tutti i modi attraverso le sue quinte colonne italiane.

Gli interessi inglesi sono salvi. E Mussolini pure




Tra il 1920 e il 1921, pur tra mille difficoltà, il governo liberale costituisce la Direzione generale dei combustibili (Dgc), che ha il compito di ridurre la dipendenza energetica italiana dalle compagnie straniere. Ma una commissione parlamentare, istituita per elaborare una proposta di riordinamento dell’amministrazione dello Stato, verso la fine del 1921 conclude i suoi lavori con la proposta di abolire la Dgc, provocando la violenta reazione di una parte del governo. Il ministro dell’Agricoltura, da cui la Dgc dipende, dichiara che se tale proposta fosse accettata, comprometterebbe, ‘con grave pregiudizio dell’economia nazionale, la politica di combustibili all’estero, e particolarmente l’approvvigionamento degli olii minerali’, cioè quella politica avviata dalla Dgc per assicurare al paese ‘le fonti di petrolio all’estero, onde emanciparsi dal servaggio imposto all’Italia dai grandi trust internazionali’.

Un’esigenza – dettaglio non di poco conto in quel contesto – che induce tra l’altro il governo italiano a stipulare con la neonata Urss, nel 1923, un accordo per le forniture petrolifere; scelta che Mussolini giustifica alla Camera con queste parole: ‘Il trattato con l’Unione Sovietica nasce dalla necessità di rinsaldare l’indipendenza del nostro mercato dai trust internazionali nelle cui mani non possiamo affidare l’avvenire della nostra industria e la stessa sicurezza dei servizi pubblici, in particolare quelli attinenti la difesa della nostra Patria’.

È un atto che i britannici non gradiscono.




Innanzitutto, perché un loro agente ha osato ‘muoversi in proprio’, andando addirittura contro la decisione di boicottare il petrolio ‘comunista’ presa l’anno precedente, nel 1922, alla conferenza dell’Aja. E poi perché, visto che gli inglesi si accingono a dare l’assalto al mercato italiano, anche i rapporti tra Roma e Mosca (come quelli con le americane Standard Oil e Sinclair Oil) costituiscono una minaccia per i loro interessi. Insomma, non vogliono che il nostro paese si trovi un giorno nella condizione di emanciparsi dalla dipendenza energetica, e quindi anche politica, britannica. Un obiettivo che coincide con quello di una parte del ceto politico e del mondo dell’informazione italiani dell’epoca.

La Direzione generale combustibili viene chiusa nel 1923, con una decisione imposta dallo stesso Mussolini. E con quell’atto si spalancano alla Gran Bretagna le porte del mercato italiano e le vie del petrolio dal Medio Oriente all’Europa, proprio attraverso l’Italia.

Dunque, nonostante certe sue intemperanze e velleità autonomistiche, il duce è per Churchill, e per gli interessi economici che il leader conservatore britannico rappresenta, una pedina troppo importante perché si possa correre il rischio di perderla.

L’assassinio di Matteotti, proprio alla vigilia del suo importante discorso alla Camera, quello in cui avrebbe denunciato le tangenti legate alla convenzione con la Sinclair, risolve ogni problema. A Mussolini. Alla britannica Apoc. E a Churchill che, attraverso le carte di De Bono e quelle di Dumini, può continuare a tenere in pugno il duce. Gli americani sono messi da parte, Mussolini non cade perché Matteotti non riesce a pronunciare la denuncia in parlamento, e gli interessi inglesi sono salvi. Churchill insomma sceglie il male minore, pur di salvare il duce da una catastrofe annunciata.

(Cereghino/Fasanella, Il golpe inglese)



















martedì 16 luglio 2019

PRINCIPI FILOSOFICI (16)

































Precedenti capitoli:

L'amico amerikano (15/1)

Prosegue con...

Matteo come Matteotti (17/8)













….Per chi ha letto per intero il libro di Snyder - o solo ha provato e prova quella paura che ancor regna ed impera qual potente narcotico della Ragione a suffragio di ben altra ‘materia’ e ‘principio’ diluiti e distillati quali morbi antichi contrari alla vera Natura dell’uomo e prima di lui l’Elemento da cui nato, può coniugare - ed a tratti intendere fors’anche se ancor riesce a meditare - sulla propria quanto altrui ‘pelle’ - i sottili fili (o legami) della ‘visibile’ pur ‘invisibile’ Storia, e non solo quella narrata…

…Così da poterne decifrare il Tempo d’una diversa ed opposta Genesi in cui inciampato e caduto (sempre per causa d’un piccolo imbecille divenuto adulto) (in)preda ad uno strano delirio nei medesimi secoli figurato e più volte narrato, ed in cui, ognuno nato qual uomo insetto ape formica… suo malgrado divenuto…   

…Ed in cui l’uomo - o per meglio dire - ciò di cui resta dell’‘umano’ (in)preda non più ad un ragno all’alveare destinato (e già narrato), o se preferite, al futuro formicaio approdato, quale atroce mitologico destino (anche questo più volte narrato in codesto lungo ‘omerico’ Viaggio) del dovuto (polifemico-malefico) pasto dell’Intelletto ‘annebbiato’ ‘confuso’ ‘incastrato’ nella ‘difettevole’ (invisibile) trama della ‘cavernosa’ spirale della Storia ‘naufragata’ ‘avvolta’ ‘avvinghiata’ senza apparente traccia di ‘se medesima’ divincolarsi nella prima ed ultima fuga preferita…

…In assenza della reale vera consistenza nell’invisibile tela in cui ogni Ragione e con essa (futura e remota) Filosofia compromessa, quali fitte simmetriche secolari trame oscurare la lucida appartenenza con cui Madre Natura per sempre crea ed evolve in medesima Spirale in cui evoluto e ad un più elevato codice sottratto: (s)barre in cui non solo Odisseo recluso…

…Sino alla cantina futura stiva della perenne deriva in cui l’insetto non più uomo né ape o formica dispiega la nuova, e taluni dicono e ciarlano, lucida follia…

…Coronare cioè il Sogno d’una Vita ad una Barca convenuto e sperare dalla mattina alla sera l’eterna fuga nella fitta tela d’una cantina costruita…

…La Vela e non certo la Tela in cui suo malgrado inciampato al nodo d’un più vasto Oceano divenuto Vento…

…Si snodano così riflessioni morali nonché etiche di notevole portata. Giacché il ‘quadro’ delineato nelle più fosche e lucide tinte da panorami sicuramente già ampiamente conosciuti ed ora di nuovo consolidati rappresentare e figurare, non meno dell’antico affresco europeo da cui nato ed ispirato, il Tempo della Storia…

…Ed ove, se pur apparentemente distanti in realtà a medesima ‘deriva’ naufragati nonché ancorati in ciò che vorrebbe comporre o ispirare diverso e ben più accreditato ‘panorama’ raffigurare l’araldo d’una diversa superiore Natura da cui nati in medesima stirpe e stiva divenuta, e non certo Albero maestro in cui il Vento della Natura veleggia verso la pur famosa Terra (persa ma quantunque) Promessa…

…Abdicando Mito e Bibbia barattati per l’Anima Mundi della vera Natura naufragata all’isola o deriva d’un nuovo continente con cui fondare Intelletto Ragione e Vita…   

…In verità e per il vero regna un costante graduale ‘adeguamento’, e se pur tinte toni sfumature accenti e diverbi apparentemente divergenti, in realtà l’uniformità così come l’intero destino d’una presunta società evoluta si misura e confronta dalle proprie ed altrui merci ‘nella e della’ stiva…

…Non regnano, in senso prettamente gnostico adottato, principi spirituali non men che morali, per questo c’è sempre il rischio d’esser perseguitati derisi promessi ed in ultimo promossi dall’eterno Tempio… al Golgota di ben altro inferno…

…Regnano, pur l’apparenza, ben altri diversi opposti principi, così se si vuol rimanere fedeli alla propria Natura come a Madre Natura emerge, o almeno dovrebbe, un istinto oltre che naturale dissenso nel dovuto rifiuto proprio dalla stessa ispirato…

…Cioè, quando prendiamo cognizione della ‘materia’ celebrare ed edificare opposta armonia al contrario di come è o dovrebbe esser la Vita Verità e relativa Via, sorgono confini e perimetri della reale planimetria in cui l’intera esistenza prigioniera, quindi, un più profondo pensiero Gnostico misurarne relativa appartenenza ed in cui, come detto, l’Anima Mundi albergata ed alla tela avvinghiata, se pur in taluni aspetti, soprattutto circa la Natura stessa - quindi del male - erroneamente ‘radicalizzata’ e ampiamente disquisita relativamente all’interpretazione gnostica, e della quale seppur la divergenza, anche ‘noi’ eterni Stranieri di quanto impropriamente creato nella successiva Genesi d’un Dio (comunque) mal interpretato…

…Adottando al parlamento dello Spirito quanto dell’Anima Mundi della Natura un Primo Dio quale vero Architetto ‘del e nel’ miracolo dalla Natura per sempre celebrato pur in difetto interpretativo di cotal dottrina erroneamente applicata ed eleggendo così un diverso opposto secondo dio… mal coniugato…   

…Quindi se solo ci illudiamo che in taluni luoghi ‘uniti’ e ‘albergati’ sotto l’Egidia di miglior governo e parlamento derivato ci troviamo, in verità e per il vero, ‘reclusi’ in pessimo difetto interpretativo oltre che enunciata dottrina erroneamente adottata. In quanto - ripeto a me stesso così ai destinatari di cotal riflessione - che se pur il principio di elevato traguardo e sempre ostentato quanto celebrato, in verità e per il vero, il pane con cui nutriamo lo Spirito dalla terra derivato ben più amaro ingiusto, e come rimembra il poeta, ‘salato’ quando assaporato nell’altrui regno ove cotal dottrina nidifica  impera… ed avvalena!

Con tutti i ciarlatani che hanno tentato di farne Storia!

…Purtroppo il vero traguardo agognato e celebrato al quale Principio e Ragione prostituiscono ogni radice alla chioma d’un albero malato per propria difettevole natura, consiste nel rendere un uomo simile alla formica, o meglio e mi correggo, un pidocchio se pur l’estesa corteccia celebra non meno il papiro derivato così da esternare con maggior linfa quanto evoluto e dalla stessa distanziato…

…In verità dalla corteccia al tronco mortificato e abbattuto qual secolare Genio dell’eterna civica contesa, nutrire più profonda e matura riflessione, ben reciso dagli omuncoli divenuti per l’occasione future formiche non men che pidocchi e scrofe dell’eterno limitato viaggio da ogni Ulisse celebrato, e come dicevo, ‘dalla e nella’ corteccia conservato e dicono rimembrato - ma di certo - ripeto meco non certo ispirato; giacché se così fosse, ci troveremmo in ben diversa Natura edificata e di certo non afflitta né scalfita dall’eterna sega di codesti omuncoli di bassa se pur apparente alta elevatura...

…Ricchi, così almeno ci dicono, medesime cortecce in papiri digitalizzati non men che sfogliati e anche bruciati, ricchi di ciò e da cui si compone il nero concime della Terra…

Sì non posso che trattarlo qual concime, il quale è bene rimembrare giacché proprio su questo vien edificato ogni nuova pretesa dell’Impero.

…Distanze o diversità, in verità e per il vero, appartengono solo al variegato mondo della Natura la quale per sempre crea, proprio quando ci accorgiamo nel totale dissenso d’una diversa gnosi adottata e relativa opposta presa senza coscienza alcuna, pensano edificare al calendario di codesta antica nuova luna solo l’uniformità (o peggio unicità) la quale evidenzia la reale prospettiva ampiamente ricordata all’alveare dove, se non erro, un eretico filosofo annoverò nel difetto il vero e sano fondamento della civiltà…

…Evidenziandone il male celebrato non men che stimolato…  

…Io che scrivo cogito penso e medito nel Bene quanto nel Vero ed in nome e per conto di Madre Natura sono perseguitato in nome del contrario il quale deve regnare come il vero miele concimato…

…Allora bisogna prendere spunto ed ispirazione da antichi ed illustri, oltre che Filosofi, pionieri d’una nuova Terra e fondarne una per ogni giorno del calendario di codesta luna in una invisibile simmetria corrisposta, ove il compito consiste nel proseguire il lavoro già iniziato da come Tempo e Creato nato, e siccome credo anche in un ancor più antico Filosofo in ragione del mio nome, l’Anima e lo Spirito, in verità e per il vero hanno risposto così come io a loro, al segreto appello…

…E per ogni inverno come primavera celebro la Rima della vita così come il saggio maestro rifletteva…

Era inverno ora è estate…

Era estate ed ora è inverno, di nuovo.

La Natura ama tanto le sue Rime che non si stanca di ripeterle.

Così dolce e completo l’abito d’ogni stagione attraversata in nome mio e da altri Spiriti che incontro e con cui parlo…

Quale Poema la Natura: un’epica in endecasillabi sciolti, arricchita da migliaia di Rime sonore.

…Mentre divento povero ogni giorno mi arricchisco di questa linfa in nome della Vita…

Che significa la bellezza della Natura (riflessa nella società in cui viviamo) quando gli uomini sono volgari?

Noi andiamo ai monti come ai laghi per vedere riflessa in essi la nostra serenità; perciò quando sereni non siamo, non ci andiamo affatto!

Chi può essere sereno in un paese in cui sia i governanti che i governi sono privi di principi?

Il continuo ricordo della miseria dei politicanti basta a guastare le mie passeggiate (avvelenate da questi omuncoli).

I miei pensieri suonano assassinio per lo Stato, invano mi sforzo di volgere alla Natura la mia attenzione: i miei pensieri inevitabilmente congiurano contro questo stato attuale.

E sono ancor più certo che ogni uomo retto cospirerà contro ciò che divenuto e giammai stato…

(H. D. Thoreau accompagnato da Giuliano…)











     

domenica 14 luglio 2019

LO SCAMBIATORE UNIVERSALE (14)




















Precedenti capitoli:

L'unica verità...  (13/1)

Prosegue con...

L'amico Amerikano... (15)














Lo scambiatore universale

Il convertito(re) dallo Spirito

Alla materia diluito divenuto

E convenuto

Nel segreto abbraccio

Con un ratto transitato

Sogno consumato nell'acrobatico amplesso

Taciuto

D’una fogna

Ove molti e nessuno

Spirito ammucchiato sogna

Istinto tramutato ed esorcizzato

Materia evaporata in nube purpurea

Nel segreto d’uno spettacolo taciuto

Ove ogni Anima persa

Baratta la promessa

Con il nuovo paradiso

Alla grotta dello scambiatore assemblato

Il Buffone del nuovo Evo

Annuncia tacendo

Proclamata vittoria:

Il suo è uno spettacolo a numero chiuso

Il suo è un pianto d’una rasata verità barattata

Il suo è il bastone d’un monarca assoluto

Sipario d’un futuro precluso

Promessa di un fascismo globalizzato

Disgiunto e rimpianto

Il suo è un sipario crollato e precipitato

Ponte di un Evo congiunto ad una Storia persa

Alienata & Impiccata

Proprio alla fine principio del Secondo Atto

Quando il cinghiale e l’amante

Emisero ed esalarono l’ultimo grugnito

Dal pubblico dell’intera platea

Applaudito e poi linciato

Lacrima dello scambiatore universale

Al Primo Atto dell’Opera

Annunciare vittoria nella disfatta ottenuta

Lo Spirito alienato assembla materia accalcata

Nel saluto convenuto d’un nero sipario

Calato con l’ombra del gobbo suggerire

Segreto Araldo & Motto

Ed il cinghiale

Simmetrico tomo miniato

Sceso dalla foresta:

Bracca il cacciator taciuto

Crocevia d’una futura genetica

Incisa nell’araldo d’una Storia antica

& Manipolata

Al porto d’una scrofa allevata

Nel sangue dell’alchemica materia ottenuta

Lo scambiatore universale

Come disse un più nobile poeta

Balla la polka sopra il muro

E pochi in quest’Atto taciuto

Gli hanno odorato il culo

Tutti lo baciano e leccano

Come il vero nettare della Sfera

Ebbasta

Forse perché regna

Similar convergente/divergenza

& simmetrica pubblica & segreta

Repulsa/attrattiva

Assente da qualsivoglia misura & distanza

Fra il regno dell’oro e lo sterco che avanza

Avendo la faccia come il nobile

Acclamato di dietro

Pur il dialetto dialogato muto

Concimato & disgiunto

Ma da ognun reclamato

Messia & Denaro braccato e promesso

Direttor Fiancheggiato

eletto nel parlamento Segreto

Difesa & Offesa

Arma Segreta

Nell’intervallo fra il Primo & Secondo Atto

Del complicato amplesso

Lo scambiatore universale promette vendetta

Forse perché un saggio cane

Gli ha morso proprio quello

Meditando futuro rinato banchetto

Ed il buffone alza il sipario del Terzo Atto

Con la ditta convenuta (al nero)

&d il napoletano

Primo attore assoluto del dramma cacato

Non ancora regolarizzato del tutto

Nel nulla convenuto

Annuncia il Natale allo scambiatore universale

Forse perché ha confuso politica & mercato

Forse perché difetta della dovuta

Promessa incosciente/coscienza

Il didietro muto arringa

Nobile cinghiale minar la Piazza

Promette l’agnello d’un peccato mai consumato

Lui muso d’un maiale nato

Lo scambiatore universale proclama vittoria

Promette libertà/restrittiva

Per l’intera selva braccata

Mentre ogni Genio muto lo osserva

….Vento d’una futura globale rovina…