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L'identità della Natura (35/1)
Prosegue con...
L'olio di balena
…So
benissimo in che senso essi ricorrono a questo termine, ma sono costretto a servirmene
a modo mio, in mancanza di altri più appropriati. Comunque io mi riparo dietro l’insufficienza
della lingua. Ed ora veniamo all’uso o al cattivo uso che io faccio di questo
termine.
Veniamo
ora alla dissociazione della personalità.
…Noi non
abbiamo mai questa sensazione della ‘caduta’ quando siamo allo stato di veglia…
…Una voce tonante urlò: ‘Sto cadendo!’.
Altre intanto gridavano, confuse ed
eccitate: ‘Dove? Cosa vuoi?’.
Devo affidarmi a questo diavolo?
Rabbrividisco.
E’ un abisso spaventoso.
Tu vuoi che mi abbandoni al caso, alla
follia del mio lato oscuro?
Dove?
Dove?
Tu cadi ed io voglio cadere insieme a
te, chiunque tu sia.
Allora lo Spirito del profondo mi aprì
gli occhi ed io vidi le cose più intime, il mondo multiforme e mutevole della
mia Anima.
Vedo grigie pareti di roccia lungo le
quali m’inabisso a grande profondità. Mi trovo davanti ad una buia caverna,
immerso fino alla caviglia in un nero luridume. Intorno a me aleggiano delle
ombre. Sono attanagliato dalla paura, ma so che devo entrare. Striscio
attraverso una stretta fenditura nella roccia e giungo in una caverna più
interna col fondo ricoperto di acqua nera. Ma dall’altra parte scorgo una
pietra che emana una luce rossastra, a cui devo arrivare. Procedo guadando
l’acqua melmosa. La caverna è invasa da un mostruoso frastuono di voci
bercianti (bisogna conquistare la pietra, è la pietra della luce rossa)…
(C. G. Jung, Il libro rosso)
La nostra
personalità di veglia la ignora.
Allora (e
qui l’argomento è irresistibile) deve essere una personalità ben distinta che
cade quando noi dormiamo e che ha già l’esperienza di questa caduta; che ha, insomma,
un ricordo delle avventure capitate a una specie scomparsa, allo stesso modo
come la nostra personalità di veglia ha il ricordo degli avvenimenti della
nostra vita reale. Fu a questo punto del mio ragionamento che incominciai a veder
la luce, e ben presto questa luce scintillò su di me con un fulgore
abbagliante, illuminando e svelando tutto quello che c’era di spaventoso, d’irreale,
di antinaturale, d’impossibile nelle mie avventure di sogno.
La Terra durante i lunghi periodi di evoluzione con la comparsa
delle prime forme di vita ha conosciuto delle trasformazioni evidenti, noi
nell’arco dell’intera sua storia ne rappresentiamo una frazione di secondo.
Questo può rendere chiara l’idea dei tempi di riferimento. Noi che siamo
comparsi nel Pliocene non siamo altro che il risultato di lente trasformazioni
che si sono avvicendate sulla terra con il formarsi di nuove specie di vita
sempre più complesse. Come in seguito spiegherà Darwin gli organismi viventi,
sia si tratti di animali o piante, non sono immutabili nel tempo, ma si
modificano di generazione in generazione sotto la spinta della selezione
naturale che favorisce la sopravvivenza dell’individuo più forte e più adatto
al suo ambiente di vita.
In questo contesto
dobbiamo inserire, seguendo le stesse linee di principio, fintanto valgano le
medesime regole matematiche, le dinamiche evolutive dell’Universo. La sua
nascita e sviluppo il quale non posso
dissociare (nel senso metaforico infinito e universale di concetto di viaggio)
da questo fattore discorsivo, nel momento in cui voglio mettere in essere un
principio in stato embrionale, cioè l’idea stessa che presiede l’origine di
taluni concetti, i quali se non rilevo e rivelo per meglio procedere in questo
modo di analisi all’apparenza non omogenea, rimarrebbero comparti stagni di un
sommergibile, ma in realtà imprescindibili, a mio avviso, per lo sviluppo
dell’embrione e con le stesse motivazioni scientifiche e non, che lo hanno
originato.
Talune simmetrie hanno dimostrato, pur non seguendo una precisa
logica di datazione, una inequivocabile medesima appartenenza, come una eredità
comune condivisa con quel primo pesce fuoriuscito dall’acqua, poi migliaia di
anni dopo, tornato sui suoi passi per provare le stesse incompiute sensazioni
di necessità e scoperta mosse dalla forza creatrice della vita. Prima di quel
gesto meccanico inconscio o non, quale concetto di vita nella logica
dell’evoluzione dell’Universo vi era il pensiero di questa.
Nella forma antica e involontaria quasi meccanicistica delle
nostre cellule esisteva già tal concetto.
Solo lì possiamo ubicare il tentativo di quell’oscura Entità di
cui per millenni abbiamo cercato di dar forma e pensiero. Nella logica di
questo pensiero ‘gnostico’ di conoscenza e ricerca posso distinguere le
probabili distanze fra noi e Dio, e con esse le ‘casualità’ in un disegno, o al
contrario, in assenza totale di questo, poste in un evento o più eventi, a cui
per nostro limite diamo un nome. Tutto ciò che pensiamo conoscere limita la
nostra stessa conoscenza nel momento in cui diamo per scontati alcuni
presupposti, similmente alla ‘natura delle cose’ nella loro immagine riflessa
nell’apparenza (la natura per il vero ama nascondersi). La quale riduce i
termini evolutivi rilevati.
E’ incredibile per taluni accettare che da quella prima forma di
vita fuoriuscita dall’acqua si sia formata una natura simile alla nostra.
Umani, almeno così dicono, con tutte le caratteristiche specifiche che ci
contraddistinguono dagli altri esseri animali e vegetali, di cui oggi non conosciamo neppure la più semplice
struttura o genesi. ‘Genesi’ per l’appunto, questa la via da seguire fin tanto
siamo costretti ad associare tale interpretazione della vita (della Bibbia)
come motivo differente e opposto nella sua (vera) dinamica. Furono chiare
allora quanto adesso le parole di -
Giuliano l’imperatore - quando si rivolse ai Cristiani nei primi secoli dello
scorso millennio.
(G. Lazzari, L’Eretico Viaggio)
Nel sonno
non era la mia personalità di veglia che mi guidava, ma una personalità diversa
e ben distinta, che possedeva un fondo di esperienze nuovo e totalmente diverso,
e che aveva, dal punto di vista dei miei sogni, il ricordo di quelle avventure
del tutto distinte.
Qual era
questa personalità?
Quando aveva essa stessa vissuto una vita di veglia
su questa terra per raccogliervi una collezione di avventure così strane?
Queste
erano le domande alle quali rispondevano i miei sogni stessi. Questa
personalità visse in tempi preistorici, all’epoca della giovinezza del mondo,
durante il periodo che noi chiamiamo Medio Pleistocene; rabbrividì di terrore
al ruggito del leone; fu inseguita dalle fiere, minacciata dai serpenti dal morso
mortale; balbettò nelle radunate coi suoi simili; fu angariata, malmenata dagli
Uomini del Fuoco quando fuggì dinanzi alla loro invasione.
Ma voi
obbietterete: ‘Come mai questi ricordi non sono comuni anche a noi, dato che
anche noi abbiamo una vaga personalità che precipita attraverso lo spazio
mentre dormiamo?’.
A questa
domanda risponderò con un’altra domanda:
‘perché vi sono dei vitelli a due teste?’.
La mia
risposta è che vi sono dei fenomeni.
E questa è
anche la risposta che do alla vostra domanda:
‘io possiedo quest’altra personalità e questa completa
memoria atavica perché sono un fenomeno’.
(aggiunge
l’autore del blog: ‘fenomeno’ spesso noll’odierna come nella ‘remota’ coscienza
collettiva fa rima con ‘pazzia’ se non addirittura con ben più atroci diagnosi
di indelebile memoria)
Voglio
essere ancora più esplicito.
Il ricordo
di specie più comune che noi abbiamo è il sogno della caduta nello spazio. Appunto
perché è molto vaga, questa seconda personalità ha conservato questo solo
ricordo. Ma molti di noi hanno personalità diverse più nitide, più distinte. Numerose
sono le persone che sognano di volare nell’aria, che sono inseguite da mostri,
che fanno sogni colorati, che nel sogno patiscono il soffocamento, che in sogno
vedono rettili e vermi di ogni sorta. In una parola, mentre questa personalità
diversa è in noi generalmente allo stato di vestigio, in alcuni è quasi
obliterata e in altri è più accentuata. Certuni hanno dei ricordi di specie più
forti, più completi di certi altri. Tutto ciò non costituisce che una questione
di grado variabile nel possesso di quest’altra personalità.
In me,
questo grado di possesso è enorme.
L’altra
personalità è in potenza quasi uguale alla mia propria personalità. Perciò io
sono, come ho già detto, un fenomeno, un capriccio dell’ereditarietà. Credo che
sia effettivamente il possesso di questa altra personalità ma a un grado
inferiore al mio – che in talune persone abbia fatto credere ad esperienze
compiute in precedenti reincarnazioni. Per queste persone ciò è plausibile, è un’ipotesi
convincente. Quando hanno visioni di scene che non hanno mai veduto essendo in carne
ed ossa, ricordi di atti e di avvenimenti che risalgono al passato, la
spiegazione più semplice è quella di aver già vissuto una vita anteriore. Ma
commettono l’errore di non tener conto della loro dualità. Esse non riconoscono
l’esistenza della loro seconda personalità; questa la prendono per la loro propria
personalità, credendo così di non averne che una; e da tali premesse non
possono che concludere di aver vissuto delle vite anteriori. Ma hanno torto,
perché qui non si tratta di reincarnazione. Io ho visioni di me stesso, dove mi
vedo errare nelle foreste del mondo nascente, e tuttavia non sono me che vedo,
ma un essere che fa molto lontanamente parte di me, come mio padre e mio nonno
fanno parte di me stesso, ma a una distanza meno grande. Questo alter ego di me
stesso è un antenato in rapporto a me; un progenitore dei miei progenitori nella
primitiva stirpe della mia specie; e lui stesso è a sua volta la discendenza d’una
stirpe che, prima di lui, grazie all’evoluzione, acquistò dita e pollici e imparò
ad arrampicarsi sugli alberi. A rischio di diventare noioso devo ripetere che
in tutto ciò io devo essere considerato un fenomeno. Non solo possiedo la
memoria della specie a un grado straordinario, ma ho anche conservato i ricordi
derivanti da un antenato particolare e lontanissimo. E sebbene il caso sia poco
frequente, tuttavia non c’è nulla di eccezionale in questo.
Seguite il
mio ragionamento.
Un istinto
è un ricordo di specie: benissimo.
Allora
voi, io, tutti riceviamo questi ricordi dai nostri padri e dalle nostre madri,
tal quali essi li hanno ricevuti dai loro propri padri e madri. Deve dunque
esistere un intermediario attraverso il quale questi ricordi sono trasmessi di generazione
in generazione. Questo intermediario è ciò che Weismann chiama ‘plasma germinativo’,
il quale trasporta i ricordi di tutta l’evoluzione della specie.
Questi
ricordi sono deboli e confusi, e molti di essi vanno perduti.
Ma alcuni
esemplari di plasma germinativo trasportano una quantità eccessiva di ricordi;
sono, per parlare scientificamente, più atavici degli altri. Il mio germoplasma
è di questa specie. Io sono una bizzarria dell’eredità, un incubo atavico
(chiamatemi come volete), ma se sono così, vivo e reale, come un essere che
mangia con appetito tre volte al giorno, che cosa possiamo farci, voi ed io?
E ora,
prima di riprendere il mio racconto, voglio prevenire le obbiezioni dei San
Tommaso della psicologia, sempre inclini alla canzonatura, i quali non mancheranno
di dire che la coerenza dei miei sogni è dovuta a un eccessivo lavoro mentale e
alla penetrazione subcosciente, nei miei sogni, della mia conoscenza dell’evoluzione.
Anzitutto,
io non sono mai stato uno scolaro molto diligente; a scuola, ero sempre l’ultimo
della classe. Preferivo gli sport e (non ho alcuna ragione di non confessarlo)
in particolar modo il biliardo. Inoltre, ho avuto cognizione dell’evoluzione
solo quando entrai in collegio; e tuttavia durante la mia infanzia e la mia
giovinezza avevo già vissuto nei miei sogni tutti i particolari di quell’altra
vita dei tempi remoti. Aggiungerò che questi particolari rimasero ingarbugliati
e incoerenti sino al momento in cui conobbi la teoria dell’evoluzione. L’evoluzione
(aggiunge sempre l’autore del blog: è bene estendere il concetto ‘evolutivo’
non sottointeso ed esplicitato nel vasto mondo della ‘materia’ dalla quale
suddetta scienza deriva; ma, come fu ed è ancora in questa Eresia disquisita
parte d’un sistema molto più ampio ove per ‘evoluzione’ intendiamo anche quella
specificatamente ‘spirituale’ la quale attraverso la ‘materia’ incarna parte
della propria visibile Natura, lasciando al regno del visibile un Frammento di
ciò che pensiamo dedurre anche e non solo nel Sogno qui esplicitato; ovvero vi
sono ‘simmetriche convergenze’ e/o ‘opposte divergenze’ che dalla crosta
tellurica d’ogni opposto e contrario fanno affluire il continente e/o futura
vetta di una nuova Verità, così il fenomeno Tellurico nell’antica mitologia fu
ed è ancora esplicitato quale parte del seme di medesima Sfera nella graduale
sua ed altrui Evoluzione, giacché ogni Albero nasce dalla radice della Terra…)
fu la chiave del mistero; essa fornì la spiegazione, diede ordine alle
bizzarrie del mio cervello atavico, che, moderno e normale, tornava ad
ascoltare gli echi di un passato così lontano, contemporaneo degli esordi
informi dell’umanità. Poiché in questo passato che io conosco, l’uomo non
esisteva come noi lo conosciamo oggi, fu dunque durante quel periodo del suo ‘divenire’
che io debbo aver vissuto e posseduto il mio essere…
(In
corsivo J. London)
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