Precedenti capitoli (in riferimento allo Straniero):
L'uomo della riva e quello della stiva (9/1)
Prosegue nella...
Variante della Vita (34)
Quanto sublime
la Terra vista dall’alto, quanto rigogliosa e prosperosa, ma possibile che
tanto male l’ha seminata, tanto odio l’ha nutrita, eppure nel libro miniato,
ragione di un comune desiderio pregato, come può la Parola volgere ad un vento
nemico di ogni comune ‘ora’, ciò non comprendo e capisco, continuo il volo giacché
Dio nasce dal vento di un diverso Principio.
Dio non
può essere racchiuso in un rigo, al crocevia di uno strano bivio dove la via
può essere smarrita perseguitata o inquisita. Così che un vento nemico di ogni
Natura crea la disavventura per ogni naufrago nero o bianco che sia per perire
in un mare profondo quale battesimo di una strana Dottrina.
Quanto sei ingenuo Jonathan, corri veloce per
questi ed altri luoghi con compagna la sola certezza dell’umile preghiera di un
mondo limpido e giusto a misura di ogni Pensiero all’uomo muto nello Spirito
taciuto.
Chi sei, non
ti vedo!
Certo che no, perché sono quel Dio pregato dal
libro narrato e venerato, mi hai dato del ‘guardiano’ del tuo creato, mi hai
rivolto blasfema parola offesa al secolare Verbo. Puoi leggermi su un rigo su
una strofa così ben curata e descritta nello stesso secolo di quell’‘ora’, ed
io farò nascere quel vento nemico alla tua Prima Parola, poi solleverò la Terra
affinché la nebbia si sazi del tuo istinto immaturo. Quelle genti prega(va)no
il pensiero mio al bivio di un diverso vento nato e poi risorto, e tu ben sai,
visto che cavalchi la Parola dal medesimo Principio partorita, che nascono
bufere al crocevia di basse o alte atmosfere, con tutte le perturbazioni che
fanno il mio secolo infinito, il tuo un invisibile creato da me per sempre
punito ed inquisito.
Lo hai rivelato e descritto, per questo è nata
una bufera, sono io che comando l’uomo su questa Terra, anche se Secondo al
Primo di un istinto taciuto, pace e tolleranza non appartengono alle ragioni
del tuo Sogno pensato e Creato, ho dovuto metterlo per iscritto e dettare il
tutto ad un profeta, salì alto nel monte, non fu cosa facile incidere tutte
quelle parole, per giunta il mio popolo si era anche smarrito e la legge fu
l’ancora di ogni peccato, comandai quell’uomo per disciplinare quanto da te
Creato, senza legge e peccato!
Son io che disciplino e regolo la rotta,
infatti tutti in segreto predicano la tua nuova venuta, in quanto la ‘moneta’
coniata quale eterna certezza araldo di vita, con te, certo, avrebbe esistenza
ben dura!
La ‘materia’ sulla quale poggi le tue ali quali
fossero Divine Parole, per me, che combatto con l’uomo ogni giorno, sono
scemenze senza contorno, sono tavolette per la povera favella.
Il figlio che hai abbandonato per una lenta
agonia nominata da te evoluzione dal mare partorita, conosce una diversa Rima, l’ermetico
e intricato pensiero conosce una diversa evoluzione alla Rima dell’Eterna (mia)
venuta, perché quale custode nominato ho creato in verità ogni creatura già
cresciuta, compreso quell’Adamo dalla povera favella e la sua donna, sono al
piano da basso del condominio, il peccato ho loro per sempre donato, e loro mi
hanno per questo affidato le chiavi del loro piccolo ‘appartamento’.
Se non fosse nel ricordo del peccato consumato
non potrei curare ed amministrare ogni sacrificio sudato. Quando ero a questo
piano edilizio ancorato, tu ancora strisciavi e porgevi un frutto, ancora, se
ben ricordo, non volavi, strisciavi quale immonda schifezza nella Rima a me
poco gradita, ha sollevato una bufera terrena da me sapientemente e
fruttuosamente gestita.
Così nuova moneta ho coniato, altrimenti gli
uomini da te creati da cosa trarrebbero terreno nutrimento?
Dall’aria e il Pensiero del tuo Dio?
Per questo ci son io!
Materia di ogni Spirito!
Qualcuno ti ha pregato e venerato all’ombra di
uno stesso deserto, al confine di una Parola, il tuo Dio ti conduce per tutte
le vite da me raccolte ed ornate su un rigo, troppo piccole ed immonde per
essere studiate, troppo piccole per essere interpretate su un Frammento su di
un rigo su di un Papiro, quando il vento ti è nemico e la voce barcolla non
sazio nel ventre della materia che non perdona compagna della misera tua ora!
Hai inventato la neve, ed io ho edificato e
costruito ugual desiderio, lo nutro e coltivo, a te poi regalo il pianto antico
racchiuso entro una giara quale sfida al desiderio dell’uomo che governa e
divora: vola anche lui su di un legno, a te regalo ugual legno su alto nel
monte, Teschio del pensiero tuo così mal concepito.
Vuoi volare solo tu in questo desiderio antico?
La mia Legge custode di ogni sogno da te partorito,
per questo lo governo nella salita e discesa del tuo Paradiso, e non
condannarmi con la difficile ed ingannevole Parola, vogliamo negare il privilegio
ad ogni uomo della sua piacevole ora? non fu Tommaso l’atleta che raccolse l’Eresia
tua?
Non vedi?
Ammira!
Si sentono come Dio, e pregano il tuo eterno
martirio, tu che vuoi confinarli senza legge ed edificio per una terra senza girone
e bellezza a contemplare una serpe che striscia, una volpe che ruba, un lupo
che divora il mio gregge che produce e lavora. Ed ancor peggio, un albero che
narra la sua Storia, cacciagione della
mensa condito con il fuoco della mia ‘ora’ elementi della materia per
cui condanni la Terra qui nella blasfemia narrata.
La neve fu solo una lacrima della tua mente, io
ho saputo coltivare e dare a lei il giusto nutrimento e gradimento.
Per te sarebbe stata solo una bella ‘simmetria’,
ogni fiocco diverso e un quadro del tuo Dio, che inutile costruzione che
inutile Eresia, il marmo compongo, la chiesa e il Tempio dipingo, il tuo
invisibile disegno elemento di un Creato nato da un nero Principio, quale perfezione di morte dipinta e nel freddo
scolpita, su una croce ho confinato ‘la vita prima della vita’, affinché il
Sacrifico venga pregato e la luce illumini il materiale creato.
Nel Battesimo ho costruito la dottrina, ed
anche se l’acqua per te ha un diverso significato, ogni pargolo di questo
Creato deve avere l’immunità di quanto da te Pensato!
Odo la
tua voce nel Vento fermo della terrena mattina, avverto la paura antica del
cacciatore della segreta ed antica Prima Dottrina, per quanto da me tutto
Pensato e Creato, un diverso Dio comanda la materia e la luce della vita, un
diverso Dio indica la via, io solo un enigma diviso fra un’onda ed una
particella invisibile alla vista.
L’acqua è
principio di vita, tu quale elemento che governi la Natura sappi che l’acqua è
principio della Parola nata, ed io così compio il ciclo ad ogni stagione della
materia da te narrata. Se così non fosse non potrei volare e ricordare delle tante
e troppe guerre che conoscono solo martirio privazione ed inganno, in quanto,
anche se strisciavo ed ora volo, il
mondo che prego e di cui mi feci ingegno per essere da te governato nella
materia di questo strano Creato, è privo di quella violenza e inganno destino
della legge e parola del profeta da te inviato.
L’istinto
dell’eterna mia Natura privo del concetto e Pensiero scritto nella tortura.
Quella l’ho provata e provo ogni giorno anche nella morte di quelle creature
che vedo affogate nel mare profondo, anche in quei tuoi figli periti nell’acqua
di un tuo principio non condiviso.
Osserva
la Natura, ho regalato loro una Rima e la Neve con l’antica simmetria ha
imbiancato la Chiesa della mia poesia.
Quale
opera meravigliosa, quale pittura sublime, non v’è quadro più bello in questo
dire. Guarda la bestia che mi fa compagnia, non v’è anima più gentile da
condurre per ugual via. Guarda coloro che popolano il cielo d’inverno e
d’estate, non v’è suono più bello e soave.
Ho dovuto
patire il sacrifico e umiliato dal tuo volo da ognuno condiviso: chi uno sputo
chi una offesa, chi un inganno comandata al portiere che invade ogni Rima poco
gradita al condominio della tua costruzione così ben concepita. Ma la vita e il
Pensiero Primo che per sempre dominano la via e nella materia crocefissa, non
conoscono tortura o violenza alcuna, lascio a te questo mondo poco gradito io
sono figlio di un altro Dio.
Straniero
alla (tua) poesia, Straniero alla ricchezza (tua), e se la povertà e
l’umiliazione saranno il calvario dell’eterna (mia) vita, benvenuto vento che predichi
la vita, visibile e pregato da ogni navigante che gode dei favori della materiale
fortuna a buon porto condurrai la sua terrena venuta, di questo ne sono più che
certo, di questo ne sono più che lieto.
Ma io
sono un povero Straniero alla ricchezza, striscio volo arrampico su per una
cima come un Cristo impazzito e braccato dal suo popolo come un male antico,
muoio ad ogni stagione e poi risorgo alla primavera e perdo la testa come un
quadro dipinto e nell’impressione scolpito, di questo io ne sono più che certo,
la luce illumina ciò che è visibile alla materia, la morte sarà compagna della
mia ora, io a te dono il quadro della mia onda impazzita al museo della comune
via…
Lasciami
narrare ora il martirio nella miniatura di questo breve sacrificio perché non
conosco violenza, la Natura non conosce tortura, per questo quando la vedo che
striscia nella sua piccola dimora, il secolare gesto debbo narrare all’ombra
dell’infame peccato consumato!
Ho volato sopra quelle Terre, ho raccolto ed
udito il pianto di quel creato, non puoi qui negare il male arrecato, il
peccato, il vero peccato accompagnato all’inganno di questo Creato ed ancora
consumato al Tempo ciclico del tuo palato.
Dimoravo
in una cella gabbia dell’Intelletto inquisito e braccato, calunniato dallo
Stato del tuo araldo, volavo ieri come ora, ed un tuo servo mi ruba(va) la
Parola, la distribuisce alla ‘parabola’ di una falsa via. La Storia hai
inquisito, il canto e la Rima di chi morto bruciato, ed ancor oggi distribuisci
stesso intento, la Storia non vuoi ricordare, cacciando la ragione
dell’Intelletto confusa e rivenduta per pazzia al porto della giustizia.
Poi, come
quelle anime affogate, anch’io sono fuggito, come quegli uomini nel Tempo d’un
diverso Dio mai appassito, anche io ho volato nel sudario di quanto da te
miniato…
Cacciato
da un essere troppo vile per essere narrato, troppo meschino per essere appena
ricordato, confuso fra un riso compiaciuto per l’inganno arrecato, per la
tortura inflitta, per il confino giammai meritato, ed un ghigno di disprezzo
per quanto narrato nel volo braccato e cacciato. Perché la caccia al volo
antico e per sempre rinato ricordano la Storia in cui affoghi la morale della
tua falsa gloria. E come l’uomo perito sognando il volo su un diverso Creato,
per la loro colpa ed il loro peccato, pregando una verità Universale pace del
Creato, sono stato umiliato tradito e
braccato, volo ‘cacciato’ agnello consumato!
Nella
materia mi vedi e controlli, disciplini e dispensi la ‘regola antica’, per
questo mai taciterò il canto della Rima, giammai impazzita al porto della tua
strana Dottrina, e se la Storia vuoi tacitare, se la vista vuoi annebbiare, se
la mente confondere, se la ‘penna’ bruciare, sappi che il Vento mi è amico, il
Vento del Primo Dio!
E’ Lui
che indica la via, è Lui che ricorda la Verità tradita, per questo deve essere
narrata alla rinascita di ogni vita perita e torturata. Così da poter di nuovo
apparire al foglio ed al bordo del libro miniato ornare con ugual voce antica
l’araldo della tua nuova conquista appesa alla ‘parabola’ della nuova via…
Ed ora, vento e dio che hai conferito favella,
ecco il Tempo mio. Lo vedi? Un fiocco di neve. Osserva, non è meraviglioso come
Dio imbianca il cammino come Dio raccoglie e narra la Tortura subita al
calvario della tua via. Un fiocco di neve quale eterna e prima simmetria di
vita, ed a te io dirò in questo tempo senza ‘ora’, in questo giorno senza alcuna
tortura: che il bianco sudario cui hai destinato Parola, possa perdonare il
gesto antico cui destini l’eterna avventura di chi fuggito con una barca e la
speranza di un mondo più giusto alla tua parola. Un mondo bianco ove la Rima
possa essere solo la neve della poesia, e giammai l’eterna tortura cui destini
e rinchiudi diverso vento al porto della tua parola…
E con
lui, compagno del mio cammino, esilio in una nuova Terra, compio il volo di
Dio, ogni fiocco di neve che prego ed osservo nel silenzio del bosco narra una Parola,
mi suggerisce la Rima. Su un albero di vita su cui poggiai e riposai il passo
stanco, orna la chioma così da sembrare un vecchio saggio.
Lui in
questo secolare paradiso per indicarmi la via all’improvvisa smarrita, narra la
Storia, mi dice che l’uomo che gli rubò la forza per un nuovo condomino, un
Tempo gli tolse anche la Parola, perché ebbe la pretesa di tradurre e spiegare
al volgo il verbo di Dio. Ebbe la pretesa di predicare e narrare ‘povera
novella’ ad un pastore per poi al piccolo borgo spiegare che la vita cela una
Verità mai predicata alla ricca mensa di un ugual ‘pastore’, per la stessa via.
La sua
predica fu un Tempio della Parola inquisita e l’ombra da lì nata divenne rifugio
per ogni viandante smarrito: quel grande Spirito racconta nel sogno di una
eterna via, la fatica della vita, la persecuzione dell’atroce martirio subito
nel fuoco patito. Ogni viandante nell’inverno del suo passo o nella primavera
quando disseta la sua venuta e nell’estate quando ‘Re Sole’ brucia…, si riposa,
e scorge qualcosa, mira un evento strano,
un sogno antico di chi mai perito che per sempre narra la Storia e la fuga.
E quando il
viandante sudato per il sogno ritrovato mira la via si sente più saggio di
prima, ed al Frammento dell’eterna ora quale nuova preghiera si incammina e
appoggia per il sentiero di una nuova vita: comprendere l’altrui motivo scritto
nella corteccia… di Dio, contare gli anelli del vicino tronco abbattuto per
scoprire che il passo ed il sogno confondono il Tempo suo, per essere già
vissuto da inquisitore della libera parola, oppure con una scelta degna
dell’eterna ora.
E mirare
quel secolare ‘faggio’ perito nel coraggio, vederlo con occhi diversi
ascoltarlo nel silenzio di uno strano Viaggio, sembra di averlo un Tempo
vissuto ed ora ritrovato, quale sogno o incubo arrecato nell’oltraggio di quel
taglio.
Il bivio
diviene scelta di un nuovo e più certo cammino in questo Sentiero ove non si
ode voce né rumore né vento di un Secondo Dio.
Paradiso
all’ombra di un albero antico, Divino per il comune sogno smarrito divenuto
terreno cammino. Anima che narra la Storia per chi ascoltare la voce della
Natura raccolta nell’invisibile Memoria abbattuta e figlia di quel Vento che
mai tortura. Ma come una carezza adesso attraversa ogni foglia diventa mio e
suo respiro nel comune Tempo di questo Dio… diventa scelta di un miglior
cammino al bivio dove ho riposato un lontano mattino….
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