giuliano

lunedì 10 giugno 2019

L'UOMO DELLA STIVA E QUELLO DELLA RIVA (10)









































Precedenti capitoli:

Giro giro tondo...(9)

Prosegue nell'...

Dialogo con lo Straniero (11)  &

Identità della Natura (ovvero: simboli nuovi) (29)














…Prenota un Albergo ad hore con il permesso del min(i)atore scava profondo incide l’araldo del sudato breviario, e dicono, alla Madonna dedicato non men del tatuaggio con cui distinguerne il numero dal prefisso, ogni monastero conserva il suo Mistero non men del recluso… pagato ad hore per ogni abuso…   

Con annessa e connessa Eva: nel pacchetto del curatore è compresa piscina con Vista in ciò in cui una volta l’antico piano regolatore rimembrava antica pietra incisa ed alla Finestra digitata… una stalla (giacché proprio da lì nacque in un invisibile Tempo interdetto un diverso detto e da Giovanni tradotto, se solo avessero compreso la PAROLA oppure password decifrata…)…

Non vuol essere inferiore della devota, non men che dovuta Genesi, da cui la trama dell’intera intricata Storia raccolta tutta giù riunita alla Stiva.

E dicono trattenuta da una diga dalla quale vera energia.

S’agita con la clava in divisa e da tutti condivisa nessuno escluso, neppur secolari esclusi reclusi della ditta braccare la Parabola.

Compimento della devota Materia!




Si ricompone nella Prima Parola dedotta e suggerita neppur ben cogitata.

Un pazzo Straniero alla Terra non men che alla dovuta Stiva celebrata bisogna apostrofare ed animare…

Ripetere reclamare braccare in nome della dovuta dottrina divenuta Legge facendo distinguo specifica ed ammenda al direttore dell’Albergo.

...Ripetere al passo unito e disgiunto. Retto non più oca ma lombardo acclamato…

Così come è Stato e sarà ancora ugual Terra condivisa ed inchiodata fra il Figlio il Padre e il Dio pregato al Tempio convenuto ed unito - eppur diviso - al Teschio della Cima.




Lo vedono!

Lo scorgono!

L’incrociano!

Gli ridono in faccia!

I più virtuosi l’insultano poi esultano per il coraggio riunito.

E se fossero Due!?

E non Uno!?

Il dilemma diviene arcano!?

Qualcuno timoreggia…

Qualcun altro tinteggia…

Ma il coraggio dell’Impresa li unisce…

Lassù fin sulla Cima ove il sonno tormenta la Ragione…




La Patria (con)divisa prometta e vigila!

Gente venuta dal Nord in attesa di fare della Terra il grande fiordo nodo dell’alleanza suggellata, la nuova Arca. Patto sottoscritto sangue nazionale in più elevata arrampicata e conquista… ma non certo da Madre Natura del tutto compresa.

Beatrice fuggita!

Qualcuno dice (‘il’  ‘la’ ‘le’) Seraphita…

…Comunque s’è ita o rapita…

Questione di accenti! Accompagnati dagli articoli (e non solo di Stampa).

Questione di musica…

Lei, immacolata, ed ancora non del tutto corrotta ‘quanto’ la scimmia futuro uomo della stiva… approdato alla conquista della Cima, vaga da un mare ad una Terra, da una Terra ad un Oceano, nell’eterno moto specchio e motore dell’Universo: costante Girotondo nella Stagione persa ma nessuno ne ha preso ‘dotta’ coscienza!

S’aggrappano ad un sogno dismesso e suggerito, almeno così dicono, da miglior architetto della Gnosi divenuta nuovo elemento con la dovuta ‘dottrina’ afferrare e decifrare il male della Terra e digerirlo nella ‘materia’.




Lo Spirito d’un Tempo troppo antico per essere dalla ‘materia’ appena intuito (o suggerito) dalla Parabola preposta, per venir successivamente fagocitato e restituito nel male di cui la Terra al ‘capro’, mito coltivato e da ognuno assaporato, qual frutto migliore del Creato per ciò che sacrificato in nome del proprio peccato consumato e così respirato non men che espiato e restituito.

Regna differenza fra materia e Spirito.

Fra l’uomo della riva e quello giù della stiva.  

S’aggrappano ad un ricordo naufragato ad un mare morto agitato, e se pur l’iceberg affiora ciò che rimane una donna adulta con il volto invecchiato da bambina…

Ogni Natura reclama ed abbraccia la nuova sposa…

…Ma la scimmia evoluta s’accosta accarezza la Visione reclama l’eterna conquista batte il suono della sua venuta…




Una scimmia domestica che aveva imparato a fare dei giuochi, e si lascia prendere in braccio tanto è buona, viene messa sotto la campana alle ore 2,5 pom.

Dopo 10 minuti la pressione interna è solo più 430 mm. A questa rarefazione dell’aria, che corrisponde all’altezza del Monte Bianco, la scimmia sta attenta e si diverte colla coda. Si nota però che è meno vispa del solito.

Quando la pressione interna è 394 mm. la frequenza del respiro è diminuita. Fa solo 48 respirazioni al minuto, mentre alla pressione ordinaria di 734 mm. ne faceva circa 60.

La scimmia sta seduta senza muoversi più, e guarda in terra distratta. Quando la pressione è 320 mm. (corrispondente all’altitudine di 4837 metri), la scimmia chiude gli occhi e sonnecchia. Respira 42 volte al minuto.




Di quando in quando apre gli occhi, ma le palpebre sembrano essersi fatte pesanti. Sta seduta colle mani fra le gambe e la testa bassa, nella posizione naturale del sonno. La respirazione è un po’ irregolare, qualche volta si contano 50 respirazioni al minuto, altre volte solo 40.

Di giorno non l’avevamo mai vista dormire.

Toccando colla nocca delle dita la campana alza la testa, guarda istupidita e subito socchiude gli occhi e il capo torna a ciondolare fra le gambe.

Per essere sicuri che la corrente dell’aria era sufficiente al respiro, avevamo messo un contatore che misurava la quantità d’aria la quale penetrava nella campana. Nel tempo che era maggiore la rarefazione dell’aria passavano 16 litri di aria al minuto; ciò vuol dire che la razione di ossigeno sarebbe stata sufficiente non solo per una scimmia, ma per un uomo.

Questa precauzione l’avemmo anche nelle esperienze seguenti.

Alle ore 2,35, vedendo che dorme sempre, mentre la pressione rimane costante a 4800 metri, sospendiamo la rarefazione dell’aria. Aprii un poco di più il robinetto che dava accesso all’aria, e la pressione dell’aria cominciò a crescere, ma il manometro non era ancora sceso di un centimetro, che già la scimmia, svegliatasi, si mostrava irrequieta e come spaventata.

Girò intorno alzando le mani e cadde come se fosse presa da un accesso di convulsioni.





Levata dalla campana, continuava ad agitarsi come incosciente; messa in terra fuggì, ma i suoi movimenti erano incoordinati e sembrava fosse ubbriaca. La medesima scimmia, essendosi abituata rapidamente alla rarefazione dell’aria, dobbiamo portarla pochi giorni dopo ad una pressione corrispondente a 6470 metri perché si addormenti.

La maggior parte degli uomini che sottopongonsi alla rarefazione dell’aria nelle camere pneumatiche, od entrano nei cassoni dove si comprime l’aria, quando si lavora sott’acqua, sono molestati da un dolore forte negli orecchi. Tale dolore dipende dalla pressione che fa esternamente l’aria sopra la membrana del timpano, quando non vi è una contropressione alla superficie interna dentro l’orecchio medio.

Nelle tempeste succedono cambiamenti tanto rapidi e forti nella pressione barometrica, che alcuni si lamentano di un rumore negli orecchi. Anche nelle ascensioni vi sono degli alpinisti i quali si accorgono di sentire meno bene; per evitare tali incomodi basta chiudere il naso e la bocca e fare una espirazione forte, oppure deglutire la saliva, o bere.

Nelle scimmie l’aria esce facilmente dall’orecchio medio, quando viene rarefatta l’aria esterna, e per questo non soffrono nel salire. Ma quando scendono, cioè quando tornasi a comprimere l’aria, la tromba di Eustachio pare così fatta che non permette con eguale facilità all'aria di penetrare nell'orecchio medio.

Di qui la pressione sulla membrana del timpano che viene spinta all’interno producendo gravi dolori, vertigini, ed accessi convulsivi. Basta scendere molto lentamente perché anche nelle scimmie non vi siano fenomeni nervosi gravi alla decompressione.

(Da un Angelo Mosso...)














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