giuliano

domenica 25 maggio 2014

VIAGGI ONIRICI: l'albero (12)











































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Viaggi onirici: l'albero (11) 

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Viaggi onirici: l'albero (13)













... Il triste destino di quelle anime Eretiche sacrificate al rogo dell’ignoranza….
… Ma tu che sei lontano dalla verità, tu, altro che verrai dopo di me e leggerai queste righe alla fine dei giorni dell’albero: pensa da quanto Tempo tu esisti (se esisti davvero….), pensa che sei sorto dalla fonte pura che alimenta l’albero e dall’albero scaturisce….
Il cancello del cortile di un convento era aperto; Egli vi entrò e adocchiò una panchina sotto i rami pendenti di un… albero. Tutt’intorno l’erba cresceva alta e rigogliosa. In nessun luogo un’anima, non un volto da lontano. Tutto era come morto.
Sedette a riordinare i suoi pensieri…
Non era irrequieto…
Aveva ornai smesso di chiedersi con apprensione, come in un primo momento, se l’aver letto un nome per un altro potesse essere il sintomo di qualche malattia. Ben più sorprendente di questo singolare evento gli sembrò tutt’a un tratto lo strano modo di pensare che aveva da qualche Tempo….




‘Com’è possibile che io’, si chiese ‘un uomo ancora abbastanza giovane, affronti la vita come un vecchio? Alla mia età non si pensa così’. Si sforzò invano di ricostruire nella memoria il momento in cui doveva essere avvenuta quella trasformazione. Come ogni giovane uomo, fin oltre i trent’anni era stato schiavo delle proprie passioni e aveva posto ai suoi piaceri meno limiti possibili, per quanto gli avevano consentito salute, ricchezza ed energie…
Non gli sembrava di ricordare di essere stato un bambino impulsivo, bensì riflessivo, ma allora dove affondava le proprie radici questo strano ramo Eretico che ora egli chiamava il suo Io?
‘Esiste una crescita interiore, nascosta’, ricordò d’un tratto di aver letto solo poche righe di un brano a lui caro:
‘Per anni sembra ristagnare, poi, inaspettato, l’involucro si squarcia, spesso in seguito a un fatto senza importanza, e un giorno cresce nella nostra esistenza un ramo dai frutti maturi, del quale non abbiamo mai notato la fioritura; allora ci accorgiamo di aver coltivato dentro di noi, senza saperlo, un misterioso albero…. Ah, non mi fossi lasciato indurre a credere che una qualche forza al di fuori di me potesse far crescere questo albero… quanti dolori mi sarei risparmiato!
Ero padrone assoluto del mio destino e non lo sapevo!




Credevo, giacché non ero in grado di mutarlo con le azioni, di non avere alcun potere su di lui. Quante volte ho immaginato che essere padroni dei propri pensieri equivale a essere l’artefice assoluto del proprio destino! Ma ogni volta mi sono ricreduto, perché non vedevo gli effetti immediati di questi mezzi tentativi. Ho sottovalutato la magica potenza e forza invisibile dei Pensieri ricadendo ogni volta nella tara ereditaria dell’umanità, di questa misera umanità: considerare l’azione un gigante e il Pensiero una chimera.
Ora, chi impara a muovere la luce può manovrare le ombre, e con loro il destino; chi cerca di ottenere ciò tramite le azioni è soltanto un’ombra che combatte inutilmente con le ombre. Mi pare che la vita debba tormentarci fin quasi alla morte prima che riusciamo, da ultimo, a trovare la via della Verità.
Quante volte ho cercato di spiegarlo agli altri per aiutarli: ascoltavano, annuivano e credevano, ma tutto entrava loro da un orecchio per uscire dall’altro. Forse la verità è troppo semplice perché la si possa accettare subito. O forse l’albero deve giungere fino al cielo prima che mettiamo giudizio?
Temo che la differenza fra esseri umani sia a volte più grande di quella fra un uomo e una pietra. Scopo della nostra vita è scoprire con grande intuito quel che rende l’albero rigoglioso e gli impedisce di seccare. Altrimenti si finisce per spalar letame senza saper perché. Ma quanti sono quelli di voi che oggi capiscono ciò che intendo dire? Se parlassi, i più, crederebbero che mi esprimo per immagini. E’ l’ambiguità della lingua che ci separa.




Se pubblicassi uno scritto sulla crescita interiore, la interpreterebbero come un ‘divenir più saggi’ o un ‘diventar migliori’, proprio come considerano la filosofia una teoria e non una vera disciplina. La sola osservanza dei precetti, anche la più rigorosa, non basta a favorire la crescita interiore, perché essa è solo la forma esterna. Spesso la trasgressione è proprio la serra più calda. Ma noi osserviamo i precetti quando dovremmo infrangerli e li infrangiamo quando dovremmo osservarli.
Poiché un santo compie solo buone azioni, essi credono di diventare santi compiendo buone azioni; e così percorrono il sentiero di una falsa fede in Dio, che conduce giù verso l’abisso, e si illudono di essere saggi e giusti!
Sono accecati da una falsa umiltà, che li fa indietreggiare terrorizzati e barcollanti come bambini dinanzi alla propria immagine riflessa, e temono di essere folli quando giunge l’ora… e il suo volto li guarda.
… Ma essere padrone dei propri pensieri, scoprirne cioè le radici più profonde, non sarebbe già un miracolo?’.




L’Uditore si arrestò di botto.
‘Certo! E che altro? Appunto per questo pongo il pensiero un gradino più in alto della vita. Esso ci concede e conduce su una lontana vetta da cui non solo possiamo dominare ogni cosa, ma anche realizzare tutto quello che vogliamo. Per il momento noi uomini facciamo ancora miracoli servendoci di macchine (o almeno loro fanno ‘miracoli’ servendosi di macchine), ma credo sia vicina l’ora in cui per lo meno alcuni ci riusciranno con la semplice volontà.
Inventare macchine meravigliose, opera finora così apprezzata, è stato come raccogliere le more lungo il sentiero che conduce alla vetta. Non è l’ ‘invenzione’ a essere preziosa, bensì la capacità di inventare; prezioso non è il quadro, pur di inestimabile valore, ma solo la capacità (da taluni incapaci ostacolata…) di dipingere… di scrivere e così via.
Il quadro o la Rima si può deteriorare, la capacità di dipingere o scrivere (che taluni odiano nella loro incapacità creativa…) non può andar perduta, neppure con la morte al rogo al ‘Baculus Demonum’  cui l’artista è costretto…
Permane come forza attinta dal cielo, che può forse restare sopita a lungo, ma si risveglia quel Genio temuto e combattuto con il bastone dell’Inquisitore… del volgare Inquisitore….
TROVO ASSI CONSOLANTE IL FATTO CHE LA STIMATA CONGREGA DEI BOTTEGAI POSSA CARPIRE O RUBARE ALL’INVENTORE SOLO CIO’ CHE NON HA VALORE E MAI L’ESSENZIALE E CON QUELLO SI DILETTANO NEI LORO TRAFFICI DA TEMPIO…..

(G. Meyrink)
















mercoledì 21 maggio 2014

VIAGGI ONIRICI (10) (Bennett Story Greene-45)








































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Viaggi onirici (9) &
















Pionieri e nativi: Bennett Story Greene (44)

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sul prato di Bennett: Julian Scott  (46) &

sul prato di Bennett: Zilpha Marsh (47)













....Il primo sergente della compagnia del tenente Dudley
si portò in testa ai soldati e iniziò a chiamare gli uomini
in ordine alfabetico (con il numero che li contraddistin-
gue... l'uno dall'altro...).
Non aveva un elenco scritto, ma si fidava della sua buo-
na memoria. Gli uomini risposero alla chiamata, mentre
il sergente scorreva l'alfabeto fino alla lettera G.
- Gorham.
- Presente!
- Grayrock.
- Presente!....




La buona memoria del sergente venne tradita dall'abi-
tudine:
- Greene.
- Presente!
La risposta fu chiara, distinta e inconfondibile!
Un movimento improvviso, un turbamento che percorse
tutta la prima fila della compagnia come una scossa elet-
trica, sottolineò la natura allarmante dell'incidente.
Il sergente impallidì e si fermò.
Il capitano gli si avvicinò a grandi passi e disse brusca-
mente:
- Chiamate di nuovo quel nome.....




A quanto pare, la Società per la Ricerca Psichica non
è stata la prima a interessarsi all'Ignoto.
- Bennett Greene.
- Presente!
Tutti si voltarono nella direzione da cui era giunta quel-
la voce familiare; i due uomini tra i quali di solito si di-
sponeva Greene seguendo l'ordine di statura si girarono
e si guardarono dritto in faccia.
- Ancora una volta,
ordinò l'inesorabile investigatore, e ancora una volta
venne ripetuto, con voce lievemente tremula, il nome
del morto:
- Bennett Story Greene.




- Presente!
In quel momento si udì uno sparo provenire da lontano,
oltre la prima linea, seguito, quasi accompagnato, dal
sibilo atroce di un proiettile in avvicinamento che, at-
traversando la linea, andò inequivocabilmente a segno,
quasi volesse concludere con un punto fermo l'esclama-
zione del capitano:
- Che diavolo significa?
Il tenente Dudley si aprì un varco attraverso i ranghi
dalla sua postazione nelle retrovie.




- Significa questo,
disse, spalancando la giacca per mostrare una macchia
rossa che gli allargava a vista d'occhio sul petto.
Gli cedettero le ginocchia; cadde goffamente e rimase
a terra, morto.
Poco dopo, venne ordinato al reggimento di rompere
le righe per disimpegnare il fronte congestionato e, a
causa di un errore nel piano della battaglia, i soldati
non si ritrovarono più sotto il fuoco nemico.
Né Bennett Story Greene, esperto di esecuzioni milita-
ri, palesò mai più la sua presenza.
(A. Bierce, Due esecuzioni militari)
















martedì 20 maggio 2014

SOGNI PARADOSSALI: vermi elettrici & pecore nere (8)










































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Sogni paradossali (7)

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Viaggi onirici (9)













‘Che vantaggi ci sono con le pecore nere?’.
‘Il vantaggio principale di una bella pecora è che si può insegnarle a prendere a cornate chiunque (con o senza penna… forse perché ce l'ha solo lei...) tenti di rubarla’, disse il commesso.
‘Non se le sparano una ipnofreccia e poi si calano con una scaletta di corda da un’aeromobile che si libra sopra di loro’ ribatté Rick.
Imperturbato, il commesso continuò: ‘La pecora è fedele. E in più ha un’anima libera (le consiglio se vuole il modello 28 detta raffineria… mi perdoni raffinata…) e naturale che nessuna gabbia può contenere. Inoltre c’è un’eccezione caratteristica aggiuntiva che la pecora in questione possiede, mangia di tutto, anche ciò che stenderebbe una mucca o una vacca. Loro digeriscono di tutto e si cibano di tutto’.
‘Quella lì è femmina?’ Rick aveva notato una grossa pecora nera che se stava ben piantata sulle gambe divaricate nel bel mezzo della gabbia; cominciò a spostarsi in quella direzione, seguito dal commesso. Quella pecora mi sembra bellissima, poi guardi che pelo…’.




‘Sì, questo è un bell’esemplare femmina. Una pecora così, nubiana nera, molto massiccia, come può notare. E’ un superbo esemplare del mercato di quest’anno, signore. E la offriamo a un prezzo molto, molto basso che la tenterà senz’altro’.
Rick tirò fuori il suo catalogo spiegazzato ‘Sidney’ e consultò i prezzi di listino per le pecore nere nubiane.
‘Parliamo di acquisto in contanti o vuole fare a cambio con un animale usato?’, chiese il commesso.
‘In contanti’ rispose Rick.
Il commesso scribacchiò una cifra su un foglietto di carta e poi la fece vedere a Rick per un attimo, con fare quasi furtivo.
‘Troppo’ disse Rick.
Gli tolse di mano il foglietto e ci scrisse sopra una cifra molto più modesta.




‘A quel prezzo non potremmo mai venderle una pecora per di più… nera e nubiana…’, protestò il commesso. Ma buttò giù un’altra cifra. ‘Questa pecora ha meno di un anno (non sente che dolce ed innocente belare in tutta la sua raffineria… mi perdoni raffinatezza…) e sono animali che hanno una lunga aspettativa di vita’.
Mostrò a Rick il nuovo prezzo.
‘Affare fatto’, disse Rick.
Firmò il contratto di rateizzazione, sborsò i suoi tremila $ di anticipo – in pratica, tutti i soldi delle taglie che aveva incassato – e dopo poco si ritrovò, un po’ stordito, accanto alla sua aeromobile mentre gli addetti vi caricavano la cassa con dentro la pecora.. nera… fumata nubiana…. Adesso, pensò Rick soddisfatto uscendo dal negozio, adesso posseggo un animale, un animale vivo… mica elettrico…. Una bella pecora… nera….
… Con le mani intorbidite fece decollare l’aeromobile e si diresse a casa, da Iran. Vedrai che si arrabbierà, si disse. Perché la responsabilità le darà da pensare. E dato che lei sta sempre a casa, gran parte della manutenzione ricadrà su di lei. Si sentiva un’altra volta depresso.
Dopo essere atterrato sulla propria terrazza, rimase a lungo seduto in macchina a intessere una storia densa di verosimiglianza. Il mio lavoro lo richiede, pensò, raschiando il fondo per trovare una scusa. Sai, il prestigio.. per noi cacciatori di vermi…. Non potevamo mica andare avanti con Sara la nostra bella pecora elettrica: è una cosa che mina il morale. Magari posso dirle così, decise….




Uscito dalla macchina si diede da fare per scaricare la cassa dal sedile posteriore e dopo molti sforzi e molto ansimare riuscì a calarla sulla terrazza. La pecora nera, fra la terrazza e la cucina, che paradisiaca visione…
Rick scese al suo piano e seguì il percorso familiare lungo il corridoio fino alla porta del suo appartamento.
‘Ciao’ lo salutò Iran, impegnata in cucina con la cena. ‘Come mai così tardi, stasera?’.
‘Sali un attimo in terrazza’ le disse. ‘Voglio farti vedere una cosa’.
‘Hai comprato una bestia!!’, Iran si tolse il grembiule, si rassettò i capelli come per riflesso e lo seguì fuori dall’appartamento; percorsero il corridoio a grandi passi impazienti.
‘Non avresti dovuto comprarla senza di me’, disse Iran, quasi senza fiato. ‘Ho il diritto di partecipare alla decisione, l’acquisto più importante che abbiamo mai…’.
‘Volevo farti una sorpresa’.
‘Oggi hai incassato qualche taglia’ gli disse lei, in tono accusatorio.
‘Sì, ho beccato tre vermi droidi replicanti’, disse Rick.




Entrarono nell’ascensore e insieme salirono più vicini a Dio. ‘Ho dovuto fare questo acquisto’, spiegò lui. ‘Oggi, qualcosa è andato storto; non so, qualcosa che riguarda i ritiri che ho fatto in precedenza con altri vermi-droidi-replicanti. Se non avessi comprato questa bella pecora nera non sarei riusciuto ad accettare la storia precedente…’.
L’ascensore era arrivato in terrazza; guidò la moglie nelle tenebre notturne fino alla grande gabbia sulla loggia; poi, accendendo i faretti – che erano lì a disposizione di tutti gli inquilini – in silenzio le indicò la pecora e attese la sua reazione.
‘Oh mio Dio!!’, esclamò sottovoce Iran. Si avvicinò alla gabbia, fissando la nera peluria dell’animale; poi fece il giro per osservare la pecora da tutte le angolazioni.
‘E’ proprio vera?', chiese.
‘Non è una di quelle finte? Sai oggigiorno le fanno anche finte’.
‘Assolutamente vera’, rispose lui.
‘E’ una pecora nera’ disse Iran. ‘Una pecora nera nubiana’.
‘Femmina’ aggiunse Rick. ‘Perciò un domani possiamo perfino farla accoppiare oppure rivenderla…
‘Possiamo farla uscire di lì? Possiamo metterla insieme alla pecora rossa?’.
‘Dovrebbe stare legata, almeno per i primi giorni’…..

(P. K. Dick, Ma gli androidi sognano pecore elettriche?)




















domenica 18 maggio 2014

BREVE DIALOGO







































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Sogni













....Venditori di camerini per l'orgone e di macchine per rilassarsi, mercanti
di sogni squisiti e di ricordi collaudati sulle cellule sensibilizzate della malat-
tia della droga e barattati con materie prime della volontà, dottori speciali-
sti nella cura di malattie latenti nella polvere nera di città in rovina, che rag-
giungono la virulenza nel sangue bianco di vermi senza occhi che salgono
lentamente alla superficie....




 del loro ospite umano, malattie dell'oceano e della stratosfera, malattie
di laboratorio e della guerra atomica....
Un luogo in cui il passato ignoto e il futuro che viene alla luce si incontra-
no in un ronzio vibrante e soffocato....
Entità larvali che ne aspettano una viva....
Le immagini cadono....silenziose e lente come la neve....




Serenità....
Tutte le difese cadono...ogni cosa è libera di entrare o di uscire...
La paura è semplicemente impossibile.....
Una stupenda sostanza azzurra mi scorre dentro...vedo un viso arcaico
sogghignante come una maschera del Pacifico meridionale....
La faccia è azzurro porpora chiazzato d'oro...




La stanza assume l'aspetto di un bordello del Medio Oriente con muri
azzurri e lampade con fiocchi rossi....
Mi sento trasformare in negra, con il color nero che, silenziosamente mi
invade la carne....
Convulsioni di bramosia.....
Le mie gambe assumono una forma polinesiana arrotondata....




Tutto si agita con una vita furtiva e convulsa....
La stanza è Medio Orientale, Negra, del Pacifico meridionale,
in qualche luogo familiare che non riesco a localizzare....
La stanza sembra scuotersi e vibrare per il movimento...
per la musica....
Il sangue e la forma di molte razze, Negri, Polinesiani, Mongoli delle




montagne, Nomadi del deserto....
Poliglotti del Medio Oriente,
Indiani, razze ancora da concepire e da nascere....
Passano attraverso il corpo.....
Migrazioni, viaggi incredibili attraverso mari e deserti, giungle e montagne
attraverso il Pacifico in una canoa 'outrigger' verso l'Isola di Pasqua...




Un funerale passa attraverso il mercato....
Feretro nero - iscrizioni arabiche in filigrana d'argento - portato da quat-
tro necrofori......
Processi di prefiche che cantano il canto funebre...
Clem e Jody seguono portando il feretro, ne salta fuori il cadavere di un
...maiale....
(W. Burroughs, Il pasto nudo)



















mercoledì 14 maggio 2014

VIAGGI ONIRICI (una passeggiata alle Ragged Mountains) (5)



















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Viaggi onirici (4)

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Viaggi onirici (6)  &

Sogni paradossali  (7) 














Ripresi ad avanzare con rinnovato vigore e coraggio….
Mi fregai gli occhi, chiamai ad alta voce, mi pizzicai le membra. Si presentò ai miei occhi un piccolo zampillio d’acqua sul quale mi inchinai per bagnarmi le mani, la testa, il collo. Questo sembrò dissipare le equivoche sensazioni che mi avevano fin ad allora turbato. Mi rialzai pensando di essere un altro e ripresi speditamente e serenamente per il cammino sconosciuto. Dopo qualche tempo, piuttosto provato dallo sforzo e da una certa oppressiva pesantezza dell’atmosfera, mi sedetti sotto un albero. Poco dopo comparve un debole raggio di sole e l’ombra delle foglie si disegnò tenue ma netta sull’erba. Guardai con meraviglia per molti minuti quell’ombra. Il suo contorno mi sgomentò – guardai in alto: l’albero era una palma.
Balzai su in uno stato di terribile agitazione – perché mi resi conto che l’illusione di aver sognato non poteva più servire. Vedevo – sentivo di avere il perfetto controllo dei miei sensi – e questi sensi ora mi portavano nell’animo un mondo di nuove, singolari sensazioni. D’un tratto il calore divenne insopportabile, uno strano profumo si diffuse nella brezza, un basso, continuo fruscio, come quello causato dalla corrente d’acqua di un fiume che scorre tranquillo nel suo letto, giunse alle mie orecchie mescolato al mormorio caratteristico di una moltitudine di voci umane. Mentre ascoltavo in un parossismo di stupore che non mi azzardo a descrivere una violenta e breve raffica di vento spazzò via la nebbia incombente, come un colpo di bacchetta magica.




Mi ritrovai ai piedi di una’alta montagna a osservare una vasta pianura attraversata da un imponente fiume. Ai bordi di questo fiume sorgeva una città di aspetto orientale, come quelle di cui leggiamo nelle ‘Mille e una Notte’ ma con caratteristiche ancora più singolari di quelle ivi descritte. Dalla mia posizione, molto più in alto rispetto alla città, potevo vederne ogni cantuccio, ogni angolo come se fosse disegnato su una mappa.
Le strade sembravano innumerevoli e si incrociavano in tutte le direzioni, ma erano piuttosto vicoli tortuosi che non vere strade, assolutamente formicolanti di abitanti. Le case erano incredibilmente pittoresche. Su ogni lato una selva di balconi, verande, minareti, templi, finestre fantasticamente intagliate! Abbondavano i bazar, nei quali erano in mostra le mercanzie più ricche in infinite varietà e profusione… sete, mussole, le coltellerie più lucenti, i più svariati gioielli, le gemme più preziose. Vicino a questo oggetti si potevano vedere ovunque flabelli, portantine, palanchini su cui giacevano maestose signore completamente velate, elefanti fastosamente bardati, idoli grottescamente intagliati, tamburi, bandiere, gong, lance, mazze d’argento e dorate.




In mezzo alla folla, al clamore, alla mischia, alla confusione… in mezzo ai milioni di uomini neri e gialli, con i turbanti, le tuniche, le barbe fluenti, vagavano innumerevoli bovini parati a festa, mentre intere legioni di sudice ma sacre scimmie saltavano, con sberleffi e schiamazzi, sulle cornici delle moschee o pendevano dai minareti e dalle finestre.
… Mi dirà ora che certamente sognavo, ma non è così
Quello che vedevo, ascoltavo, sentivo, pensavo non aveva niente in sé della inconfondibile vacuità del sogno. Tutto era rigorosamente concreto. All’inizio, dubitando di essere realmente sveglio, mi ero sottoposto ad una serie di prove che mi convinsero subito di esserlo. Infatti quando uno sogna e, nel sogno, sospetta di sognare, il sospetto ‘non manca mai di avere conferma’ e il dormiente quasi immediatamente si sveglia.
‘In questo non sono sicuro che lei abbia sbagliato’, osservò il dottor Templeton. ‘Ma continui. Si è alzato ed è disceso in città…’.




‘Mi alzai’, continuò Bedloe, guardando il dottore con una espressione di profondo stupore, ‘mi alzai come lei ha detto, e discesi in città. Sulla mia strada incontrai una gran quantità di gente che affollava ogni strada, tutti nella stessa direzione, mostrando la massima eccitazione in ogni atto. Tutto ad un tratto, per un inspiegabile impulso, mi trovai personalmente impegnato in quanto stava accadendo. Mi sembrava di dover  giocare un ruolo primario senza capire esattamente di che cosa si trattava. Sentii, tuttavia, di provare un sentimento di profonda animosità contro tutta la folla che mi circondava. Sgusciai via dalla loro stretta e rapidamente, seguendo un percorso periferico, raggiunsi la città e vi entrai. Qui regnavano la più grande agitazione e la più animata disputa.
Un piccolo gruppo di uomini abbigliati in divise per metà indiane e per metà europee, e comandati da gentiluomini in uniforme parzialmente britannica, era ingaggiato, in condizioni di assoluta inferiorità, contro una moltitudine di persone infuriate. Mi unii ai più deboli e, afferrate le armi di un ufficiale caduto, presi a combattere con non so quale arrabbiata ferocia e disperazione. Fummo ben presto sopraffatti dal numero e costretti a trovare rifugio in una specie di padiglione. Ci barricammo e almeno per qualche tempo, ci sentimmo al sicuro, Ma la plebaglia ci premeva impetuosamente, minacciandoci con le lance, sommergendoci con un nugolo di frecce.




Una di esse mi colpì sopra la tempia destra, vacillai e caddi. Un terribile male si impadronì di me in un istante. Lottai… annaspai… morii….'.
‘Non potrà ora testardamente insistere a dire’, dissi sorridendo, ‘che tutta la sua avventura non era un sogno. Non vorrà sostenere di essere morto?’. Dicendo queste parole, mi aspettavo in realtà una qualche vivace reazione da parte di Bedoloe, ma con mia sorpresa, egli esitò, diventò paurosamente pallido e rimase silenzioso. Gurdai verso Templeton. Sedeva eretto e rigido sulla sedia… i suoi denti battevano e gli occhi sembravano volergli uscire dalle orbite.
‘Continui’, intimò con voce roca a Bedloe.
‘Per molti minuti’, continuò quest’ultimo, ‘il mio unico sentimento – l’unica sensazione – fu di buio, di nullità con la consapevolezza della morte. Successivamente sembrò che la mia anima fosse scossa da una violenta, improvvisa scarica, come una scarica elettrica.  Quest’ultima la sentii – non la vidi. Poco dopo mi sembrò di alzarmi da terra, ma non avevo una presenza corporea, visibile, udibile o palpabile. La folla era sparita, il tumulto era cessato, la città era in relativa quiete. Al mio fianco giaceva il mio cadavere, con la freccia nella tempia, e tutta la testa molto gonfia e sfigurata.  Tutte queste cose io le sentivo, non le vedevo. Non mi interessava niente, perfino il cadavere era un oggetto che non mi interessava. Non avevo alcuna volontà, mi sembrava fossi costretto a muovermi e volteggiando nell’aria veleggiai fuori della città, ripercorrendo il sentiero periferico attraverso il quale ero entrato in essa.  




Quando raggiunsi quel punto della gola in mezzo alle montagne, nel quale avevo incontrato la iena, sentii nuovamente una scossa elettrica; ritornarono le sensazioni del peso, della volontà, dell’esistere. Tornai ad essere me stesso quale ero in origine e rivolsi i miei passi per tornare rapidamente a casa… Ma il passato non aveva affatto perduto la vividezza della realtà…. E nemmeno ora posso costringermi neanche per un istante a considerarlo un sogno…’.
‘E non lo era’, disse Templeton con aria di grande solennità, ‘anche se sarebbe difficile dire come possa essere definito altrimenti. Possiamo solo supporre che l’anima dell’uomo è oggi alla soglia di stupende scoperte nel campo della psiche. Contentiamoci di questa ipotesi; per il resto posso fornire una qualche spiegazione. Ho qui un acquarello che avrei dovuto mostrarvi prima; ma un comprensibile sentimento di orrore mi ha impedito finora di farlo’.
Esaminammo il quadro che ci presentava.
Non vidi in esso niente di straordinario, ma l’effetto che produsse su Bedloe fu prodigioso. Nel vederlo quasi svenne. Eppure non era altro che un ritratto in miniature – peraltro di una precisione miracolosa – che riproduceva le sue notevolissime fattezze. Almeno questo è quello che pensai guardandolo.




‘Potete osservare’, disse Templeton, ‘la data di questo quadro, è qui nell’angolo, appena visibile: 1780. E’ questo l’anno in cui il ritratto venne eseguito. E’ il ritratto di un amico morto, il signor Oldeb, al quale mi ero molto legato a vent’anni. Quando l’ho visto per la prima volta a Saratoga, signor Bedloe, è stata proprio la prodigiosa rassomiglianza che aveva con il ritratto che mi indusse ad avvicinarla, a ricercare la sua amicizia, e infine a stringere quegli accordi che mi hanno portato a divenire il suo costante accompagnatore.
Nella dettagliata esposizione di ciò che lei ha visto in mezzo alle montagne, ha descritto fin nei minimi particolari la città indiana di Benares, sul Fiume Sacro: i tumulti e il massacro furono eventi reali, io stesso facevo parte del gruppo e feci tutto quello che potei per impedire l’avventata e fatale sortita dell’ufficiale che cadde nel vicolo affollato, colpito dalla freccia avvelenata…. Quell’ufficiale era il mio caro amico Oldeb….’.
Una settimana dopo questa conversazione, il seguente trafiletto apparve su un giornale di Charlottesville:




Abbiamo il doloroso compito di annunciarvi la morte del signor Augusto Bedlo, un gentiluomo le cui amabili maniere e le molte virtù lo hanno reso molto caro ai cittadini di Charlottesville. Il signor Bedlo, da alcuni anni soffriva di disturbi nervosi che spesso hanno minacciato di rivelarsi fatali; ma questa circostanza può essere considerata solo come causa indiretta del decesso. La causa diretta è stata particolarmente singolare. Qualche giorno fa, in una escursione sulle Ragged Mountains aveva peso un lieve raffreddore con febbre, seguito da un notevole afflusso di sangue alla testa. Per ridurne gli effetti, il dottor Templeon praticò un salasso locale applicando delle zecche-sanguisughe alle tempie. In un lasso di tempo terribilmente breve il paziente morì, ci si accorse allora che nel vaso contenente le zecche-sanguisughe era stata introdotta, per disgrazia, una di quelle vermicolari velenose che si trovano di quando in quando nei vicini stagni. ….

(E.A. Poe, Un racconto delle Ragged Mountains)