Precedenti capitoli:
Rosso o nero medesimo il Quadro dal politico ispirato (11) & (43)
Prosegue in:
Nell'unica verità... (13/1)
Rime taciute alla parabola del Tempo (45)
....Possederla nella strana
preghiera, e profanare ogni segreto del suo corpo perché ora è più Diavolo o
Santo… di prima…
Lei poveretta,
cameriera per dovere della sua povera terra, tanti pargoli custodisce in essa,
perché il latte e il vino della vita gli viene privato ogni mattina, da quando
suo marito rimase invalido e menomato della vita in nome di una strana guerra
principio di ogni falsa ricchezza. Ora deve sfamare i suoi pargoli ed il povero
marito mutilato come un Cristo.
Fame e carestia
hanno nutrito la sua misera vita.
L’ingiustizia ha
divorato la sua povera terra.
La bellezza l’ha di
certo abbandonata come fosse un’antica Dèa pagana incarnata in una statua mal
conservata nella posa strana… La bellezza incontrata dall’uomo ora sacrificato
nel tormento terreno come fosse un agnello.
Una mattina lo
trascinò via un diavolo con una strana divisa a combattere una guerra neppure
capita, loro fedeli solo all’umile piacere dell’amore. Loro custodi della vita incontrata all’alba di
ogni mattina. Loro che un tempo, al principio della vallata quando il grande
albergo non vi dimorava, avevano parlato con un uomo avvolto nella nebbia di
una Prima mattina. Aveva narrato di una strana vita libera dalla schiavitù a
loro per sempre comandata; libera dalla divina dottrina predicata, libera dal
pregiudizio, dalla colpa, dall’ingiustizia nella terra da loro accudita.
Libera ogni mattina
e nutrita con il pane della vita affinché il suo frutto possa essere colto ogni
giorno, perché l’insegnamento e l’Eresia dello Straniero dimorano nella bellezza
del Creato libero dall’inganno predicato da un Secondo Dio seminatore di ogni
peccato coltivato. Ogni giorno udivano sempre la sua Natura, infiniti Frammenti
in rima sparsi lungo la via, ed anche se non lo vedevano mai come era apparso
nel Primo incerto sogno, lo impararono a riconoscere in ogni capolavoro, in
ogni poesia che loro come d’incanto impararono quasi prima della parola,
sgorgava come un torrente in piena a seminare la vita.
Ogni giorno udivano
la sua Natura, e ogni volta che la nebbia lasciava la loro dimora pregavano un
cielo limpido e azzurro che ora si specchia su quel Paradiso, e l’acqua del fiume narrava il suo
capolavoro, il tempo e la parola in lei imparavano come il mistero dell’intero
Creato, poi videro i colori dell’Universo, ogni stella e pianeta, ogni cometa
seminare l’eterna preghiera perché una nuova Parola avevano gridato dallo
stupore non ancora del tutto svelato.
Poi, come ho detto,
la guerra portò via l’uomo, lo costrinse all’inferno di una bestia, e la
poveretta vivere schiava della sua bellezza, cameriera nell’albergo della
fertile vallata. Tutti la vogliono e desiderano in quella sala altare e
principio del falso creato, perché ora vi dimora la parola nuova di un Dio da
signore vestito… o forse solo mascherato…. politico creato!
Si nutre della
bellezza della Terra e da politico e uomo di principio ha comandato una guerra
in nome del suo Dio, è un ministro importante quell’uomo bianco vestito,
profana la bellezza di un altro Dio… Lasciando loro l’inutile martirio di un eterno
conflitto tutto racchiuso nel pensiero di un diverso… Principio. Lasciando loro
l’inganno del Tempo nutrimento della falsa parola chi poesia e rima non intende
in questa misera e povera vita.
Chi parola… mai ha
udito nel silenzio…. di un Primo mattino!
Così il saputo
ministro di Dio e con lui il grande Regno governato, dopo aver colonizzato in
codesto modo il nuovo Creato, costrinsero la bella Eva, ora solo un umile ed
incolta serva, a saziare le voglie per il resto della sua vita uno strano Dio
inchiodato, agnello di ogni loro peccato. Costrinse il bosco rigoglioso di ogni
bellezza al buio di una nera cella per ogni verità detta. Costrinse a chiedere
perdono dello strano desiderio istinto di vita specchio della sua bellezza come
una serpe che striscia. Costrinse a pregare per il resto dei suoi giorni un
uomo sacrificato come lei ed anche tradito proprio come il suo povero marito.
Mutilato della vita
in una guerra infinita e giammai capita. Costrinse a confessare, dopo aver
servito il frutto proibito di un peccato mai consumato con un Primo Dio, ma ora
donato al Secondo Dio; fu l’ultima mensa, o se più vi piace, l’ultima cena
servita, prima del castigo di una cella serva di Dio. Il segreto portò fin
davanti all’altare costretta ad espiare una colpa mai consumata, ma di questo
mistero fu ricca più di prima la sua Infinita vita, di questo sacrificio fu
l’invisibile rima del Primo Dio, fuggito una Prima Mattina dall’uscio della sua
dimora corpo della vita, perché lei la paura dello spirito aveva custodito e
nutrito con il pane e un poco di vino, perché questo avevano imparato dalla
Natura del Primo Dio.
Ma l’assassino lo
colse lungo la via, e la vita ed il Libro portò via, Inquisitore dell’Eretica
parola, la costrinse al fuoco della sua dottrina, la donna che vide così bella
volle possedere, e per questa nuova segreta conquista sradicò dall’albero della
vita anche il frutto marcio eretica rima della sola Parola nutrita, la guerra
mai è finita nell’inganno della vita. L’invalido della vita urlava la sua sventura
quando l’uomo soffocò ogni sua paura, ed il sangue sgorgò come un fiume in
piena, macchiato dall’infamia della Storia!
L’uomo tornò casto
e sazio della sua linfa, politico di mestiere il freddo è la segreta natura quando uccide e tortura.
L’inganno è il Regno della sua fiera natura, non temete volgo che lavora! Il
raggiro è la sua poesia, non tema il Papa o il Sovrano che sia, con loro la
ricchezza è ben nutrita! La paura è la vera disciplina… non tema il servo di
Dio, la terra è così ben seminata ed accudita!
La diplomazia è la
vera disciplina…, l’inganno la sola rima….
In questa nuova
mattina, il politico, diplomatico di corte, si affaccia dalla loggia e
contempla la vita, lui padrone di questa bella vallata…, per nulla mutata
all’occhio ciclopico Polifemo di antico antenato.
Parla del futuro
del suo gregge, ora, il nuovo Dio approdato pastore di stato, discute del
futuro… lui uomo arguto e risoluto, decide le sorti e conta i morti, contempla
le greggi e conta pecunia, porta la legge e dona misericordia dopo aver tirato bene la corda. Ordina alla serva
il piatto mattutino per lui il primo, di lei saprà tacitare ogni ricordo circa
la vera natura del suo istinto contorto, non avrà più onore e dovere di servire
alla mensa della loggia così fieramente e devotamente onorata.
Per lei, invece,
serva del potere, saranno solo misere preghiere a tacitare i frutti della sua
terra, non potrà ricordare le verità per sempre ammirate, solo con la paura
dovrà dialogare con la segreta speranza giammai privilegio antico di non fare
ugual fine di suo marito e di quell’uomo sul rogo crocefisso; per lei non vi
sarà più nessun appetito l’ultimo pasto è così pietosamente servito!
Lui decide la
miglior via, politico di corte, quando la pensiamo smarrita ed anche mal
nutrita e forse anche assisa nel pensiero suo contorto di un regno mai morto
parente di un impero, futuro scudiero di un regime di prossimo avvenire; il
sentiero fino alla cima saprà a tutti indicare ingannando la giusta e retta
via. Saprà amministrare anche la Divina Giustizia, lui, ora che ammira il campo
fiorito, indeciso sulla prossima stagione del suo bel fiore in lei partorito,
se estirpare o seminare nuova terra dopo averla purgata della nostra eterna
Primavera, in cui ci onora, conferendoci privilegio antico, della illustre sua
e sapiente nonché arguta compagnia.
Tutti gli araldi
del vicinato, nobili venerati, lo ammireranno mentre beve il latte appena munto
come fosse un servo appena venuto, tutti si compiaceranno e ascolteranno la sua
dialettica antica mentre annusa il profumo di una rosa, tutti applaudono le
mani mentre arpeggia con il liuto il motivo preferito, e complice un bicchiere
di vino, accenneranno a qualche passo del nuovo musico, perché la vecchia danza
in onor della Natura, pagana ed innominata per questa Imperiale cultura, non
venga più nominata alla loggia della superiore creanza, affinché l’antica ed
immonda eresia sia sepolta come una bestia o una povera arpia. Il suo corpo,
fra un inchino ed uno sputo, possiamo solo ungere per il rogo che scaccia il
pensiero di un diverso Dio celebrato in ogni bosco inesplorato, e alla fine del
misfatto condire cacciagione ed altre saporite carni, ammirare le teste così
ben tagliate ornare la sala del vero convivio. Qualcuna, dopo uno o più
bicchieri del buon Dionisio, assomiglia vagamente ad un vago sorriso incontrato
un mattino, forse solo un animale braccato nel bosco, eretica parola come una
lingua di bestia entro un corpo scolpito e dipinto, la caccia per questo
Paradiso non conosce la pietà di Dio.
Così, come è nostro
costume, in nome dello stesso Dio, la bestia il marito e il lupo dal Diavolo
partorito, del suo uguale appetito ho così ben condito al mio camino preferito
accompagnato dal dolce e caldo sorriso. Quando ammiro il trofeo ora donato alla
sala del Municipio provo ancora la voglia e il desiderio che fanno dell’uomo un
cacciatore antico, porre così il vero confino fra la bestia ed il vero Dio…
Lui, fiero e devoto
cacciatore e politico di corte, oltre al fiore e alla bestia così ben braccata,
sacrificherà in nome del progresso… anche tutto il resto, l’avventura e il
coraggio mostrerà come un provato e consumato attore di teatro per ogni anima
devota, perché l’uomo è padrone della storia, non certo può dirsi il contrario,
la Bibbia e Dio hanno comandato questo divino oltraggio…
Della serva rimarrà
solo un confuso ricordo, del marito suo la povera ed innocente demenza, del
nero assassino neppure il nome ad illuminare diversa scienza. Dello Straniero,
colui che smarrì la retta via, venga cancellata ogni rima e poesia, l’eresia
antica in cerca di nuova dimora verrà cacciata per ogni vita. Per questo, come
ben vedete, io politico illuminato da Dio ed incaricato dal Sovrano per
benedetta sua mano, pur sapendo e facendo finta di non sapere il segreto della
vita, uccido ed confondo ogni Spirito disceso sulla stessa via, Demonio
incarnato in ogni natura nominata peccato.
Per questo lo
bracco e costringo alla mia disciplina: ogni elemento così come fu pregato è il
solo e vero… primo peccato, ogni natura figlia di un ricordo è un Diavolo già
morto. Non dono a lui la vita, Straniero alla mia via, ma abuserò della sacra
sua alchimia, bellezza che danza cavalca o viaggia un’antica rima, inverte il
tempo della mia rotta, predica e legge il futuro, sarà da me posseduta e
cacciata come una bestia maledetta ed ogni frutto di questa turpe conoscenza
non avrà giardino a custodire il sapore antico…, certo non prima che io l’abbia
assaggiato e colto per evitare un sapere che so’ già incenerito in un buon
piatto saporito.
Sacrifico il mio
appetito al veleno di questo sogno proibito, così la santità mi sarà donata e
l’araldo mio, con scolpito un motto,
farà la storia, ed un diverso
nome (con vicino un numero) concederà ai posteri l’eterna mia memoria….
Si narra che due lupi
furono visti, quando l’ultimo respiro muto e strozzato del sacrificio compiuto
entro quella luce costretta fu esalato come uno strano ululato…, nel silenzio
del Tempo divenuto peccato…, nell’inganno della Storia divenuta rogo della
memoria …
Si narra che la
montagna vomitò una valanga come nessuno l’aveva mai vista prima, cancellò ogni
via che in essa dimorava, segreta rima di un Eretico che in lei confida dalla
nebbia di una Prima Mattina fino alla cima di una vista dove il libro della
vita narra la sua antica sostanza, dove un Primo Dio svela la vera creanza e la
natura tutta parla e racconta, e ogni anima discesa e incarnata ricorda la sua
vita passata…, la verità scorreva come un fiume in piena ed ogni anima rinasce
nell’eresia di una poesia antica….
Si narra che l’uomo
dal basso della loggia abbia creduto e parlato di un miracolo, e negli anni a
venire il fiume divenne una lacrima di un diverso dire, tutta la vita dal
ghiacciaio nutrita fu barattata per nuova ricchezza in nome di un falso
avvenire, dottrina predicata come il presagio di una santa profezia…
L’albergatore si
chiuse nel suo dolore, nulla poté contro il potere! Lui che aveva fatto uno
strano patto un giorno: sconfiggere il Tempo per servire i minuti le ore i
giorni e i secoli della storia…, nell’Infinito Secondo della falsa memoria.
Così da ricordare e servire quale verità pregare e nascondere entro il ventre
di una caverna scura, che la segreta via… non vada mai né perduta né taciuta…
Lui, il Primo Sogno
senza Tempo una mattina aveva scorto come fosse stata una invisibile preghiera,
c’era della nebbia, e anche se il volto di quell’uomo non scorgeva, la parola
udì, con lui fece un lungo discorso ed un patto incise sulla dura pietra,
fossile del tempo specchio della materia.
Il Tempo dovrà servire
udire e farne tesoro… e mai intervenire, solo scrutare fuori da quello il vero
Cielo, il Regno, come un umile e povero Straniero al suo Creato, un albergo
narrato al principio… di un falso miracolo, narrato nel Tempo di un Dio senza
ricordo e da un politico accorto al peccato, contato nella strofa e nella
strana poesia da chi assente e eterno al limite di questa vita, invisibile alla vista… materia prigioniera di
una falsa dottrina.
Il miracolo della
vita ogni giorno farsi rima combattere il male eterna apparenza privato della
vera sostanza….
Questa la rima
segreta.
Questa la verità
mai detta!
Certo che il politico griderà vendetta e compirà il
circolo del Tempo incaricato della Storia… in nome del Sovrano inganno della
memoria, che la caccia sia la loro rima…
(G. Lazzari, Lo Straniero)
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