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I
politici dell’eternità diffondono la convinzione che il
governo non possa favorire la società nel suo complesso, ma soltanto metterla
in guardia dalle minacce. Il progresso cede il passo al destino tragico. Al
potere, i politici dell’eternità fabbricano
crisi e manipolano le emozioni risultanti. Per distrarre i cittadini dalla loro
incapacità o dalla loro scarsa volontà di introdurre le riforme, li
incoraggiano a provare euforia e indignazione a brevi intervalli, annegando il
futuro nel presente.
Nella
politica estera sminuiscono e annullano i successi di Paesi che potrebbero
sembrare modelli agli occhi del pubblico. Usando la tecnologia per trasmettere una
fiction politica, tanto in patria quanto all’estero, negano la verità e cercano
di ridurre la vita a spettacolo e sentimento.
Forse
negli anni Duemiladieci è accaduto più di quanto immaginiamo.
Forse la
furiosa sequenza di momenti tra lo schianto di Smolensk e la presidenza Trump è
stata un’era di trasformazione che non abbiamo vissuto come tale.
Forse
scivoliamo da una percezione del tempo all’altra perché non capiamo come la
storia faccia noi e come noi facciamo la storia.
L’inevitabilità e l’eternità traducono i fatti in racconti.
I sostenitori
dell’inevitabilità considerano ogni fatto un’anomalia che non modifica il
racconto generale del progresso; i fautori dell’eternità classificano ogni
nuovo evento come l’ennesimo esempio di minaccia atemporale. Ciascuna delle due
visioni si spaccia per storia, entrambe la cancellano. I politici dell’inevitabilità
insegnano che i dettagli del passato sono irrilevanti, perché qualunque cosa
succeda è soltanto acqua per il mulino del progresso.
I
politici dell’eternità saltano da un momento all’altro, tra i decenni o i
secoli, per costruire un mito di innocenza e di pericolo. Immaginano cicli
minacciosi nel passato, creando uno schema astratto che realizzano nel presente
producendo crisi artificiali e drammi quotidiani.
L’inevitabilità
e l’eternità (come l’Infinito dal Burke nominato) hanno metodi propagandistici
ben precisi. I politici dell’inevitabilità tessono un velo di benessere intorno
ai fatti. Quelli dell’eternità occultano (reali prospettive) e fatti per
nascondere tanto l’evidenza che le persone sono più libere e più ricche in altri
Paesi, quanto l’idea che le riforme possano essere formulate in base alle
conoscenze. Gli anni Duemiladieci si sono contraddistinti soprattutto per la creazione
intenzionale di una fiction politica, di storie ingombranti capaci di
monopolizzare l’attenzione e di colonizzare lo spazio necessario per la
riflessione.
Tuttavia,
qualunque impressione la propaganda faccia in un dato momento, non è il
verdetto definitivo della storia. C’è differenza tra la memoria, ossia le
impressioni che riceviamo, e la storia, ossia i legami che – se vogliamo – cerchiamo
di instaurare.
La storia
come disciplina nacque come scontro con la propaganda bellica. Nel primissimo
libro di storia, La
guerra del Peloponneso, Tucidide ha l’accortezza di fare una distinzione tra i resoconti
che i leader fanno delle proprie azioni e i veri motivi dietro le loro
decisioni.
Nella
nostra epoca, man mano che le disuguaglianze crescenti alimentano la fiction
politica, il giornalismo investigativo diventa ancora più prezioso. Il suo
rinascimento cominciò durante l’invasione russa dell’Ucraina, quando reporter coraggiosi
inviarono articoli da zone pericolose. In Russia e in Ucraina, le iniziative
giornalistiche si raccolsero intorno ai problemi della cleptocrazia e della
corruzione, e poi i giornalisti esperti di questi argomenti scrissero della
guerra.
Ciò che è
già successo in Russia potrebbe accadere in America e in Europa: il
consolidamento di massicce disuguaglianze, la sostituzione della linea politica
con la propaganda, lo spostamento dalla politica dell’inevitabilità a quella dell’eternità.
I leader
russi potrebbero invitare gli europei e gli americani nell’eternità perché la Russia
ci è entrata per prima. Hanno individuato i punti deboli di Stati Uniti ed
Europa, che avevano prima identificato e sfruttato in patria. Per molti europei
e americani, gli eventi degli anni Duemiladieci – l’ascesa della politica antidemocratica,
il voltafaccia russo all’Europa e l’invasione dell’Ucraina, il referendum sulla
Brexit, l’elezione di Trump – sono giunti inaspettati. Gli americani tendono a
reagire allo stupore in due modi: o immaginando che l’evento inatteso non stia
succedendo davvero o affermando che è totalmente nuovo e dunque non suscettibile
di interpretazione storica. O va tutto bene, insomma, o va tutto così male che
non si può fare nulla.
La prima
reazione è un meccanismo di difesa della politica dell’inevitabilità. Il
secondo è lo scricchiolio che l’inevitabilità produce poco prima di andare in frantumi
e di cedere il passo all’eternità. La politica dell’inevitabilità prima erode
la responsabilità civile e poi, quando si scontra con una sfida seria, crolla nella
politica dell’eternità. Gli americani reagirono in questi modi quando il
candidato favorito della Russia diventò presidente degli Stati Uniti.
Negli
anni Novanta e Duemila, l’influsso scorreva da ovest a est, nel trapianto di
modelli economici e politici, nella diffusione della lingua inglese e
nell’ampliamento dell’Unione Europea e dell’Organizzazione del Trattato del Nordatlantico
(NATO). Intanto, gli ambiti non regolamentati del capitalismo americano ed
europeo attirarono russi facoltosi in un mondo privo di connotazioni geografiche,
quello dei conti bancari offshore, delle società fittizie e degli accordi anonimi, dove si
riciclava il denaro rubato al popolo russo. In parte per questa ragione, negli
anni Duemiladieci l’influsso prese a scorrere da est a ovest, man mano che
l’eccezione offshore
diventava
la regola e che la fiction politica russa si estendeva oltre i confini nazionali.
Nella Guerra del Peloponneso, Tucidide definisce l’‘oligarchia’
il governo
dei pochi e la
contrappone alla ‘democrazia’. Per Aristotele, ‘oligarchia’ significa invece governo dei pochi ricchi; la parola tornò in auge con
questo significato nella lingua russa negli anni Novanta e poi, a buon diritto,
in quella inglese negli anni Duemiladieci….
(Per
concludere nella sublime arte dipinta scritta glutterata e incisa qual infinito
pittogramma rilevato e rivelato cui Burke interprete attento pur non condiviso
nel ciclico Infinito (artificiale) di cui limitato ingegno alla vista
accompagnato ma quantunque al terrore di cui un più certo precipizio verso ugual
Cima… condivisa)
(T.
Snyder, La paura e la ragione)
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