Precedenti capitoli:
Il ramo industrioso dell'uomo ovvero.... (1)
Prosegue in:
Giardini di Primavera...
In
una precedente riflessione abbiamo letto capito e meditato il come la
Natura, e non solo quella umana, operare un processo indispensabile connesso alla
propria ed altrui conservazione nel
medesimo principio nominato vita, nella fattispecie di un elemento primario e
poi restituito in retto saggio compo(ni)mento, sicché alla sezione di tal
‘corteccia’ rimembriamo e rinnoviamo ugual (memoria vegetale… giacché privati
della prima non potremmo respirare o aspirare alla seconda) volontà conservata
nel libro o tomo, perché in verità e per il vero, meditiamo taluni, a
prescindere credo e ragione, connessi con i cicli della Spirale cui
indistintamente nati…
E più non aggiungo eccetto delle massime che sembrano in profonda
sintonia con una certa legge la qual regola propria ed altrui vita,
tralasciando, oppure al contrario, sindacando, medesimi motivi circa l’ecologica
materia studiata nel ‘diritto’ ed in suo difetto e cui ognuno indistintamente
può o potrebbe aspirarne il principio…
E quando indistintamente violato per superiore economica ragion di
stato, o dicono democratico interesse, nel e per, il progresso conseguito…
sorrido dell’anidride dal ramo alla (loro) foglia dispensata… E cogito diverso
antidoto al veleno offerto nobilmente e candidamente vestito nell’errata e
falsata interpretazione di qualsivoglia principio ed elemento…
Alla ‘parabola’ della foglia cui ogni Anima e natura al ramo malmente
evoluta perita nella dottrina di cui ogni Spirito… ravvivarne antica Memoria perduta…
Così introduco taccio… e più non dico… giacché parafrasando il
Montesquieu detto come lui medito…
“Ho stima dei ministri: non sono
gli uomini che sono piccoli, ma i compiti che sono grandi”.
Dicevo ch’era naturalissimo credere che ci fossero delle intelligenze
superiori a noi: infatti, immaginando la catena delle creature a noi
conosciute, e i diversi gradi d’intelligenza, dall’ostrica fino a noi, se noi formassimo
l’ultimo anello, sarebbe la cosa più straordinaria, e si potrebbe sempre scommettere
a 2, 3 o 400 mila o milioni contro 1 che non è possibile, tanto se tra le
creature siamo noi ad avere il primo posto, quanto se siamo noi al termine
della catena, e che non esiste nessun essere intermedio tra noi e l’ostrica che
non sappia ragionare come noi.
È vero che noi siamo i primi tra gli esseri che conosciamo.
…Ma, quando ne concludiamo che siamo i primi tra gli esseri, ci
gloriamo della nostra ignoranza, e del fatto che non sappiamo come si faccia ad
avere rapporti tra il nostro globo e un altro, e perfino tutto ciò che esiste
nel nostro globo...
Fontenelle ha un’idea assai graziosa a questo proposito!
Dice che forse le intelligenze che hanno dato occasione a tutti gli
episodi di rapporti con gli esseri sconosciuti non possono vivere a lungo sul
nostro globo, e che avviene come per i tuffatori, che possono entrare nel mare
e non possono vivere nel mare.
Così i 230 rapporti con gli Spiriti dell’Aria, per esempio, saranno stati
brevi; saranno stati rari; ma a volte ci saranno stati.
Parmi questa ottima premessa a giustificazione la qual essa sia… in tal
difettevole condizione o ancor meglio globale connessione…
Un Principe crede di diventare più
potente attraverso la rovina di uno Stato vicino.
È il contrario!
In Europa le cose sono combinate in modo che tutti gli Stati dipendono
gli uni dagli altri. La Francia ha bisogno dell'opulenza della Polonia e della
Moscovia, come la Guienna ha bisogno della Bretagna e la Bretagna dell’Angiò.
L’Europa è uno Stato composto di molte province.
I ministri possono venire a sapere dai cambi i movimenti segreti d’uno
Stato vicino, poiché una grande impresa non si può mai compiere senza denaro,
e, per conseguenza, senza un grande mutamento nei cambi.
Non ci dobbiamo stupire vedendo come quasi tutti i popoli dell’universo
siano così lontani dalla libertà che prediligono. Il governo dispotico balza
agli occhi, per dir così, e s’istituisce quasi da sé. Dato che per costituirlo
bastano delle passioni, tutti ne son capaci.
Ma per fare un governo moderato, bisogna combinare le forze,
temperarle, lasciarle agire e regolarle; mettere, per dir così, zavorra nell’una
per porla in condizione di resistere a un’altra.
È un capolavoro di legislazione che il caso compie molto raramente, e
che non si permette di compiere alla prudenza.
Dicevo: ‘Il governo dispotico ostacola le capacità dei sudditi e dei
grandi uomini, come l’autorità degli uomini ostacola le capacità delle donne’.
Osservavo la lista delle mercanzie che i negozianti europei portano
ogni anno a Smirne.
Osservavo con piacere come quella brava gente prendesse 400 balle di carta
per involgere lo zucchero, e non prendesse che 30 balle di carta per scrivere.
Quand’anche l’immortalità dell’anima fosse un errore, mi
rincrescerebbe, molto di non credervi.
Non so come la pensino gli atei. (Confesso di non essere umile come gli
atei). Ma, quanto a me, non voglio barattare (e non baratterò) l’idea della mia
immortalità con quella di una beatitudine d’un giorno.
Sono lietissimo di credermi immortale come Dio stesso.
A parte le verità rivelate, alcune idee metafisiche mi danno una
speranza assai forte nella mia felicità eterna, alla quale non vorrei rinunciare.
Il dogma dell’immortalità dell’anima ci spinge alla gloria, mentre la
credenza contraria ne attenua in noi il desiderio.
Non si vuol morire!
Ogni uomo è in effetto un succedersi d’idee che non si vogliono
interrompere.
Quest’opera è il frutto delle
riflessioni di tutta la mia vita, e forse da un lavoro immenso, da un lavoro
fatto con le migliori intenzioni, da un lavoro fatto per la pubblica utilità io
non ritrarrò che dolori, e, sarò compensato dalle mani dell’ignoranza e dell’invidia.
Ho lavorato vent’anni di seguito a quest’opera, e non so ancora se sono
stato ardito o se sono stato temerario, se m’abbia schiacciato la grandezza del
tema o se la sua maestà m’abbia sostenuto.
A che mi servirebbe aver riflettuto per vent’anni, se mi fosse sfuggita
la prima di tutte le riflessioni, che la 250 vita è breve?
Non ho neppure il tempo di abbreviare quel che ho fatto.
La virtù civica non consiste nel vedere la propria patria divorare
tutte le altre.
Questo desiderio di vedere la propria città inghiottire tutte le
ricchezze delle nazioni, di saziarsi continuamente gli occhi con i trionfi dei
generali e gli odi dei re, tutto questo non costituisce la virtù civica.
La virtù civica consiste nel desiderio di vedere l’ordine nello Stato,
di provar gioia per la pubblica tranquillità, per l’esatta amministrazione
della giustizia, per la sicurezza dei magistrati, per la prosperità di coloro
che governano, per il rispetto tributato alle leggi, per la stabilità della
monarchia o della repubblica.
(Montesquieu)
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