giuliano

martedì 18 aprile 2017

IL RAMO INDUSTRIOSO DELL'UOMO ovvero la foglia genesi della conquista (2)



















Precedenti capitoli:

Il ramo industrioso dell'uomo ovvero.... (1)






















Prosegue in:

Giardini di Primavera...

























In una precedente riflessione abbiamo letto capito e meditato il come la Natura, e non solo quella umana, operare un processo indispensabile connesso alla propria ed altrui  conservazione nel medesimo principio nominato vita, nella fattispecie di un elemento primario e poi restituito in retto saggio compo(ni)mento, sicché alla sezione di tal ‘corteccia’ rimembriamo e rinnoviamo ugual (memoria vegetale… giacché privati della prima non potremmo respirare o aspirare alla seconda) volontà conservata nel libro o tomo, perché in verità e per il vero, meditiamo taluni, a prescindere credo e ragione, connessi con i cicli della Spirale cui indistintamente nati…
E più non aggiungo eccetto delle massime che sembrano in profonda sintonia con una certa legge la qual regola propria ed altrui vita, tralasciando, oppure al contrario, sindacando, medesimi motivi circa l’ecologica materia studiata nel ‘diritto’ ed in suo difetto e cui ognuno indistintamente può o potrebbe aspirarne il principio…
E quando indistintamente violato per superiore economica ragion di stato, o dicono democratico interesse, nel e per, il progresso conseguito… sorrido dell’anidride dal ramo alla (loro) foglia dispensata… E cogito diverso antidoto al veleno offerto nobilmente e candidamente vestito nell’errata e falsata interpretazione di qualsivoglia  principio ed elemento…
Alla ‘parabola’ della foglia cui ogni Anima e natura al ramo malmente evoluta perita nella dottrina di cui ogni Spirito… ravvivarne antica Memoria perduta…

Così introduco taccio… e più non dico… giacché parafrasando il Montesquieu detto come lui medito…

 “Ho stima dei ministri: non sono gli uomini che sono piccoli, ma i compiti che sono grandi”.




Dicevo ch’era naturalissimo credere che ci fossero delle intelligenze superiori a noi: infatti, immaginando la catena delle creature a noi conosciute, e i diversi gradi d’intelligenza, dall’ostrica fino a noi, se noi formassimo l’ultimo anello, sarebbe la cosa più straordinaria, e si potrebbe sempre scommettere a 2, 3 o 400 mila o milioni contro 1 che non è possibile, tanto se tra le creature siamo noi ad avere il primo posto, quanto se siamo noi al termine della catena, e che non esiste nessun essere intermedio tra noi e l’ostrica che non sappia ragionare come noi.
È vero che noi siamo i primi tra gli esseri che conosciamo.
…Ma, quando ne concludiamo che siamo i primi tra gli esseri, ci gloriamo della nostra ignoranza, e del fatto che non sappiamo come si faccia ad avere rapporti tra il nostro globo e un altro, e perfino tutto ciò che esiste nel nostro globo...
Fontenelle ha un’idea assai graziosa a questo proposito!
Dice che forse le intelligenze che hanno dato occasione a tutti gli episodi di rapporti con gli esseri sconosciuti non possono vivere a lungo sul nostro globo, e che avviene come per i tuffatori, che possono entrare nel mare e non possono vivere nel mare.
Così i 230 rapporti con gli Spiriti dell’Aria, per esempio, saranno stati brevi; saranno stati rari; ma a volte ci saranno stati.




Parmi questa ottima premessa a giustificazione la qual essa sia… in tal difettevole condizione o ancor meglio globale connessione…

 Un Principe crede di diventare più potente attraverso la rovina di uno Stato vicino.
È il contrario!
In Europa le cose sono combinate in modo che tutti gli Stati dipendono gli uni dagli altri. La Francia ha bisogno dell'opulenza della Polonia e della Moscovia, come la Guienna ha bisogno della Bretagna e la Bretagna dell’Angiò.
L’Europa è uno Stato composto di molte province.

I ministri possono venire a sapere dai cambi i movimenti segreti d’uno Stato vicino, poiché una grande impresa non si può mai compiere senza denaro, e, per conseguenza, senza un grande mutamento nei cambi.

Non ci dobbiamo stupire vedendo come quasi tutti i popoli dell’universo siano così lontani dalla libertà che prediligono. Il governo dispotico balza agli occhi, per dir così, e s’istituisce quasi da sé. Dato che per costituirlo bastano delle passioni, tutti ne son capaci.
Ma per fare un governo moderato, bisogna combinare le forze, temperarle, lasciarle agire e regolarle; mettere, per dir così, zavorra nell’una per porla in condizione di resistere a un’altra.
È un capolavoro di legislazione che il caso compie molto raramente, e che non si permette di compiere alla prudenza.

Dicevo: ‘Il governo dispotico ostacola le capacità dei sudditi e dei grandi uomini, come l’autorità degli uomini ostacola le capacità delle donne’.

Osservavo la lista delle mercanzie che i negozianti europei portano ogni anno a Smirne.
Osservavo con piacere come quella brava gente prendesse 400 balle di carta per involgere lo zucchero, e non prendesse che 30 balle di carta per scrivere.

Quand’anche l’immortalità dell’anima fosse un errore, mi rincrescerebbe, molto di non credervi.
Non so come la pensino gli atei. (Confesso di non essere umile come gli atei). Ma, quanto a me, non voglio barattare (e non baratterò) l’idea della mia immortalità con quella di una beatitudine d’un giorno.
Sono lietissimo di credermi immortale come Dio stesso.
A parte le verità rivelate, alcune idee metafisiche mi danno una speranza assai forte nella mia felicità eterna, alla quale non vorrei rinunciare.

Il dogma dell’immortalità dell’anima ci spinge alla gloria, mentre la credenza contraria ne attenua in noi il desiderio.

Non si vuol morire!
Ogni uomo è in effetto un succedersi d’idee che non si vogliono interrompere.

 Quest’opera è il frutto delle riflessioni di tutta la mia vita, e forse da un lavoro immenso, da un lavoro fatto con le migliori intenzioni, da un lavoro fatto per la pubblica utilità io non ritrarrò che dolori, e, sarò compensato dalle mani dell’ignoranza e dell’invidia.

Ho lavorato vent’anni di seguito a quest’opera, e non so ancora se sono stato ardito o se sono stato temerario, se m’abbia schiacciato la grandezza del tema o se la sua maestà m’abbia sostenuto.

A che mi servirebbe aver riflettuto per vent’anni, se mi fosse sfuggita la prima di tutte le riflessioni, che la 250 vita è breve?
Non ho neppure il tempo di abbreviare quel che ho fatto.

La virtù civica non consiste nel vedere la propria patria divorare tutte le altre.
Questo desiderio di vedere la propria città inghiottire tutte le ricchezze delle nazioni, di saziarsi continuamente gli occhi con i trionfi dei generali e gli odi dei re, tutto questo non costituisce la virtù civica.
La virtù civica consiste nel desiderio di vedere l’ordine nello Stato, di provar gioia per la pubblica tranquillità, per l’esatta amministrazione della giustizia, per la sicurezza dei magistrati, per la prosperità di coloro che governano, per il rispetto tributato alle leggi, per la stabilità della monarchia o della repubblica.
(Montesquieu)


















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