giuliano

venerdì 2 giugno 2023

L' ERETICO FUGGITO (2)

 



















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Un pazzo nascosto nel folto del bosco (3/4)














(15) Nella grande vallata dipinta un lupo si ferma, mi osserva e contempla, mi fissa, forse vede ciò che anche io vedo. Non ho paura è come se lo conoscessi,  annusa l’aria, muove l’orecchio, ode la voce di un lontano rumore come una nota sospesa a mezz’aria, da qualche parte l’ha udita, ecco perché mi guarda e mi fissa. Ode la musica, vede la vita, lontano dove solo il fiuto supera la vista; e dietro quello c’è un altro quadro: un tempo l’aveva dipinto, amato venerato e difeso. Con cui aveva discusso ogni colore del vento, con cui aveva condiviso un lamento lontano. Con cui aveva suonato una strofa fuori dalla cornice, ove un cacciatore appese la sua vita, il suo abito, trofeo raro ad un camino, canto ubriaco di un villaggio appena insediato.

(16) Così lo ritraggo, profilo raro: vecchio saggio che non conosce ora, appena sceso, passo stanco da un bosco lontano come fosse l’eterno treno del suo cammino strano. Guarda il bosco come fosse l’eterna partenza per ugual viaggio, e lui ora sceso è armato solo del suo antico coraggio, l’aveva imparato da un tipo strano che un giorno accarezzò il suo profilo raro, e con il latte aveva sfamato il suo appetito lontano, istinto raro di una natura abituata ad azzannare ogni estraneo, viandante per quel mondo immacolato.




(17) Forestiero in quell’acqua pura, e se per mia cultura con l’acqua io ho dissetato la sua prima venuta, con la stessa acqua abbiamo pregato il Dio Straniero e creatore di questa eterna visione… di natura.

Mi fermo, ora la stessa acqua della sacra visione mi asciuga la fronte, mi disseta, battezza il corpo stanco di questo viandante venuto da lontano. L’acqua asciuga il sudore antico perché al dipinto ho aggiunto quel profilo, quasi non riesco a mormorare parola, solo un suono strano come un ululato.

(18) Il bastone del viandante che approdò in quel primo quadro ora è uno strumento di caccia raro, caverna che bosco non era mi dona certezza per un riparo, perché è la natura che per prima crea.




(19) Fermo al mio albero sento la musica delle foglie che frusciano al vento, conosco le note antiche del dolce dormire, ma non dormo, veglio la mia prima esistenza, e quando il vento mi accarezza ammiro il tempo di quella sublime preghiera. Passa e corre, ora, la mia visione, perché priva di parole in quell’ora sospesa. Sospesa come una foglia al vento che ora prego, e lei contraccambia con un inchino. Rimaniamo privi di parole alla luce di quel primo mattino con solo il mio e suo respiro. Rimaniamo privi di pensieri in balia di una intuizione, brilla come una stella e si scorge lontana anche nel sorriso del primo mattino, poi scompare, a noi ha donato un altro respiro.

(20) E’ sparita all’improvviso per divenire una foglia di quel paradiso, quando l’ho guardata mi ha fatto  un sorriso, poi si  è avvicinata ed ha cambiato colore come l’abito di un prato fiorito. Ne ho visti tanti in quel primo mattino che se pur freddo mi hanno donato un eterno sorriso.




(21) Il cielo all’improvviso, scuro di una notte insonne è divenuto fiorito, e nel dipinto si è vestito con tante luci di stelle su un prato infinito. I colori e le luci donano una strana impressione, perché in questa visione il tempo mi è nemico, ed anche se tu, passando ammiri un viandante con il suo dipinto, lo scrittore con il suo libro, la parola con la sua penna, pensiero antico: io vedo e scorgo un altro mondo…, mio caro amico.

(22) Ed in questa avventura non mi accompagna la paura, ma un onda che danza al ritmo della vera natura. Un onda che fluttua come acqua che inonda una terra sconosciuta, e pur rimanendo sospesa ed eterna, come fosse una nuvola, a lei io brindo alla sua prima parola, colori e panorami scorgo come fossi immerso nell’oceano di una lunga notte: ora scanza la paura e da una foglia mi scruta ed insegna la prima strofa.




(23) Lo stupore è immenso in questo Secondo… giorno. Secolo, millennio,  nell’onda di luce desiderio più forte di ogni parola, proprio perché priva di nome in quell’ora, …. Dio contempla la sua opera. Lì vicino il mio amico, anche lui assopito, forse perché il sogno non si è smarrito, spirito e guardiano di un ricordo dipinge il mio volto, fuori dalla caverna mi veglia ad ogni tratto ulula alla luna per narrarne il nome, come l’antro di uno sciamano che tiene il suo spirito sulla mano. Ringhia ad ogni rumore strano che non sia pioggia vento o altro elemento con lui nato, ad ogni nemico di quel sogno lontano perché non ancora parola in quel quadro, in quella pagina…, ma volo di sciamano. Lascia la sua impronta su una parete dove la pietra è solo un foglio o una tela…, per il dipinto della vita.




(24) Cerco di imitare il suo urlo e con la gola fatico, come se fossi sprofondato in fondo ad un sogno antico, non riesco a svegliarmi da quel precipizio di un primo mattino. Come quando il sogno si fa profondo e premonitore, pur sognando si è certi di un altro mondo ove l’uomo sta navigando, e si è incerti in quel tempo senza parole dove si è scivolati in un mondo innominato assente al visibile creato. Si vuol risalire la china, scalare la parete per destarsi da quella terra lontana ove ogni confine appare vago. Si cerca un appiglio, e all’improvviso un urlo di stupore squarcia il vento, incide la tela, intona parola sul tomo della vita.




(25) Il fiero lupo mi guarda e sorride, la foglia brilla nel cielo di quella eterna mattina. Come mi fossi appena svegliato da un letargo antico senza fine e principio, come fossi rinvenuto all’improvviso da un sonno senza inizio e fine. Provo quella prima parola, ammiro il quadro ora, rileggo la strofa della  prima rima, lontano il lupo mi guarda e ride, come fosse lui il padrone di quel primo intuire. …Lui che di notte ulula alla luna come per annunciare una nuova venuta, ed di giorno accarezza ogni strofa della poesia nominata vita.

(G. Lazzari, Lo Straniero)











   

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