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C’erano Catari in Francia, Catalogna, Italia,
Germania e persino, a quanto pare, in Inghilterra. Ma soprattutto nel sud della
Francia, dalla fine del XII secolo fino al 1209, anno in cui scoppiò la
Crociata, il catarismo riuscì a organizzarsi in Chiesa e, attraverso i grandi
signori guadagnati alla sua causa, a esercitare un’influenza sociale e politica
su tutto il paese. Nello stesso tempo, grazie alla predicazione dei suoi
ministri, il catarismo riuscì a cambiare leggermente lo spirito generale degli
abitanti della Linguadoca e, di conseguenza, la loro vita quotidiana.
Gli standard morali che aveva imposto durante il
suo periodo di trionfo rimasero in una certa misura invariati anche dopo la sua
scomparsa nelle città e nelle zone rurali e, fino all’inizio del XIV secolo,
in quasi tutti i settori della società.
Il catarismo fa parte del movimento
generale di rinnovamento evangelico che si manifestò in tutta la cristianità
nei secoli XII e XIII. I Perfetti si elevano ad autentici successori degli
Apostoli; credevano che il loro cristianesimo fosse l’unico vero e che quello
di Roma non fosse altro che una deviazione diabolica: si dichiaravano
cristiani.
Ma i cattolici romani rifiutarono di considerarli dei semplici riformatori, analoghi, ad esempio, ai valdesi: non senza ragione denunciarono nel catarismo una evidente ripresa dell’antico manicheismo. Sia che provenisse, infatti, dalla dottrina di Manes per filiazione diretta o attraverso i Pauliciani deportati in Tracia nel X secolo dagli imperatori bizantini e poi dai Bogomili bulgari del X e XI secolo; sia semplicemente perché i dati fondamentali erano stati reperiti attraverso l’esame critico dei testi delle Scritture (Antico Testamento, Vangelo di Giovanni), il catarismo professa l’esistenza di due principi antagonisti, di valore diseguale ma ugualmente eterni.
Il male è una realtà con cui il vero Dio deve fare
i conti.
Certamente non tutti i Catari credevano nell’eternità
del principio malvagio. C’erano i dualisti ‘mitigati’ che, come i cattolici, insegnavano che il male era iniziato con un
angelo originariamente buono, creato da Dio, il quale lo aveva inventato
commettendo di sua spontanea volontà il peccato di orgoglio. Ma i dualisti assoluti e i dualisti mitigati avevano
concordato di attribuire la creazione di questo mondo a un demiurgo malvagio,
Satana o angelo ribelle. Questa convinzione spaventò in primo luogo il cristianesimo
(per quanto riguarda le altre proposizioni, che il lettore può relegare come
secondarie, non ce n’è una sola che non sia stata ugualmente sostenuta, in
tempi diversi, da qualche dottore della Chiesa e considerata ortodossa).
L’idea che il mondo appartenga al Diavolo è ciò che più chiaramente specificava la mentalità degli Occitani del XIII secolo nei confronti degli altri cristiani; su questo punto i confini ideologici non sono molto precisi, erano quasi tutti dualisti assoluti. Entrambi avevano più o meno gli stessi riti e obblighi religiosi. La morale catara si deduce dalla natura malvagia della Manifestazione: il Bene, la Virtù, la Salvezza, consistono nel distaccarsi assolutamente dalla Materia creata dal Diavolo, prendendo a modello la vita di Gesù Cristo, sceso sulla terra in un corpo spirituale, non tanto per ‘sacrificare se stesso’, ma per indicare all’uomo la Via della Redenzione.
Inoltre, ciò che era un peccato per i cattolici,
era un peccato anche per i catari. Tuttavia, i nostri eretici scandalizzarono a
loro tempo condannando i giuramenti, l’omicidio in tutte le sue forme, la
guerra, la giustizia umana (quella dei re, dei signori, dei vescovi) e perfino
la morte degli animali. I principi di questa morale, che si potrebbe credere
esclusiva dei santi, non mancarono di esercitare una certa influenza sul
comportamento quotidiano degli Occitani.
Sotto forma di comportamenti istintivi, reazioni irrazionali e abitudini morali, le concezioni religiose lasciano il loro segno nelle mentalità e le modificano tanto più profondamente quanto più sono vissute dolorosamente. L’uomo del XIII secolo non assomigliava del tutto all’uomo di oggi, né nella sua sensibilità, né, soprattutto, nel modo in cui si collocava, come un fantasma tra il mondo del peccato e quello della salvezza. Intorno all’anno 1200, una metafisica che non comprendevano, ma che prevaleva nei loro cuori, convinse uomini e donne che l’essere umano non era stato creato come un’unità e che tra le tre parti che lo componevano: anima, corpo e spirito, non esisteva alcun legame sostanziale.
Il corpo era uno sconosciuto, appartenente alla creazione del diavolo. Era allo
stesso tempo un nulla e una macchina. Ci si sentiva a proprio agio come un
viaggiatore oggi nella sua auto. Alcuni, angosciati dal fatto di sentirsi
imprigionati al suo interno, dicono: ‘Abbiate pietà, dice il “Rituale Cataro”,
dell’anima che è in prigione!’.
Altri si insinuarono nella sua carne come dentro
una spregevole e meschina ‘tunica’. I peccati che necessariamente lo spingevano
a commettere non lo riguardavano.
Al di sopra di questo nodo materiale di determinismi aleggiava lo spirito, sconosciuto e impeccabile, che risiedeva in Dio come essenza eterna e così poco connesso all’anima da poter essere completamente degradato senza essere alterato. Lui solo assicura la salvezza dell’uomo, e per essere salvata, a sua volta, l’anima deve volgersi verso di Lui, unirsi a Lui. Talvolta viene concepito come qualcosa di impersonale e identico per tutte le coscienze.
L’individuo è l’anima.
…Un’anima sospesa tra due abissi: quello dello
Spirito divino e quello del nulla satanico, privata delle sue facoltà più
elevate – l’intelligenza fa allora parte dello spirito - e ridotta praticamente
a sensibilità e affettività, sottomessa a tutti i capricci del corpo, l’anima
non è altro che desiderio. Da qui una versatilità, un’emotività che tutti gli
storici hanno sottolineato nell’uomo del Medioevo, sempre soggetto a sentimenti
eccessivi, capace di passare dall’ira alla clemenza, dalla crudeltà alla pietà,
in un istante. Non appena si esalta nella sua anima e non aspira più a trovare
che in Dio la morte liberatrice, non appena sprofonda nel suo corpo e si
abbandona a tutta la sua voluttà.
Era caos (gli elementi materiali erano in contrasto) e ‘mescolanza’, con il corpo capace di confondere l’anima, bisognerà attendere San Tommaso e la nozione di composto sostanziale, che del resto non ha altro merito che quello di dare un nome all’evoluzione o alla mutazione subita dalla specie umana, perché questa tragica dislocazione, questa rottura dell’essenza, abbia fine. Al tempo del catarismo, il credente sincero si preoccupava solo della sua anima femminilizzata, una specie di angelo caduto, sempre in pericolo, sempre angosciato, sempre bisognoso di essere salvato; la pecora smarrita di cui parla il Vangelo.
Non si potrà mai sopravvalutare l’importanza della
credenza nella reincarnazione, che più di ogni altra caratterizzò la mentalità
e il comportamento dell’epoca. Forse prima della diffusione del catarismo, e a
cui sopravvisse, esso si tradiva costantemente nella vita quotidiana,
rispondendo a una chiamata profonda, a reazioni incontrollate. Questa credenza
contribuì alla minore familiarità tra anima e corpo: avrebbe forse persino
indebolito i tabù dell’incesto se questi non fossero stati così profondamente radicati
nella coscienza e nei legami familiari, se gli uomini perbene non avessero
mantenuto la loro relativa legittimità. Sebbene neutralizzasse certamente le
differenze intersessuali, essendo l’uomo una donna e la donna un uomo, li ha
avvicinati, annullando le disuguaglianze postulati dalla misoginia maschile.
Escludeva inoltre ogni superiorità di nascita di un uomo che avrebbe potuto essere un malvagio in un’altra vita, screditandolo moralmente: un’anima che abita il corpo di un signore, o di un inquisitore, non può aver intrapreso la via della salvezza.
Verso la fine del XIII secolo la fede nell’eternità
del mondo si diffuse sempre più, anche tra la gente comune. Faceva parte della
saggezza popolare. Ecco, ancora una volta, una di quelle proposizioni
metafisiche che si riferisce molto di più al carattere dei tempi che alla
riflessione filosofica individuale, e che è sorprendente vedere impresse nella
mente come altre prove. La certezza che i due ordini, le due nature
coesistessero, corrisponde a una visione di catene cosmiche compatibili, d’altra
parte, con le reincarnazioni, il che rassicura alcuni e terrorizza altri. Il
mondo della voluttà, delle illusioni carnali e materiali non avrà mai fine:
l’universo satanico sarà sempre aperto, sempre tentatore. E il mondo spirituale
rimarrà sempre lì, sempre pronto ad accogliere l’anima…
‘Bisogna scegliere, certo, ma c’è abbastanza tempo’.
Mentre il catarismo continua a declinare, il divario tra il credente ‘puro’ e il ‘semplice credente’ si fa sempre più profondo. Sentiamo i più appassionati dichiarare: ‘Se non ottengo ciò che voglio da Dio, lo otterrò dal diavolo!’. A volte è qui che nasce la tentazione di rivolgersi a Satana e dedicarsi alla stregoneria. Da qui anche il materialismo volgare, così diffuso alla fine del XIII secolo. Il regno dell’eternità e dello spirito puro ci è inaccessibile e la materia, con le sue leggi e la sua fatalità, è autosufficiente. Un chierico dell’inizio del XIV secolo, Bernardo Franca, riecheggia questo prematuro e ingenuo ‘spinozismo’ che era diventato proverbio in Sabarthés: ‘Ciò che ci viene, buono o cattivo, viene necessariamente. Le cose non possono essere altro da ciò che sono. Cioè, le cose andranno come dovranno andare: Aquo ira com ira!’.
Uno degli ultimi eretici bruciati nella contea di
Foix era un materialista determinato che credeva solo nella sopravvivenza
individuale. Si crede sempre meno nella libertà umana. Tutto rimanda alla
grazia di Dio, alla sua suprema bontà. Quindi l’eternità del mondo, la
negazione del libero arbitrio, la fiducia nell'Essere Supremo, nella grazia.
È probabile che molti credenti abbiano vissuto vite felici e liberate, riponendo le loro speranze sia nell’eternità del mondo, che avrebbe dovuto garantirne la purificazione in modo meccanico e necessario, sia nell’onnipotenza di Dio. Si erano indeboliti nel concetto di peccato e si sentivano liberi dalla colpa. Altri, più immersi nel mondo invisibile, divennero più rapidamente consapevoli dello sviluppo della loro anima, temevano l’avventura soprannaturale e aspiravano con tutte le loro forze a raggiungere la salvezza e la liberazione.
Tra i credenti, questi ultimi erano i più numerosi.
Gli ecclesiastici intendevano dividere tutti i membri della società in tre ordini: gli oratores
(coloro che pregano), i bellatores (coloro che combattono), i laboratores (coloro che lavorano) (ed hora potremmo aggiungere tutti coloro che
combattono… una o più guerre!). Questa divisione tripartita non è assurda, ma è
troppo generica per corrispondere alla vera situazione sociologica: sotto la
pressione dei fatti e delle circostanze, essa stava esplodendo da tutte le
parti. Il catarismo e, più in generale, il pensiero eterodosso, contribuirono a
far emergere la realtà di questa epidemia trasponendola in una crisi morale,
senza tuttavia permettere che le due grandi
classi presenti, quella dei
signori feudali e quella dei mercanti, avessero
reale percezione fin dall’inizio di quanto fossero opposti i loro interessi,
né, tanto meno, la natura del loro antagonismo.
Gli uomini di quel tempo, molto individualistici e che trasferivano il loro ristretto egoismo su piccoli gruppi, spesso limitavano il loro orizzonte sociale alle comunità di quartiere, perdendosi in piccole liti che contrapponevano il borgo alla città, il quartiere al quartiere, la corporazione alla corporazione. Non avendo alcuna nozione moderna di classe, si associavano in nome di valori sentimentali, tradizionali e quasi folcloristici, mentre tutto li divideva; e combatterono furiosamente tra loro, quando tutto consigliava loro di unire le forze.
Tuttavia, partendo da una visione pessimistica e
critica del mondo fisico e sociale, il catarismo fu portato a chiarire e ad
ampliare gli antagonismi fondamentali.
Il fatto che il catarismo, per sua natura, fosse
contrario al feudalesimo è evidente dai suoi miti e dalle sue teorie morali.
Insegnava, ad esempio, che per sedurre gli angeli, il Diavolo aveva proposto di
portarli in questo mondo, dove ognuno sarebbe stato inebriato dall’orgoglio di
comandare sull’altro: l’imperatore sul re, il re sul conte, il conte sul
barone, il marito sulla moglie, e dove sarebbe stato permesso ‘con una bestia
di catturarne un’altra’.
Il vero capo della gerarchia feudale era Satana
stesso, principe di questo mondo.
La teoria catara della reincarnazione pose fine alla nozione di eredità secondo la quale il padre trasmetteva al figlio non solo le sue virtù, ma anche il ‘diritto naturale’ di schiavizzare altri uomini e di possedere esclusivamente la terra. Il ‘brav’uomo’ che rivelò alla contessa di Tolosa di essere stato in un’altra vita un povero paesano, indebolì la fiducia che lei aveva riposto fino ad allora nell’eccellenza e nella continuità della sua razza.
I signori feudali erano guerrieri, bellatores. Il suo
ordo formava una gerarchia di baroni e cavalieri subordinati gli uni agli altri
che, soprattutto all’inizio, non aveva altro significato che in relazione alla
guerra e all’organizzazione della difesa reciproca: il signore doveva
protezione al suo vassallo; il vassallo doveva ‘servizio’ al suo signore. Se, condannando fermamente la guerra, il catarismo non è riuscito a sopprimerla - è ancora oggi in pieno
svolgimento. Non ebbe tanto successo nel screditarne la mitologia quanto nel
sopravvalutarla come gioco e come prova di virilità, avvalendosi di molteplici poeticizzazioni, associando ad esempio il coraggio alla generosità, alla Grazia o all’Amore.
Aggiungiamo a questo che la dignità dei bellatores si fondava sul fatto che erano uniti, almeno giuridicamente, a ‘coloro che pregano’, avendo come loro suprema ragion d’essere quella di dedicarsi alla più nobile delle cause, quella di Dio, e di lottare per essa partecipando. Ma per i Catari la guerra non era bella, né giusta, né buona, e intorno al 1250 ebbero l’audacia di affermarlo. Forse il più profondo pensatore occitano, Peire Cardenal, anticipò l’idea rivoluzionaria secondo cui la crociata non era altro che un mezzo utilizzato dai chierici per sfruttare i guerrieri. ‘Finché un chierico glielo ordinerà’, esclama ironicamente, ‘i cavalieri andranno a saccheggiare Tudela, Le Puy o Montferrant!’
Infatti, i chierici li gettano nel mezzo del
massacro: dopo aver dato loro pane e formaggio, li mandano nella mischia, dove
finiscono crivellati di dardi. E cosa resta, dopo, della favola della guerra e
della morte eroica?
E che dire della legittimità dei diritti feudali,
quando né l’eredità, che è solo quella dei corpi, né la grazia di Dio, poiché il vero Dio non è l’autore di questa
società ingiusta, ne costituiscono il fondamento?
Rifiutando ogni giustizia umana come iniqua, sia quella dei tribunali signorili che di quelli ecclesiastici, suggerendo la loro sostituzione con l’arbitrato pacifico esercitato dai perfetti - arbitrato che, nelle città e sotto l’autorità dei consoli, cominciava a essere la norma nei conflitti tra artigiani e mercanti, così come tra i vari settori del commercio - il catarismo tendeva, idealmente, a sopprimere una delle prerogative essenziali del grande e piccolo feudalesimo che, sotto la protezione della giustizia, moltiplicava le esazioni e creava rendite abusive.
Tranne all’inizio del secolo, verso il 1200,
quando l’unica punizione che i Perfetti inflissero un giorno a un barone
omicida consistette nell’obbligarlo a entrare nei loro Ordini, cioè a farsi
santo! Tranne forse a Montségur, negli anni 1240-1244, i Catari non
ebbero mai il potere di applicare questa nuova forma di giustizia, ma le loro
teorie erano note a un’élite che le giudicava più cristiane e, laddove
possibile, si ispirava a esse.
Insomma, proibendo il
giuramento, il perfetto lo sminuiva perfino agli
occhi dei semplici credenti, non che attaccassero, come spesso si ripete, i
fondamenti della società civile – la promessa di fede, onore e lealtà, il
rispetto della parola data, accompagnati dalle sanzioni contro la falsa
testimonianza, sostituiscono benissimo il giuramento (la Rivoluzione francese,
tra l’altro, lo abolì per alcuni anni) – ma semplicemente criticavano tutte quelle
misure apparentemente giuridiche*
(*aggiungo…ereditate coniugate …e di nuovo disciplinate secondo antichi codici giuridici, atti a mantenere integri taluni privilegi di ‘casta’ da cui troppi ne venivano esclusi, mentre sappiamo gli originari Perfetti interpretare la ‘casta’ come un elemento ‘immateriale’ della propria ed altrui esistenza; ‘fondamenti’ abbiamo appena letto, considerati più o meno giusti nella successiva interpretazione tanto del Libero Arbitrio adottato in tutte le sedi - sia ecclesiastiche che mercantili quindi civili -; quanto nella manifestazione dello stesso a beneficio dell’interesse del singolo [più o meno privilegiato, non un caso che la Messa per quasi l'intero èvo antico veniva replicata ai fedeli in Latino…] esposto al rigore e/o al privilegio della società feudale di come al meglio interpretarlo; la quale impostazione si delinea e delineerà nel corso della Storia nei vari e successivi Imperi Europei - quantunque di concezione feudale – successivamente esportata con notevole successo, nella loro personale interpretazione del suddetto Libero Arbitrio in ogni luogo ove l’eccezione - ogni eccezione - può comprometterne una presunta ‘regola’ non meno della ‘forma’ con cui si delinea un immagine distorta, anche e soprattutto in sede giuridica; sappiamo che quasi tutti gli Eretici non ebbero mai modo di una adeguata e giusta difesa contro una presunta società apparentemente ‘civile’ alla quale dovevano opporre il proprio ‘giuramento’ di fedeltà; e con la quale la ‘società feudale non dissimile dall’attuale’, anch’essa nominata ‘civile’, si rafforza ed afferma nelle ingiustizie adottate e quantunque esercitate a difesa di una impropria forma più o meno civile di convivenza, da cui l’‘anaformismo’ dell’intera Storia e non solo di questa singola vicenda religiosa; fino a sfociare in varie forme rivoluzionarie e/o controrivoluzionarie e future ‘populiste’ di cui ne conosciamo l’ampio contesto, andando a prefigurare un successivo abominio a danno dell’uomo il quale credendosi Libero adotterà uguali - se non peggiori misure - di medesima Inquisizione da cui si crede liberato, e quindi, illudendosi di seminare o meglio aspirare alla violata ambita Libertà nel corso dei Secoli impropriamente e quantunque violata e mal interpretata….).
Il concetto di laboratorio o, se preferite, di ‘lavoro’, non resse meglio alla prova dei fatti, né alla critica implicita a cui lo sottopose il catarismo borghese. Per il sistema teologico- feudale su cui si fonda la tradizionale distinzione tra i tre ordini, il lavoro è soprattutto il ‘lavoro della terra’. Tuttavia, senza rifiutare il lavoro agricolo, il catarismo dimostrò sempre una grande avversione per la proprietà feudale. Egli considerava certamente la terra ‘satanica’, perché è il Dio malvagio che la fa ‘crescere e prosperare’, e il contadino è il suo coadiutore, ma soprattutto perché è il sostegno dell’organizzazione feudale, che è ancora più satanica. Per questo motivo, egli preferiva il lavoro dell’artigiano, che si limita a trasformare la materia, a quello del contadino e perfino a quello del commerciante o del banchiere, che fanno fruttare il denaro attraverso una sorta di attività astratta.
Mentre il signore, unico proprietario della terra
che non la coltiva, vive alle spalle di coloro che la lavorano senza
possederla, il mercante sopravvive solo grazie alla propria attività, ‘sfrutta’
solo coloro che vogliono essere sfruttati e ottiene il servizio di un altro
solo pagandolo. Ciò equivale a dire che nel XIII secolo, quando, bisogna ancora ben interpretarlo, non si può parlare infatti senza anacronismo della lotta di classe nel
XIII secolo, ma bisogna constatare che di fronte al potere feudale, irrazionale
e anche estremamente ingiusto, apparve un nuovo ‘potere’: il ‘denaro’,
considerato la ricompensa del lavoro gratuito. ‘Potere’ al quale partecipavano
o aspiravano a partecipare tutti coloro che, per status o per effetto delle
circostanze, vivevano al di fuori del feudalesimo e della Chiesa.
Il ‘denaro’ apparteneva spesso ad eretici o a non cristiani: gran parte di esso era nelle mani degli ebrei, ai quali era proibita qualsiasi attività al di fuori del commercio del ‘denaro’ (tranne che a Narbona), e dei Longobardi, che agivano come banchieri con grande abilità. Si accumulò nelle case della borghesia, dei mercanti e degli artigiani urbani che l’Inquisizione vessava o perseguitava in quanto credenti e che, proprio per questo motivo, si unirono alle fila dei Catari clandestini, diventando ‘anticlericali’*
(*ma aggiungiamo in virtù di Anime
e Spiriti precedenti i quali sempre mi assistono ed in qual medesimo tempo
ispirano, in dovere ed onore alla Storia medesima conferita al tasso di interesse
applicato uguale e non dissimile a ciò con cui apparentemente e virtualmente
sposato; quindi ed ovvero: abbiamo dei veri Perfetti e dei successivi impropri
Elementi dati in ‘prestito’ alla concessione del Libero Pensiero talvolta
subappaltato, o meglio nominato Libero Commercio, coniugato in conformità con
il concetto di Prestito o ad un semplice Usuraio il quale aspira alla ricchezza
dell’anima come dello spirito disconoscendone ogni più reale e sincero
Principio, o peggio, reinterpretando a suo Libero Giudizio [illuminante la
disputa fra un antico Pagano e il nascente movimento Cristiano], confondendo
arbitrio e commercio ed evolvendolo verso un commercio senza arbitrio alcuno in
onore all’antico Linguaggio; quindi meglio coniugato o paradossalmente
accreditato con l’improprio dio del Tempio da ogni vero Perfetto mal digerito
se non paragonato al diavolo medesimo!).
Nello stesso momento in cui la Chiesa, a causa della sua diffidenza verso tutte le transazioni commerciali, era ideologicamente e di fatto impegnata nell’ordine feudale e appariva come la nemica irriducibile della nuova economia borghese, l’unica che in quel momento e in quel contesto era progressista e liberatrice, il catarismo; rivedendo la nozione cattolica di usura e appoggiandosi su indiscutibili autorità scritturali nonché sulle esigenze di espansione del commercio su larga scala, legittimò il prestito con interesse* (*quindi a mio modesto giudizio è importante per il corretto utilizzo della Storia riconoscerne i Personaggi che la illuminarono, e chi invece ed al contrario, la annebbiarono - e quindi edificarono – con il valore dello stesso principio di chi combattevano, divisi solo fra interessi più o meno economici, più o meno formali, esposti quantunque al sole della ricchezza non certo dello Spirito ma della materia che crea ogni forma di pregiudizio che non sia moneta nel forziere di medesima ugual Storia. Sappiamo gli Idealisti i veri e soli riformatori spesso associati ad impropri elementi dei quali disconoscono intenti e fini o più materiali intenti…)
L’esempio degli ‘allodi’ espone e dimostra ciò cui appena poche righe sopra detto, cioè terre senza signore, appartenenti interamente a uomini liberi che non dovevano né omaggi né rendite, costituivano, come è stato spesso detto, una specie di anomalia nel sistema feudale: nel Nord della Francia non esistevano. Lo spirito feudale esige, infatti, che la terra appartenga a un signore, che ne sia il proprietario naturale, e che l’accesso alla proprietà sia proibito o molto difficoltoso per i contadini.
Come ha osservato Paul Dognon, alla fine del XII
secolo una certa quantità di terra, forse la metà, era libera. La confisca di
queste terre a causa dell’eresia dimostra naturalmente che i loro proprietari
erano eretici, ma anche che la repressione dell’eresia, che attraverso le
confische arricchiva i signori, aveva l’intento più o meno deliberato di
ridurre il numero dei proprietari di allodio.
Alfonso de Poitiers cercò di fare la stessa cosa di Raimondo VII: trasformare gli allodi in feudi, oppure aumentare i feudi annettendo gli allodi. Tuttavia, la proprietà allodiale sopravvisse, ed è vero che questa forma di proprietà contadina, del tutto simile in realtà a quella odierna, e la pratica del diritto scritto, sopravvivenza deformata del diritto romano, contribuirono nel XIII secolo a promuovere una classe di proprietari benestanti, ai quali davano un vivo senso di libertà, sicurezza e dignità. Molti di loro erano Catari clandestini.
(R. Nelli)
BREVI CONSIDERAZIONI
In questo contesto l’Autore da noi adottato per
esplicitare una Eresia ammette una sua interpretazione della Storia sicuramente
reale in conformità alle condizioni della stessa interpretata secondo le sue
testimonianze archivistiche e successivamente riportata come una reale
deduzione della Frazione in cui medesimo Tempo distribuito in ugual Spazio; ma
non tutto nello Spazio è visibile e ben documentato, e sappiamo ogni
immateriale verità per sempre profanata inquisita perseguitata, a beneficio di
un diverso Tempo nei millenni protratto
e dall’uomo impropriamente occupato per ogni abuso da cui distinto per un ‘versetto’
o ‘Verbo’ monoliticamente interpretato da cui dedotto un dio!
Il verso e non certo l’oltraggiosa
smorfia del suo Linguaggio contiene forse un diverso enunciato!
O meglio ed ancora, una osservazione all’Universo
storico accertato, se la Storia posta nelle medesime condizioni in cui chi la
esplicita consapevole della capacità da cui nato ugual Frammento, e di cui
l’uomo prima dello storico appartiene per sua Natura ad un Universo più vasto
in cui coniugare non solo un Linguaggio ma i tanti da cui nato; non siamo nati
storici ma lo siamo diventati da quando meditavamo l’Universo osservato; ciò
vuol dire un graduale inserimento dell’Eresia stessa nel circuito della Storia
quale singolo Pianeta, non trascurando però, ciò da cui ‘moto e gravità’ lo
delinea conforma e risalta ad ugual vista; la mappa astrologica delineata da
successive mappe divenute precise coordinate di riferimento per ogni esperto o
inesperto navigante dai tempi di Omero.
Andando così a rafforzarla per ciò di cui
originariamente l’eretico e l’argonauta nemici, in quanto sappiamo la materia
derivata da una inspiegabile antimateria da cui Spazio e Tempo evoluti;
sappiamo il futuro argonauta Ulisse spesso intrattenuto in vaste omeriche
epiche imprese; ma ciò non solo una condizione paradossale di cui vittime
privilegiate e di cui tentiamo di delineare la nostra condizione e un probabile
medesimo Dio, di cui purtroppo non ne comprendiamo oltre il nome, anche il vero
Linguaggio con cui esplicita la sua immateriale equazione, il suo verso strano;
sappiamo il diverbio antico dai tempi del pagano Giuliano e l’intero Universo
osservato nonché dedotto in ugual medesima volontà di esplicitarlo pregarlo
nonché venerarlo.
Ma ne deduciamo, quindi prendiamo ‘atto’, come una
comune condizione in cui l’agire impone un contesto interpretativo meno
radicalizzato andando a conformarsi in tutte quelle sedi ove doveva porre
giusto veto; è come se dicessimo, quindi affermassimo, che Gesù fu amico dei
Maestri del Tempio, quando sappiamo vero il contrario. In verità e per il vero,
l’eresia ha una lunga e maggiore frequenza, un maggiore spettro di Luce per
come fin qui accertato nel contesto della luce di medesima Storia per quanto
tratta nella stratigrafica zolla in cui posta, e questo forse non solo un
limite dell’autore stesso, un limite si è detto del nostro comune tempo in cui
difettiamo ed hora come in un precedente Post ripetiamo:
Secondo le statistiche ufficiali,
l’Italia è agli ultimi posti, tra le nazioni dell’area geografica europea, per
il tasso di analfabetismo funzionale, il quale raggiunge, nelle rilevazioni più
recenti, una percentuale del 28%, vicina a quella della Spagna. Questa
condizione riguarda le persone che sono incapaci di comprendere testi anche
semplici e che non sanno utilizzare le informazioni che ne ricavano. Anche dal
rapporto di agenzie che indagano specificamente sul problema, risulta che il
tasso di alfabetizzazione funzionale e di “alfabetizzazione matematica”
(numeracy) italiano è “significativamente inferiore” alla media OCSE.
Martha Nussbaum, dal canto suo, aveva
invece individuato nei saperi umanistici i linguaggi-chiave per lo sviluppo e
il progresso della società e per l’economia orientata alla democrazia e non al
profitto. Traducendo il suo pensiero con termini legati alle problematiche
dell’alfabetizzazione, potremmo dire che l’alfabetismo funzionale è quel tipo
di istruzione/formazione che vede la preminenza di saperi trasversali,
“collanti”, che travalicano l’istruzione di base e specialistica ma consentono
di metterla in connessione con altri saperi specifici. Anche in tal senso
l’alfabetizzazione non è un insieme di nozioni che si possiedono stabilmente
una volta acquisite, ma un insieme di nozioni che vanno continuamente
rielaborate e intrecciate con la propria esperienza.
Giacché sappiamo il Sentiero percorso e da
percorrere ancora perseguitato peggio degli Eretici e di cui il nome o l’araldo
dato e concesso come ‘Perfetto’ per divenire ‘diavolo’, quindi sinonimo del
contrario, è molto più solido e profondo di quanto osservato.
Ecco delinearsi il bivio a cui non sottraggo il
merito storico dell’autore, di ogni autore che tratta con indiscutibili meriti
l’argomento sposato e posto nell’ottica di una singolo mondo, trascurando il
resto dell’Universo da cui proveniamo, affermando e sostenendo con la semplicità
accompagnata dall’umiltà dell’Eretico che la Via molto più difficile e profonda
(nonché perseguitata e inquisita), molto più difficile da distinguere rilevare
e rivelare, nonché sottrarre dai medesimi inganni della Storia medesima, nelle
varie transizione in cui si snoda la Frazione del Tempo narrato (ed hora molto
più malata di pria di analfabetismo funzionale); ed ove l’ugual medesimo
Perfetto compare con ugual forme.
È sempre difficile distinguere un Santo da un
diavolo!
Ovvero, è come affermare l’evoluzione del Pensiero
medesimo che andiamo a delineare ma non certo posto nella forma del ‘dogma
storico ‘dogmatizzato’: lo sciogliamo e svincoliamo da ogni ‘dogmatico
dogmatismo storico’ e inseriamo concretamente nel mondo dell’evoluzione, per
porre in Essere e giammai Avere, ciò che appartiene ad un mondo dislessico e
amleticamente malato. Quindi la stessa linea evolutiva, se preferite il
Sentiero, la condizione per evolvere e sopravvivere nel concetto più o meno ‘diabolico’
(per come dato da una eresia con una sua linea genetica) o affine alla vita e all’esistenza,
o nel circuito della stessa da cui il karma; tende a coniugare i suoi Geni,
ovvero tutti quei Profeti Eremiti e successi Perfetti al fine di compiere un
immateriale Sentiero, il quale, come appena detto, è molto più lungo e non
certo si coniuga con il Tempo dato dalla frazione della Storia (conferita da un falso santo o appaltata ad un
altrettanto e ancor più falso oracolo provvisto di intelletto artificiale).
Ovvero, andando a delineare l’evoluzione attribuita
alla ‘specie’ denominata ‘Perfetto’ ci accorgiamo in medesimo ugual Spazio e/o
Ecosistema osservato, non dissimili linee evolutive, non dissimili pianeti più
o meno simmetrici posti nell’universo nelle varie orbite in cui osservati; non
dissimili Teologie e successive Filosofie di ugual specie senza nome, molto più
antiche di quanto ‘scoperto’ ‘tradotto’ e ‘conservato’ alla crosta di quanto
rivelato.
È come se con un telescopio conferito dalla Ragione
dell’Intelletto, trascurando l’istinto da cui nati, ci accorgessimo di medesime
‘pietre’ affiorare da un remoto lontano pianeta scrutato, e seppur nella forma
uguali rivelate su altre e più distanti superfici con medesime caratteristiche,
la nostra ultima aspettativa è di trovare, quindi confermare, una monolitica
soluzione alla ricerca della vita e come la stessa nata (eterna domanda da
quando nati e non solo con il Pensiero e la Parola), ma non certo nella sua
negazione bensì nella sua reale provenienza e presa di coscienza; se questa sia
una condizione inprescendibile dello Spirito, allora possiamo ben affermare che
cerchiamo non solo una singola lontana pietra (al
rogo inquisitoriale di una diversa ottica e consistenza) e la sua qualifica per una superficie in cui dedotto un singolo
pianeta, ma l’intero Sentiero da cui un singolo pianeta evolve e deriva, il
quale esprime un suo Linguaggio in seno alla Vita e come meglio adottarla per
come ci è stata donata.
Questo Sentiero è molto più antico e troppo spesso cancellato a beneficio di un falso Tempo attribuito al linguaggio storico per sempre adottato…
(Giuliano)
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