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Giuliana 'Facciatonda' (6)
& Rincoletto fedele servo del suo padrone (7)
…Non ho mai
potuto allontanarmi da alcuno a causa di una differenza di opinioni, né
prendermela col suo giudizio per non essere d’accordo con me in una cosa da cui
alcuni giorni più tardi avrei forse dissentito io stesso. Non ho genio alle
dispute di religione, e ho spesso ritenuto saggio declinarle, specie se in
posizione di svantaggio, o quando la causa della verità poteva soffrirne della
debolezza del mio patrocinio; là dove desideriamo venire informati, è bene
discutere con uomini al di sopra di noi; ma per rafforzare e fissare le nostre
opinioni, la miglior cosa è discutere con giudizi al di sotto del nostro, sì
che le frequenti spoglie e le vittorie sulle loro ragioni possano fondare in
noi stessi una stima e una rafforzata opinione delle nostre.
…Non ogni uomo è un degno campione del vero, e neppure
atto a raccogliere il guanto di sfida nella causa della verità: molti, per ignoranza di
queste massime e uno sconsiderato zelo di ciò che è vero, hanno attaccato
troppo temerariamente le truppe dell’errore, e rimangono come trofei ai nemici
della verità.
Un uomo può
essere con lo stesso diritto in possesso della Verità così come di una città, e
trovarsi tuttavia costretto ad arrendersi; è quindi di gran lunga preferibile
goderne in pace, anziché cimentarla in battaglia. Se sorgono pertanto dubbi sul
mio cammino, io li dimentico senz’altro, o li rimando per lo meno a quando il
mio giudizio meglio fecondato e la ragione più matura siano in grado di
risolverli; poiché mi rendo conto che la stessa ragione di un uomo è il suo
miglior Edipo e, con una tregua ragionevole, trova il mezzo di sciogliere quei
vincoli con cui le sottigliezze dell’errore hanno incatenato i più arrendevoli
e deboli fra i nostri giudizi.
In
Filosofia, dove la verità appare bifronte, non vi è uomo più paradossale di me;
ma in teologia amo percorrere la strada maestra, e con fede umile, benché non
cieca ed assoluta, mi piace seguire la gran ruota della Chiesa, con la quale io
procedo, senza riserve di speciali poli o movimenti originati dall’epiciclo del
mio cervello; in tal modo non lascio adito a errori, scismi o eresie di cui,
presentemente, spero di non offendere la verità se dico di non avere né macchia
né tintura, devo confessare che i miei studi più giovanili sono sati
contaminati da due o tre di queste, non generate dai secoli più avanzati, ma
vecchie e in disuso, di quelle che mai sarebbero potute resuscitare, se non ad
opera di menti bizzarre e indipendenti come la mia; poiché le eresie non
periscono certo con i loro autori, ma come il fiume Aretusa, benché perdano la
loro corrente in un luogo, esse risorgeranno in un altro: un concilio generale
non è in grado di estirpare una sola eresia; questa può venir cancellata per il
momento, ma la rivoluzione del Tempo e gli identici aspetti del cielo la
riporteranno in vita, ed essa prospererà allora, finché non venga nuovamente
condannata; poiché, come se esistesse una metempsicosi e l’Anima di un uomo
passasse in un altro, le opinioni dopo certi cicli trovano indubbiamente e
uomini e spiriti simili a quelli che per primi le generarono…
Non occorre
attendere l’anno di Platone per rivedere noi stessi; ogni uomo non è soltanto
se stesso: ci sono stati molti Diogeni e altrettanti Timoni, benché solo pochi
di quel nome; le vite degli uomini vengono rivissute, il mondo è ora com’era
nelle età trascorse, non ci fu alcuno allora senza che ci sia stato da quel
tempo altri, che egli stia alla pari, e che in un certo qual modo è il suo
rivissuto…
Non sono
mai riuscito a saziarmi della contemplazione delle meraviglie appartenenti alla
Natura: il flusso ed il deflusso del mare, l’ingrossarsi del Nilo, il volgersi
dell’ago verso nord, e mi sono perciò studiato di trovare il loro
corrispondente e parallelo nelle più evidenti e trascurate opere della Natura;
e questo quanto posso fare, senza spingermi oltre, osservando la cosmografia
del mio stesso io; portiamo dentro di noi quelle meraviglie che cerchiamo al di
fuori: vi è tutto un Continente con i suoi prodigi: noi siamo quell’audace ed
avventurosa opera della Natura, da cui chi la studia saggiamente apprende
quello per cui altri si affaticano esaminando le diverse parti di un trattato e
un volume senza fine.
Sono due
così i libri da cui ricavo la mia teologia; accanto a quello scritto da Dio, un
altro della sua serva Natura, che è il manoscritto pubblico e universale aperto
agli occhi di tutti; coloro che non lo videro mai nell’uno, l’hanno scoperto
nell’altro: fu questa la Sacra Scrittura e la teologia dei pagani; il corso
naturale del Sole portò costoro a tributargli una maggior ammirazione di quanta
la sua posizione soprannaturale ne ottenne dai figli di Israele; gli effetti
ordinari della Natura destarono un maggiore entusiasmo negli uni, che tutti i
suoi miracoli negli altri; indubbiamente i pagani erano più capaci di leggere
quelle mistiche lettere, di quanto lo siano i cristiani, che vogliono uno
sguardo attento a questi comuni geroglifici, e non ci degniamo di succhiare la
teologia dai fiori della Natura.
Né io
dimentico a tal punto Dio, da adorare il nome della Natura; che non è da me definita,
con le Scuole, come il principio del moto e del riposo, ma come quella linea
dritta e regolare, quel corso determinato e costante con cui la sapienza di Dio
ha disposto le azioni delle sue creature, a seconda delle loro diverse specie.
…Io ritengo
che vi sia una bellezza generale in tutte le opere di Dio, e che non esista
quindi deformità nelle creature di qualsiasi genere e specie; e non esiste,
quindi, deformità se non nella mostruosità, in cui pur nondimeno esiste una
specie di bellezza, escogitando la Natura con tanta ingegnosità quelle parti
irregolari, da renderle talvolta più notevoli della struttura principale. Per
esprimermi ancora più esattamente, non vi mai nulla di brutto e deforme,
eccettuato il caos; in cui pur tuttavia, a voler esser precisi, non ci fu
deformità, non esistendo allora la forma e non essendo stato ancora impregnato
dalla voce di Dio.
Ora, la
Natura, non è in dissidio con l’arte, né l’arte con la Natura, essendo entrambe
al servizio della sua provvidenza. L’arte è il perfezionamento della Natura: se
il mondo fosse ora come lo era il sesto giorno, ci sarebbe ancora un caos: la
Natura ha fatto un mondo e l’arte ne ha fatto un altro. In breve, le cose sono tutte artificiali, poiché la Natura è l’arte di
Dio.
Più amo e
prego la Natura e più di concerto scopro e ora vi confesso che nelle Scritture
ci sono storie che certamente superano le favole dei poeti, e che ad un lettore
cavilloso fanno lo stesso effetto di Gargantua o di Bevis: che si esaminino,
infatti, le leggende tutte dei tempi passati e i concetti favolosi di questi
presenti, e sarà difficile trovarne uno che meriti di far da scudiere a
Sansone; pure tutto questo è facilmente possibile, se concepiamo un concorso
divino o un influsso che semplicemente derivi dal mignolo dell’Onnipotente.
E’
impossibile che alla debolezza della nostra comprensione non debbano
manifestarsi irregolarità, contraddizioni e antinomie, nel discorrere dell’uomo
o nell’infallibile voce di Dio: potrei io stesso mostrare un elenco di dubbi
che, a quanto mi risulta, non sono stati finora immaginati o sollevati da
alcuno, e che non sono risolti al loro primo presentarsi, non essendo quesiti
stravaganti e nemmeno obiezioni campate in aria: poiché non posso sentir
parlare di atomi in teologia. Posso leggere la storia della colomba che fu
mandata fuori dall’arca e mai ritornò, senza tuttavia domandarmi come
ritrovasse il compagno che non l’aveva seguita; che Lazzaro fu resuscitato
dalla tomba, senza tuttavia chiedere dove se ne stesse in attesa la sua anima
nel frattempo; o senza sollevare una questione giuridica per stabilire se il
suo erede potesse legittimamente trattenere l’eredità assegnategli dalla sua
morte, e se egli, benché richiamato in vita, non potesse più accampare alcun
diritto a quanto gli era appartenuto.
Non discuto
la possibilità che Eva fosse ricavata dal lato sinistro di Adamo, poiché non so
ancora con certezza quale sia il lato destro dell’uomo, o se esista una tale
distinzione nella Natura; credo che sia stata fatta dalla costola di Adamo,
pure non sollevo una questione sul chi dovrà sorgere con quella costola alla
resurrezione; o sulla possibilità che Adamo fosse ermafrodito, come sostengono
i rabbini interpretando alla lettera il testo, poiché è cosa affatto contraria
alla ragione che dovesse esistere un ermafrodito prima che esistesse una donna,
o una composizione di due nature prima che ne fosse composta una seconda.
Allo stesso
modo, se il mondo sia stato creato in autunno, estate, o primavera; poiché fu
creato in tutti; poiché qualsiasi segno abbia il sole, quelle quattro stagioni
sono di fatto esistenti: è della Natura di questo luminare distinguere le
diverse stagioni dell’anno, e ciò è quanto esso fa contemporaneamente
sull’intera Terra, ed in successione nelle varie parti di questa.
Vi è un
mucchio di sottigliezze, non solo in filosofia, ma nella teologia, indicate e
discusse da uomini ritenuti eccezionalmente capaci, che non sono in verità
degne delle nostre ore libere, e ancor meno dei nostri studi… più seri…
(T. Browne, Religio Medici)
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