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Circa ugual medesima
'materia storica' (4/5)
La programmazione
…E mentre componevo la Rima pensando la Vita, la morte mi ha atteso nel Sogno aggredito, nel Secondo, dialogo taciuto, si è impossessata quanto da me evoluto, e nel Sogno eterno della vita sgorgare quale linfa da ogni cellula o atomo, il Pensiero Creato tremare nel boato della terra dove gli Dèi mutarono il mito, ove un profeta assiso al riparo di un albero ebbe la visione di quanto compiuto.
Nel ‘vuoto’ governato
dal Secondo, la terra ha tremato paura, certo nel mondo della materia è geologia
narrare l’opera compiuta, ma nel mondo invisibile di codesto sentiero,
simmetrico alla vista di ciò che mai appare, Dèi e Dèmoni hanno lottato per il
principio dell’eterna vita, nel ciclo che sempre si ricompone nella materia
compiuta. Chi desidera tornare al principio: Simmetria in apparente assenza di
vita, e nel vuoto (apparente) all’èstasi dell’infinito, preferendo lo Spirito, ‘Dio
prima di Dio’, dovrà affrontare una primordiale lotta: schiere di angeli e
dèmoni combattersi nell’invisibile universo.
‘Secondi’ intenti pretendono
governare il mondo, e con esso anche la materia, se pur ancora la vita terrena,
destino del loro profeta li vuole (solo) custodi quanto (dal Primo e
immateriale pensato) da me creato.
…Forse fu un sogno
incompiuto, nel quale mi astenni da ogni potere su ciò che ottiene forma e immagine,
dimensione di vita, la mia essenza e dimensione precedere Spazio e Tempo
compiuto, e inquantificabile al principio della vista. Dimensione da te narrata
nell’umile materia, ‘assenza’ senza nesso con cui la vita spiega e svela la via
(per chi il segreto dell’invisibile vista). In verità, chi esce dal retto
contesto e gode visione da te nominata pazzia, inizia a comprendere la retta
via nell’invisibile sentiero svelato.
Tu scruti un sol uomo, contemplare e pregare doppia essenza e mistero, e quale dio dall’occhio Polifemo lo narri e apostrofi come idiota, una virgola senza nessun nesso predicare, o peggio, ipotizzare la vita… Cammino e ti vedo, ed ogni elemento da te così braccato svelare la prigione cui hai destinato codesto creato.
La freccia del Tempo
svela la via affinché nessuno la smarrisca, il libro del profeta narra uno
strano Dio, Straniero all’Infinito mio cammino… E quando scrivo creo e
contemplo la vita, testimone il Dio invisibile alla tua parola, hai squarciato
la terra e divorato l’antico e saggio profeta. Ci siamo combattuti, materia e
principio increato, nelle montagne custodi d’un Primo Pensiero narrato. La
Terra tremare vittoria o sconfitta di
chi con la morte scrive la vita. Io che sono la vita muoio nel Sentiero di un
Teschio con ugual torto al dono del tempio… nella materia evoluto…
...Neppure per sogno!
Accanto ai tronchi
venerandi delle fedi che hanno nutrito per millenni miliardi di uomini, trovi quelli
secchi, oppure i polloni che hanno buttato per una primavera e poi sono rimasti
distrutti, o si sono saldati al legno maggiore. Trovi l’episodio manicheo che ci
porta poi fin nell’Asia centrale e forse anche nel cuore dell’Europa medievale;
trovi l’episodio marcionita; trovi l’episodio essenico; trovi l’episodio
mazdakita; trovi il sottobosco, la nebbia di foglie delle innumerevoli sette
gnostiche; trovi la fioritura delle confessioni cristiane che si combattevano
su ponti sottili di teologia, trovi lo slancio dei mistici sufi…
…Ma in tutti riconosci
alcuni, spesso molti, elementi fondamentali del brodo Epsimìra combina ti e
rivissuti in maniere, fogge, temperie, toni diversi. Ora qualche elemento
manca; ora uno è grandemente sviluppato a scapito degli altri; ora cambia la
temperatura emotiva; ora prevalgono miti; ora la nuda religione. E’ come una
sinfonia immensa e millenaria in cui i tempi si svolgono su alcuni motivi
fondamentali, in alcune chiavi ed in alcune tonalità riconoscibili da lontano.
(F. Maraini, Paropàmiso)
Aspiro alla foglia dono di vita, e se pur tende alla luce e grazie ad essa compie le sue funzioni principali, è riconducibile all’essenza della radice. Una ben visibile, l’altra nascosta e protesa verso i meandri della terra, ma essenziale fonte di sussistenza per l’albero e il legno ad esso riconducibile a cui aspiro per questa scala.
Cerco la foglia e ammiro
la sua perfezione.
Ciò che ammiro nella
compostezza di un panorama colto da lontano è l’infinito concerto di verde di
tutte le foglie comporre universale visione dal cielo alla terra cresciuta. Il
germogliare in primavera e l’infinita linfa estiva, poi il lento morire, con le
troppe sfumature, i troppi colori, la troppa bellezza anche nell’ultima
scintilla della stella specchio di questo Universo. Quando la linfa viene meno
ecco la stella accendersi di colori ultimi e abbaglianti nella luminosa bellezza. Monocromatici eventi tornare
allo scuro ed invisibile principio, policromatici colori volgere alla linfa
della terra in apparente morte, in apparente assenza, letargo quale Spazio
contratto precedente al Tempo, per resuscitarlo dal calvario di un apparente
nulla.
Simmetrico ‘nulla’
universale.
Ma la divina bellezza la
quale ravviva l’animo, prima e dopo essere approdata alla retina occhio dello
Spirito nella materia evoluto, vibra in noi ogni sentimento di gioia e amore
per gli elementi della natura composta dal concerto nell’insieme di tutte le
note invisibili e successivamente percepite come un suono troppo distante dai
sensi in cui pensiamo la dimensione nominata vita, quantunque pregata e udita
nello spartito di chi vive nell’Anima Mundi della sua stagione, sino al ciclo del
monocromatico verde al policromatico opposto della graduale morte. L’Universo
sembra esprimersi con uguali velate note nel simmetrico terreno donde cresciuto,
con medesima lingua, stessa costanza ed impareggiabile bellezza.
Così cerco con cura e
senza far rumore, questi buoni legni.
Non legno qualsiasi, ma accuratamente scelto, a costo di sacrifici e lunghe passeggiate. L’opera più saggia e completa e nello stesso tempo illuminante, non è mai paragonabile a quel ponte sospeso fra due sponde. Nel nulla della concretezza e astrazione dei temi trattati, anche gli argomenti secolari, quelli che rimangono vigili testimoni dell’evoluzione nata dalle pieghe della sua spirale, della sua struttura, nelle curve dei rami, nella forza dirompente delle radici, può cedere il passo alla volontà che sottostà all’ombra della sua ‘creatura’.
Da lontano ammiro la
perfezione secolare della natura, ne rimango estasiato, contemplo questo
Universo. Conto i suoi colori, leggo il libro della vita. Compongono con esso
le strofe di una più probabile verità.
…Ed ora riprendo l’umile cammino terreno, chino e con più ferite di prima nelle percosse della tua parola… Risorgo ad ogni Primavera dall’eterno inverno dell’infallibile dottrina, cerco solo di narrare la vita, l’Anima Infinita, lo Spirito di una diversa Rima, così risorgo e osservo quanto (da te) governato nel sogno compiuto.
Mi perdo in quello,
in quanto (tu) sfrutti la vita, io vago nell’Abisso di una diversa bellezza,
principio assente alla materia, vuoto in apparente assenza di movimento,
principio che sogna la vita. La penetro e
governo nella dimensione assente alla tua orbita, parlo con chi
invisibile al tuo ingegno nel ciclo di questa opera, così da poter svelare
nell’onda dell’apparente pazzia, il quadro della rima ammirata e crocefissa.
Insieme componiamo la
Rima, ma non certo l’intera poesia o arte che sia: tu cerchi di penetrare
controllare e addirittura prevedere il principio infinito di cui Secondo al Primo
verso composto. Ridi e ti fai beffa della semplicità, nell’infallibilità
dell’ortodosso verbo ove pensi scorgere l’eterna Eresia sottomessa e braccata.
Urli e ridi prigioniero di una particella di vita, ignaro che il ciclo ognuno
dovrà ricomporre per provare cos’è, in verità, la segreta mia Natura…
In ogni elemento
dimora l’eterno e invisibile principio, in quanto la forma presiedo, tu calco…
narri e scomponi la vita. Nell’apparenza, quella certamente è una foglia,
principio e linfa respiro della materia, ma nel secolare albero che ti narrai dimora
un intero Universo.
Una vita punita dalla tua schiera, dal tuo effimero potere, il nulla creato. Io posso dall’alto di questa eterna lotta destinare loro il ciclo dell’opera alla tua vista compiuta, in verità incompiuta in quanto il sogno sempre si ricompone alla notte della tua venuta…
…Gli alberi sono santuari…
Chi sa parlare con loro,
chi sa ascoltarli, percepisce la verità.
Essi non predicano
dottrine e ricette ma predicano, noncuranti del particolare, la legge
primordiale della vita...
Un albero parla: in me si
cela un granello, una scintilla, un pensiero, io sono vita della vita eterna.
Unico è il tentativo e il parto che l’eterna madre ha osato con me, unica la
mia figura e la nervatura della mia pelle, unico il gioco di foglie della mia
vetta e la più minuscola ferita della mia corteccia. Il mio compito è
rappresentare e significare l’eterno nell’intarsio dell’unicità.
Un albero parla: la mia
forza è la fede...
Io non so niente dei miei
padri, non so niente dei mille figli che ogni anno da me si generano. Io vivo
sino in fondo il mistero del mio seme, di nient’altro mi preoccupo.
Ho fede che Dio è in me.
Ho fede che il mio
compito è sacro.
Di questa fede io vivo.
Quando siamo tristi e non
riusciamo più a sopportare la vita, allora un albero può parlarci:
Fa silenzio! Guarda me!
Vivere non è facile, vivere non è difficile…
(H. Hesse, Alberi, Storie
di vagabondaggio)
Così nell’interrogativo dall’uomo a dio posto dio o uomo che sia, chiedo al principio che in ognuno dimora, chi sono questi Spiriti che vagano come onde narrare le ère trascorse. Chi questi esseri vivi e invisibili al Sentiero dell’opera magnifica comporre siffatta splendida Rima, non certo la mia. Sua, l’infinita Poesia, mi suggerisce foglia e Parola, eterna Anima risorta alla luce di quanto Creato…
Nel verbo ove contemplo e prego Dio, la verità per sempre taciuta narrare
il Sentiero della Vita: avversa alla materia (ora) compongo e dipingo il
quadro, vista del tuo occhio compiuto… Ciò che vedi e non intendi compone solo
l’intento incompiuto controllato dal piatto schermo evoluto, la ‘parabola’ cui
affidi il sogno sognato alla materia della vita incapace di vedere l’opera
prima.
Nel Sentiero di questo esilio, la domanda si fa più compiuta di prima,
e là dove poggio l’occhio dell’Eterna Memoria scopro il segreto della vita muto
alla parola. Là dove prego e dipingo Dio nell’opera della Natura risorta, il
quadro si forma alla segreta mia vista, per ricomporsi più bello di prima.
Così parla il ‘Dio prima di Dio’, indica la via in apparenza smarrita, dona coraggio e preghiera, ad annunciare nel quadro dipinto all’alba di una eterna mattina la sua risposta: prosegui il cammino perché il sentiero non hai smarrito, è nato l’uomo non certo lo Spirito avverso al sogno compiuto. Anch’io fui inchiodato una mattina, trascinato al rogo della vita da chi nella materia cerca il calore della vita. Da chi bracca ogni Anima perseguitare la vita. Da chi caccia ogni parola per il trofeo che sfama ed orna la sua dimora. Ugual gente mi insultava e calunniava nella stessa via.
Poi come un raggio di verità nella legge nel tempio evoluta, la legge
di un dio non conforme alla vita pensata e cresciuta, terminai la parabola
dell’eterna Parola al Teschio della tortura. Ciò che per il vero appare quale
pazzia, è via e vita, scoperta e indagata una mattina per l’intero sentiero
dell’infinita venuta.
Chi pone questa regola, vedrà comporsi e dispiegarsi la domanda
ossessione di una e più vite. I sentieri percorsi furono tanti, narrarli o
descriverli non basta un Universo, come non sufficiente una sola dalla Dimensione vissuta… svelare la vita.
Da quello… neppure Dio… se è per questo.
Così quando preghi la vita, senza nome o dio. Quando preghi la Natura taciuta, io osservo l’opera compiuta, e seguo la tua via. Ciò che tutto intorno appare, è quanto dall’uomo nato studiato sfruttato e dominato, in verità, a te dico, vi è un altro Universo invisibile al loro secondo Dio. Un altro Universo ove ciascuna vita vissuta compiere il ciclo dell’eterna venuta…
Lo Spirito cui composta la Luce Divina parte dell’opera compiuta,
disceso entro la materia, eterno questo sentiero, fors’anche prigione, perché
se pur bella la foglia che preghi comporre l’albero della vita, prigioniera del
Tempo ciclo della Natura. Prigioniera anche lei di un destino compiuto, se dona
elemento, se orna la vita, sempre nel corpo della materia evoluta…, ed in lei compone
l’opera di cui linfa taciuta…
...Quel ponte sospeso nell’attimo di raccoglimento quale visione dell’opera e nella parola non scritta, ne supera in verità la sostanza. Perché non si attiene ad essa, ma da essa ne prende linfa per uno slancio nuovo che produce energia essenziale per assaporare la vita nell’incessante suo procedere posta nel ciclo costante fra la nascita e la morte.
Così mi accingo alla
costruzione di questa scala che pongo nell’insieme, al di sopra di esso mi
elevo per superare la stretta via del programmato, organizzato, strutturato. La
costruisco con sapiente maestria, e non cerco quell’ispirazione verso l’alto
inteso come superiore, ma elevazione morale e non erudizione bensì intuizione.
Che no, non è linguaggio misurato, scrutato, controllato, elaborato, per
divenire geroglifico d’incomprensione, ma istinto mutato in esperienza già vissuta. Lingua già
parlata, sé pensante e quantificabile nella sua evoluzione. Sé assumere
coscienza di ciò che era e non ricorda. Questo ricordo indago, un sogno perso
in una visione mistica verso il nostro passato troppo spesso confuso barattato
venduto per altro, cerco correggo ed interpreto.
Una semplice opera di ‘metafisica’, in quanto essa supera per sua volontà le leggi della fisica e della natura così come ci appare. Cerco in questo sforzo di sollevarmi da ciò che per nostra natura ‘pensiamo’ conoscere o scrutare. Pongo delle ragioni di dubbio che risiedono nel fondamento dell’ispirazione. Quando pongo nel buio dei vostri perché questa scala, la mia ispirazione non è sollevarmi al di sopra degli uomini per raggiungere simmetrica sostanza dell’infinito, bensì, sollevarmi dall’immensità del conosciuto o del mistero, verso ciò che prescinde dall’essenza del materiale con cui per millenni è stata costruita, con ugual volontà con cui mi accingo per la stessa opera (e se nel paradosso di cotal volontà manifesta approdo, in assenza di tempo, alla prima negazione detta, allora ho pur perseguito Infinito intento e creato Spazio e Tempo nella mistica contemplativa d’una negazione la quale negando se stessa divenire affermazione prescindendo così dalla volontà con cui per secoli cotal ‘scala’ pensata e costruita, liberato cioè da qual si voglia manifesta ortodossa pretesa di cui Eckhart eretico maestro…).
Quando ci rivolgiamo alle
ragioni della fisica con tutte le sue teorie, occorre questo sforzo
intellettivo per elevarsi alla concezione reale di una probabile creazione e al
suo motivo. Quando mi accingo allo sforzo culturale di immaginare l’Universo secondo
le ultime teorie della fisica, attenendomi alla teoria delle stringhe fino alle
più recenti definizioni circa la materia scura, deve compiere questo sforzo
intellettivo: assimilazione e astrazione.
Innalzo questa scala
composta con tutti gli scalini del nostro sapere, ma prescindendo innanzitutto
da essi, per sollevarmi a nuove e più probabili affermazioni di verità.
Attraverso lo spazio tridimensionale, apro più certe dimensioni sulla consistenza
dell’inizio e successiva fine, come il presente scritto attraverso più
dimensioni di altri scritti, cercherà di fare.
Fra l’inizio e la fine ci sono dei perché, come punteggiature e virgole all’interno di un disquisire. Più di certi punti esclamativi, riduttivi e ripetitivi nella loro bellica chiassosità. Mentre coloro che si soffermano su degli stili di vita e modellano grazie ad essi tutta la loro materiale esistenza, non convergono a degli interrogativi, bensì a delle pause più o meno lunghe negli intermezzi della frase, del discorso, nell’opera che si accingono compiere ogni giorno fra l’inizio e la certa fine nella grammatica della vita.
Si soffermano, illusi di
procedere, senza proseguire nel cammino, non compiono sforzi intellettivi e
interpretativi per andare alla fonte della retta la quale da - A - tenta
e striscia verso - B - e successivamente
camminare e volare da - B - e poi ancora procedere all’uso costante di una e
più possibili grammatiche dal pensiero evolute sino alla parola e questa ad una
probabile scrittura consequenziale e connessa nell’intero suo svolgere non
esulando da nessuna condizione posta…
Così come la foglia ed il
suo ramo e questo all’albero dalla radice cui nasce e l’uomo raccoglierne il
frutto ben maturo che non sia una mela nell’errata grammatica nella genesi
della vita bensì pensiero evoluto all’ombra di uno o più universi nati nella corretta
comprensione e successivo stupore nella parola… celebrato…
Si sottomettono poi, senza mettersi in discussione in improbabili voli di costruzioni infinite, al pari, pensano, del nuovo mondo virtuale, da questo traggono giovamento per la propria esistenza e quella degli altri. Così l’economia del mondo. La nuova lingua: uguaglianza, emancipazione, moda, e dicono anche progresso e libertà. Non si accorgono invece di essere fermi in interminabili pause storiche che con il loro operato tendono a ricomporre con uguale precisione sottoposte all’intervento grottesco di più punti interrogativi ed esclamativi. Quante volte sottoponendoci alla umiliante visione (per l’essere umano evoluto) delle notizie che ogni giorno ci arrivano a conferma di questa teoria, ci accorgiamo che le pause di punteggiature e virgole scandirne il tempo, tendono ad essere costanti insormontabili per il giusto progredire dell’essere umano. E tutti coloro che si dilettano in questo modo a concepire la grammatica della nostra esistenza, ne rallentano in verità la vera ascesa.
Il Profeta che ti
appare ed il suo Universo, lo scruti nella giusta preghiera di un intero mondo
taciuto, forse lo hai visto, e quando ti sei avvicinato ed hai contemplato l’Assoluto,
ammiri la vita nel cosmo compiuto. Vi sono Spiriti dimorare e rinascere ad
altre nature, risorgere così ai loro sentimenti opere ed errori, in questo
nulla possono eccetto il Principio. Chi risentito e prigioniero, anche nella
bellezza per sempre pregata o rifiutata, alla ricerca del comune principio
Spirito desiderato, vuol tornare in verità e per il vero all’originale Natura…,
per questo hai udito le tante voci di Eretici prigionieri della materia, ora
godono il ‘consolamentum’ del sogno dell’eterna via destinata.
Poi risorgeranno con
il loro ‘peccato’ a nuova vita!
Chi in verità attende resurrezione dei corpi divisa e pregata nei gironi di ugual vita, anche se con nomi diversi, Inferno Purgatorio o Paradiso, ha inventato una strana dottrina per svelare e narrare la Natura. Ha inventato un falso sentiero, cedere ad un Dio incompiuto il passo di un parola assente al Suo giudizio per abdicarla alla verità taciuta dell’opera mia… Se fosse così meschina e misera la vita, o la Natura da me solo sognata e pensata, sarei incompiuto per ciò che appare Infinito.
Sarei più piccolo del
Creato, Frammento di quanto pensato.
L’Universo che scruti
e vedi, viaggi ammiri e brami, dove formuli numeri e teorie, è uno specchio fra
te e il Dio pregato e cercato.
Il Tempo?
Un inganno con cui
abbandonano la Verità della dimensione cercata, se osservi attentamente la
strana teoria, vedrai altri Universi prima del principio della… Vita… Così
potrai comprenderne la verità muta ed invisibile alla dimensione della tua via…
Nell’inganno del Tempo creato ove la materia stende lo spazio osservato… Compongo
nei miliardi di anni luce non ancora giunti alla comprensione della tua vista,
una diversa Rima… Quando l’immagine si ricompone fra secoli millenni milioni
miliardi di spazi contati, scoprirai galassie dove se scruti vedrai la vita, e
forse un pianeta ove appena eretta una strana ‘dottrina’ ciecamente pregata… ed
osservata…
Ti guarderai come eri e diverrai, ma quando poggerai l’occhio smarrito all’Albero della Vita, Universo taciuto, sarai al capolinea della terrena venuta, avrai mutato il corso d’un pensiero sogno incompiuto, scorgerai l’errore della vita dominata, godrai dello scempio della Terra ora albero secco e muto morto all’opera (tua) compiuta. Una lacrima nel sotterraneo del rifugio bagnerà il viso, vedrai una terra piatta da un Oceano di continenti unita, e nei secoli rinascerai al piccolo tuo sogno di gloria incarnato in un Dio di potenza giudice del peccato mai consumato. Pensa governare la Terra, quando in verità tutto in lei più morto di prima.
Vedrai una terra, un
pianeta, una foglia ed un Albero di vita…
Ma te che ti fai beffa
dell’opera sei alla fine di ciò che pensi la cima, Sentiero cui hai dominato e
confuso la vita…
Quel pazzo assiso senza parola privato del nesso della vita, che pensano aver smarrito la retta via… ha scritto e scoperto in silenzio il segreto dell’intera ed infinita segreta immateriale sua essenza… Mortificherai la verità, braccherai Dio, calunnierai il Suo mistero… ed ad un Teschio condannerai la retta Parola…
Così in questo spazio tridimensionale mi accorgo che in realtà la nostra percezione tende a trascurare e condizionare, per nostro limite, altre dimensioni o visioni. Ciò che non vediamo composto nella materia della vista o percepito con l’udito, non esiste. Esiste solo ciò di cui si compone l’immagine ed il proprio elemento, ciechi e sordi di fronte al simmetrico suo specchio e riflessa nell’armonia dell’invisibile, né vista né udita, ma radice, dell’universale pianta che ammiriamo in silenziosa preghiera. L’essenza prima sulla quale poggia la teoria della ‘meccanica quantistica’ risiede in questa specifica intuizione nella definizione di moto dal micro al macrocosmo della materia visibile e quantificabile.
Quando immaginiamo una
scala, in senso prettamente metafisico, tocchiamo per il vero le ragioni della
fisica. Ma dobbiamo adoperare un’immagine surreale, che non si assommi nella
Babele della propria altezza, bensì cerca di allontanarsi da quel giogo di
gravità intesa in termine fisico e culturale a cui siamo assoggettati quale
condizione della visione stessa, quando uno stesso mezzo, il più antico nella
sua efficacia, relegato in una singola visione e non interagendo con le altre.
Se pensiamo l’uomo, la storia da lui creata, lo spazio occupato ed i presunti
risultati conseguiti da quando riscontriamo i segni della sua presenza su
questo pianeta, ci accorgiamo che per rispondere ad alcune domande circa il
dubbio (nonché ciclico così come poco fa espresso circa la ‘grammatica’ quale
scrittura composta di interrogativi in
virgole e punti distribuiti) operato raggiunto nei secoli dobbiamo rivolgerci
ad altre scienze e discipline. Ci sono insufficienti argomentazioni attendibili
circa i temi trattati da alcune discipline sulla natura umana. Dobbiamo
cercare, così come faremmo nel cosmo, altri elementi per spiegare la sua natura
per poi prevederne e capire dinamiche passate e future distribuite entro la
dimensione dello spazio e tempo, in una probabile freccia del tempo se
l’Universo ne contenga una o molteplici.
Nell’evoluzione della materia conosciamo questa direzionalità irreversibile, ed attraverso questa scala così immaginata aspirare al concetto precedente l’Universo, cui proveniamo in assenza di tempo direzione e reversibilità. Per poi decifrare più che capire, visto la distanza della materia osservata, visto la profondità dell’abisso scavato, visto l’impossibilità della percezione ottenuta attraverso questa vista, questo sguardo, questa intuizione, questo sogno. Quindi l’uomo con i propri limiti i quali riconducibili ad uno specifico DNA acquisito nei milioni di anni connesso a fattori bio-chimici da cui la vita nella totalità estensiva della propria evoluzione, ed in cui per l’appunto, nessun ‘senso’ o elemento esulare dall’intero contesto interagendo con gli altri, l’ecosistema vita si rivela in base a questo principio. Ma anche cotal fisica via, mi sembra comprendere, contiene un aspetto riduttivo e fors’anche selettivo ridotta alla materia (precipitata composta e successivamente ‘corrotta’), se pur spiega molte più cose di quanto siamo abituati ad esaminare e studiare secondo le discipline attuali, le quali tendono evidenziarne il profilo psicologico nel contesto sociale in cui calato l’essere umano nel quotidiano vivere esulando in verità e per il vero da molti altri metafisici aspetti fondamentali per una più retta e saggia comprensione di una probabile ed invisibile dinamica.
Certo, leggere l’umano
attraverso un ‘codice a barre’, è come leggere un libro chiuso cui è stato
affidato il compito ad operatori incaricati del suo commercio nel magazzino e
scaffale della storia. La storia in realtà comprende più aspetti, più letture e
chiavi di interpretazione. Più fattori che uniti assieme convergono o divergono, creando nel cosmo
della vita molteplici interpretazioni ed evoluzioni. Psicologiche sociali
antropologiche genetiche filosofiche scientifiche e via dicendo.
Così quando ci accingiamo alla nostra costruzione, alla nostra scala, in puro senso metafisico, siamo attenti ai ‘legni’ adoperati per erigerla aspirando innanzitutto alla somiglianza dell’essenza della radice, per la quale i motivi del frutto visibili opposti che convergono. Uno ben godibile dalla corteccia al ramo quale immagine di vita, l’altra invisibile ed essenza del principio cui la sostanza dipende. La funzione della radice indispensabile, metaforicamente parlando, nel ciclo della vita, la quale ci riconsegna grazie alla fotosintesi a quel processo costante ed essenziale per l’esistenza nel nostro ed altrui benessere. Pensare di abbattere ciò che è imprescindibile ed indispensabile per la vita per diversa fonte di sussistenza e con questa guadagno e profitto per tutti gli interessati, significa non voler progredire ed evolversi nel senso scientifico della parola; bensì regredire con tutte le immediate conseguenze e successivi disagi che si palesano a breve e lunga scadenza. Migliorare la qualità della vita non significa solo guardare ai grandi traguardi conseguiti dalla scienza in questi ultimi anni, bensì vedere la ‘scala’ così come noi la intendiamo nella reale costruzione per la quale è stata pensata.
Di solito però vivevamo giorno per giorno nella severa ritiratezza del nostro Eremo. Esso era edificato ai margini delle Scogliere di Marmo, nel mezzo di una delle isole pietrose che interrompono qui e la terra fertile dei vigneti.
...Dalla terrazza si
passava ella biblioteca per una porta a vetri. Nelle serene ore mattutine
questa porta era interamente aperta,
sicché fratello Ottone sedeva al suo ampio tavolo come se fosse in giardino.
Entravo sempre volentieri in questa camera, alla cui parete le verdi ombre del
fogliame pareva giocare, ed il silenzio era appena interrotto dal pigolio degli
uccelli usciti da poco dal nido e dal vicino ronzio delle api.
Presso la finestra su di
un cavalletto era disposta la grande tavola da disegno, e alle pareti si
susseguivano file di libri sino al soffitto. La fila inferiore era disposta in
un compartimento alto, opportuno per gli in-folio, per il grande Hortus
Plantarum Mundi e per le opere con illuminatore a mano, quali ormai più non si
stampano. Sopra quel compartimento sporgevano i ripostigli, che si potevano
ancora ampliare mediante tavole, coperte di carte occasionali o dei fogli
ingialliti degli erbari. Quei cassetti contenevano anche una raccolta di
piante, che noi avevamo estratte da miniere di calce e di carbone, e fra di
esse parecchi cristalli, che si usano esporre come soprammobili, e che a volte
si soppesano in mano, per trastullo, nel meditato conversare.
Sopra le cassettiere si
innalzavano le file di volumi di formato minore, una raccolta di opere botaniche
non molto vasta ma completa di tutto quanto prima d’allora era apparso sulla
coltivazione dei gigli. Questa parte della biblioteca si distingueva in tre
diversi rami, formati cioè dalle opere circa la struttura, il colore e il
profumo del giglio.
...Eravamo venuti
all’Eremo con il piano di dedicarci a profondi studi circa le piante, e
cominciammo,secondo l’ordine del respiro e dell’imporci un regime nella
nutrizione. Come tutte le cose di questa terra, anche le piante ci vogliono
parlare, una mente chiara è necessaria per comprenderne il linguaggio.
(E. Junger, Sulle
scogliere di marmo)
(Da Giuliano Lazzaril’Eretico Viaggio)
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