giuliano

mercoledì 15 novembre 2023

BREVI PAUSE (6)









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Circa ugual medesima 


'materia storica' (4/5) 


La programmazione 


prosegue  (7/8)   (9)







 …E mentre componevo la Rima pensando la Vita, la morte mi ha atteso nel Sogno aggredito, nel Secondo, dialogo taciuto, si è impossessata quanto da me evoluto, e nel Sogno eterno della vita  sgorgare quale linfa da ogni cellula o atomo, il Pensiero Creato tremare nel boato della terra dove gli Dèi mutarono il mito, ove un profeta assiso al riparo di un albero ebbe la visione di quanto compiuto.

 

Nel ‘vuoto’ governato dal Secondo, la terra ha tremato paura, certo nel mondo della materia è geologia narrare l’opera compiuta, ma nel mondo invisibile di codesto sentiero, simmetrico alla vista di ciò che mai appare, Dèi e Dèmoni hanno lottato per il principio dell’eterna vita, nel ciclo che sempre si ricompone nella materia compiuta. Chi desidera tornare al principio: Simmetria in apparente assenza di vita, e nel vuoto (apparente) all’èstasi dell’infinito, preferendo lo Spirito, ‘Dio prima di Dio’, dovrà affrontare una primordiale lotta: schiere di angeli e dèmoni combattersi nell’invisibile universo.

 

‘Secondi’ intenti pretendono governare il mondo, e con esso anche la materia, se pur ancora la vita terrena, destino del loro profeta li vuole (solo) custodi quanto (dal Primo e immateriale pensato) da me creato.


…Forse fu un sogno incompiuto, nel quale mi astenni da ogni potere su ciò che ottiene forma e immagine, dimensione di vita, la mia essenza e dimensione precedere Spazio e Tempo compiuto, e inquantificabile al principio della vista. Dimensione da te narrata nell’umile materia, ‘assenza’ senza nesso con cui la vita spiega e svela la via (per chi il segreto dell’invisibile vista). In verità, chi esce dal retto contesto e gode visione da te nominata pazzia, inizia a comprendere la retta via nell’invisibile sentiero svelato.




 Tu scruti un sol uomo, contemplare e pregare doppia essenza e mistero, e quale dio dall’occhio Polifemo lo narri e apostrofi come idiota, una virgola senza nessun nesso predicare, o peggio, ipotizzare la vita… Cammino e ti vedo, ed ogni elemento da te così braccato svelare la prigione cui hai destinato codesto creato.

 

La freccia del Tempo svela la via affinché nessuno la smarrisca, il libro del profeta narra uno strano Dio, Straniero all’Infinito mio cammino… E quando scrivo creo e contemplo la vita, testimone il Dio invisibile alla tua parola, hai squarciato la terra e divorato l’antico e saggio profeta. Ci siamo combattuti, materia e principio increato, nelle montagne custodi d’un Primo Pensiero narrato. La Terra tremare  vittoria o sconfitta di chi con la morte scrive la vita. Io che sono la vita muoio nel Sentiero di un Teschio con ugual torto al dono del tempio… nella materia evoluto…  




   ...Neppure per sogno! 

Accanto ai tronchi venerandi delle fedi che hanno nutrito per millenni miliardi di uomini, trovi quelli secchi, oppure i polloni che hanno buttato per una primavera e poi sono rimasti distrutti, o si sono saldati al legno maggiore. Trovi l’episodio manicheo che ci porta poi fin nell’Asia centrale e forse anche nel cuore dell’Europa medievale; trovi l’episodio marcionita; trovi l’episodio essenico; trovi l’episodio mazdakita; trovi il sottobosco, la nebbia di foglie delle innumerevoli sette gnostiche; trovi la fioritura delle confessioni cristiane che si combattevano su ponti sottili di teologia, trovi lo slancio dei mistici sufi…

…Ma in tutti riconosci alcuni, spesso molti, elementi fondamentali del brodo Epsimìra combina ti e rivissuti in maniere, fogge, temperie, toni diversi. Ora qualche elemento manca; ora uno è grandemente sviluppato a scapito degli altri; ora cambia la temperatura emotiva; ora prevalgono miti; ora la nuda religione. E’ come una sinfonia immensa e millenaria in cui i tempi si svolgono su alcuni motivi fondamentali, in alcune chiavi ed in alcune tonalità riconoscibili da lontano.

(F. Maraini, Paropàmiso)




  Aspiro alla foglia dono di vita, e se pur tende alla luce e grazie ad essa compie le sue funzioni principali, è riconducibile all’essenza della radice. Una ben visibile, l’altra nascosta e protesa verso i meandri della terra, ma essenziale fonte di sussistenza per l’albero e il legno ad esso riconducibile a cui aspiro per questa scala.

 

Cerco la foglia e ammiro la sua perfezione.

 

Ciò che ammiro nella compostezza di un panorama colto da lontano è l’infinito concerto di verde di tutte le foglie comporre universale visione dal cielo alla terra cresciuta. Il germogliare in primavera e l’infinita linfa estiva, poi il lento morire, con le troppe sfumature, i troppi colori, la troppa bellezza anche nell’ultima scintilla della stella specchio di questo Universo. Quando la linfa viene meno ecco la stella accendersi di colori ultimi e abbaglianti nella  luminosa bellezza. Monocromatici eventi tornare allo scuro ed invisibile principio, policromatici colori volgere alla linfa della terra in apparente morte, in apparente assenza, letargo quale Spazio contratto precedente al Tempo, per resuscitarlo dal calvario di un apparente nulla.

 

Simmetrico ‘nulla’ universale.

 

Ma la divina bellezza la quale ravviva l’animo, prima e dopo essere approdata alla retina occhio dello Spirito nella materia evoluto, vibra in noi ogni sentimento di gioia e amore per gli elementi della natura composta dal concerto nell’insieme di tutte le note invisibili e successivamente percepite come un suono troppo distante dai sensi in cui pensiamo la dimensione nominata vita, quantunque pregata e udita nello spartito di chi vive nell’Anima Mundi della sua stagione, sino al ciclo del monocromatico verde al policromatico opposto della graduale morte. L’Universo sembra esprimersi con uguali velate note nel simmetrico terreno donde cresciuto, con medesima lingua, stessa costanza ed impareggiabile bellezza.

 

Così cerco con cura e senza far rumore, questi buoni legni.




Non legno qualsiasi, ma accuratamente scelto, a costo di sacrifici e lunghe passeggiate. L’opera più saggia e completa e nello stesso tempo illuminante, non è mai paragonabile a quel ponte sospeso fra due sponde. Nel nulla della concretezza e astrazione dei temi trattati, anche gli argomenti secolari, quelli che rimangono vigili testimoni dell’evoluzione nata dalle pieghe della sua spirale, della sua struttura, nelle curve dei rami, nella forza dirompente delle radici, può cedere il passo alla volontà che sottostà all’ombra della sua ‘creatura’.

 

Da lontano ammiro la perfezione secolare della natura, ne rimango estasiato, contemplo questo Universo. Conto i suoi colori, leggo il libro della vita. Compongono con esso le strofe di una più probabile verità.




 …Ed ora riprendo l’umile cammino terreno, chino e con più ferite di prima nelle percosse della tua parola… Risorgo ad ogni Primavera dall’eterno inverno dell’infallibile dottrina, cerco solo di narrare la vita, l’Anima Infinita, lo Spirito di una diversa Rima, così risorgo e osservo quanto (da te) governato nel sogno compiuto.

 

Mi perdo in quello, in quanto (tu) sfrutti la vita, io vago nell’Abisso di una diversa bellezza, principio assente alla materia, vuoto in apparente assenza di movimento, principio che sogna la vita. La penetro e  governo nella dimensione assente alla tua orbita, parlo con chi invisibile al tuo ingegno nel ciclo di questa opera, così da poter svelare nell’onda dell’apparente pazzia, il quadro della rima ammirata e crocefissa.

 

Insieme componiamo la Rima, ma non certo l’intera poesia o arte che sia: tu cerchi di penetrare controllare e addirittura prevedere il principio infinito di cui Secondo al Primo verso composto. Ridi e ti fai beffa della semplicità, nell’infallibilità dell’ortodosso verbo ove pensi scorgere l’eterna Eresia sottomessa e braccata. Urli e ridi prigioniero di una particella di vita, ignaro che il ciclo ognuno dovrà ricomporre per provare cos’è, in verità, la segreta mia Natura…

 

In ogni elemento dimora l’eterno e invisibile principio, in quanto la forma presiedo, tu calco… narri e scomponi la vita. Nell’apparenza, quella certamente è una foglia, principio e linfa respiro della materia, ma nel secolare albero che ti narrai dimora un intero Universo.




 Una vita punita dalla tua schiera, dal tuo effimero potere, il nulla creato. Io posso dall’alto di questa eterna lotta destinare loro il ciclo dell’opera alla tua vista compiuta, in verità incompiuta in quanto il sogno sempre si ricompone alla notte della tua venuta…  

 

 …Gli alberi sono santuari…

Chi sa parlare con loro, chi sa ascoltarli, percepisce la verità.

Essi non predicano dottrine e ricette ma predicano, noncuranti del particolare, la legge primordiale della vita...

Un albero parla: in me si cela un granello, una scintilla, un pensiero, io sono vita della vita eterna. Unico è il tentativo e il parto che l’eterna madre ha osato con me, unica la mia figura e la nervatura della mia pelle, unico il gioco di foglie della mia vetta e la più minuscola ferita della mia corteccia. Il mio compito è rappresentare e significare l’eterno nell’intarsio dell’unicità.

Un albero parla: la mia forza è la fede...

Io non so niente dei miei padri, non so niente dei mille figli che ogni anno da me si generano. Io vivo sino in fondo il mistero del mio seme, di nient’altro mi preoccupo.

Ho fede che Dio è in me.

Ho fede che il mio compito è sacro.

Di questa fede io vivo.

Quando siamo tristi e non riusciamo più a sopportare la vita, allora un albero può parlarci:

Fa silenzio! Guarda me! Vivere non è facile, vivere non è difficile…

(H. Hesse, Alberi, Storie di vagabondaggio)




Così nell’interrogativo dall’uomo a dio posto dio o uomo che sia, chiedo al principio che in ognuno dimora, chi sono questi Spiriti che vagano come onde narrare le ère trascorse. Chi questi esseri vivi e invisibili al Sentiero dell’opera magnifica comporre siffatta splendida Rima, non certo la mia. Sua, l’infinita Poesia, mi suggerisce foglia e Parola, eterna Anima  risorta alla luce di quanto Creato…  

 

Nel verbo ove contemplo e prego Dio, la verità per sempre taciuta narrare il Sentiero della Vita: avversa alla materia (ora) compongo e dipingo il quadro, vista del tuo occhio compiuto… Ciò che vedi e non intendi compone solo l’intento incompiuto controllato dal piatto schermo evoluto, la ‘parabola’ cui affidi il sogno sognato alla materia della vita incapace di vedere l’opera prima.

 

Nel Sentiero di questo esilio, la domanda si fa più compiuta di prima, e là dove poggio l’occhio dell’Eterna Memoria scopro il segreto della vita muto alla parola. Là dove prego e dipingo Dio nell’opera della Natura risorta, il quadro si forma alla segreta mia vista, per ricomporsi più bello di prima.




 Così parla il ‘Dio prima di Dio’, indica la via in apparenza smarrita, dona coraggio e preghiera, ad annunciare nel quadro dipinto all’alba di una eterna mattina la sua risposta: prosegui il cammino perché il sentiero non hai smarrito, è nato l’uomo non certo lo Spirito avverso al sogno compiuto. Anch’io fui inchiodato una mattina, trascinato al rogo della vita da chi nella materia cerca il calore della vita. Da chi bracca ogni Anima perseguitare la vita. Da chi caccia ogni parola per il trofeo che sfama ed orna la sua dimora. Ugual gente mi insultava e calunniava nella stessa via.

 

Poi come un raggio di verità nella legge nel tempio evoluta, la legge di un dio non conforme alla vita pensata e cresciuta, terminai la parabola dell’eterna Parola al Teschio della tortura. Ciò che per il vero appare quale pazzia, è via e vita, scoperta e indagata una mattina per l’intero sentiero dell’infinita venuta.

 

Chi pone questa regola, vedrà comporsi e dispiegarsi la domanda ossessione di una e più vite. I sentieri percorsi furono tanti, narrarli o descriverli non basta un Universo, come non sufficiente una sola dalla  Dimensione vissuta… svelare la vita.

 

Da quello… neppure Dio… se è per questo.




Così quando preghi la vita, senza nome o dio. Quando preghi la Natura taciuta, io osservo l’opera compiuta, e seguo la tua via. Ciò che tutto intorno appare, è quanto dall’uomo nato studiato sfruttato e dominato, in verità, a te dico, vi è un altro Universo invisibile al loro secondo Dio. Un altro Universo ove ciascuna vita vissuta compiere il ciclo dell’eterna venuta…

 

Lo Spirito cui composta la Luce Divina parte dell’opera compiuta, disceso entro la materia, eterno questo sentiero, fors’anche prigione, perché se pur bella la foglia che preghi comporre l’albero della vita, prigioniera del Tempo ciclo della Natura. Prigioniera anche lei di un destino compiuto, se dona elemento, se orna la vita, sempre nel corpo della materia evoluta…, ed in lei compone l’opera di cui linfa taciuta…  



 ...Quel ponte sospeso nell’attimo di raccoglimento quale visione dell’opera e nella parola non scritta, ne supera in verità la sostanza. Perché non si attiene ad essa, ma da essa ne prende linfa per uno slancio nuovo che produce energia essenziale per assaporare la vita nell’incessante suo procedere posta nel ciclo costante fra la nascita e la morte.

 

Così mi accingo alla costruzione di questa scala che pongo nell’insieme, al di sopra di esso mi elevo per superare la stretta via del programmato, organizzato, strutturato. La costruisco con sapiente maestria, e non cerco quell’ispirazione verso l’alto inteso come superiore, ma elevazione morale e non erudizione bensì intuizione. Che no, non è linguaggio misurato, scrutato, controllato, elaborato, per divenire geroglifico d’incomprensione, ma istinto  mutato in esperienza già vissuta. Lingua già parlata, sé pensante e quantificabile nella sua evoluzione. Sé assumere coscienza di ciò che era e non ricorda. Questo ricordo indago, un sogno perso in una visione mistica verso il nostro passato troppo spesso confuso barattato venduto per altro, cerco correggo ed interpreto.




Una semplice opera di ‘metafisica’, in quanto essa supera per sua volontà le leggi della fisica e della natura così come ci appare. Cerco in questo sforzo di sollevarmi da ciò che per nostra natura ‘pensiamo’ conoscere o scrutare. Pongo delle ragioni di dubbio che risiedono nel fondamento dell’ispirazione. Quando pongo nel buio dei vostri perché questa scala, la mia ispirazione non è sollevarmi al di sopra degli uomini per raggiungere simmetrica sostanza dell’infinito, bensì, sollevarmi dall’immensità del conosciuto o del mistero, verso ciò che prescinde dall’essenza del materiale con cui per millenni è stata costruita, con ugual volontà con cui mi accingo per la stessa opera (e se nel paradosso di cotal volontà manifesta approdo, in assenza di tempo, alla prima negazione detta, allora ho pur perseguito Infinito intento e creato Spazio e Tempo nella mistica contemplativa d’una negazione la quale negando se stessa divenire affermazione prescindendo così dalla volontà con cui per secoli cotal ‘scala’ pensata e costruita, liberato cioè da qual si voglia manifesta ortodossa pretesa di cui Eckhart eretico maestro…).

 

Quando ci rivolgiamo alle ragioni della fisica con tutte le sue teorie, occorre questo sforzo intellettivo per elevarsi alla concezione reale di una probabile creazione e al suo motivo. Quando mi accingo allo sforzo culturale di immaginare l’Universo secondo le ultime teorie della fisica, attenendomi alla teoria delle stringhe fino alle più recenti definizioni circa la materia scura, deve compiere questo sforzo intellettivo: assimilazione e astrazione.

Innalzo questa scala composta con tutti gli scalini del nostro sapere, ma prescindendo innanzitutto da essi, per sollevarmi a nuove e più probabili affermazioni di verità. Attraverso lo spazio tridimensionale, apro più certe dimensioni sulla consistenza dell’inizio e successiva fine, come il presente scritto attraverso più dimensioni di altri scritti, cercherà di fare.




Fra l’inizio e la fine ci sono dei perché, come punteggiature e virgole  all’interno di un disquisire. Più di certi punti esclamativi, riduttivi e ripetitivi nella loro bellica chiassosità. Mentre coloro che si soffermano su degli stili di vita e modellano grazie ad essi tutta la loro materiale esistenza, non convergono a degli interrogativi, bensì a delle pause più o meno lunghe negli intermezzi della frase, del discorso, nell’opera che si accingono compiere ogni giorno fra l’inizio e la certa fine nella grammatica della vita.

 

Si soffermano, illusi di procedere, senza proseguire nel cammino, non compiono sforzi intellettivi e interpretativi per andare alla fonte della retta la quale da  - A -  tenta e striscia verso  - B - e successivamente camminare e volare da - B - e poi ancora procedere all’uso costante di una e più possibili grammatiche dal pensiero evolute sino alla parola e questa ad una probabile scrittura consequenziale e connessa nell’intero suo svolgere non esulando da nessuna condizione posta…

 

Così come la foglia ed il suo ramo e questo all’albero dalla radice cui nasce e l’uomo raccoglierne il frutto ben maturo che non sia una mela nell’errata grammatica nella genesi della vita bensì pensiero evoluto all’ombra di uno o più universi nati nella corretta comprensione e successivo stupore   nella parola… celebrato…




Si sottomettono poi, senza mettersi in discussione in improbabili voli di costruzioni infinite, al pari, pensano, del nuovo mondo virtuale, da questo traggono giovamento per la propria esistenza e quella degli altri. Così l’economia del mondo. La nuova lingua: uguaglianza, emancipazione, moda, e dicono anche progresso e libertà. Non si accorgono invece di essere fermi in interminabili pause storiche che con il loro operato tendono a ricomporre con uguale precisione sottoposte all’intervento grottesco di più punti interrogativi ed esclamativi. Quante volte sottoponendoci alla umiliante visione (per l’essere umano evoluto) delle notizie che ogni giorno ci arrivano a conferma di questa teoria, ci accorgiamo che le pause di punteggiature e virgole scandirne il tempo, tendono ad essere costanti insormontabili per il giusto progredire dell’essere umano. E tutti coloro che si dilettano in questo modo a concepire la grammatica della nostra esistenza, ne rallentano in verità la vera ascesa.

 

Il Profeta che ti appare ed il suo Universo, lo scruti nella giusta preghiera di un intero mondo taciuto, forse lo hai visto, e quando ti sei avvicinato ed hai contemplato l’Assoluto, ammiri la vita nel cosmo compiuto. Vi sono Spiriti dimorare e rinascere ad altre nature, risorgere così ai loro sentimenti opere ed errori, in questo nulla possono eccetto il Principio. Chi risentito e prigioniero, anche nella bellezza per sempre pregata o rifiutata, alla ricerca del comune principio Spirito desiderato, vuol tornare in verità e per il vero all’originale Natura…, per questo hai udito le tante voci di Eretici prigionieri della materia, ora godono il ‘consolamentum’ del sogno dell’eterna via destinata.

 

Poi risorgeranno con il loro ‘peccato’ a nuova vita!




Chi in verità attende resurrezione dei corpi divisa e pregata nei gironi di ugual vita, anche se con nomi diversi, Inferno Purgatorio o Paradiso, ha inventato una strana dottrina per svelare e narrare la Natura. Ha inventato un falso sentiero, cedere ad un Dio incompiuto il passo di un  parola assente al Suo giudizio per abdicarla alla verità taciuta dell’opera mia… Se fosse così meschina e misera la vita, o la Natura da me solo sognata e pensata, sarei incompiuto per ciò che appare Infinito. 

 

Sarei più piccolo del Creato, Frammento di quanto pensato.

 

L’Universo che scruti e vedi, viaggi ammiri e brami, dove formuli numeri e teorie, è uno specchio fra te e il Dio pregato e cercato.

 

Il Tempo?

 

Un inganno con cui abbandonano la Verità della dimensione cercata, se osservi attentamente la strana teoria, vedrai altri Universi prima del principio della… Vita… Così potrai comprenderne la verità muta ed invisibile alla dimensione della tua via… Nell’inganno del Tempo creato ove la materia stende lo spazio osservato… Compongo nei miliardi di anni luce non ancora giunti alla comprensione della tua vista, una diversa Rima… Quando l’immagine si ricompone fra secoli millenni milioni miliardi di spazi contati, scoprirai galassie dove se scruti vedrai la vita, e forse un pianeta ove appena eretta una strana ‘dottrina’ ciecamente pregata… ed osservata…




Ti guarderai come eri e diverrai, ma quando poggerai l’occhio smarrito all’Albero della Vita, Universo taciuto, sarai al capolinea della terrena venuta, avrai mutato il corso d’un pensiero sogno incompiuto, scorgerai l’errore della vita dominata, godrai dello scempio della Terra ora albero secco e muto morto all’opera (tua) compiuta. Una lacrima nel sotterraneo del rifugio bagnerà il viso, vedrai una terra piatta da un Oceano di continenti unita, e nei secoli rinascerai al piccolo tuo sogno di gloria incarnato in un Dio di potenza giudice del peccato mai consumato. Pensa governare la Terra, quando in verità tutto in lei più morto di prima.

 

Vedrai una terra, un pianeta, una foglia ed un Albero di vita…

 

Ma te che ti fai beffa dell’opera sei alla fine di ciò che pensi la cima, Sentiero cui hai dominato e confuso la vita…

 

Quel pazzo assiso senza parola privato del nesso della vita, che pensano aver smarrito la retta via… ha scritto e scoperto in silenzio il segreto dell’intera ed infinita segreta immateriale sua essenza… Mortificherai la verità, braccherai Dio, calunnierai il Suo mistero… ed ad un Teschio condannerai la retta Parola…

   


Così in questo spazio tridimensionale mi accorgo che in realtà la nostra percezione tende a trascurare e condizionare, per nostro limite, altre dimensioni o visioni. Ciò che non vediamo composto nella materia della vista o percepito con l’udito, non esiste. Esiste solo ciò di cui si compone l’immagine ed il proprio elemento, ciechi e sordi di fronte al simmetrico suo specchio e riflessa nell’armonia dell’invisibile, né vista né udita, ma radice, dell’universale pianta che ammiriamo in silenziosa preghiera. L’essenza prima sulla quale poggia la teoria della ‘meccanica quantistica’ risiede in questa specifica intuizione nella definizione di moto dal micro al macrocosmo della materia visibile e quantificabile.

 

Quando immaginiamo una scala, in senso prettamente metafisico, tocchiamo per il vero le ragioni della fisica. Ma dobbiamo adoperare un’immagine surreale, che non si assommi nella Babele della propria altezza, bensì cerca di allontanarsi da quel giogo di gravità intesa in termine fisico e culturale a cui siamo assoggettati quale condizione della visione stessa, quando uno stesso mezzo, il più antico nella sua efficacia, relegato in una singola visione e non interagendo con le altre. Se pensiamo l’uomo, la storia da lui creata, lo spazio occupato ed i presunti risultati conseguiti da quando riscontriamo i segni della sua presenza su questo pianeta, ci accorgiamo che per rispondere ad alcune domande circa il dubbio (nonché ciclico così come poco fa espresso circa la ‘grammatica’ quale scrittura composta di  interrogativi in virgole e punti distribuiti) operato raggiunto nei secoli dobbiamo rivolgerci ad altre scienze e discipline. Ci sono insufficienti argomentazioni attendibili circa i temi trattati da alcune discipline sulla natura umana. Dobbiamo cercare, così come faremmo nel cosmo, altri elementi per spiegare la sua natura per poi prevederne e capire dinamiche passate e future distribuite entro la dimensione dello spazio e tempo, in una probabile freccia del tempo se l’Universo ne contenga una o molteplici.




Nell’evoluzione della materia conosciamo questa direzionalità irreversibile, ed attraverso questa scala così immaginata aspirare al concetto precedente l’Universo, cui proveniamo in assenza di tempo direzione e reversibilità. Per poi decifrare più che capire, visto la distanza della materia osservata, visto la profondità dell’abisso scavato, visto l’impossibilità della percezione ottenuta attraverso questa vista, questo sguardo, questa intuizione, questo sogno. Quindi l’uomo con i propri limiti i quali riconducibili ad uno specifico DNA acquisito nei milioni di anni connesso a fattori bio-chimici da cui la vita nella totalità estensiva della propria evoluzione, ed in cui per l’appunto, nessun ‘senso’ o elemento esulare dall’intero contesto interagendo con gli altri, l’ecosistema vita si rivela in base a questo principio. Ma anche cotal fisica via, mi sembra comprendere, contiene un aspetto riduttivo e fors’anche selettivo ridotta alla materia (precipitata composta e successivamente ‘corrotta’), se pur spiega molte più cose di quanto siamo abituati ad esaminare e studiare secondo le discipline attuali, le quali tendono evidenziarne il profilo psicologico nel contesto sociale in cui calato l’essere umano nel quotidiano vivere esulando in verità e per il vero da molti altri metafisici aspetti fondamentali per una più retta e saggia comprensione di una probabile ed invisibile dinamica.

 

Certo, leggere l’umano attraverso un ‘codice a barre’, è come leggere un libro chiuso cui è stato affidato il compito ad operatori incaricati del suo commercio nel magazzino e scaffale della storia. La storia in realtà comprende più aspetti, più letture e chiavi di interpretazione. Più fattori che uniti assieme  convergono o divergono, creando nel cosmo della vita molteplici interpretazioni ed evoluzioni. Psicologiche sociali antropologiche genetiche filosofiche scientifiche e via dicendo.




 Così quando ci accingiamo alla nostra costruzione, alla nostra scala, in puro senso metafisico, siamo attenti ai ‘legni’ adoperati per erigerla aspirando innanzitutto alla somiglianza dell’essenza della radice, per la quale i motivi del frutto visibili opposti che convergono. Uno ben godibile dalla corteccia al ramo quale immagine di vita, l’altra invisibile ed essenza del principio cui la sostanza dipende. La funzione della radice indispensabile, metaforicamente parlando, nel ciclo della vita, la quale ci riconsegna grazie alla fotosintesi a quel processo costante ed essenziale per l’esistenza nel nostro ed altrui benessere. Pensare di abbattere ciò che è imprescindibile ed indispensabile per la vita per diversa fonte di sussistenza e con questa guadagno e profitto per tutti gli interessati, significa non voler progredire ed evolversi nel senso scientifico della parola; bensì regredire con tutte le immediate conseguenze e successivi disagi che si palesano a breve e lunga scadenza. Migliorare la qualità della vita non significa solo guardare ai grandi traguardi conseguiti dalla scienza in questi ultimi anni, bensì vedere la ‘scala’ così come noi la intendiamo nella reale costruzione per la quale è stata pensata.




  Di solito però vivevamo giorno per giorno nella severa ritiratezza del nostro Eremo. Esso era edificato ai margini delle Scogliere di Marmo, nel mezzo di una delle isole pietrose che interrompono qui e la terra fertile dei vigneti.

...Dalla terrazza si passava ella biblioteca per una porta a vetri. Nelle serene ore mattutine questa  porta era interamente aperta, sicché fratello Ottone sedeva al suo ampio tavolo come se fosse in giardino. Entravo sempre volentieri in questa camera, alla cui parete le verdi ombre del fogliame pareva giocare, ed il silenzio era appena interrotto dal pigolio degli uccelli usciti da poco dal nido e dal vicino ronzio delle api.

Presso la finestra su di un cavalletto era disposta la grande tavola da disegno, e alle pareti si susseguivano file di libri sino al soffitto. La fila inferiore era disposta in un compartimento alto, opportuno per gli in-folio, per il grande Hortus Plantarum Mundi e per le opere con illuminatore a mano, quali ormai più non si stampano. Sopra quel compartimento sporgevano i ripostigli, che si potevano ancora ampliare mediante tavole, coperte di carte occasionali o dei fogli ingialliti degli erbari. Quei cassetti contenevano anche una raccolta di piante, che noi avevamo estratte da miniere di calce e di carbone, e fra di esse parecchi cristalli, che si usano esporre come soprammobili, e che a volte si soppesano in mano, per trastullo, nel meditato conversare.

Sopra le cassettiere si innalzavano le file di volumi di formato minore, una raccolta di opere botaniche non molto vasta ma completa di tutto quanto prima d’allora era apparso sulla coltivazione dei gigli. Questa parte della biblioteca si distingueva in tre diversi rami, formati cioè dalle opere circa la struttura, il colore e il profumo del giglio.

...Eravamo venuti all’Eremo con il piano di dedicarci a profondi studi circa le piante, e cominciammo,secondo l’ordine del respiro e dell’imporci un regime nella nutrizione. Come tutte le cose di questa terra, anche le piante ci vogliono parlare, una mente chiara è necessaria per comprenderne il linguaggio.

(E. Junger, Sulle scogliere di marmo)

 

(Da Giuliano Lazzaril’Eretico Viaggio) 







                     

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