giuliano

martedì 30 aprile 2024

HUMANO "SFARFALLARE"

 









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Ho cominciato il nuovo libro, nella speranza di aver spazio a sufficienza per spiegare la natura della perplessità da cui era preso zio Tobia di fronte alle molte domande e supposizioni sull’assedio di Namur, dove era stato ferito.

 

 Rendo noto al lettore che uno dei più memorabili attacchi avvenuti durante questo assedio fu quello condotto dagli inglesi e dagli olandesi contro quella punta della controscarpa avanzata, posta di fronte alla porta di San Nicola, che racchiudeva la grande chiavica o dell’acqua stagnante: qui gli inglesi si trovarono pericolosamente esposti alle cannonate della controguardia incaricata della difesa del semibastione di San Rocco; il risultato dello scontro, in breve, fu questo:




...gli olandesi ebbero il sopravvento sul drappello di guardia al bastione e gli inglesi si impossessarono della galleria scavata intorno alle fortificazioni poste dinnanzi alla porta di San Nicola, nonostante lo strenuo coraggio degli ufficiali francesi, che si buttarono allo sbaraglio sullo spalto, in una lotta corpo a corpo.

 

Siccome questo fu il principale attacco di cui zio Tobia fu testimone oculare a Namur, poiché l’armata degli assedianti era divisa dalla confluenza dei fiumi Mosa e Sambre ed era impossibile per lui vedere altre operazioni belliche, è logico che parlasse più spesso e volentieri di questo assalto che di ogni altro.

 

Quanto poi alle perplessità in cui si trovava, bisogna dire che erano tutte causate dalla difficoltà di esporre i fatti in maniera accessibile a tutti dando, per esempio, un’idea chiara della differenza esistente fra scarpa e controscarpa, fra spalto e trincea, fra mezzaluna e rivellino, così da far capire agli ascoltatori il punto preciso in cui si trovava e come si erano svolti i fatti.




Gli scrittori stessi si confondono fin troppo facilmente su questi termini; non dovreste quindi preoccuparvi se, nello sforzo di spiegare ogni cosa, in lotta con le molte cognizioni errate che aveva in proposito, lo zio Tobia finiva il più delle volte per confondere le idee non solo ai suoi interlocutori ma anche a se stesso.

 

A dire il vero, a meno che i visitatori che mio padre aveva condotto su per le scale avessero una certa perspicacia e una intelligenza aperta o che zio Tobia fosse in una giornata particolarmente felice, era piuttosto difficile per lui fare una relazione dell’avvenimento senza lasciare qualche punto oscuro o comunque inspiegabile.




Quello che rendeva la spiegazione ancora più complicata e imbarazzante per zio Tobia era che nell’assalto a quella controscarpa di fronte alla porta di San Nicola – controscarpa che si estendeva dalla riva del fiume Mosa fin quasi alla grande chiavica – il terreno era tagliato e attraversato da una tale quantità di trincee, canali, drenaggi e corsi d’acqua, che durante il discorso si sentiva disorientato al punto da non sapere più fare un passo, né avanti né indietro; e così, caro lettore, mio zio era il più delle volte costretto ad abbandonare l’assalto alla cittadella proprio sul più bello….

 

La tavola, alla quale zio Tobia stava seduto, nella sua stanza, circondato dalle mappe eccetera, il giorno precedente la partenza, era troppo piccola per l’infinità dei minuscoli e grandi strumenti di ricerca che abitualmente la ricoprivano; cosicché gli accadde, cercando la sua tabacchiera, di urtare nei compassi facendoli cadere a terra; nell’atto di afferrare al volo i compassi urtò con la manica la cassetta degli arnesi e lo smoccolatoio; siccome quel giorno ogni cosa andava al contrario, nell’impedire allo smoccolatoio di cadere gettò giù dal tavolo Blondel e il conte di Pagan.




Era impossibile a un uomo malato come lo zio di porre rimedio da solo a tutti quei disastri, per cui suonò il campanello per farsi aiutare da Trim…. ‘Trim’ disse zio Tobia, ‘guarda un po’ che razza di confusione ho fatto! Dammi una mano per fare un po’ di ordine!... Anzi, Trim, dovresti prendere la riga e misurare la larghezza e la lunghezza di questo tavolo e poi correre a ordinarne uno più grande.

 

‘Senz’altro, a Vostro Onore piacendo’, rispose trim sprofondandosi in un inchino, ‘ma spero che Vostro Onore si sentirà presto tanto in forze da poter raggiungere la sua casetta in campagna, dove sarà possibile a Vostro Onore svolgere il suo lavoro e i suoi studi sulle fortificazioni come meglio gli piacerà’.

 

Devo qui informarvi che il servitore di zio Tobia, Trim, era stato caporale nella stessa compagnia dello zio; il suo vero nome era Giacomo Butler, ma al reggimento gli avevano appioppato quel soprannome e zio Tobia, a meno che non fosse adirato con lui, non lo aveva  mai chiamato se non così.




Il povero ragazzo era inabile al servizio militare per una ferita al ginocchio sinistro, cagionatagli da una palla di fucile durante la battaglia di Landen, due anni prima dell’assedio di Namur. Era molto ben visto al reggimento e, per soprappiù era davvero bravo e intelligente; così zio Tobia lo prese volentieri al suo servizio. Il buon giovane gli fu sempre valido al campo, al distretto e più tardi come valletto, cameriere, barbiere, cuoco, sarto e infermiere; dal principio alla fine lo assistette con grande fedeltà di un servo affezionato.

 

Zio Tobia ricambiava codeste dimostrazioni di affetto, in quanto se lo sentiva vicino per affinità di gusti: il caporale Trim – lo chiamerò sempre così – nei quattro anni di assistenza al suo padrone era venuto necessariamente a contatto con le sue teorie sulle città fortificate, curiosando e ficcando il naso nelle sue scartoffie; e subito si appassionò ad esse, non tanto perché gli interessassero personalmente, quanto piuttosto per sentirsi più vicino al suo signore. Insomma si impratichì talmente di questa scienza che la cuoca e la cameriera pensavano si intendesse di fortificazioni assai più dello stesso zio Tobia.




Mancherebbe solo una pennellata per completare il quadro del carattere di Trim, ed è proprio quella che guasta un poco il ritratto del nostro uomo. Gli piaceva immensamente dare consigli. O piuttosto, ascoltarsi parlare; però il siuo contegno era sempre così rispettoso che non costava fatica farlo tacere, quando lo si desiderasse, o rimettergli di nuovo in moto la lingua.

 

Trim non aveva una conversazione impegnativa: era soltanto loquace, ecco tutto; e la sua abitudine di intercalare nel discorso le parole ‘vostro Onore’, indice secondo lui di massimo rispetto, anche se annoiava un poco, non poteva certamente indisporre. Infatti zio Tobia ben di rado aveva mostrato di seccarsene o, per lo meno, questo difetto di Trim non aveva mai portato alla rottura degli ottimi rapporti che intercorrevano fra i due.


Già vi dissi che zio Tobia voleva davvero bene al suo servitore e, siccome lo aveva sempre al suo fianco, fedele e umile amico, non se la sentiva di tappargli la bocca.




Così era il caporale Trim….

 

‘Se io osassi’, continuò trim, ‘dare un consiglio a vostro Onore e dire la mia opinione in proposito…’

 

‘Le tue opinioni, Trim, mi sono più che gradite’, lo interruppe zio Tobia; ‘dimmi, dimmi dunque il tuo parere sull’argomento, senza troppa paura’.

 

‘Ecco’, riprese Trim, ‘io penso’, disse Trim, sistemando un po’ in avanti la gamba sinistra, che era poi quella malata, e additando con la mano destra una mappa di Dunkerque, attaccata alla parete con degli spilli, ‘io penso’, ripeté, ‘con tutto il rispetto e la dovuta sottomissione al parere di Vostro Onore, che questi progetti di pivellini, bastioni, cortine e opere a corno vengono realizzati in maniera meschina e spregevole qui sulla carta, mentre ser Vostro Onore riflettesse alla mole di lavoro che potremmo svolgere in campagna con uno iugero o magari uno iugero e mezzo di terra a nostra disposizione, non esiterebbe certo nella scelta…




L’estate sta arrivando; Vostro Onore potrebbe starsene seduto sull’uscio di casa e darmi la… nografia….’

 

‘… Iconografia’, corresse mio zio, ‘iconografia si dice’, ‘della città e della cittadella; e possa io venire impallinato da Vostro Onore in mezzo alle mie fortificazioni se non le costruirò secondo il volere e i desideri di Vostro Onore.

 

‘Non dubito affatto delle tue capacità, Trim’, rispose mio zio. E il caporale, incalzando: ‘Perché se Vostro Onore mi insegnerà il perimetro, con tutte le righe e gli angoli esatti… tutte cose che potrò fare benissimo… Allora potrei iniziare con il fossato e se Vostro Onore vorrà indicarmi la profondità e la larghezza…’.




‘Ma certo, Trim! Ti farò avere le misure precise!’; ‘… e potrei scavare la terra da questo lato, verso la città, per costruire la scarpa e da quest’altro lato verso gli accampamenti d’Inverno per la controscarpa….’; ‘Ottimamente Trim’, fece zio Tobia.

 

‘Quando avremo sgomberato la mente da questi primi desideri, procederemo, se così piacerà a Vostro Onore, alla costruzione delle trincee come se ne trovano di migliori nelle Fiandre, con le zolle erbose; e quando vostro Onore troverà che anche tutti questi progetti sono stati eseguiti a dovere costruiremo sempre con zolle erbose, valli e parapetti…’.

 

‘I migliori ingegneri, Trim, li chiamano  gazons’ , suggerì zio Tobia. ‘Che si chiamino gazons o zolle erbose, non ha poi grande importanza’, replicò Trim. ‘Vostro Onore sa che offrono risultati dieci volte migliori di un muro di pietre o mattoni’.

 

‘E’ vero Trim, riconosco che in alcuni casi possono offrire dei vantaggi’, assentì zio Tobia con un cenno del capo, ‘perché una palla di cannone può penetrare in un terrapieno in linea retta senza trascinare giù macerie che potrebbero riempire il fossato e facilitare così il passaggio ai nemici’.




‘Giacchè Vostro Onore comprende perfettamente tutti i vantaggi’, incalzò entusiasta il caporale Trim, ‘meglio di un ufficiale al servizio di Sua Maestà, perché non revocare l’ordine di acquisto della tavola e andare invece in campagna, dove io potrei lavorare come un cavallo sotto la direzione di Vostro Onore e costruire fortificazioni più robuste di una pianta di tanaceto, con annesse batterie, trincee e palizzate tali che varrebbe la pena di percorrere venti miglia per venire ad ammirarle?’.


Come Trim proseguiva nella descrizione dei lavori, zio Tobia diveniva ora pallido ora rosso; e non era un arrossire per colpa o modestia o per rabbia, era un  arrossire di gioia, era come se il progetto e la descrizione del caporale trim gli avessero messo il fuoco in corpo. ‘Fermati, Trim’, gridò zio Tobia. ‘Fermati, hai detto abbastanza!...’. E quell’altro di rimando: ‘Potremmo riprendere la storia della campagna militare dal giorno stesso in cui Sua Maestà e gli alleati scesero in campo e demolirono le fortificazioni, città per città, con una velocità tale…’.




‘Trim, Trim, non dire di più!...’, esclamò lo zio Tobia.

 

E Trim imperterrito: ‘Vostro Onore potrebbe starsene seduto alla sua poltrona, all’aperto se il tempo sarà bello, e impartirmi ordini; io potrei così….’.

 

‘Non dir di più, Trim!’, ripeté mio zio…

 

E quello, ormai lanciatissimo nella sua narrazione: ‘Inoltre Vostro Onore non potrebbe trovare passatempo migliore e più piacevole: aria buona, ginnastica e tanta salute! Son certo che la ferita di Vostro Onore guarirebbe in un mese…’.

 

‘Hai parlato abbastanza, Trim’, insisté zio Tobia, infilando con forza le mani nelle tasche dei pantaloni, ‘questo progetto mi piace alla…. Follia…’.

 

(L. Sterne, Vita e opinioni di Tristram Shandy)









 

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