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per chi 'Nulla'
Dalla seconda metà degli anni Duemila un gruppo di laici
ricchi e influenti hanno preso il potere in seno alla Chiesa americana
inondandola di generose donazioni. L’esempio più noto è quello dei Cavalieri di
Colombo. A metà strada fra il Rotary e una massoneria cattolica, questa
confraternita è stata fondata nel 1882,
nella fase in cui si affermava la dimensione comunitaria del cattolicesimo
americano, per garantire tramite un’assicurazione un sostentamento alle donne e
ai bambini disagiati.
Oggi con due
milioni di membri, continuando a proporre assicurazioni sulla vita, i Cavalieri
di Colombo sono seduti su un gruzzolo dichiarato di quasi 100 miliardi di
dollari che rende in media circa 2 miliardi di dollari all’anno, sufficienti
per fare generose donazioni alle istituzioni della Chiesa statunitense e di
altri paesi.
Da
un’inchiesta pubblicata nel 2017 sul
settimanale ‘National Catholic Reporter’ risulta che, per quanto una parte non
trascurabile di queste donazioni affluisca effettivamente nelle casse di enti
di beneficenza, anche la Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti e
numerose diocesi godono dei contributi dei Cavalieri di Colombo, e non ultimo
il Vaticano, che ha avuto come membro di diversi suoi organismi il cavaliere
supremo Carl Anderson, ex consigliere di Ronald Reagan alla Casa Bianca.
Dal ‘National
Catholic Reporter’ emerge anche che i Cavalieri sovvenzionano senza alcuna
remora svariate istituzioni che esibiscono le posizioni più conservatrici, in
sintonia con la svolta decisamente più dura impartita, alla fine degli anni Duemila, dall’élite del cattolicesimo
americano, in particolare come reazione alla politica di Barack Obama. Al
centro della battaglia era l’ObamaCare, la riforma che obbligava gli
imprenditori a pagare ai dipendenti una forma di protezione sociale,
comprendente anche il rimborso delle spese sostenute per la contraccezione e
l’aborto. Tale finanziamento di atti contrari ai propri princìpi era per i
cattolici americani in netta contraddizione con la loro libertà di coscienza:
sarà questa, come si vedrà, la base della lotta sferrata successivamente contro
i democratici da una parte del cattolicesimo americano.
Vi
parteciperanno anche i Cavalieri, finanziando la Marcia annuale per la vita,
per esempio, o il Becket Fund for Religious Liberty che difende istituzioni e
datori di lavoro cattolici che hanno fatto valere la loro obiezione di
coscienza e rifiutano di applicare l’ObamaCare.
I Cavalieri
destinano anche ingenti somme ai media.
Ottomila destrieri e centomila cani fornivano
alla nobiltà piacevoli svaghi. Mancava soltanto la cattedrale, che vincesse in
splendore le duecento chiese esistenti in città.
Gian Galeazzo era chiamato conte di Virtù, dal
feudo di Vertus portatogli in dote dalla prima moglie, Isabella di Valois, ma
virtù cristiane ne aveva poche. Un giorno del
1385 mandò a dire allo zio Bernabò:
‘Il 6 maggio vado a fare un
pellegrinaggio al Sacro Monte di Varese. Già che passo dalle tue parti, vorrei
darti un salutino. Perché non esci dalla città? Ti vedrei con molto piacere’
Bernabò abboccò
e cavalcando una mula andò, accompagnato da alcuni figli (non tutti: ne ebbe
diciassette legittimi e venti naturali) a incontrare il nipote nei pressi di
sant’Ambrogio, allora in periferia. Appena vide lo zio, Gian Galeazzo fece un
cenno ai suoi uomini che lo arrestarono, lo condussero al castello di Trezzo,
dove morì dopo sette mesi, per una indigestione di fagioli (avvelenati)
Qualcuno pensa che il nipote abbia dato inizio al duomo per riparare l’orrendo
delitto, altri per ringraziare il Signore del ‘buon esito’ della liquidazione
dello zio, altri ancora per ottenere dalla Madonna la grazia d’un figlio
maschio, impegnandosi a chiamare Maria il nascituro.
La Madonna concesse la grazia doppia e nacquero
Giovanni Maria e Filippo Maria Visconti. I lavori furono affidati ai maestri
campionesi, a uno dei quali, Marco Frisone, morto nel 1390, si attribuisce il progetto originario (assieme a quello
del ponte sul Ticino a Pavia e del duomo di Crema) Questi maestri, oriundi da
Campione e da Lugano, erano architetti e scultori eccellenti nel lavorare la
pietra e avevano formato un'affiatata scuola artigiana, tramandandosi l’arte di
padre in figlio. Richiesti in tutta Italia per la loro valentia, lavorarono un
po’ dappertutto, alla Certosa di Pavia, alle Arche Scaligere di Verona, a
Brescia.
Ogni anno versano trecentocinquantamila dollari al sito Internet Crux (pari al 40 per cento del suo bilancio), creato dal Boston Globe che in seguito se n’è dissociato per mancanza di sufficienti risorse pubblicitarie. Analogamente, 1,5 milioni di dollari sono andati all’emittente televisiva di stampo molto conservatore Eternal World Television Network (EWTN), fulcro di una nebulosa mediatica che raggruppa anche la Catholic News Agency (CNA) – diffusa in inglese, spagnolo, portoghese e italiano – e il settimanale ‘National Catholic Register’, una delle prime testate a pubblicare la testimonianza di monsignor Viganò. Timothy (detto Tim) Busch, uno degli amministratori di EWTN, in un’intervista al New York Times ha raccontato – per poi ritrattare – di essere perfino stato consultato prima della pubblicazione del pamphlet dell’ex nunzio.
Tim Busch,
avvocato e promotore immobiliare specializzato in complessi di lusso, è una
delle figure di maggior spicco di questa nuova generazione di laici facoltosi
che costituiscono ormai il nucleo dirigente del cattolicesimo americano. ‘Timothy Busch è un uomo ricco dalle grandi
ambizioni’ scrive il giornalista Tom Roberts, secondo il quale l’uomo
d’affari difende un ‘cattolicesimo privo
di complessi che si esprime fra cene di gala con ampia scelta di vini e sigari,
cocktail party per cattolici tradizionali rigorosamente selezionati, messe in
latino per chi lo desidera, sessioni di rosario patriottico abbinate a letture
di George Washington e Robert E. Lee, e l’eventuale pausa per una partita a
golf’.
Tim Busch è
fra l’altro il fondatore del Napa Institute che promuove in parallelo una
teologia conservatrice e una visione molto libertaria dell’economia. ‘L’evangelizzazione di fascia alta del Napa
Institute si svolge in contesti come il Meritage Resort and Spa di Busch, nella
Napa Valley, o in luoghi prestigiosi quali il Trump International Hotel di
Washington’ racconta Tom Roberts. ‘Ai
suoi eventi non manca mai una spruzzata di zucchetti rossi e viola … che
conferiscono ai dibattiti una certa credibilità e legittimità’. Si vanta
dell’appoggio dell’arcivescovo di Filadelfia, monsignor Charles Chaput,
capofila dei vescovi conservatori americani, e arriva persino ad accogliere
come consulente fino all’estate 2018
monsignor John Nienstedt, dopo che questi è stato destituito dal suo ruolo di
arcivescovo di Saint Paul e Minneapolis per avere coperto abusi sessuali.
Tim Busch è
anche il fondatore della Busch School of Business presso la Catholic University
of America, anch’essa promotrice di un liberismo economico radicale. Il ricco
uomo d’affari non esita del resto ad applicare la propria visione
imprenditoriale alla sfera ecclesiale. Nel
marzo 2017, durante un convegno nella cripta della basilica dell’Immacolata
Concezione di Washington, sottolineava così che ‘l’evangelizzazione del nostro
paese è portata avanti da fondazioni private e ONG cattoliche come il Napa
Institute e Legatus’.
La fabbrica del Duomo cominciò nel 1386, in un clima di gareggiante generosità. Ricchi e poveri prestarono la loro opera gratis, talvolta pagavano per avere l’onore d’impugnare la cazzuola. La corporazione degli avvocati, nel primo giorno che andò a lavorare, offrì quarantaquattro fiorini d'oro, i nobili duecentosettantadue lire (al tramonto, sfiniti, prosciugarono una botte di vino)
Le meretrici offrirono una giornata, o meglio,
una nottata di lavoro, un condottiero la spada, la parrocchia di san Marcello
un asino, quella di Porta Orientale (oggi porta Venezia) un vitello. Marco
Carelli, facoltoso mercante, si ridusse in miseria per aver donato tutti i suoi
averi, trentacinquemila scudi d’oro, guadagnati trafficando schiavi sul mercato
di Venezia, dove una bella tartara di diciotto anni valeva trentadue scudi, ma
se ne aveva ventotto, il prezzo scendeva a trenta. Questo gesto, munifico fino
all’autodistruzione, gli fu compensato con un ricordo che sfida i secoli: una
tomba in duomo, nella quarta campata della navata minore di destra.
Sempre per racimolare denaro, giravano per la
città le cantegole, cortei di ragazzine biancovestite che suonavano pifferi,
mentre le dame di Porta Vercellina organizzavano spettacolini mitologici, con
Giasone e Medea a pagamento.
Quali erano le famiglie della
Milano-bene, fine Trecento?
Ce lo dice un accertamento fiscale ordinato da
Gian Galeazzo. Occorrendogli diciannovemila fiorini per comprare dall’imperatore
Venceslao il titolo di duca, il Visconti impose un prestito forzoso, in realtà
una nuova tassa, ai più facoltosi operatori economici e proprietari terrieri.
La stima, fatta nel 1395, vede in testa, nella ripartizione del gravame, Giacomino
Vismara di porta Vercellina, tassato per centoventi fiorini, seguito dai
fratelli Giovanni e Antonio di Lignatiis di porta Comasina (novantasei
fiorini), Andreotto del Maino (sessantaquattro), Bolo Resta di porta Vercellina
(cinquantacinque), Cressino de Monte di porta Vercellina (cinquantatré), Luigi
da Gallarate di porta Vercellina (cinquantadue), Francescolo de Fossalto di
porta Vercellina (cinquanta), Rizzardo Resta di porta Vercellina (cinquanta),
Cesare Borri di porta Romana (quarantotto), Gervasio Resta di porta Vercellina
(quarantotto)
Dare un’idea anche approssimativa del potere d’acquisto
del fiorino è impresa difficile, com’è difficile tentare una comparazione tra
le monete d’allora e quelle d’oggi. A titolo indicativo, si pensi che in
Lombardia, secondo un documento del 1375,
con trenta lire una persona si manteneva per un anno, scrive l’economista Carlo
M. Cipolla; e pochi anni più tardi una famiglia benestante spendeva per il
proprio mantenimento una media di circa cinquanta lire annue per persona.
Quanto al fiorino, nel decennio 1390-
1400, esso valeva una lira e settanta centesimi.
Nel giubileo del
1390, siccome molti lombardi erano impediti, dalle guerre e dalle
pestilenze, di recarsi a Roma, Bonifacio IX concesse le stesse, immutate
indulgenze a chi versava alla Fabbrica del duomo i due terzi del denaro che
avrebbe speso se avesse fatto il viaggio. ‘Purché pentiti e confessati’
precisava la bolla pontificia. Ma qualche zelante imbroglione, più preoccupato
di raccogliere soldi per il cantiere che anime per il paradiso, mise in giro la
voce che, per l’occasione, la chiesa s’accontentava del denaro, senza
pretendere che il fedele s'accostasse ai sacramenti. Il che recò molti
quattrini alle casse della Fabbrica e altrettanto dolore al cuore del papa.
Oltre a
essere membro di Legatus, dal canto suo Frank Hanna è uno dei più importanti
filantropi cattolici americani, munificente dispensatore di assegni al Becket
Fund, al Napa Institute, a EWTN o anche all’Acton Institute, un centro di
ricerca ‘dedicato ai princìpi di libertà individuale, di governo limitato, di
libero mercato e di pace’ e che assegna annualmente un premio Milton Friedman,
dal nome dell’economista ultraliberista americano, premio Nobel nel 1976. Frank
Hanna è pure un generoso donatore dell’Ethics and Public Policy Center animato
da George Weigel – l’assai conservatore biografo di Giovanni Paolo II – e della
Federalist Society.
Questa
potente lobby conservatrice, che riunisce
settantamila giuristi degli Stati Uniti, aveva già goduto di una grande
influenza sotto le presidenze dei Bush padre e figlio, adoperandosi con
successo per la nomina dell’attuale presidente della Corte suprema, John
Roberts, oltre che dei giudici Samuel Alito e Clarence Thomas. Sotto Donald
Trump, la Federalist Society ha anche partecipato alla designazione del nuovo
giudice Neil Gorsuch. Effettivamente, da diversi anni la lobby si occupa di
reclutare giovani e talentuosi studenti di legge noti per le loro idee
conservatrici, mettendoli in contatto con giudici delle alte sfere o studi di
amici avvocati. Si tratta oggi di una vasta rete i cui membri si aiutano
reciprocamente a ottenere impieghi, per esempio alla Corte suprema, dove cinque
successivi giudici hanno beneficiato della loro appartenenza alla lobby. ‘Qualsiasi
avvocato conservatore è membro della Federalist Society’ scrive sul sito
dell’Huffington Post Carrie Severino, capogiurista del Judicial Crisis Network,
un gruppo conservatore vicino a Leonard Leo, vicepresidente della Federalist
Society.
La morte di Gian Galeazzo segna, con la decadenza dello Stato, un arresto dei lavori dopo quindici anni di intenso cantiere. La peste, le lotte dei fuorusciti che volevano ricondurre in città il ramo dello spodestato Bernabò, le difficoltà economiche ostacolano l’azione del giovanissimo successore Giovanni Maria. Ora non è più il principe che finanzia la fabbrica, bensì la fabbrica che, nei momenti di necessità pubblica, finanzia il principe, concedendo un prestito di duecento fiorini per riparare le mura della città.
Morto Giovanni Maria, pugnalato mentre entrava in
chiesa a san Gottardo, gli successe il fratello Filippo Maria, obeso, gottoso, superstizioso,
non voleva attorno a sé gente vestita di scuro, cambiava letto tre volte per
notte, durante i temporali si nascondeva per paura dei fulmini, addolorato per
tutta la giornata se al mattino, sbadatamente, gli veniva fatto d’infilare la
scarpa sinistra invece della destra, e teneramente devoto delle immagini dei
santi Antonio, Cristoforo, Sebastiano, Pietro Martire, Elisabetta e Maddalena.
Filippo Maria impose a tutti i dipendenti del comune
una trattenuta del dieci per cento pro duomo, e affrontò la questione del
tiburio, la struttura che copre l’incrocio dei bracci della croce latina.
Problema di durata secolare, per il quale saranno interpellati anche Leonardo e
il Bramante, quando Milano passerà dai Visconti agli Sforza.
Nel 1447 morì Filippo Maria e si proclamò l’effimera Repubblica Ambrosiana, con l’inevitabile strascico di
epurazioni e vendette, ammantate di sacri principi. Così fu licenziato, dopo
mezzo secolo di onorato servizio, l’architetto Filippino da Modena, autore dei
tre finestroni dell’abside (che ospiteranno le vetrate più grandi del mondo) L’accusa
era di vita scellerata e di essersi dato a vizi et disordini d’ogni maniera. I
fondi della fabbrica furono dirottati a costruire palle di cannone, alla faccia
dei donatori che morendo avevano destinato i lasciti a fine di bene e di pace.
Fatto un boccone dell’imbelle Repubblica
Ambrosiana, che aveva tra l’altro commesso l’ingenuità di affidargli la propria
difesa, l’ambizioso condottiero Francesco Sforza entrò il 26 febbraio 1450 in Milano che, stanca di tre anni di anarchia,
lo acclamò duca, mentre a cavallo si dirigeva verso il duomo, per
inginocchiarsi davanti all’altar maggiore. Francesco riprese i lavori, ‘posando
un’altra delle tante prime pietre del tempio’ annota argutamente il Cassi
Ramelli, nel quadro d’una illuminata politica culturale che vide fiorire l’università
di Pavia e iniziare in una cappella del duomo un servizio di biblioteca
circolante, gestito da un bibliotecario che, nel nome della cultura, s’accontentava
d’un quarto di vino al giorno. Anche Lodovico il Moro incrementò i lavori, poi
arrivarono le grandi pestilenze a troncarli.
Dopo aver personalmente approvato diverse nomine di giudici federali a partire dall’inizio del mandato di Donald Trump, nel febbraio 2018, Leo ha comunicato la sua decisione di lasciare momentaneamente la Federalist Society per assistere il presidente nella scelta del successore del giudice Anthony Kennedy che andava in pensione. In definitiva, dei venticinque candidati selezionati dalla Casa Bianca (una lista stilata in prevalenza da Leonard Leo), ventiquattro sono membri della Federalist Society, la quale, dopo la conferma di Brett Kavanaugh nell’ottobre 2018, risulterà quindi direttamente coinvolta nella nomina di quattro dei nove membri della Corte suprema!
‘Siamo
arrivati al punto in cui quasi tutta la Corte suprema ha qualcosa a che vedere
con Leonard Leo’ osserva divertita Carrie Severino. ‘Nessuno conosce meglio di
lui il mondo giuridico conservatore’. Carl Tobias, professore di diritto alla
University of Richmond (Virginia) ed esperto nella nomina dei giudici,
commenta: ‘Ha avuto più influenza di chiunque altro, e so che il presidente
George W. Bush ha contato parecchio su di lui per due candidati. Ma in questa
amministrazione si battono tutti i record’.
Vale
a dire che gli ambienti conservatori – sia evangelici sia cattolici – si
fregano le mani sotto la presidenza di Donald Trump.
Durante la
sua campagna elettorale il candidato repubblicano non aveva d’altronde nascosto
le promesse che aveva fatto loro: la nomina di un vicepresidente scelto fra le
loro file e quelle di giudici pro-vita alla Corte suprema, la salvaguardia
della libertà religiosa, la fine del finanziamento federale alla Pianificazione
familiare e il ripristino della politica di Città del Messico istituita da
Ronald Reagan che vietava il finanziamento americano delle organizzazioni
internazionali a favore del diritto all’aborto…
Con
l’eccezione della Pianificazione familiare – della quale un Congresso spaccato
in due non ha voluto sopprimere il finanziamento – Donald Trump ha mantenuto la
parola su tutta la linea. ‘Ho fatto un
buonissimo lavoro. Possono essere fieri di me’ dichiarava nella conferenza
stampa del 7 novembre 2018 in
risposta a una domanda di EWTN l’indomani del voto di metà mandato.
Anno 1630: la peste descritta dal Manzoni, la grande fabbrica del duomo vista da Renzo Tramaglino è ferma, mancano braccia e denari. Ogni epidemia, falcidiando la popolazione, provocava rarefazione della mano d’opera e aumento dei salari, per la ineliminabile legge della domanda e dell’offerta; pertanto, se da un male si può ricavare un bene, gli sconquassi economici e sociali conseguenti alle terribili stragi portarono al progressivo miglioramento delle condizioni dei lavoratori superstiti.
Durante la peste del 1630, lunghe processioni di cittadini e
magistrati, vestiti di sacco, i piedi nudi, sfilarono in duomo davanti
al corpo di Carlo Borromeo, il santo che
nel 1576 aveva pregato, e ora veniva pregato affinché cessasse il flagello.
La sua ardente carità e purezza di vita gli avevano cattivato la fiduciosa devozione
dei milanesi, colpiti dalla semplicità dei costumi, in eroico contrasto con la
nobiltà delle origini.
Ricchissimo, si cibava di pane e acqua. Se i
medici visitavano gli appestati a distanza, fermandosi sull’uscio e sollevando
con una lunga bacchetta le coperte e le vesti del malato, il naso coperto da un
enorme becco colmo di essenze odorose per difendersi dall’aria ‘corrotta’; se i
parenti scappavano impauriti ('i pare no voleva andar dal fio, né 'i fio dal
pare si legge in una cronaca veneziana), Carlo non temeva di accostarsi a quegl’infelici.
Dormiva nudo sul pavimento, rifiutava ogni forma di comfort e di mondanità,
provenisse dal governo spagnolo o dalla sede apostolica.
Il suo era un cristianesimo arduo, aspro,
intransigente non soltanto con gli eretici ma anche con molte monache che
tralignavano. Protagonista del rinnovamento spirituale della Controriforma,
impose ai pastori l’obbligo della residenza, ponendo fine allo scandalo di
vescovi titolari di diocesi che nemmeno sapevano dove fossero sulla carta
geografica. Istituì seminari per la formazione e selezione del clero, spesso
reclutato secondo criteri in cui il censo familiare, la carriera individuale,
la vanità sociale facevano aggio sulla vocazione. Accortosi che gli
erbivendoli, per raggiungere più rapidamente il mercato, attraversavano il
duomo dalle porte laterali, coi muli carichi di merce, allontanò i mercanti dal
tempio facendole chiudere.
Processò le streghe con estremo rigore, ma
vendette il principato di Oria per quarantamila ducati, che distribuì ai
poveri. Il suo corpo è conservato in un’urna di cristallo e argento, dono di Filippo
IV di Spagna, dentro il sacello sotto l’altar maggiore, cui si accede attraverso
il coro iemale (invernale), dove di solito si riunisce il capitolo dei canonici.
La cripta è aperta al pubblico il 4 novembre, festa del santo. Sul petto dell’arcivescovo,
una croce di smeraldi e diamanti offerta dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria.
La maschera d’argento che ricopre il viso è dono di Giovan Battista Montini,
quand’era cardinale di Milano, prima di diventare Paolo VI.
Un mese prima, durante un convegno sulla riforma nella Chiesa organizzato dal Napa Institute, il suo fondatore Tim Busch si rallegrava dell’imminente nomina di Brett Kavanaugh alla Corte suprema, salutando Leonard Leo, vicepresidente della Federalist Society, seduto al suo fianco. ‘Con questo nuovo giudice’ diceva ai duecentocinquanta partecipanti ‘i tribunali saranno nostri per i prossimi quarant’anni. E con cinquantuno seggi al Senato vedremo qualche cambiamento’.
Organizzato
dopo le rivelazioni sugli abusi sessuali in Pennsylvania e, soprattutto, dopo
la testimonianza di monsignor Viganò, questo incontro era particolarmente
critico nei confronti di papa Francesco, al quale si chiedeva un cambio di
rotta. Durante il convegno, chiamando in causa il problema dell’omosessualità,
Tim Busch si spingeva fino a denunciare un grande e immorale complotto
omosessuale in Vaticano, ma passava bellamente sotto silenzio le accuse di
stupro rivolte da una donna contro Brett Kavanaugh, accuse che minacciavano la
conferma da parte del Senato del suo incarico alla Corte suprema: un ‘due pesi
e due misure’ da parte di un uomo che non lesina gli attacchi contro la
corruzione sessuale del Vaticano.
Per lo
storico della Chiesa Massimo Faggioli, la crisi degli abusi sessuali ha creato
un vuoto di autorità nel quale si sono insinuati cattolici miliardari diventati
in pochi anni i veri dirigenti del cattolicesimo americano:
Non è un
vuoto di potere, che sta sempre nelle stesse mani (almeno per il momento), ma
un vuoto di autorità, vale a dire che mette in gioco la fiducia e la
credibilità.
La natura
ha orrore del vuoto, e quelli che hanno un libretto degli assegni aperto e
un’agenda ideologica molto chiara hanno riempito questo vuoto.
Il denaro
parla forte e chiaro.
I cattolici
che dispongono di risorse finanziarie cospicue e di stretti legami con i
vertici dell’episcopato americano tentano di colmare il vuoto con un programma
ufficialmente imperniato sulla riforma. Ma in realtà questo corrompe ancora di
più la Chiesa, sebbene in modo diverso …
Ci sarebbe
molto da dire su come le autorità ecclesiastiche cattoliche siano diventate
insensibili alla minaccia rappresentata dal denaro per il carattere cristiano
della comunione dei fedeli.
Tale
desensibilizzazione è una delle conseguenze dell’abbandono di una teologia che
prende sul serio i rapporti di produzione, come li chiama Karl Marx, per
concentrarsi invece sulla cultura e sull’identità come strumenti di opposizione
al materialismo.
È invece
emerso che questa teologia della cultura post-materialista, incentrata sui
valori, serve gli interessi di coloro che controllano i rapporti di produzione:
la rete influente dei ricchi filantropi cattolici di destra, che di recente ha
stabilito stretti legami con i vescovi conservatori degli Stati Uniti.
Secondo
lo storico, questa evoluzione sarebbe paragonabile alla crisi attraversata
dalla Chiesa intorno all’anno Mille, quando i potenti feudatari avevano messo
le mani sull’istituzione e sulle sue risorse. Crisi che era sfociata nella
Riforma gregoriana.
Per
Faggioli, a essere in gioco oggi negli Stati Uniti è proprio l’indipendenza
della Chiesa cattolica di fronte alla potenza del denaro.
‘Il denaro
è il carburante che assegna a certe voci ciò che qualcuno potrebbe giudicare un
peso smisurato’ spiega Tom Roberts, che propone l’esempio di un Tim Busch che ‘mira
a influenzare le istituzioni religiose e a plasmare la narrativa cattolica
acquisendo influenza sulle università e le imprese mediatiche’.
Ora,
è proprio contro questa potenza che si batte papa Francesco.
(N. Senèze & C. Marchi)
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