sabato 29 dicembre 2012
....PICCOLA STORIA....
Le brume che avvolgono i primordi della fotografia non sono fitte quanto
quelle che gravano sopra gli inizi della stampa; più facilmente individuabi-
le che per quest'ultima è forse il fatto che l'ora dell'invenzione era giunta
e che ciò era sentito da parecchi; indipendentemente l'uno dall'altro, nu-
merosi uomini perseguivano lo stesso fine: fissare quelle immagini della
camera oscura, che al minimo erano note fin dall'epoca di Leonardo.
Quando, dopo sforzi durati all'incirca cinque anni, Nièpce e Daguerre riu-
scirono contemporaneamente nelle loro ricerche, lo Stato, favorito da cer-
te difficoltà legali inerenti ai brevetti, in cui gli inventori erano venuti a
imbattersi, prese in mano la cosa e la rese pubblica, previo indennizzo.
Così si delinearono le condizioni per uno sviluppo costante e rapido che
per parecchio tempo escluse la possibilità di fermarsi a guardare indietro.
Si spiega in questo modo come per decenni nessuno abbia preso in consi-
derazione i problemi storici o, se si vuole, filosofici, che l'ascesa e la de-
cadenza della fotografia proponevano.
E il fatto che oggi si delinei una consapevolezza di essi ha una ragione
precisa.
La letteratura più recente rileva il fatto, vistoso, che il periodo di fiori-
tura della fotografia - l'attività di Hill e di Cameron, di Hugo e di Nadar -
coincide col suo primo decennio. E questo però anche il decennio che
precede la sua industrializzazione.
Non che già a quell'epoca fossero mancati gli imbonitori e i ciarlatani che
si erano impadroniti della nuova tecnica a scopi mercantili; anzi ciò avven-
ne su larga scala. Ma questo fenomeno era più vicino alle arti delle fiere
annuali, in cui tuttora la fotografia è a casa sua, che non nell'industria.
L'industria s'impadronì del settore con le fotografie formato tessera, il cui
primo produttore, ciò è significativo, diventò milionario.
Non sarebbe sorprendente se le tristi pratiche fotografiche, che oggi per
la prima volta inducono a riconsiderare retrospettivamente quell'epoca di
fioritura industriale, risultassero in una sotterranea connessione coi sommo-
vimenti che travagliano l'industria capitalistica. Non per questo tuttavia è
più facile utilizzare il fascino delle immagini che sono apparse nelle belle pub-
blicazioni recenti di vecchie fotografie per penetrare realmente la loro essen-
za. I tentativi esistenti di analizzare teoricamente il fenomeno sono del tutto
rudimentali.
E per quanto nel secolo scorso si sia molto dibattutto intorno all'argomento,
in fondo questi dibattiti non si sono mai scostati dallo schema banale in base
al quale un giornaletto sciovinista, il 'Leipziger Stadtanzeiger' credeva di do-
versi opporre tempestivamente all'arte diabolica di origine francese.
"Voler fissare immagini effimere, - vi si legge - è non soltanto un'impresa im-
possibile, come è risultato da un'approfondita analisi tedesca, ma anzi, lo stes-
so desiderio di volerlo fare è un'offesa a Dio. L'uomo è fatto a immagine di ....
Dio, e l'immagine di Dio non può venir fissata da nessuna macchina umana.
Al massimo il 'divino artista', animato da una celeste ispirazione, può tentare
di restituire i tratti umano-divini nell'attimo della massima devozione, obbe-
dendo all'alto comando del suo genio, senza l'aiuto di macchina alcuna.....".
(W. Benjamin)
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