giuliano

lunedì 7 gennaio 2013

ALLA FINE DEL 17...FUI FATTO PRIGIONIERO....















'Non capita tutti i giorni d'incontrare un uomo come lei, signore.....
Un uomo nel quale la larghezza di vedute s'unisce a un'intelligenza penetrante.
Sono mesi che volevo parlarne, spiegarle quello che ero e quello che son di-
ventato....'
Il suo piatto è vuoto e pulito come gliel'avessero portato adesso.
Scopro d'un tratto, vicino al mio, un piccolo piatto di stagno con una coscia
di pollo natante in una ...salsa bruna.
Bisogna mangiar questa roba...
'Le parlavo poco fa della mia prigionia in Germania....
E' lì che è cominciato tutto.
Prima della guerra io ero solo e non me ne rendevo conto: vivevo con i miei
genitori, che erano della buona gente, ma non ci si intendeva.
Quando penso a quegli anni.....
Ma come ho potuto vivere così?
Ero morto, signore, e non me ne accorgevo; facevo la collezione di francobol-
li.'
Mi guarda e s'interrompe:
'Signore, lei è pallido, ha un'aria stanza. Non l'annoio per caso?'
'M'interessa molto.'
'Venne la guerra ed io m'arruolai senza sapere il perché.....
Alla fine del 917 fui fatto prigioniero....




Mi accuccio tra due vedette; la pioggia torna a mulinare, dirotta: una raffica
di vento si leva ululando, s'avventa su noi con una rapina d'ali.
Così, afferdellati nei teli da tenda e nelle coperte fradice, gonfiati e svuotati
a volta a volta dallo sbatacchiare del vento, sembriamo esseri diluviani da
tutte quelle fiammelle che ci saettano dinnanzi, nell'oscurità.
Vigiliamo immobili nelle pozzanghere, insensibili ormai agli scherni delle pal-
lottole, all'acqua che ci ruscella intorno, alle frustate sghembe del vento; lot-
tiamo solo contro il sonno, che ci percuote la nuca come un pendolo.
Un lembo di telo da tenda, divincolandosi, mi sfiora la spalla ogni tanto, co-
me una mano che mi sorvegli e mi tenga desto.




- Cosa succede adesso?
brontola uno, sciaguattando.
Lassù, dall'altra parte della vallata, sul Merzli, s'è attizzato un brontolio di
fucileria, che si fa più serrato, propagandandosi. Dei razzi sgorgano nel buio,
dapprima sparsi, poi a grappoli, in un tumulto febbrile che spalanca nella not-
te un enorme palcoscenico incandescente.
Ecco.
La nostra artiglieria.
Qualche colpo dà l'allarme, lungo, profondo, funereo come un rintocco a
morte: si ode il proiettile valicare lo spazio con uno strano rullìo di furgone
procedente su binari aerei: in breve tutto il Kovacic si gremisce di vampe su-
bitanee, e là, lungo le pareti del Merzli, si spaccano lunghe lacerazioni di luce.




Anche qui la fucileria imperversa: sembra che la trepidazione si propaghi in
settore come la vibrazione di un arco.
- Cristo, c'è il finimondo, lassù,
fa Piccinini che sopraggiunge, curvo, tornando dal suo giro d'ispezione.
- Un attacco in forze, sicuro.
Le granate piantano, sui lastroni di roccia, lunghi alberi di fumo in quella
chiarità d'incantesimo.
Attorno alla trincea che cesella una gibbosità e che deve essere il punto at-
taccato, gli squarci sanguigni si moltiplicano, zigzando.
Ci sembra di scorgere, sulla parete metallica, uno straordinario brulicare di
microbi.....




- Gesùmmaria! Anche i topi!!
strilla Cassata drizzandosi come un aspide sotto il cumulo delle coperte, col
volto contratto da una smorfia di schifo.
Quando si ha vicino Cassata non si può dormire.
Fa sempre così, lo schizzinoso.
Noi, i topi li lasciamo fare: ci avvolgiamo come plichi assicurati nelle coperte
e lasciamo che passino e ripassino su di noi, e facciano magari anche, sulla
nostra carcassa, le ronde di prammatica.
Cos'ha ora questo indemoniato per dimenarsi così, sbattendo quell'ammasso
di cenci nell'aria come se facesse dei segnali a distanza?
- Ti ha preso per una levatrice!
monteggia Giubo.
Ci leviamo a sedere, incuriositi.
Tra le coperte abbandonate per terra ci sono tre o quattro cose tenere, rosee,
palpitanti: dei topi appena nati ...fanno alla guerra anche loro....




- Ora dovrai legittimarli,
diciamo a Cassata, che osserva esterefatto come se temesse che quel parto
possa essere addebitato a lui.
- Fermi! Ecco la madre legittima!!
avverte una voce.
Un topo enorme scende esitando, lungo una trave: ci sbircia, ci sorveglia: poi
continua a scendere. Passa tra noi che osserviamo muti, addenta una di quel-
le membrane mollicce (poi prova con il mio misero pasto...un po' di riso...)
che s'ammucchiano lì in mezzo, fugge.
Quel senso bestiale di maternità ci disarma......

(J. P. Sartre, La Nausea & C. Salsa, Confidenze di un fante)








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