Precedenti capitoli:
Al di là del vetro (15/1)
Prosegue in:
Paesaggi della paura (17)
Lo cerco per sempre,
fuori da ogni porta in
mezzo
alla strada,
per ogni incrocio senza
un’anima,
dove l’uomo insegue una
speranza
nominata ricchezza.
Lo cerco in ogni vetro che
lavo,
in ogni finestra e occhio indiscreto
che diviene il loro
sguardo ottuso,
accompagnato con solo la
rima
del vero disgusto.
È la loro parola con solo
una bocca,
per comporre una smorfia,
un inno alla ricchezza
nascosta.
Viaggia sicura e porta
parola
della dottrina che segna
ogni via.
Mi indicano come la bestia
fuggita
da una fine certa,
mi guardano volti non visti,
sguardi tristi colmi di
rancore
bava alla bocca di un odio
mai morto.
Chi urla e incita la
folla,
vuole giustizia senza
perdono,
per un uomo che muore
senza peccato
e senza il suo trono,
dopo averci donato solo il
suo Regno.
Crepa come una bestia per
un amore
durato una notte,
senza la voglia che
diventa
repressa,
sul mio corpo che chiede
solo
una carezza. (29)
Della carezza mi fece
dono,
giammai per un sogno
represso
rubato nel gesto ingordo
di un solo
momento.
Illuminò l’intera notte divenuta
parola,
poi confessione di un
Universo
creatore,
in nome del suo vero e
Primo Dio,
senza neppure un nome.
Fra un nuovo ed il vecchio
Testamento
che avanza,
la sola eresia di un uomo
che parla,
cui hanno rubato verità e
desiderio.
Una vita che vuol
conoscere la gioia
senza dolore e senza il
sacrificio,
di un agnello che muore
per un rito
nominato mito.
Il sogno di un Dio che
vuol vedere
la bestemmia del suo nome,
riflessa negli occhi
dell’uomo
che crocefisse con tanto
rancore.
Regalando solo dolore
senza perdono
alla verità incarnata
divenuta uomo. (30)
Questa eresia
ha impresso sulla bocca
con un bacio di fuoco,
e dopo la tempesta….
ha composto la vita
per un nuovo principio.
Anima di ogni essere
che avanza,
discesa nella materia,
in cerca della sua Prima
Creanza.
Come un’eterna rima
mai letta,
….nella ricca preghiera
dell’uomo. (31)
Ancora vago in quel
ricordo
mai morto,
ancora attraverso tante
stagioni:
una donna che mai
invecchia
per questa antica
certezza.
Ancora cerco la mano
dell’uomo,
perché non mi donò moneta.
Ancora leggo al lume di
candela
le parole di nuovi e
vecchi Dèi,
perché cercano la vera
strofa
della sua poesia.
Hanno occultato la verità
spacciandola per eresia,
al mercato della teologia
sulla tomba della morta
filosofia.
L’ortodossia non vuole la
sua parola
divenire principio di
vita.
L’hanno barattata con
oscura
dottrina,
legge inviolata di una
sola gerarchia
divina. (32)
La sua Parola illumina
diverso
principio,
perché non conosce
imposizione
in suo nome.
La religione custode della
Verbo
tramuta in prigione un
ristretto
convento,
e rinchiude lo spirito in
un libro
troppo corto per essere
letto.
Per poi bruciare il mio
su di un rogo…
in nome di Dio.
Studia la Scrittura con gli occhi
privati della mente,
specchio della coscienza
antica,
perché in quella litania
rimane
per sempre assopita.
La sua luce è oscura,
prima di ogni nascita e
morte
per questa venuta.
Stella che passa veloce
per un pensiero divenuto
illusione.
Incide parola e dona
conoscenza
confusa con la pazzia,
una coscienza appena
intuita.
Sull’uscio di una vita
specchio di questo
Universo,
mai visto né letto. (33)
L’uomo che commercia il
verbo
Divino,
ha udito il racconto della
donna
con il suo fagotto.
Ha udito parola pur se
andava
di fretta,
ha visto la pelle più
scura
di un’altra natura.
Ricorda la macchia e
l’infamia
senza casa e lavoro,
cui il suo popolo non
concede
perdono.
Vede gli occhi di un altro
colore,
forse quelli un Diavolo
tentatore.
Seduce con la bellezza
solo un uomo che passa di
fretta.
Solo un Dèmone antico
che forgia il chiodo di un
Dio. (34)
Forse il peccato che tenta
il pensiero
di una parola.
Sporca eresia.
Forse la serpe che
striscia fra l’erba
per offrire la sua mela.
Forse il lupo vestito da
agnello
tenta il gregge a cui dono
parola.
Forse la maschera di una
Dèa
che cerca solo vendetta.
Forse l’antica indovina,
alla Madonna ha rubato
la rima nell’antica grotta,
perché prima di lei in
quella
scura rovina.
Forse l’oracolo che legge
il pensiero,
di un uomo e il suo Dio,
trascina il verbo per
questa strada,
e diviene incerta
preghiera. (35)
Ed il cielo ora si copre
di tanto ..troppo dolore,
sono nuvole cariche di
incenso
venute a bagnare il mio
tempo.
Rendono il passo difficile
ed incerto.
È il mio mestiere!
Poi la nebbia sale,
come quando è solita
parlare
sul far di ogni mattino
e sera,
annuncia la sua ora
da una terra confusa.
E muta la paura in
preghiera.
Io porto nella bisaccia
il sano e duraturo
medicamento:
spirito divenuto moneta.
Per la mia casa,
per il mio regno,
per il mio feudo,
….che piano avanza. (36)
Per il mio sovrano ed il
suo papa
che lo aspetta,
per mutar lo spirito in
nuova guerra
perché non conosce paura.
Per questo la trasporto
dall’uno
all’altro porto.
Dall’uno all’altro
convento,
dall’uno all’altro paese,
dall’una all’altra chiesa,
….dall’una all’altra
bottega,
dell’intera congrega….
…di questo grande pianeta.
(37)
La parola di un profeta
scritta e stampata,
foderata e rilegata
in nera e lucida pelle.
Prima del rogo
di tante e troppe
preghiere,
accompagnano l’eresia
della povera anima
mia.
La parola dell’uomo
non conosce perdono,
uccide quel Dio sul suo
trono
in cima ad un monte a
forma
di teschio.
Dal suo popolo e chi lo
governa
per questo ne han chiesto
la testa.
La parola del suo popolo
muta la ricchezza in oro
per forgiare il ferro:
dell’infedele mozza la
lingua
e del nuovo profeta brucia
la parola in mezzo
all’ortica.
Poi lo cingono con la
corona
e il corpo vestono con
abito
di spine.
In nome della sua eresia
che semina il dubbio
sull’antico dire. (38)
E con lui la rivolta
di una nuova dottrina,
un Dio che non conosce
l’oscuro sapore
dell’eterna
vendetta.
Condita con tanto….
…troppo dolore,
e prega per suo figlio
morto a stento,
su una croce di legno.
(39)
Vedo la sua mano cercare
il conforto negli occhi
di un sogno mai morto,
divenuto ossessione e
raccontato
con passione.
Un orto coltivato e una
maschera
antica,
troppo bella per morire in
mezzo
all’ortica.
Troppo bella questa Dèa
che ingombra
la via,
tramuta il sole in acqua
che sgorga,
dona ansia e incertezza
di un corpo divino,
bello come la terra che
l’ha partorito.
Bella questa donna vicino
al torrente,
più bella di una Madonna
ed il suo strano
ventre.
Accanto ad un orto
dono di un uomo
forse mai morto.
Maschera antica di
sapienza
e amore,
resuscitata da un regno
senza la memoria
dell’inutile
tempo. (40)
Civiltà sepolta e dimenticata
neppure osservata,
come quella stella che
lontano
ci guarda,
e con la luce ci sprona.
Pur navigando
nelle acque del tempo,
quando la sua strofa
illumina la mia poesia
e la sua rima è ora
assopita.
Chiusa nel vortice della
materia
da un Secondo Dio
condannata,
e arsa al rogo di una
lunga traversata.
Anima inquieta naviga nel
mare
del tempo,
lei madre del vento e di
ogni elemento,
e di ogni sogno raccolto
per questo
Universo costretto.
Troppo bella per essere
vista
anche se in quel mare
d’illusione,
il suo bagliore è rima
d’amore. (41)
Senza più gloria
nasce e muore nella
materia,
…..mia povera stella.
Profezia di un’epoca
lontana
ai primordi della
coscienza
mai narrata.
Senza guerra né odio,
entro e fuori il regno
della sua parola.
Perché frutto di un sogno
mai morto prima della
spirale
del tempo.
Giammai conosce fine
prematura:
un uomo e la sua strana
parola.
Anima senza tempo segna la
storia
della nostra triste ora.
(42)
Bella questa fuggevole
tentazione,
ricordo partorito dal
ventre
di un lupo mai morto
e uno strano sogno.
Nata dall’occhio di una
bestia
feroce,
cui ho donato un mondo
migliore
senza più la luce del
sole.
Ho bruciato così quel
sogno
lontano,
perché aveva osato e
navigato.
E ingannato la pia
illusione
di un mondo governato
per diritto sovrano.
A cui vendo sicura visione
governata con solo il
terrore!
Sano e robusto
medicamento,
l’agnello e il suo tempio,
e tanti uomini ad
ingombrarne
l’altare,
in nome della guerra
bandiera di una sola
Chiesa.
Giammai sogno contorto
di un lupo
e il suo spirito risorto,
ora corre veloce
in una blasfema eresia
d’amore.
Solo pasto ingordo
di un mondo
che pretende essere il
migliore.
E pensa conoscere tempo
e sorriso di una Dèa,
specchio riflesso di
un’eterna
preghiera. (43)
Mi prende la mano,
vuole leggere la linea che
conduce
dritto all’inferno,
noi tutti della congrega
condanniamo
l’oscuro rito.
Negromanzia,
questo il pensiero non
ancora
morto:
raccontare viscere sparse
nel ventre,
olio che galleggia sogno
di
fattucchiera.
Gatto che parla con il suo
occhio
per svelare un sogno
risorto.
Droga che dona oscura
visione
intruglio bollito in un
pentolone,
dove noi celebriamo il
nostro
misero agnello,
con l’erba che gli fa solo
da
sostentamento,
in questo triste momento.
Forse il nostro Dio è più
saporito
della preghiera della
povera strega. (44)
Mi guarda negli occhi.
Io stringo i denari.
Mi aggrappo alla sella,
ho solo paura della
bellezza
accompagnata alla strana
sua
parola.
Ho paura che ciò che legge
con gli occhi della mente,
non sia scritto nel
tempio
della vera legge.
Ho paura di quello che
vede,
oracolo della mente,
perché non è visione di
profeta.
Ho paura dell’occhio che
penetra
il mio abito distinto,
dimora di un più antico
Dio.
Ho paura della sua verità
da sibilla:
muta la parola in urlo
e assomiglia ad un ululato
di lupo. (45)
Senza i denari di un
tempio
perché scrive la sola
legge
di Dio,
il suo urlo
diviene misera convulsione,
…poi solo possessione.
L’occhio dominato da
uno
strano bagliore,
dèmone o diavolo
tentatore…,
non cambia la mia
religione.
Rimango seduto,
la paura mi prende allo
stomaco.
La donna ora dice strane
parole,
una lingua antica come una
lontana eresia,
più antica del sogno
del mio Dio creatore.
La vedo tremare come la
zolla
prima dell’oscura bufera,
trascina e distrugge ogni
certezza
su questa lurida terra.
La vedo sudare dai pori
della pelle
come la roccia che s’apre
in torrente,
dopo il fremito della
lunga sete.
Parla una strana parola
dal fondo
della grotta,
ora è solo la sua bocca.
Parla una strana lingua
dalla maschera che
galleggia
lungo la via.
Naviga uno strano vascello
….in questo momento.
La paura mi cinge le
spalle e le gambe,
divento un tronco appena
piantato
sulla sottile terra che a
stento…
mi tiene fermo sulla mia
sella. (46)
Quando poi mi ridona la
mano
tutto tace attorno,
come nel regno di un primo
sovrano.
Il sole torna a sorridere
lieve,
come se il vento avesse
acceso
mille candele.
E spazzato ogni peccato,
frammento di una donna
e la sua prima parola.
Frammento di un rito
strano
e malsano,
dono di un primo sciamano.
Padre di una strega,
dispensa eretica e sensata
parola.
Diavolo di un altro mondo,
cui destino il fuoco
di una diversa
comprensione:
rogo dell’insensata parola
senza onore e comprensione
dell’intera nostra storia.
(47)
Le prendo le mani,
la stringo forte al mio
petto.
Poi la lego come un
capretto.
La trascino via dall’Olimpo
dove è rimasta assisa
senza neppure un sorriso.
Forse per un minuto
che è sembrato il parto
dell’intero universo
compiuto…
Non so per quanto tempo…
mi è sfuggito di mano,
quando lei ha guardato la
linea
dell’inferno
e il fuoco è scaturito
dal secolare gesto.
Perché deve tacitare ciò
che non va detto. (48)
La sua fine so certa,
anche se domanda perdono
come una gentil donzella
a cui hanno strappato la
verginità
troppo in fretta.
La cenere l’aspetta,
questo so con certezza.
E il fuoco cancellerà ogni
parola
di questa strega….,
….zingara maledetta!
Ha letto troppo in fretta
il libro della vita,
solo per confondere il
pensiero
con una falsa certezza,
come l’eresia di ogni
strega.
… Che sia per sempre
maledetta! (49)
Il mio compito oggi
come ieri,
è donare la giusta
certezza
ad ogni anima eletta.
Illuminerà il cammino
di una sana e giusta
guerra
in nome della divina
parola,
che vendo oggi come
allora.
Toglierò a lei ogni
diritto
oltre la parola,
come al suo falso Dio
e ad ognuno che prega
la blasfema sua bestemmia.
Al suo posto dono il mio
umile
e solo conforto:
sacro Verbo nell’alto
della chiesa,
ogni giorno che Dio
l’aspetta…..
A lei,
che di nuovo qui mi prega,
solo cenere e fuoco che
purga
ogni peccato.
….Strega maledetta…..(50)
Diavolo tentatore,
per un attimo o forse
una vita intera,
diverrai la mia pena.
Per ogni volto simile al
tuo
io per sempre farò
ritorno,
è la nostra eterna guerra.
Cingere il mio ventre
satollo
con il tuo fragile corpo,
mutar il gesto e condurlo
al giusto porto del suo
eterno
dono.
Sesso a pagamento,
il solo frutto della tua
bellezza,
a me l’eterno conforto
della tua
ricchezza,
rubata alla tua terra.
Assieme al segreto
che brucio dopo…,
su di un rogo.
Per ornare il mio trono
dopo averti straziato il
corpo. (51)
Sesso a pagamento,
pochi denari nella stanza
buia
dell’osteria,
dove il ricordo di una
strega bruciata
su un rogo,
è solo il salvacondotto
per un desiderio contorto.
(52)
Quando vidi la pelle
gemere
con solo le catene,
nuda sollevata alla corda
…,
io piangevo
solo per il perdono,
di una donna che sapevo
già morta.
Una lingua antica aveva
letto
fin dentro l’anima mia,
una guerra che non conosce
la sua profezia.
La mia mano accarezza solo
il desiderio
di un corpo che geme
del mio eterno piacere.
Lasciando a lei solo
l’eterno tormento
di espiare il peccato che
vendo
per ogni quartiere….,
….dopo l’ingordo piacere!
(53)
È letto d’amore penetrato
in ogni orifizio,
affittato e pagato ad ore.
Profano così ogni pudore
posto sopra il mio ventre
ubriaco di vino.
È sangue di un uomo che
muore
gravido di pane e sudore,
accompagna il nutrimento
di un agnello sacrificato
in ogni momento. (54)
Ora di nuovo quelle mani
rivedo,
mentre rubo e profano la
vita
e la rima.
Una bella pulzella a cui
ho donato
la mia bibbia,
e qualche soldo per
goderla
da un bel di dietro,
per poi inondarla del mio
seme.
Per vederla china sul mio
attributo,
parlare con la lingua che
prega
la verga,
per seminare poi il suo
viso,
terreno incolto del mio
paradiso.
Dona generosa semenza
ad una fanciulla,
perché è lontano ricordo
di strega.
Incontrata vicino ad un
orto,
forse anche vicino ad un
torrente,
ma sempre vicino ad una
fossa,
ma bella più di una Dèa
antica. (55)
Sul quel viso getto il seme,
scavo il mio orto.
Poi quando l’orgasmo
diventa
potente come un boccale di
vino,
di aceto cospargo il suo
giovane corpo.
Le stringo piano i
fianchi,
la metto sopra al fagotto,
ora è solo un morbido
cuscino,
ripiano di un sedere
divino.
Pianto i chiodi della mia
lussuria
fino a vederla gridare di
piacere,
da un fuoco che sgorga
dalle mie vene.
Un fuoco che sboccia dal
ventre
di una piazza antica,
urla e impreca ne chiede
ancora,
poi come antico dovere
domanda moneta per la
legge di Dio.
Chiede i denari della
gloria
dipinta nell’alto della
volta,
per ridare al mio corpo
il desiderio mai morto,
di un uomo….
….che vende parola. (56)
Ora il ricordo avanza di
nuovo,
ora la parola torna
memoria,
una bufera scritta nella
parola.
Ora la preghiera prende
alla gola,
quando rimembro la povera
donna
bruciata come una strega.
Ed il suo compagno morire
prima o dopo,
non v’è ordine in questo
ardire,
vuol la parola costretta
al dono della memoria…
…..maledetta!
Pensata e pregata da un
alto prelato,
non da un uomo ed il suo
primo Dio.
Sono io quell’uomo
che non ha confuso l’amore
con il vino,
e il pane con inutile
sacrificio.
Forse un’eresia mai
compresa
dettata dalla coscienza
senza ora…,
nel tempo immobile della
loro storia. (57)
Parla senza vendere parola
di quella ne dona memoria,
la compone in rima per lo
stretto
scaffale della stessa
storia.
Trascritta e interpretata
da una coscienza
come un’anima sospesa,
nell’inutile attesa
nominata
…..vita.
Traccia la pittura di una
figura
mai vista,
dipinta nell’oscura
caverna
come il vagito della prima
parola
…. divenuta prosa. (58)
Il profilo pensano di aver
scorto,
l’insegnamento di aver
colto,
l’agnello di aver sacrificato,
un Dio aver umiliato e poi
innalzato
alla gloria di un nuovo
Creato
divenuto eterno peccato.
Un mito mai del tutto
compreso
all’ombra di un
sacrificio,
vuole l’uomo peggio della
bestia
vano tentativo della
perfezione,
e triste sogno chiuso in una
strana
illusione.
Eterno circolo della
memoria
del tempo contato e
narrato
nel nome della storia.
(59)
Tempo scorre nel muto
circolo
nella stagione che scopre
il suo principio.
Muteranno anche quella,
quando l’ora diverrà
troppo
stretta.
In nome della bisaccia
e i suoi denari:
pane vino e vana gloria
e una puttana a saziare la
verga.
Tracannano quel poco che
rimane,
fin quando l’intero
banchetto diverrà
rutto muto:
cornice d’un grasso putto,
un ventre già tronfio del
troppo
ricevuto. (60)
Divorano senza ritegno
convinti di esser Dio
in questo regno.
Tutto il resto inutile
contorno
di una Natura che muore
ogni giorno.
Tutto il resto bestie
insensate
che divora la fame.
Tutto il resto inutile
dire
perché di verde illude la mia
iride. (61)
Un quadro e la sua eterna
cornice,
il popolo e il suo lento
morire.
A loro il dipinto e la
figura,
monotona natura che orna
la divina ricchezza.
Una fortezza,
una chiesa,
un castello e tutta la sua
corte,
assisi sopra un trono divino
e comandato direttamente
dal volere di Dio.
Se poi diventa poltrona,
non v’è differenza nel
circolo
di questa inutile storia.
Noi siam popolo che lavora
per l’eterno quadro
che compone la storia.
Con sempre una casta
e un Dio che li comanda,
e mai nessun oltraggio
a subire…,
per il nostro eterno
patire.
Che Dio conceda loro
perdono
per l’eterna ….bestemmia!
Riposta e dipinta con cura
sullo scaffale di questa
loro
storia indegna. (62)
Per sempre costretta
e custodita nella grande
biblioteca
del solo mio dire,
….che Dio prenda atto del
mio
valoroso ardire!
Dono della favella e
della
sacra parola.
La vita senza ritegno
dell’eretico
e la sua zingara,
la strega ed uno strano
lupo,
in questa congrega che sa’
di fiera
non venga qui mai
custodita
né letta,
per il bene dell’intera
congrega.
Questa bestia maledetta
non attenti
la pecunia
del mio gregge che bela e
lavora,
e prega la mia eterna
ora.
La loro abominevole eresia
trascinate fuori dalla mia
vista,
perché io vendo la Bibbia
foderata e rilegata,
parola di un Nuovo e
Vecchio
Testamento.
Per me non v’è gran
differenza
sotto questo grande
cielo....,
che è tutto il mio regno!
(63)
(G. Lazzari, Il Primo Dio,
Terzo Dialogo)
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