giuliano

giovedì 16 settembre 2021

IL RACCONTO DELL'ALBERO (34)

 










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A passo di lupo (33/31)


Prosegue con...:


Il primo principio di non-contraddizione (35)









Amico mio,

 

…quando immobile osservo l’intero panorama fin giù la valle, per poi alzarmi da ogni ignudo ramo d’inverno e fiorito in Primavera, sempreverde d’Estate, per ammirare ogni Cima, ogni viandante che con fatica dagli albori di questa Stagione mi ammira, studio la Vita.

 

I miei amici assisi sono troppi, tanti, più d’ogni villaggio o paese dipinto, ad ognuno dedico una Poesia in Rima, mi raccontano ‘a volo d’angelo’ magnifico Pensiero intonato, ma dall’umano ingegno non più udito né compreso, che al dolce vento si ispira.




 Apre le ali non esercita forza alcuna, è solo vento che leggero solleva la vista fin su ove il Pensiero s’ispira, per divenire volo nell’hora propizia, e poi posarsi all’ombra della meditata quiete e narrare un piacere incompreso a chi incapace in ugual medesimo intento, ovvero: il Pensiero!

 

Mi narrano tutto ciò con delizia di particolari che non mi furono sufficienti i tempi dagli umani contati e attraversati. Ad ogni stagione imparo qualcosa di nuovo, anche fra gli scomposti lamenti di chi sacrificato, ovvero: chi mai ha imparato a parlare o pensare in questo immacolato, mio ed altrui, antico altare.      




I Secoli contati per ogni mia anello di più profonda Fede con cui a suggellato l’antico patto, tanti, che il solo contarli o appena descriverli, farebbero smarrire l’annebbiata vista posata per ogni tronco mutilato e sacrificato in nome d’uno strano dio.

 

Là ove coniato il mio nome la scure scorge un ‘nulla’, oltre il rito propiziato ed offerto all’ingordigia dell’uomo in nome del fuoco. Offriamo a lui il nostro sorriso dall’alba della Vita sino a questo poesia!

 

In nome e per conto d’un diverso dovere ed appartenere ai principi non scritti di ugual medesimo Universo in Terra!




Però a lui forniamo l’elemento primo del compiuto peccato affinché sappia e comprenda bene il principio per sempre violato!

 

Scriverà molto senza nulla aver scritto, ricorderà e conserverà quanto ed ovvero di nulla ha giammai compreso!

 

‘Nulla’ scorge nella selva letta per ogni anello dell’antico patto suggellato, posso narravi quanti ne scorgo d’umani incompiuti e compiute fiere attraversare e confessare strani patimenti.




 Degli stessi, ebbene che sappiate, ne ho uditi molti, sofferti e imprecati, talvolta offuscati da strani dialetti, li scorgo attraversare e nulla ammirare, chi a capo chino con ugual medesimo sacrificio con cui nutriamo l’ingordo appetito, approdare sino a sora acqua la mia vicina, e dissetare la scomposta pecunia, solo il più fedele e fidato rinato alla mia ombra, mi riconosce e contraccambia un sorriso.

 

Lui, per il vero, rinato in questa vita rimembra il luogo, ricorda la Rima fattasi poesia. Rimembra il Sentiero ove dimorò in una oscura epoca, fu braccato da strani viandanti con la bava fra i denti e lo schioppo fra le mani, a cui negò ogni fedeltà sovrana.




 Commise peccato terreno, fors’anche antica Eresia perseguitata.

 

Ricorda il luogo, e tutte le volte conta ogni ramo di nuovo fiorito, quello ove fu appeso all’inizio d’una strana primavera, solo per rimembrare ad ogni viandante il monito delle stagioni del tempo reciso, sacrificato e punito alla scure dell’umana ingiustizia.  



    

 Ebbene, miei cari viandanti, sappiate che da quel ramo ho cresciuto la più elevata vista che lenta si protende fin sulla ramificata Cima, dal tronco di quel ramo dipartono tanti di quei Sentieri, che nei secoli delle mie stagioni ho smesso di contarli.

 

Con il fiato sospeso non ancora del tutto soffocato, mi narra ogni sogno infranto, prima del trapasso a cui abdico l’eterno sorriso, oltre il dovere del perseguitato ricordo.




Mi dice di come fu braccato in nome del loro dio colmo di indegno peccato, dell’ombra meditata per ogni più elevato ramo, mi narra degli inganni del tiranno sovrano senza alcun timor di dio, e di come rispose all’ingorda parola con il fiato mutilato d’una incompresa Rima.   

 

A lui affido le stagioni del mio Tempo, assicuro e prometto rinata dignità umana per ugual medesima ombra.




Quando di nuovo attraverserà la scomposta mia capigliatura dall’inverno fino alla primavera, si accosterà alla mio ramo appassito, all’ombra delle sudate stagioni della nuova vita offerta, si appoggerà, mi scruterà da lontano e da ogni prospettiva, apparentemente smarrendo retto pensiero, come un amico già visto e conosciuto del quale però non ricorda e confonde il vero volto.

 

Si domanderà qual dio governa il mondo.

 

Si interrogherà circa la vita e il dio che così bella la coronò per ogni mattina offerta.




Si inginocchierà alla mia vista e da nessun umano scorto neppure udita, scheletro d’inverno fino alla soffocata estate per ogni segreta preghiera da me udita.

 

Il verme che trapassò l’occhio adesso lo scorgi appestato e confuso per ugual medesimo passo!

 

Quello che si cibò della tua lingua fin sul ramo appesa, ora precipiterà in uno strano Abisso senza pensiero o parola alcuna.

 

La formica che del resto ne fece scorta, hora l’ammiri contare i denari di ciò che rimasto coniati nell’improvvisa carestia, senza alcun dio contarne le ossa cadute concimare ugual terra.




Risorgerà al colore d’ogni mia foglia con lo stesso identico ardore di come lenta scorre ugual medesima linfa, persa all’inizio d’una nuova primavera, per poi rinascere all’autunno quando nacque il suo profeta.

 

Ricorderà un Universo antico là ove proviene il suo quanto mio stesso invisibile cammino.

 

Tutti gli altri scorgeranno solo una selva senza futuro o sentiero che non sia un pasto o un sacrificio rincorso in ugual cammino.




Lui, invece, poserà lo sguardo d’artista sino a divenire illuminato filosofo, paladino dell’eterna vita ove per sempre farà ritorno, avrà in dono una nuova vista, vivrà un sogno combattuto e sofferto, mi scorgerà cercando un ricordo antico per questo stesso sentiero.

 

Ritornerà tante e più volte su questo luogo, mi dipingerà e pregherà per ogni mio anello di ugual sacrificio, suggellando medesimo patto con il nostro dio.




Poi, eleverà Pensiero e Parola al freddo dell’inverno, sino alla soffocata alba d’una nuova primavera. Da quello proviene, e quando alto l’appassito ramo gli donerà una secca scheletrica foglia lui canterà una nuova Rima. E quando lo stesso ramo fiorirà a primavera, lui guarderà ogni mio pensiero che alto vola.

 

Uno dei tanti, miei amici viandanti, che il narrarne l’eterna vita non basterebbe uno solo del vostri anelli dorati con cui vi adornate le sorde orecchie come le uncinate dita, in nome e per conto d’una strana incompresa mascherata alchimia.




Uno dei tanti, come vi dico ancora, seppure vi ammiro e scruto nei fasti del vostro portamento accompagnato dal nobile dotto ingegno, il quale luccica e risplende, seppur mascherato e ben adornato.

 

Eppure mai avete osservato o solo ammirato il mio oro per ogni stagione dell’infinito dio, quando luccica e risplende in autunno come in primavera, e per ogni inverno ove dimora in letargo un sogno troppo difficile da essere da voi appena compreso.

 

O solo confiscato!




Con la luce del mio sofferto mutilato contraccambiato respiro, ispiro la linfa e infondo la vita, se mi scrutate contro se stessa ammirerete l’anima che delinea ogni mio profilo fin su verso la Cima, la stessa che di fretta attraversate per conquistarne la ricchezza e piantare una strana croce, ove mutilare la mia ed altrui saggezza.

 

Se osservate ancor meglio, scorgerete il mio profilo, lento mutare forma creare smarrito pensiero, lento se lo avete ritrovato al mio sovrano cospetto, come i colori che formano il quadro dell’artista, il quale mi ritrae nella nobile risoluta eterna compostezza, la quale imita ed ispira ugual via: sua la migliore preghiera, sua la miglior poesia.

 

Sua, di certo, la dottrina confacente al mio dio.




 Scorge il profilo, il volto, scruta e prega il pensiero ritrovato e per sempre rinato.

 

Il paesaggio, così come ogni mio profilo, scritto ed inciso per ogni foglia qual invisibile testamento, ove tanti viandanti attraverseranno le smarrite stagioni del tempo, convinto di averlo appena ritrovato per ogni più piccolo particolare osservato.

 

Dotti proclami, concise o prolisse critiche, pur ammirando l’arte hanno appena smarrito il Sentiero che conduce alle fronde del profilo.




Così, vi dicevo e dico ancora, tanti ne ho visti e contati, di certo taluni sono viandanti, altri impareggiabili artisti, altri uomini risoluti e compiuti, piccoli e grandi sovrani cinti nell’altrettanto piccolo loro regno scritto nello strano futuro ingegno.

 

Altri smarriti e persi domandarmi conforto terreno, oppure Regno divino, io mostro loro il mio volto e comando quanto Creato affine all’umano che scorge e non comprende, che osserva e non vede, che riflette ma non pensa, che parla e nulla dice, che legifera al di fuori della mia legge.




Così a quel viandante, al quale dono l’antico patto, offro anche l’eterno mio pensiero, privo dell’ingegno con cui contano e numerano il loro strano Tempo attraversato e giammai compreso.

 

Dono a lui il mio anello ove un giorno si poserà come smarrito, imprecherà perché lì dimorava un Genio in nome e per conto di Dio.

 

Ed a lui offrirò ogni anello terreno d’una diversa vita contata per ogni selva mutilata e smarrita… 








   

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