giuliano

mercoledì 18 settembre 2024

L'INDUSTRIA ANARCHICA (guarda O'MAR QUANTE' BELLO!)

 










Precedenti capitoli...:


Dell'Ecologia... (10/2)


Prosegue con...:














(l'industria) Anarchica (14)


Prosegue ancora...:











Con la 'vena creativa' ovvero il capitolo quasi


al completo  (15)








In rispetto e simmetricamente alle esigenze del ‘mercato’ e l’economia che al peggio e al meglio lo dovrebbe gestire, quindi e soprattutto alla volontà umana nel doverlo continuamente promuovere ed incentivare, sussiste un reciproco rapporto di dipendenza fra le mutevoli superiori forze della Natura e l’uomo proteso dall’inizio dei tempi nel piegarla al proprio volere, sfruttando a suo piacimento la risorsa costante ma non certo infinita che ogni Elemento, dalla crosta alle più alte vette della Terra sino in Cielo, può e sa offrire all’uomo assennato nel principio dei ritmi del Tempo con la Natura maturato…

 

Gaia un essere vivente e oltremodo cogitante!

 

Ricolma di Vita nel beneficio di comprenderla e capirla, con un cuore pulsante, le proprie vene [*1], ed il proprio Intelletto derivato e dedotto dall’intero moto e principio dell’Universo…




Fu detto qual timore del Verbo (mai sia detto corrotto!) che la Natura creata dal Dio communente e comunitariamente - dall’Europa all’America compresa la grande steppa russa -, unanimemente pregato nella volontà di asservire sotto ogni suo aspetto l’esclusività dell’uomo.

 

Nell’‘esclusiva esclusività’ - rivolta al meglio o al peggio - nel fine di dominarla più che comprenderla, giacché, purtroppo, la dedotta comprensione spesso conduce ad un fraintendimento del corretto rapporto procedendo verso il corrotto…

 

Dedotto margine di corruzione lo possiamo scorgere ovunque soprattutto negli ultimi duecento anni, anche nel fraintendimento della pandemica aggressione da parte del virus, del quale imputato un contesto naturale divenuto innaturale, l’innaturale corruzione derivante dall’uomo nel manipolare ciò che ritiene normale nella progressione, geneticamente non calcolata, la quale non può e deve essere imputata alla Natura…




Di grazia, uomo, fu un batterio l’origine della Vita; di grazia mio sire salite sino alla cima di Venere per scorgerne facezia e bellezza, microbica impronta ed urlare alla vita, sì sono venuto! Di grazia mio zar, la corsa fin sulla cima fu intrepida avventura, eppure lassù a Solaris la nota multiproprietà, non si può godere d’un bicchiere d’acqua neppure appestata!

 

Preghiamo ogni dì il Santo e pio Matteo, lui che spalanca sepolcri e porte!  

 

Ecco perché nella Natura scorgiamo quella purezza persa da ogni contesto la possiamo osservare e comprendere, anche nel più sollecito modo di difendersi ridendo dell’intera commedia in nome della…  




Per ciò concernente l’aspetto ecologicamente più serio - anch’esso mal interpretato - veicolato secondo le normative del nuovo assetto societario (dell’intero eremo all’ordine dottrinale dell’abbazia posto) con cui pretendono di specificare e dedurre la Natura  (SPA SRL SNC, in essere e da fondare, trascurando in questa sede tutti quelle ‘cordate’ che traendo medesimo guadagno e non più dichiarato profitto, si astengono omettendo il beneficio con impatto ambientale equivalente a ZERO, quotate indistintamente in borsa per il maggior margine di profitto e nuova prospettiva di post crescita successiva la ‘benedetta’ [da taluni] crisi pandemica), le quali nulla cambiano rispetto al risultato costantemente ragguagliato, cioè il massimo inquinamento nell’illusiva prospettiva tridimensionale data (confacente al Dio del Verbo pregato) di poter esser presi per i più bassi istituzionalizzati fornelli…

 

Ebbene avete - se sapete ancor leggere -… letto bene!




Dacché la lieta novella o Grande Notizia ci giunge mentre ci affanniamo per un misero piatto di pasta con contorno di patata, all’Osteria di Don Chisciotte, lui il quale in Verità e per il Vero, fu il verro custode d’ogni energia trasmutata e affissa ad ogni mulino della silente Poesia a cui ci uniamo a mo’ di preghiera nel combattere la fitta schiera d’ogni inganno dato.

 

Di certo non fu un pazzo!

 

Aveva ben intuito cosa sarebbe divenuto quel mulino, e avendo prefigurato schiere di demoni rotanti tratti dalla silente letteratura della Natura; l’Anima dell’uomo di Mondo che lo teneva in custodia comandò di difenderne l’onore tradito.




 Sancio rimase avvilito giacché l’alito suo sicuramente più abituato e avvezzo non men che appestato al cacio come al somaro, infatti, s’accompagna e comanda al proprio padrone sempre nobile pane con buona farina macinato…

 

Fu questo il Primo Grande avvento della negata Genesi del Genio, Dio meditò l’eterna contesa destinando pazzia Testamentaria fra il Vecchio che semina e il Nuovo che avanza (a passo di gambero)…

 

L’intero lascito testamentario, io che fui un eretico notaio, lo possiamo ben leggere in ogni strofa della nobile leggenda…




Secoli dopo, infatti, pur non avendo nulla d’Eretico, un altro  gaglioffo non nominandolo ciarlatano, armato di matita al servizio del preciso compasso, rifondò l’Arte e non solo della Letteratura, ne trasse un giudizio in merito, forse perché pensava di appartenere al Vecchio Mondo ereditato, comunque sentenziò che l’Opera ‘schierata’ e al campo del mulino combattuta, altro non èra che l’Avvenire ammirato e dipinto circa la nuova industriosità nel vagito del nuovo Secolo nato dal cordone ombelicale mal reciso da codesto parto (questo uno dei casi in cui l’aborto ammesso e concesso per il bene delle rimanenti creature procreate e non più bestie dell’inferma terra non ancora infermeria…)...

 

Più che pianto pensiamo all’alito appestato!

 

Deva forse imparare ad interpretarne e leggerne l’Opera!

 

Lascio all’insindacabile Giustizia del Dio pregato il giudizio terreno, abdicando allo Spirito un diverso principio ma non certo pregiudizio…




Non abbiamo imparato e mai impareremo come al meglio pregarlo per questo ci braccano come animali, e come il Don ci insegna ancora, ci scagliamo contro le elettriche meccanizzate pale prive del Tempo (con annessa Memoria) come del vento cui la miglior Storia da cui la tormentata battaglia impone la folle corsa ma non certo l’altrui abisso eretto, sia dell’industrioso mulino, sia dei similar inutili artifizi del falso progresso nutriti da tutti quei gaglioffi che lo difendono in nome e per conto del falso sostentamento dato dal valore economico ragguagliato all’osteria della presunta ricchezza…

 

Che l’oste ne prenda nota!

 

E ne aggiunga una nuova, di botte mai sia detta damigiana, la quale vien travasata nel gradire codeste massime offerte qual introduzione al pasto (mai sia detto passo) dell’industrioso (mai sia detto obeso) anarchico…

 

(Giuliano)



Amo sempre queste centrali elettriche con i loro enormi camini, ma è altresì raro che compongano un architettura urbanistica confacente nei secoli. Altrettanti palazzi industriali di Berlino sono anche loro armoniosi: ad esempio i lavori della General Electric Company, i suoi negozi per la costruzione di dinamo, e i gasometri cittadini che sono stati trasformati in moderni castelli di lavoro di enorme mole; e gli edifici fioriti delle persone che lavorano. Tutto questo costituisce la meraviglia del lavoro a Berlino.


(Prosegue...)








lunedì 16 settembre 2024

LO CAOS DELLI VERMI (2)

 








Precedenti capitoli 


nelo Kaos 


delo Viagio  


Prosegue fino alla fine... 


con lo capitolo completo   (*)  


& con la materia 


storica  (4)  &  [5]


 





Torniamo allora alla cosmogonia di Menocchio, che all’inizio ci era parsa indecifrabile. Ora possiamo ricostruirne la complessa stratificazione. Essa cominciava discostandosi subito dal racconto del Genesi e dalla sua interpretazione ortodossa, affermando l’esistenza di un caos primordiale:

 

Io ho detto che, quanto al mio pensier et creder, tutto era un caos, cioè terra, aere, acqua et foco insieme...’ (7 otobre).

 

In un interrogatorio successivo, come abbiamo visto, il vicario generale interruppe Menocchio che stava discorrendo dei Viaggi di Mandeville per chiedergli ‘se questo libro parlava niente del chaos’. Menocchio rispose negativamente, riproponendo (in forma consapevole, questa volta) l’intreccio già accennato tra cultura scritta e cultura orale:

 

‘Signor no, ma questo l’ho visto nel Fioretto della Bibia; ma l’altre cose ch’io ho detto circa questo chaos le [ho] formate da mio cervelo’.




In realtà Menocchio non ricordava bene, il Fioretto della Bibbia non parla propriamente del caos tuttavia, il racconto biblico della creazione vi è preceduto, senza alcuna preoccupazione di coerenza, da una serie di capitoli derivati in gran parte dall’Elucidarium di Onorio di Autun, dove la metafisica si mescola all’astrologia e la teologia alla dottrina dei quattro temperamenti. Il capitolo IV del Fioretto, Come Dio creò l’huomo di quattro elementi, comincia cosí:

 

‘Sí come è decto Dio circa il principio fece una grossa materia, la quale non haveva forma né maniera: et fecene tanta che ne poteva trarre et fare ciò che voleva, et divisela et partilla sí che ne trasse l’homo formato di quatro elementi...’




Qui, come si vede, viene postulata un’indistinzione primordiale degli elementi, che esclude di fatto la creazione ex nihilo: ma il caos non è menzionato.

 

È probabile che Menocchio traesse questo termine dotto da un libro a cui accennò incidentalmente nel corso del secondo processo (ma nel 1584, come si dirà, gli era già noto): il Supplementum supplementi delle croniche dell’eremitano Jacopo Filippo Foresti. 




Questa cronaca, scritta alla fine del Quattrocento ma d’impianto ancora nettamente medievale, comincia con la creazione del mondo. Dopo aver citato Agostino, patrono del suo ordine, il Foresti scriveva:


‘... et è ditto, nel principio fece Iddio el cielo et la terra: non che questo già fussi, ma perché essere potea, perché di poi se scrive esser fatto el cielo; come se le seme d’un arbore considerando diciamo quivi essere le radice, la forza, li rami, li frutti et le foglie: non che già sieno, ma perché di quivi hanno ad essere. Cosí è ditto, nel principio fece Iddio il cielo et la terra, quasi seme dil cielo et della terra, essendo anchora in confuso la materia del cielo et della terra; ma perché gli era certo di quella dovere essere il cielo et la terra, però già quella materia cielo et terra fu chiamata. Questa adunque spaciosa forma, che di certa figura mancava, Ovidio nostro nel principio del suo maggiore volume, et anchora alcuni philosophi Caos la chiamorono, de la qual cosa esso Ovidio in quel medesimo libro fa mentione dicendo: “La natura avanti che fusse la terra et lo mare et il cielo che copre il tutto, havea un vulto in tutto il suo circuito, il quale li philosophi chiamorono Caos, grossa et indigesta materia: et non era se non un peso incerto et pegro, et radunata in quel medesimo circulo, et semi discordanti delle cose non bene congionti” ’.




Partito dall’idea di mettere d’accordo la Bibbia con Ovidio, il Foresti finiva con l’esporre una cosmogonia piú ovidiana che biblica. L’idea di un caos primordiale, di una ‘grossa et indigesta materia’ colpi fortemente Menocchio di qui trasse, a forza di rimuginare, ‘l’altre cose... circa questo chaos... formate da suo cervelo’.

 

Queste ‘cose’, Menocchio cercò di comunicarle ai compaesani.

 

‘Io gli ho inteso a dir, riferí Giovanni Povoledo, che nel principio questo mondo era niente, et che dall’acqua del mare fu batuto come una spuma, et si coagulò come un formaggio, dal quale poi nacque gran multitudine di vermi, et questi vermi diventorno homini, delli quali il piú potente et sapiente fu Iddio, al quale gl'altri resero obedientia..’




Si trattava di una testimonianza molto indiretta, addirittura di terza mano : il Povoledo riferiva ciò che gli aveva raccontato un amico otto giorni prima, ‘caminando per strada, andando al mercado a Pordenon’; e l’amico aveva raccontato a sua volta ciò che aveva saputo da un altro amico, che aveva parlato con Menocchio. Di fatto, questi diede, nel primo interrogatorio, una versione un po’ diversa:

 

‘Io ho detto che quanto al mio pensier et creder, tutto era un caos... et quel volume andando cosí fece una massa, aponto come si fa il formazo nel latte, et in quel deventorno vermi, et quelli fumo li angeli; et la santissima maestà volse che quel fosse Dio et li angeli; et tra quel numero de angeli ve era ancho Dio creato anchora lui da quella massa in quel medesmo tempo...’




Apparentemente, a furia di passare di bocca in bocca, il discorso di Menocchio si era semplificato e deformato. Una parola difficile come ‘caos’ era scomparsa, sostituita da una variante piú ortodossa (‘nel principio questo mondo era niente’). La sequenza formaggio - vermi - angeli - santissima maestà - Dio il più potente degli angeli-uomini, era stata abbreviata, strada facendo, in quella formaggio - vermi - uomini - Dio il più potente degli uomini.

 

D’altra parte, nella versione data da Menocchio l’accenno alla spuma battuta dall’acqua del mare non compariva affatto. Impossibile che il Povoledo se lo fosse inventato. Il seguito del processo mostrò chiaramente che Menocchio era pronto a variare questo o quell’elemento della sua cosmogonia, pur lasciandone immutata la fisionomia essenziale. Così, all’obiezione del vicario generale

 

‘Che cosa era questa santissima maestà?’




 …spiegò:

 

‘Io intendo che quella santissima maestà fusse il spirito de Dio, che fu sempre’.

 

In un interrogatorio successivo precisò ancora: il giorno del giudizio gli uomini saranno giudicati da…

 

‘quella santissima maestà che ho detto di sopra, che era inanti che fusse il caos’.

 

E in un’ulteriore versione sostituí Dio alla ‘santissima maestà’, lo Spirito santo a Dio:

 

‘Io credo che l’eterno Dio de quel caos che ho detto di sopra habbia levata la più perfetta luce a guisa che si fa del formaggio, che si cava il più perfetto, et di quella luce habbia fato quei spiriti quali noi dimandamo angeli, delli quali elesse il piú nobile, et a quello gli dette tutto il suo sapere, tutto il suo volere et tutto il suo potere, et questo è quello che nui addimandiamo Spirito santo, il qual il pose Iddio sopra la fabrica de tutto il mondo...’




Quanto all’anteriorità di Dio rispetto al caos, mutò ancora parere:

 

‘Questo Iddio era nel caos come uno che sta ne l’aqua si vuol slargare, et come uno che sta in un boscho si vuol slargare: cosí questo intelleto havendo cognosciuto si vol slargare per far questo mondo’

 

Ma allora, chiese l’inquisitore,

 

‘iddio è stato eterno et sempre con il caos?’

 

‘Io credo. rispose Menocchio, che sempre siano stati asieme, né mai siano stati separati, cioè il caos senza Iddio, né Iddio senza il caos’

 

Di fronte a questo guazzabuglio l’inquisitore cercò (era il 12 maggio) di raggiungere un po’ di chiarezza, prima di chiudere definitivamente il processo.




 
INQUISITORE: ‘Vui nelli superiori constituti parlando de Dio par che vi contradiciate, perché in uno dicete Dio esser eterno con il caos, et in un altro dite che fu fato dal caos: però dechiarate questa conditione et l’animo vostro’

 

MENOCCHIO: ‘L’opinion mia è che Dio fusse eterno con il caos, ma non si cognosceva né era vivo, ma dopo si cognobbe, et questo intendo esser fatto dal caos’

 

INQUISITORE: ‘Di sopra havete detto Idio haver l’intelletto; come adunque prima non cognosceva se stesso, et qual fu la causa che dopo si cognobbe? Dichiarate ancho che cosa è venuta in Dio per la quale Dio non essendo vivo sii poi vivo’

 

MENOCCHIO: ‘Credo che Iddio sia venuto come alle cose di questo mondo le quali procedeno da imperfetto a perfecto, sí come per esempio il putto mentre è nel ventre della madre non intende né vive, ma uscito dal ventre comenza a vivere, et tuttavia crescendo comenza intendere: cosí Iddio mentre era con il caos era imperfetto, non intendeva né viveva, ma poi allargandosi in questo caos lui comenzò a vivere et intendere’

 

INQUISITORE: ‘Questo intelleto divino in quel principio cognosceva ogni cosa distintamente et in particulare?’

 

MENOCCHIO: ‘Cognobbe tutte le cose che si dovevano fare, cognobbe gli homini, et anche de quelli doveano nassere li altri; ma non cognobbe tutti quelli havevano da nassere, esempio di quelli che hano li armenti, il quali sano che di quelli han da nasser delli altri, ma non san determinatamente tutti quelli che han da nassere. Cosí Iddio vedeva il tutto, ma non vedeva tutti quelli particulari che dovevan vennire’

 

INQUISITORE: ‘Questo intelletto divino in quel principio hebbe cognitione di tutte le cose: donde hebbe tal notitia, o dalla propria essentia o per altra via?’

 

MENOCCHIO: ‘L’intelletto riceveva la cognitione dal caos, nel quale eran tutte le cose confuse: et di poi a esso intelleto li dette l’ordine et cognitione, a similitudine che noi cognosciamo la terra, aqua, aere et fuogo, et poi ponemo distintion fra di loro’

 

INQUISITORE: ‘Questo Iddio non haveva la voluntà et il potere avanti che facesse tutte le cose?’

 

MENOCCHIO: ‘Sì, come crescete lui la cognitione, cosí crebe in lui il volere et potere’

 

INQUISITORE: ‘Il voler et il poter sono una medema cosa in Dio?’

 

MENOCCHIO: ‘Sono distinte sí come in nui: con il volere bisogna che vi sia il poter fare una cosa, esempio il marangone vuol far uno schagno, è di bisogno delli instrumenti di poterlo fare, et se non ha il legnamo è vana quella sua voluntà. Cosí diciamo de Iddio, oltra il volere bisogna il poter’

 

INQUISITORE: ‘Quale è questo poter de Dio?’

 

MENOCCHIO: ‘Operare per mezo della maestranza’

 

INQUISITORE: ‘Quelli angeli che per te sono ministri de Iddio nella fabrica del mondo, furono fati da Dio inmediatamente, o da chi?’

 

MENOCCHIO: ‘Della piú perfetta sustantia del mondo furono dalla natura produtti, a similitudine che de un formaggio si producono i vermi, ma venendo fuor a ricceveno la voluntà, intelleto et memoria da Iddio benedicendoli’

 

INQUISITORE: ‘Poteva Iddio fare ogni cosa da se stesso senza aiuto de angeli?’

 

MENOCCHIO: ‘Sí, come uno nel far una casa usa la maestranza et opere, et si dice che l’ha fatta colui: cosí nella fabrica del mondo ha usato Iddio li angeli, et si dice che l’ha fatta Dio. Et si come quel maestro nel fabricar la casa può far ancho da se stesso, può far con piú longo tempo, cosí Iddio nel fabricar il mondo l’haverebe fabricato da se stesso, ma però con piú longezza di tempo’

 

INQUISITORE: ‘Se non vi fusse stato quella sustantia della qual vi è produto tutti quei angeli, non vi fusse stato il caos, havarebbe possuto Iddio far tutta la machina del mondo da se stesso?’

 

MENOCCHIO: ‘Io credo che non si possa far alcuna cosa senza materia, et Iddio anco non harebbe potuto far cosa alcuna senza materia’

 

INQUISITORE: ‘Quel spirito o angelo supremo dimandato da vui Spirito santo, è d’una medema natura et essentia de Dio?’

 

MENOCCHIO: ‘Iddio et li angeli sono dell’essentia del caos, ma è differentia in perfetione, perché è piú perfetta la sustantia de Dio che non è quella di che è il Spirito santo, essendo Iddio piú perfetta luce: et il medemo dico de Christo, che è di minor sustantia de quella de Dio et de quella de Spirito santo’

 

INQUISITORE: ‘Questo Spirito santo è di tanto poter quanto puole Iddio? et ancho Christo è di tanto potere quanto che è Iddio et quanto che è il Spirito santo?’

 

MENOCCHIO: ‘Il Spirito santo non è di tanto poter quanto che è Iddio, et Christo non è di tanto poter quanto è Iddio et il Spirito santo’

 

INQUISITORE: ‘Quel che vui adimandate Dio è fato et produto da qualche un altro?’

 

MENOCCHIO: ‘Non è produto da altri ma riceve il moto nel movere del caos, et va da imperfetto a perfecto’

 

INQUISITORE: ‘Il caos chi ’l movea?’

 

MENOCCHIO: ‘Da sé’


(Ginzburg)


[LO CAPITOLO COMPLETO]