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& una Lettera con relativa risposta (16)
I risultati
sono ben visibili e documentabili, e non per ultimi i fattori pandemici, i
quali erroneamente imputati alla Natura, nel trascurare ed omettere
l’informazione o nota conclusiva che convaliderebbe se non addirittura
consacrerebbe il diritto di violentarla, abdicando alle grandi Aziende là ove
posta l’indiscusso dominio, di poterla sottomettere per male arrecato e non
certo contraccambiato all’uomo, omettendo, o peggio ancora censurando,
l’avvento dell’intero procedimento…
Da quanto
il Golem creato!
Taluni mi
rimproverano che non sono più in ‘vena’ o peggio, ho smarrito la ‘vena creativa’
e sarebbe hora di smetterla di parlare a sproposito di problemi altrettanto
seri ovvero: come al meglio degradare l’ambiente e sfruttarlo a nostro
piacimento nel più discreto vantaggio economico ben finanziato qual vero
oltraggio seminato e oltremodo ben contraccambiato!
Il ‘pil’! Urla l’anarchico industriale mentre ci spia succhiandoci il sangue. È il nostro sangue là ove sgorga il nettare della Vita, là ove si compone motto e Dottrina, là ove il pargolo si disseta al nettare dell’Oceano o vasto mare purgato della vita osservata, e dove Google vigila et impera in Aqua dolce desalinizzata, privata cioè del sale della Vita da cui più elevato Ingegno.
Mi vien
insegnato che più consumo e quindi valgo, Essere ed Avere questo il segreto del
mestiere.
Negli
intervalli posso anche cogitare al Bar di Matteo, lui che conosce ogni segreto
del vero mestiere ancorato alla Marina fin giù nella stiva!
Mi vien detto che l’Energia è il sale della Terra, anche quando accendiamo quella che una tempo poteva dirsi onda media di frequenza (non del tutto vigilata dalla Marina, se lo fosse udiremo mare calmo, quasi piatto, navigato e unito fra Bach e Mozart sino alle lontane sinfonie della remota Russia, per farsi agitato, il Sogno diviene incubo e il gas sprigionato dalla Terra invade la Selva impazzita; Suez, la vera innominata dèa, s’è chiusa in silenzioso lamento della Stiva, ciò che un tempo potea nominarsi caverna, quando la Terra - al principio - dovea creare per il bene del futuro pargolo non ancora orango…), si vien salutati con il discreto motto del successo dell’Energia che al meglio ci assista!
Sembra una
preghiera!
Non
comprendo donde derivi siffatta dottrina, provo malessere udito ad ogni verso
non ancora parola…
Medito le
vene creative ove sono andate a perire, e con esse le vene della Terra intera…
(Giuliano)
*1 I fiumi italiani non godono di buona salute: oltre il 50% non raggiunge il livello qualitativo minimo imposto dall’Europa e meno del 5% conserva condizioni di elevata naturalità.
Nella prima
metà del secolo scorso la maggior parte dei corsi d’acqua italiani è stata
sfruttata per la produzione di energia idroelettrica, con la realizzazione di
dighe e di grandi centrali: i 300 grandi impianti allora costruiti coprono
ancor oggi l’85% della produzione idroelettrica nazionale.
A partire
dal 2008, grazie agli incentivi governativi alle rinnovabili che remunerano il
KWh prodotto dai nuovi impianti tre volte il prezzo di mercato per vent’anni, è
ripreso lo sfruttamento dei corsi d’acqua residui – quelli che senza
l’incentivo non sarebbe conveniente derivare – con la presentazione di migliaia
di richieste per impianti di dimensioni più piccole, essendo ormai sfruttati i
siti più produttivi.
Dal 2009
sono stati autorizzati e costruiti circa 2000 impianti, per un contributo
energetico dello 0,2% sul totale dei consumi energetici nazionali, e al 2014
altrettanti impianti erano in istruttoria. Se realizzati, i 2000 nuovi impianti
darebbero un contributo energetico analogo (cioè dello 0.2%) a fronte di altri
3000 km di corsi d’acqua intubati in condotte forzate, di sbancamenti, di
artificializzazioni riparie, di cementificazione.
Riassumendo: circa 4000 nuovi impianti corrispondenti a 6000 km di corsi d’acqua intubati per un apporto energetico di mezzo punto percentuale rispetto ai nostri consumi energetici totali.
Risulta
evidente che gli incentivi hanno innescato un fenomeno essenzialmente
speculativo con conseguenze tanto devastanti per i fiumi quanto poco
significative per apporto energetico. Ma mentre i profitti vengono incamerati
dagli investitori – di solito imprese private – l’onere dell’operazione è tutta
a carico di cittadini e imprese, che, con la bolletta della luce, stanno
pagando (voce oneri di sistema) incentivi per oltre un miliardo di euro l’anno.
Non esiste
un elenco ufficiale delle domande in istruttoria: l’ultimo dato nazionale sul
numero dei progetti e sulle autorizzazioni per Regione risale al 2014. Sui 2000
progetti allora depositati, oggi le Associazioni dei produttori idroelettrici ne
definiscono “cantierabili”, cioè in possesso di autorizzazione o concessione in
attesa di ottenere l’incentivo per far partire i lavori, almeno 500.
Le Autorità italiane sono ben consapevoli di questo ipersfruttamento e della scarsa rilevanza del minidroelettrico nel bilancio energetico complessivo nazionale, lo dimostra il fatto che nelle Strategie Energetiche Nazionali da molti anni viene posto l’accento solo sul mantenimento della produzione dei grandi impianti (dighe) e, ultimamente, sull’accumulo idroelettrico (pompaggi), mentre non si menziona l’intenzione di sviluppare ulteriormente i piccoli impianti.
Ciononostante,
l’Italia è il paese europeo che ha dato e continua a dare al nuovo
idroelettrico l’incentivo più alto in Europa sia come tariffa, sia come importo
complessivo sia come percentuale sull’importo totale destinato alle energie
rinnovabili.
L’Europa
mostra di essere a conoscenza della situazione italiana, come si può rilevare
dalla lettera di messa in mora inviata dalla Commissione Europea alle Autorità
italiane nel settembre 2019, dove si legge: “In Europa l’Italia è tra i primi
tre produttori di energia idroelettrica, insieme a Francia e Spagna, con una
capacità installata attuale di circa 18092 MW. Il potenziale delle risorse
idroelettriche in Italia è utilizzato al 95% circa ed è stato raggiunto il
limite massimo di sfruttamento possibile.”
La crisi ambientale che è sotto gli occhi di tutti impone di riqualificare il reticolo fluviale dal quale dipendono servizi ecosistemici essenziali: non deteriorarlo ulteriormente costituisce la prima e più efficace azione di riqualificazione, a costo zero e dai risultati immediati.
Le
associazioni che si riconoscono nel Coordinamento
Nazionale Tutela Fiumi – Free Rivers
Italia sostengono con forza che il limite della sostenibilità è stato
ampiamente superato e che la smodata diffusione degli impianti idroelettrici
crea più problemi che vantaggi, ed è causa di danni ecosistemici importanti.
Assieme a
decine di altre associazioni nazionali, regionali e locali, Free Rivers si batte da anni per
ottenere dal Governo che non vengano più autorizzati impianti idroelettrici sui
corsi d’acqua naturali, ponendo fine alla loro incentivazione ed investendo
invece in efficienza e risparmio, con un maggiore ritorno energetico,
ambientale ed economico per la collettività.
Va rimarcato che se negli ultimi dieci anni un certo numero di torrenti è stato salvato dallo sfruttamento, questo è stato merito quasi esclusivamente dei tanti cittadini che, consci che non tutto quello che è rinnovabile è anche sostenibile, hanno investito tempo, energia e risorse proprie, senza lasciarsi scoraggiare, nella difesa dei beni comuni, sostituendosi di fatto all’autorità pubblica in un compito istituzionale (vedi art. 9 della Costituzione).
L’attenzione
di questi cittadini si manterrà alta di fronte alle nuove aggressioni, ma il
destino dei corsi d’acqua dipenderà, in ultima analisi, dalle scelte più o meno
responsabili e più o meno lungimiranti dei decisori politici.
* Lucia Ruffato vive e
lavora nel bellunese. È impegnata da oltre dieci anni sul fronte della difesa
dei fiumi dall’eccesso di sfruttamento idroelettrico. Dal 2016 è presidente del
Coordinamento Nazionale Tutela Fiumi – Free Rivers Italia, che ha lo scopo di
mettere in rete i comitati e le associazioni che si battono per la tutela dei
corsi d’acqua sul territorio italiano.
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