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Circa il comune Viaggio
& l'industria anarchica (14-15/1)
Prosegue con...:
Un caso di congenita
‘stabilità’ applicata alla cura della montagna, e per essere ancora più precisi, affidata all’incuria della presidente dell’associazione (degli anarchici)
industriali dott.ssa Valeria Ghezzi apparsa sul numero di maggio 2019 della
Rivista ‘Sciare Magazine’.
C’è chi,
tra boschi, pascoli e monti, ha la fortuna di vivere tutti i giorni, sette
giorni su sette: siamo noi esercenti funiviari.
Cresciuti
ed educati ai valori della montagna, a un lavoro faticoso, sul e nel
territorio, con l’obiettivo di renderlo accessibile e fruibile a tutti.
Lavoro di
grande responsabilità, perché tecnologia, infrastrutture, natura e bellezza del
paesaggio devono trovare il giusto equilibrio: quello della sostenibilità vera,
ambientale e socio-economica.
Abbiamo
consapevolezza del valore e della delicatezza del nostro patrimonio ambientale,
ma sappiamo che la tutela del nostro prezioso ecosistema non può essere
alternativa alla realizzazione di opere e infrastrutture indispensabili per
vivere e valorizzare l’ambiente, per i turisti ma prima di tutto per noi
residenti.
Che cosa
significa ‘fare turismo’ per i funiviari?
Significa
mostrare e far godere la bellezza del nostro territorio agli ospiti. Ma anche
permettere alla popolazione di restare nelle proprie valli di origine,
disponendo di una fonte di reddito adeguata. Inoltre, significa generare, sul
territorio e in modo non meramente assistenziale, le risorse indispensabili a
garantire servizi quali scuole, presidio sanitario, servizi pubblici e
commerciali essenziali, spazi di vita sociale.
Infine
significa dare ai nostri figli la prospettiva di rimanere nelle terre alte,
senza sentirsi confinati in un’area protetta. I gestori delle aree sciabili
vengono troppo spesso additati come devastatori del territorio, che invece
presidiano e curano, con amore e passione.
L’area sciabile è l’unica risorsa che ad oggi garantisce
occupazione e reddito sufficienti a contrastare lo spopolamento e le piste da
sci occupano appena lo 0,05% del territorio montano italiano.
L’estate
punta su trekking e bike. Bike che, osserviamo, ha riportato in montagna
d’estate i giovani. Non possiamo dimenticare che l’ambiente naturale è il
nostro (della gente di montagna) vero patrimonio: il prodotto che vendiamo al
turismo, ma che ci garantisce una qualità di vita straordinaria, ben diversa
dalla vita nelle città.
Solo un
territorio abitato è anche curato, presidiato, valorizzato e noi siamo i primi
ambasciatori della sua bellezza e anche della sua fragilità.
Nessuno lo
conosce meglio di noi. Ma abbiamo il diritto di viverci con la stessa dignità e
livello di sviluppo di chi vive in tutto il resto del nostro Belpaese.
Non con le
stesse comodità. La logistica non lo permette, né lo chiediamo. Per questo motivo non capiamo i sedicenti
ambientalisti che rifiutano un confronto costruttivo, fanno polemiche strumentali
e spesso vivono lontano dalla montagna.
Non
dimentichiamo che gli ambientalisti sul territorio di montagna sono in realtà
pochi. Tanto che i censimenti li fanno i cacciatori, i guardiaparco ormai non
riescono più a sorvegliare il territorio e la forestale percorre il territorio
in auto perché a piedi non riuscirebbe a ricoprire lo spazio ‘assegnato’.
Questi
presunti ambientalisti sanno quanti chilometri a piedi sul territorio dell’area
sciabile facciamo noi e i nostri collaboratori? E non è un caso che frane e
rischio idrogeologico su queste aree siano quasi sempre sotto controllo.
Tenere le
strade forestali in ordine, pulire i boschi, regimare le acque, curare gli
inerbimenti, lavorare fianco a fianco a tutti quegli animali che gli
ambientalisti vogliono difendere, ma spesso non sono nemmeno in grado di
contare.
Tutte
attività e fatiche che svolgiamo quotidianamente senza far rumore, senza
metterle in piazza. Dopo la tempesta Vaia del 29 ottobre 2018, chi ha ripulito
le strade forestali sulle aree sciabili e ha permesso di partire nei tempi
corretti per la stagione invernale?
Tutto
questo è stato reso possibile dal duro lavoro degli esercenti funiviari e dei
loro collaboratori.
Non
dimentichiamo che oggi molte strade fuori dalle aree sciabili sono ancora
inagibili e non certo per inerzia o incapacità degli enti preposti, ma
semplicemente perché nessuno è in grado di presidiare e curare il territorio
come facciamo noi.
Certo, si
dirà, le aree sciabili hanno un’estensione limitata e io rispondo: appunto!
Proprio per
questo chiediamo di poter lavorare, di poterle sviluppare con l’ausilio delle
tecnologie che aiutano sia il risparmio energetico che la tutela ambientale, di
poter realizzare quelle iniziative necessarie per stare al passo coi tempi e col
mercato, in cui ogni imprenditore mette cuore e passione.
È inutile
parlare di sviluppo sostenibile se si dice di no a tutti e a tutto. L’obiettivo
della sostenibilità non è e non può essere la cacciata dell’uomo dalla
montagna.
L’ambientalismo
troppo spesso è di facciata, di penna o di parola, perché sul territorio ci
siamo noi, non chi si schiera sempre contro. Non possiamo costruire, investire,
organizzare eventi, perché veniamo demonizzati da chi spesso sta comodamente in
città tutta la settimana, ha mezzi pubblici a disposizione, servizi essenziali
a portata di mano, supermercato sotto casa, riscaldamento ad energia fossile (o
magari anche ad energia nucleare che, con una buona dose di ipocrisia,
importiamo da altri paesi europei). Ma il fine settimana, se il tempo è bello,
queste persone vogliono andare in montagna, pretendendo di averne l’esclusiva.
L’obiettivo
di chi dice di tutelare l’ambiente sembra essere lo scoraggiare la presenza
dell’uomo sul territorio, come se l’uomo non facesse parte dell’ambiente.
Il prezzo è
la perdita di posti di lavoro, il blocco di attività imprenditoriali e
investimenti produttivi, sia pubblici che privati, l’abbandono del territorio.
Il problema
è concreto e non va trascurato, in quanto dopo sarà troppo tardi. Questo
fenomeno è tangibile in molte località dell’Appennino, ma anche sulle Alpi
inizia a manifestarsi: vogliamo ridurci a sovvenzionare economicamente le
persone purché (ovviamente in piccoli numeri) stiano sul territorio?
Succede, ad
esempio, in alcuni piccoli borghi svizzeri.
Per non
parlare di quando la bandiera ambientalista è sventolata con fini politici, che
nulla hanno a che vedere con il rispetto di territorio e ambiente: no ai
concerti pop su aree sciabili, ma sì ad affollatissimi concerti in aree
incontaminate, sì ad un museo in cemento armato, ma mille difficoltà ad una
manifestazione di orienteering, no al mini idroelettrico.
Per fortuna
i collegamenti funiviari verso Austria e Svizzera si realizzano, ma in Italia
un territorio come il Comelico deve restare isolato e sempre più povero e
disabitato.
Non è così
che si fa l’interesse di territorio e ambiente. Così si difende un’ideologia,
ci si mette alla stregua dei peggiori populisti, che sanno di poter contare su
un pubblico disinformato che (anche per colpa nostra) non conosce il nostro
lavoro ed il nostro quotidiano e faticoso impegno sui territori di montagna.
Non ho la
pretesa di dire che noi imprenditori non commettiamo errori, anche sul fronte
ambientale, ma le contraddizioni nel mondo ambientalista sono tante e troppo
spesso gli atteggiamenti sono dettati da opportunismo e facili slogan:
criticare le aree sciabili è facile, perché sono comodamente accessibili (a
tutti, quindi anche a chi vuol solo criticare).
Venite a
vederle dopo quasi 70 anni di sci: possiamo solo essere orgogliosi!
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