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Racconto quasi 'completo' (18) & (19)
Dal passo rallentato al riavvolgimento veloce (12)
Essere capaci di vedere lontano, e al tempo stesso guardare vicino, ecco l’alternativa. Non è facile. Ma chi ha mai detto che dovrebbe esserlo. E questa difficoltà è alla fine l’unica cosa che ci rimane.
Sempre lo
stesso giorno. Non finirà mai, questo interminabile giorno?
E’ il crepuscolo, ma fuori dal cancello si muovono delle figure. Hanno in mano dei libri, li gettano oltre la recinzione.
“Il risveglio della terra”.
“Fame”.
“Pan”.
“Il villaggio di Segelfoss”.
Si tratta di gente comune, che ha amato quei libri. Al di qua della recinzione, Marie. Raccoglie con disperazione i libri. Knut non deve vedere. Nessuno deve vedere. La storia non deve poter dire che gli hanno rigettato i suoi libri. Li raccoglie nel grembiule. Poi è sera, fa molto caldo, una serata magnifica. Fuori dallo steccato si muovono ombre. Knut esce sul porticato, scende lentamente il viale. Marie sta risalendo, le braccia cariche. Si ferma di colpo, lo guarda, si fissano in assoluto silenzio. Poi lui dice:
Mi restituiscono i miei libri?
Lei non
risponde, gli passa accanto, entra in casa. Hamsun rimane immobile. Scende fino
al cancello. Una ragazza, con in mano Pan.
Guarda la leggenda.
Siete voi, Knut Hamsun?
Lui non la
sente, è sordo.
La mano si
avvicina piano fino alla sua guancia, le fa una carezza.
Mamma mi ha detto di ributtarvi i vostri libri.
Gli dà il
libro, e dice impacciata:
Perché lo siete diventato?
Lui sorride ancora, perché non dovrebbe sorridere? il viso della fanciulla è così grazioso, gli occhi così chiari, la voce così dolce, la bocca si muove così gentilmente, anche se lui non sente nulla. E lei ripete:
Perché?
A
che punto si arriva quando si ha fame!
Mi
sentii leggero, come dissolto in quelle note e sentivo chiaramente che
scivolavo via librandomi sopra i monti, danzando sopra zone di luce...
‘Un
centesimo!’
…disse
la piccola dell'organetto tendendo il piattino di latta
‘un
centesimo solo!’
‘Subito’
….dissi
istintivamente, e alzatomi in piedi mi frugai nelle tasche. La piccola credette
che la pigliassi in giro e si allontanò subito senza dire una parola. Quella
muta indulgenza era troppo, era troppo per me. Se mi avesse insultato, mi
avrebbe fatto un piacere.
E il presidente della corte dice:
La parola a Knut Hamsun.
L’arringa
arriva a ondate. All’inizio si dimentica, poi non riesce a leggere gli appunti
che ha scritto con la sua penna da carpentiere, perché non c’è abbastanza luce.
Il primo
momento è imbarazzante. Parla come gli viene, nella semioscurità che gli danno
i suoi occhi.
Ecco arrivata l’occasione. Adesso la lista dei miei peccati verrà srotolata con metodo e moralità. Devo chiedere scusa per la mia afasia, che fa sì che le mie parole… facilmente… le espressioni alle quali nella fretta devo ricorrere… facilmente vadano al di là del loro significato.
Pausa.
Tace.
Del resto ho già risposto in precedenza a tutte
le domande. A due poliziotti di Grimstad. E’ stato un due… tre… cinque anni fa.
Poi c’è stato il lungo periodo in cui sono rimasto rinchiuso all’istituto
perché dovevano verificare se ero malato di mente. O forse verificare che ero
malato di mente.
Risate incerte in aula.
Annaspa fra le carte. E’ molto penoso. In un improvviso attacco d’ira le getta via.
Ed è con
ben diverso vigore che si mette a parlare.
Io non ho mai dato niente agli attivisti del
N.S., non sono mai stato membro del Nasjonal Samling, ho cercato di capire cosa
fosse, è possibile che a quell’epoca abbia scritto nello spirito del N.S. Non
so, perché non so quale fosse lo spirito del N.S. Ma può benissimo essere che
si fosse infiltrato. Ad ogni modo i miei articoli sono davanti agli occhi di
tutti. Non voglio cercare di sminuirli, di minimizzarli, è già abbastanza
pazzesco così.
Pausa.
Al
contrario. Rispondo di essi adesso come allora. L’ho sempre fatto.
Pausa. Silenzio mortale in aula.
Ci avevano prospettato che la Norvegia avrebbe avuto una posizione importante nella società mondiale sotto l’egemonia germanica che stava per diventare realtà e alla quale noi tutti credevamo, chi più chi meno, ma tutti ci credevano. Io ad ogni modo ci credevo. Per questo ho scritto quel che ho scritto. Ho scritto della Norvegia, che avrebbe occupato una posizione elevata fra le nazioni germaniche d’Europa. Che in qualche misura dovessi anche scrivere della potenza occupante, dovrebbe essere facilmente comprensibile. Ero costantemente circondato da ufficiali tedeschi, come da soldati semplici, in casa mia, sì perfino di notte… ci si aspettava da me più di quanto non potessi dare. Stavo lì e quel che scrivevo dovevo misurarlo… scrivevo…
E ancora
una volta, con grande forza:
Non dico questo per discolparmi, per difendermi.
In linea generale non voglio affatto difendermi. Lo dico come spiegazione, lo
dico come chiarimento per l’onorata corte. E nessuno è venuto a dirmi che quel
che scrivevo era folle, nessuno in tutto il paese. Io me ne stavo solo nella
mia stanza, e dipendevo unicamente da me stesso. Non sentivo, per via della mia
sordità, era impossibile avere a che fare con me. Picchiavano sul tubo della
stufa dal piano di sotto quando era ora di scendere a mangiare, e quel suono
riuscivo a sentirlo.
Confuso, fa un passo verso il giudice, gli occhi
pieni di lacrime.
Io scendevo, mangiavo e poi risalivo in camera mia e mi sedevo. Per mesi, per anni, per tutti quegli anni è stato così. E mai che mi sia stato dato il minimo avvertimento. Non ero un fuggiasco e avevo un nome abbastanza conosciuto nel paese. Credevo di avere amici da entrambe le parti, sia fra i sostenitori di Quisling che fra gli oppositori. Ma non mi è mai arrivato neanche un minimo avvertimento, nessun buon consiglio dal mondo circostante. No, il mondo circostante se n’è ben guardato. E dalla mia casa e dalla mia famiglia capitava di rado o mai che potessi ricevere qualche delucidazione o aiuto. Tutto doveva naturalmente essere fatto per iscritto. E diventava troppo complicato. Io me ne stavo seduto lassù. Potevo solo seguire i miei due giornali, l’Aftenposten e il Fritt Folk. E lì! lì ovviamente non si diceva mai che quello che scrivevo fosse sbagliato. Era giusto! Quel che scrivevo era giusto.
Ha un attimo di esitazione, poi riprende lo
slancio.
Perché scrivevo e scrivo ancora? Scrivo per impedire ai giovani di essere posseduti dal Diavolo! Dal demoniaco inganno e demone di mammona. Scrivo per la mia Terra! Per le Selve che ho sempre amato. Per impedire al Diavolo di commettere ogni peccato in nome di un falso Dio narrato. Ogni insensato peccato. Per impedire di rovinare ogni Fiore e Frutto, per impedire di violarne il Pensiero per sempre maturo. Per impedire che la nostra comune ricchezza vada per sempre persa. Scrivo perché la mia antica Madonna, Beatrice della Natura, mi comanda di svelare e narrare segreta Preghiera in nome d’ogni Profeta. Scrivo perché scorgo l’immane peccato dell’uomo (qual profetica Visione) naufragato nell’orgoglio inciso nello scempio dell’intero Creato delegato al compito di subordinarlo (in un Sogno opposto e contrario). Negando Parola Pensiero Intelletto e Volontà del Dio Straniero a questa Terra. Scrivo perché odo e scorgo il volto di Dio in ogni lamento divenuto Preghiera abdicata ad ogni Angelo. E non certo un grasso putto dipinto e cresciuto nei fasti della ricchezza spacciata per credenza. Scrivo perché la Sua Parola la Sua Rima tramandata e narrata qual infinita Linfa da ogni sua creatura libera come Pan sotto questo Cielo d’Autunno! Scrivo perché il mio Dio Straniero mi insegna la Regola nel tradurre la Sua lingua per tutto ciò che in suo nome deve essere osservato e conservato. Come il suono di quell’armonia (della bambina) incontrata una mattina mai svanita. Scrivo in nome e per conto dell’Armonia udita per ogni Selva incontaminata. Scrivo sulle note dettate da tanti troppi angeli (e dèi della Natura) per ogni Primavera, ed ogni Foglia d’autunno, incise nell’antica composta simmetrica bellezza del gelo scendere come Neve ad annunziare il Fiore dell’Universo che mi attende vicino al tugurio dell’Inverno. Annunziare il Profeta dell’intera Rima, Dio Straniero di questa ed ogni Terra! Scrivo perché ogni cosa da Lui creata (come nata ed evoluta) un inno alla Vita. Ripetersi Infinita. Scrivo perché l’orrore dell’Apocalisse mi impedisce di tradurre il vero peccato consumato in nome d’un falso Dio adorato. Scrivo perché il Creatore mi comanda la Parola Segreta, non letta tantomeno intuita. Scrivo perché quella bambina, Greta, la vedo ancora. Scrivo per narrare come la mente del Creato si svela e rileva. Scrivo per il Sogno d’ognuno e non solo della Norvegia. Non so se sono un traditore della patria, amo la Terra. La Terra e con lei la Natura! Sì è vero forse sono uno Straniero!
Tace, fissa lo sguardo vuoto davanti a sé.
Ha finito?
No, non ho finito…
(P. O. Enquist; Processo a Hamsun)
[Prosegue con il racconto 'quasi completo' ]
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