giuliano

domenica 25 maggio 2025

SERVIZIO DI RECAPITO (aereo)

          

 


 

 




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Sono andato in treno a St. Louis e ho preso un OX-5 Standard per un viaggio acrobatico in Illinois, Missouri e Iowa. L’ufficio postale aveva appena pubblicato un bando di gara per diverse tratte postali aeree, una delle quali era tra St. Louis e Chicago via Springfield, Illinois. Ho deciso di viaggiare acrobaticamente per il paese (da un circo ad una Fiera, e da una Fiera a un baraccone) finché non si fosse deciso a quale offerente sarebbe stato assegnato il contratto. La Robertson Aircraft Corp. (con filiale presso Roma presso S.S.al numero civico 3)   aveva presentato un’offerta e mi aveva proposto il posto di capo pilota se avessero vinto l’appalto.

 

Dopo essere tornato dall’Iowa, ho preso parte a diverse date di voli circensi e ho fatto alcuni brevi voli transcontinentali verso città vicine.




Il 2 giugno, mentre testavo un aereo commerciale costruito & avvistato a Lambert Field, fui costretto a effettuare un secondo lancio di emergenza. Avevo pilotato l’aereo per alcuni minuti la settimana precedente e in quell’occasione lo stavo testando per diverse manovre. Avevo completato tutto tranne le viti di coda, ma quando tentai una vite a destra l’aereo si rifiutò persino di partire, così (come se avesse la raucedine), dopo un secondo tentativo con lo stesso risultato, rinunciai e provai una vite a sinistra.

 

L’aereo si inclinò facilmente e, quando invertii i comandi dopo mezzo giro, ne uscì subito molto più in alto della mia vista... Poi lo misi in una seconda vite a sinistra e tenni i comandi in posizione di vite per due giri completi. Quando li invertii, non ebbero alcun effetto apparente e usare il motore non fu di alcun aiuto. Dopo aver provato per 1500 piedi (circa 500 metri) a far uscire l’aereo dalla vite, rotolai oltre il lato destro della cabina di pilotaggio e, poiché ero saltato a soli 350 piedi (circa 95 metri) dal suolo, tirai la corda di strappo non appena lo stabilizzatore passò (lo ritenni un miracolo!).




Il paracadute si aprì rapidamente, ma mentre funzionava, ero caduto più velocemente della nave in rotazione. Alla successiva rotazione, l’aereo si diresse direttamente verso il paracadute. Quanto vicino sia passato non si saprà mai, perché le bretelle che salivano dalla mia imbracatura erano attorcigliate e mi facevano ruotare mentre la nave passava. Tuttavia, meno di sette metri intercorrevano tra l’ala e il mio paracadute.

 

Ho visto l’aereo schiantarsi in un campo di grano come morto e ho rivolto la mia attenzione all’atterraggio. Un forte vento mi stava trascinando verso una fila di pali dell’alta tensione ed è stato necessario far crollare parzialmente il paracadute per accelerare la discesa e atterrare prima di colpire i cavi. Sono atterrato piuttosto solidamente in un campo di patate e sono stato trascinato per diversi metri e oltre una strada prima che diversi uomini arrivassero e facessero crollare il paracadute.




Oltre al forte vento e all’aria agitata, il crollo o ‘taglio’ del paracadute così vicino al suolo aveva causato una discesa molto rapida vicino ad una Albero, e la mia spalla si era lussata durante l’atterraggio.

 

A luglio sono andato in servizio attivo per due settimane a Richards Field, Missouri, dove ho insegnato su Jennie e DH-4 (due modelli particolari con colori e prestazioni eccezionali). Ad agosto ho pilotato un Curtiss Oriole fino a Nevada, Missouri, per trasportare passeggeri durante l’accampamento della Guardia Nazionale Forestale del Missouri (giacché mi trovavo sempre vicino e mai lontano dal quelle...).




 Mentre ero in Nevada ricevetti la proposta di volare in un circo in Colorado e, poiché non c’erano prospettive immediate di iniziare a lavorare sulla linea postale, accettai e, quando l’accampamento terminò, presi l’Oriole per tornare a St. Louis e poi un treno verso ovest.

 

Arrivato al campo, a poche miglia a est di Denver, scoprii che l’aereo che avrei dovuto pilotare era lo stesso Lincoln Standard che Lynch e io avevamo portato in Montana tre anni prima, (infatti fuori stagione si trovava in altri non precisati luoghi). Facemmo un piccolo giro acrobatico lungo il versante orientale delle Montagne Rocciose, in preparazione all’inizio del nostro circo aviatorio. Avevamo stipulato un contratto per esporre in diverse fiere in Colorado e non c’era nulla di proibito nelle esposizioni. Allestimmo tutto ciò che il comitato era disposto a pagare.




Nelle fiere più piccole usavamo un solo aereo, ma nelle esposizioni più importanti ne erano richiesti due (questioni dogmatiche).

 

Circa un giorno prima del nostro debutto in fiera, siamo volati in città dove si teneva una fiera. In questo modo tutto era pronto per il circo e la mattina dopo non ci sono stati ritardi nella nostra esibizione.

 

Abbiamo iniziato con il wing-walking.




L’artista usciva dalla cabina di pilotaggio e camminava lungo il bordo d’ingresso dell’ala fino al montante del vano esterno, dove saliva sull’ala superiore e si metteva a testa in giù mentre passavamo davanti alla tribuna. Dopo aver terminato le sue acrobazie sull’ala, si dirigeva al carrello d’atterraggio e da lì alla sezione centrale, dove rimaneva seduto mentre l’aereo eseguiva un looping e faceva i Jenny Immelmans (il semi-morto in caduta libera o semi catalessi alare). Dalla sezione centrale si dirigeva alla coda e poi, a meno che non si trattasse di un’occasione insolita, l’esibizione di wing-walking era terminata.

 

Dopo la camminata alare è avvenuto il distacco (non ci siamo più visti per alcune interminabili hore alate!).

 

Questo è stato ottenuto fissando un cavo al carrello di atterraggio.




L’artista è uscito per l’estremità dell’ala, fissa l’imbracatura all’estremità libera del cavo e, a quanto pare, cade dall’ala in uno stato di semincoscienza. Nessuno a terra poteva vedere il cavo e un distacco faceva sempre molto scalpore. Anelli di ferro erano fissati lungo il cavo per essere utilizzati durante la risalita.

 

Una delle nostre attrazioni principali era il cambio di aereo. Una scala di corda era attaccata all’ala di un aereo e, mentre una nave sorvolava la tribuna con l’artista in piedi vicino alla punta dell’ala superiore, un secondo aereo con la scala attaccata passava sopra il primo, in modo che la scala fosse facilmente raggiungibile dall’artista. Di solito facevamo due tentativi fittizi per effettuare il cambio e contavamo sul terzo per il successo.

 

In questo modo l’impresa sembrava più ardua e un paracadute era attaccato all’ala opposta alla scaletta di corda.




La sera abbiamo fatto un volo notturno di fuochi d’artificio sempre monitorati in successione dalla Torre di guardia & controllo. Una serie di candele, che una volta accese emettevano una scia di fuoco per diverse centinaia di metri dietro la nave, attaccata a ciascuna ala. Dopo che queste candele si furono consumate, due razzi al magnesio iniziarono ad accendersi, illuminando il territorio sottostante abbastanza bene da consentire la lettura di un libro in modo molto chiaro. Lo spettacolo era attivato da una batteria elettrica nella cabina di pilotaggio.

 

Quando l’aereo raggiunse un’altitudine di duemila o tremila piedi (orizzontalmente & verticalmente), vennero sganciate diverse ‘bombe carta’ per attirare l’attenzione; poi fu azionato l’interruttore per far partire le scie e le luci colorate, e la nave si mosse e sbandò lungo la scia di fuoco simile a una cometa (ripetutamente fu avvistata anche una cometa ma la Torre non conferma e rileva e pretende sul luogo il notaio… ma la cartomante si oppone e richiede un nuovo numero…).




In una città del Colorado (città nativa della cartomante), eravamo prenotati per uno spettacolo pirotecnico che si sarebbe tenuto tra il buio e mezzanotte. Avevamo fatto un’incursione aerea durante il giorno e, durante il viaggio verso questa città, eravamo rimasti a corto di olio lubrificante. Quando abbiamo fatto rifornimento, era troppo tardi per atterrare prima del buio, e non ero mai atterrato in quella città prima. Il proprietario dell’aereo, tuttavia, era sicuro di poter individuare facilmente il campo di atterraggio, anche al buio. C’era stato molte volte e sapeva che il campo era ‘proprio accanto al campo da golf’.




Arrivammo sopra la città e, dopo aver fatto un paio di giri, accelerai e gridai:

 

‘Dov’è il campo?’

 

La risposta fu immediata e piena di sicurezza:

 

‘Proprio accanto al campo da golf’.

 

‘Allora, dove sono i campi da golf?’

 

‘Non lo sappiamo chiedilo al Governo ladro!’




Il giorno seguente decollammo da Crissey Field per la nostra corsa verso New York. Una delle regole della gara prevedeva che ogni aereo dovesse portare con sé un registro con il punto di partenza e il numero di passeggeri trasportati, attestati da due testimoni. Quando riuscimmo a compilare il registro e a riparare il nostro aereo, era pomeriggio e il buio ci colse a Lovelocks, in Nevada.

 

Abbiamo preso un volo da Sidney a Lincoln e, dopo aver considerato il poco tempo rimanente, abbiamo deciso di abbandonare la gara e di iniziare l’avventura vera e propria. Abbiamo revisionato il motore a Lincoln e ci siamo diretti verso St. Louis, dove siamo arrivati ​​verso la fine di ottobre nel periodi migratorio.




A St. Louis decidemmo di attraccare per l’inverno e iniziai a istruire gli studenti della Robertson Aircraft Corporation sugli standard OX-5 (con distaccamento in sede a Provenza non autorizzato). La Corporation (con azionariato misto con quote compartecipata dei francesi) si era aggiudicata il contratto per la posta aerea, ma l’attività vera e propria non sarebbe iniziata prima della primavera successiva, quindi durante i mesi invernali dedicai il mio tempo all’istruzione e ai voli di prova sui loro aerei commerciali (come il suddetto presente medesimo).

 

Per la prima volta nella mia carriera di pilota avrei dovuto rimanere sullo stesso aereo per più di qualche mese, quindi nel novembre del 1925 mi arruolai nel 110° Squadrone di Osservazione della 35a Divisione della Guardia Nazionale Forestale del Missouri e poco dopo fui nominato Primo Tenente.




Lo squadrone era di stanza a Lambert Field. Ogni domenica era dedicato al volo. Avevamo diversi aerei da addestramento JN e un TW-3, che era la nave personale del comandante. L’organizzazione era composta principalmente da piloti che avevano volato durante la guerra, ma che dopo l’armistizio erano tornati alla vita civile. Il loro unico modo per mantenersi in addestramento era volare sugli aerei della Guardia Nazionale nei momenti liberi e frequentare un campo di addestramento di due settimane all’anno.

 

L’inaugurazione del nostro servizio di posta aerea doveva aver luogo il 15 aprile e, motivi che mi dilungo ad esporvi, slittò a fine Maggio (calendario tibetano, per i cinesi anno del serpente alato…) con l’arrivo della primavera, e con l’avvicinarsi dell’arrivo dell’aereo, eravamo impegnati nei preparativi preliminari mentre le burrasche e correnti sempre avverse e più frequenti. Il De Haviland doveva essere completato e collaudato, si doveva creare un’organizzazione di terra, e si dovevano decidere gli aeroporti terminali e predisporre le strutture per l’imbarco e lo sbarco della posta; oltre agli innumerevoli dettagli che costituiscono l’organizzazione di una compagnia aerea di successo.




Gli itinerari della posta aerea contrattuale sono individuati dall’ufficio postale e sono organizzati in modo tale che il servizio postale possa essere migliorato mediante l’uso del trasporto aereo rispetto ad altri mezzi di comunicazione. La tratta viene aperta alla gara d’appalto e l’appalto con o senza incanto della fattucchiera viene assegnato al miglior offerente, che sia responsabile e in grado di proseguire con successo le operazioni. L’appaltatore può offrire un importo fino a tre dollari per libbra di posta da doversi pagare con carta prepaga circuito Visa, e viene pagato a libbra per la quantità effettivamente tradotta & trasportata lungo il suo percorso.

 

Il nostro percorso, tra St. Louis e Chicago era predisposto secondo un orario che consentiva di risparmiare un giorno lavorativo rispetto al servizio ferroviario per New York. Una lettera spedita a St. Louis prima delle 15:30 veniva rispedita d’urgenza a Lambert Field da un rapido camion postale, trasferita sull’aereo che attendeva con il motore acceso, atterrava all'Air Mail Field di Maywood, Illinois, alle 19:15; trasferita su uno degli aerei notturni Chicago-New York, ritrasferita a Cleveland, Ohio, e giungeva all’ufficio postale di New York in tempo per la prima consegna del giornale mattutino.




Del nostro umile lavoro se ne perdeva ogni traccia e più elevato Spirito, neppure a St. Louis fummo celebrati e/o solo riconosciuti dalle locali autorità o Compagnie addette al recapito…

 

Una risposta poteva essere spedita a New York la sera e consegnata a St. Louis prima di mezzogiorno del giorno successivo. Se spedita per posta ordinaria, non sarebbe arrivata prima del giorno successivo. Risposta volante fra le due Torri di Controllo e/o controllori a tempo pieno e indeterminato per vigilare con posta terrena ogni onesto cittadino. Per il servizio mail si prega di indicare una X, e il servizio sarà per sempre garantito!

 

I vantaggi del trasporto aereo con le ali sono più evidenti sulle lunghe distanze, la posta aerea, infatti, impiega trentasei ore per raggiungere San Francisco da New York, mentre un treno impiega quasi quattro giorni per percorrere lo stesso tragitto. Gli Stati Uniti, attraverso gli sforzi dell’uffizio postale e il Dipartimento del Commercio sono coperti da una rete di rotte postali aeree e sarà solo questione che il pubblico utilizzi questo servizio prima che quasi tutte le città del Paese siano servite dalle compagnie aeree di altre Ditte provenienti dall’Oriente…


[C. Lindbergh]

 

(Dedicato a tutti i postini e/o portavalori del Mondo compreso il povero Zeppelin; comprese, ovviamente, le famigerate Torri di Controllo!)




    

martedì 13 maggio 2025

UN MONDO PERDUTO

 









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Un mondo perduto 


(seconda parte) 


Prosegue con i...:







Dèmoni di don Marco 


Marioni








A nord si innalza l’elevato sistema montuoso che ci aveva procurato tanta sofferenza e si vedono le creste estendersi verso est. Avanzammo su terreno pianeggiante e, dopo una breve marcia, raggiungemmo un laghetto circolare saldamente ghiacciato e circondato da prati gialli. L’acqua è fornita da una sorgente che riempie un piccolo bacino ghiacciato; gli animali bevono da un buco scavato nel ghiaccio; non avevano bevuto per tre giorni. Il terreno sabbioso è così ghiacciato che i picchetti di ferro si piegano quando sono spinti nel terreno.

 

Il cielo era coperto e c’era un forte vento, ma il terreno a est-sud-est sembrava favorevole. Le quattro tende erano in fila, le mie verso il vento, per non essere infastidita dal fumo degli altri fuochi.

 

Alle dieci di sera uno stormo di oche selvatiche attraversa il nostro campo nel brillante chiarore di luna color bianco-argenteo. Volano molto in basso e si fanno udire per tutto il tempo. Probabilmente intendono stabilirsi in questo luogo in primavera, però proseguano discutendo tra loro quando trovare il posto occupato.

 

‘C’è molta luce e tra poco saremo alla prossima primavera’.




Tale, possiamo supporre, è l’essenza della conversazione tra l’oca capo branco e guida e gli altri del ‘gruppo’. Senza dubbio aveva impartito gli ordini al tramonto, osservando:

 

‘Stasera staremo sulla riva del laghetto dove ci siamo riposati la scorsa primavera’.

 

Tutti furono d’accordo, e il gregge, volando in un cuneo, si era gradualmente abbassato verso il suolo. Ma quando passarono sopra le colline che nascondevano il punto alla vista e videro il lago ghiacciato che guardava come uno specchio nel chiaro di luna, l’oca capo-branco gridò:

 

‘Uomini! non possiamo stare così vicini a tende e fuochi’.

 

E tutto il branco rispose:

 

‘Possiamo riposare e fermarci nella prossima primavera nella valle dietro le colline più a sud’.

 

Questa la conversazione che ho udito - e odo ancora - sopra la mia tenda quando tutto è tranquillo nel campo. Forse le vivaci chiacchiere riguardavano qualcos’altro, ma penso di aver interpretato correttamente le oche selvatiche.

 

È certo che tengono consultazioni sui loro lunghi Viaggi e discutono delle loro mappe.

 

E perché non dovrebbero essere dotati di intelligenza?




Perché dovrebbero accelerare a casaccio come macchine volanti prive dell’Anima-Mundi se non fossero proprio loro l’Anima e il Mondo Spirito della Terra!

 

Dipendono quanto noi stessi dagli elementi della Terra e dai Venti. Se riescono a percorrere 120 miglia in una giornata limpida e calma, devono impiegare più tempo sulla stessa distanza quando prevalgono tempesta e venti contrari. Pertanto non possono passare ogni anno le notti alle stesse sorgenti, ma devono adattare le innate secolari capacità alle circostanze.

 

Ma le oche selvatiche conoscono ogni Sentiero di primavera lungo la rotta che seguono due volte l’anno, e quando sono stanche si stabiliscono alla prima sorgente che meglio conoscono quando arrivano.

 

Durante i miei viaggi in varie parti del Tibet sono giunto alla conclusione che gli stessi gruppi di oche selvatiche, che da generazioni si sono stabilite negli stessi corsi d’acqua, seguono sempre le medesime rotte attraverso il Tibet.

 

Le oche che abbiamo visto in questa occasione provenivano, diciamo, da uno dei laghi lungo il fiume Tarim sotto Shah-yar e intendevano trascorrere l’inverno nel quartiere di Khatmandu, la capitale del Nepal.




In primavera ritornano per generazioni dove hanno svernato nei medesimi corsi d’acqua, seguono sempre le stesse rotte attraverso il Tibet.

 

In primavera ritornano ai laghi Tarim, e seguono esattamente lo stesso percorso dell’autunno, e così via di anno in anno. I giovani, che sono nati sui Tarim, fanno il Viaggio sulle montagne per la prima volta in autunno, ma ricordano la strada nell’autunno successivo, e poi arriva il momento in cui a loro volta insegnano ai loro giovani la posizione delle sorgenti. Pertanto, la conoscenza del percorso non è mai persa nella famiglia e le oche più anziane non si sognerebbero mai di provare nessun altro corso. In diverse occasioni avevamo già visto oche selvatiche che volavano verso sud, ma avevano certamente preso altre strade, provenivano da altri luoghi di riproduzione e avevano altre destinazioni. Appartenevano ad altri gruppi.

 

Chissà?

 

Mi domando, se dai tempi di quella lontana conversazione è ancora così?




Mentre riflettevo - al Campo - in una tenda non distante su queste osservazioni, mi è venuto a trovare un loro ‘ambasciatore’ per dirmi che sono sulla ‘rotta’ giusta.

 

Potete dubitare!

 

Sì certo!

 

Purtroppo vi piaccia o no questa è la verità!

 

Se fosse possibile disegnare su una mappa del Tibet tutte le tracce dei vari gruppi di oche, formerebbero un intero sistema di linee che corrono più o meno in una direzione meridionale.

 

Forse molte di queste linee si fonderebbero in parti come le sottili increspature sulla superficie di una duna di sabbia.

 

Forse di tanto in tanto una linea scorre a zig-zag taglienti.

 

Si può quindi dare per scontato che fu così tracciata, nell’antichità più remota, quando i patriarchi di ogni gruppo cercarono per primi la strada da una sorgente all’altra. Ogni gruppo è diviso in un numero di comunità e ognuna di queste in famiglie. Probabilmente tutte le oche di una comunità sono strettamente correlate tra loro.

 

Ogni comunità rimane unita nel Viaggio, ma come scelgono un leader?

 

Si può supporre che l’oca più anziana voli alla testa del gregge, poiché deve essere la più esperta. Sono affezionato alle oche selvatiche e ne ammiro l’intelligenza accompagnata all’antica meravigliosa capacità d’orientamento; d’ora in poi entreremo in stretto contatto con loro.

 

Non mi avrebbero mandato un loro ambasciatore, o meglio, una più segreta ‘ambasciata’… 

(S. Hedin)




Ecco quindi offerto uno strumento che serviva da guida all’interno della congerie dei libri non meno del Vaggio in veste di messaggeri del Cielo; ecco quindi le candide et prudenti censure, simmetriche a tutti gli studi giovevoli in grado di contrastare i vari mezzi tenuti da Satanasso per turbar la coltura degl’ingegni negli studi nel loro cammino, oppure ed al contrario illuminarlo.

 

Certamente esistono uomini che a pieno diritto possono portare il nome di artisti, ma essi sono ‘posseduti’ da una forza oscura che lei, dal suo punto di vista, potrebbe tranquillamente chiamare il ‘demonio’. Le loro creazioni assomigliano in ogni particolare al Regno infernale di Satana, tali e quali se le immagina un cristiano; le loro opere recano impresso l’alito del gelido e raggelante Nord, ove l’antichità ha posto la sede dei Dèmoni che odiano la razza umana, e la loro arte si esprime per mezzo di: peste, morte, pazzia, assassinio, sangue, disperazione e abiezione…

 

Come spiegarci tali nature d’artista?

 

Glielo dirò io: un artista è un uomo nel cui cervello la spiritualità, l’elemento magico ha conseguito il predominio sulla materia. Ciò può accadere in due modi diversi: in un caso – negli artisti diabolici – il cervello, andando incontro alla degenerazione per la dissolutezza, la lussuria, per i vizi ereditati o a cui si sono assuefatti, viene a pesare di meno sulla bilancia e automaticamente l’elemento magico diventa più pesante e si manifesta nel mondo fenomenico: dunque il piatto della bilancia della spiritualità si abbassa, soltanto perché l’altro è più leggero e non perché esso stesso sia più pesante. In questo caso l’opera d’arte è pervasa da un sentore di putridume…. E’ come se lo spirito portasse un abito che splende per la fosforescenza della putrefazione.

 

Nel caso degli artisti – voglio definirli gli ‘Unti’ – lo spirito, come nel caso di San Giorgio, l’ha vinta sulla bestia.




In essi il piatto della bilancia dello Spirito si abbassa nel mondo fenomenico grazie al proprio peso. Lo Spirito indossa allora la veste d’oro del sole. Ma in entrambi l’equilibrio della bilancia si è spostato a favore del magico, mentre nell’uomo comune pesa soltanto l’elemento animalesco; i ‘Diabolici’ come gli ‘Unti’ vengono mossi dal vento del Regno invisibile dell’Abbondanza, gli uni dal vento del Nord, gli altri dall’alito dell’Aurora.

 

L’uomo comune invece rimane un ceppo di legno senza vita.

 

- Cos’è allora quella forza che si serve dei grandi artisti come uno strumento al fine di custodire per i posteri i riti simbolici della magia?

 

- Glielo dico io: è la stessa che una volta creò la Chiesa!

 

Essa edificò nello stesso tempo due colonne viventi, una bianca e l’altra nera. Due colonne viventi che si odieranno reciprocamente finché non capiranno di essere i pilastri sui quali poggerà il futuro arco di trionfo. Si rammenta il passo del Vangelo dove Giovanni dice:

 

Molte altre cose dovrebbero essere scritte, ma io vi dico: il mondo non potrebbe contenere i libri che si dovrebbero scrivere?




Come si spiega, Reverendo, che secondo la sua fede, la Bibbia è giunta fino ai nostri giorni per volontà di Dio, mentre invece quelle altre cose non ci sono state tramandate (oppure sono state inquisite)?

 

Che siano andate perdute?

 

Così come un ragazzino ‘perde’ il suo coltellaccio tascabile?

 

Io le dico che quelle altre cose oggi vivono ancora, sono sempre vissute e rimarranno sempre vive anche se dovessero ammutolire tutte le bocche che le tramandano e otturarsi tutte le orecchie che potrebbero ascoltarle.

 

Lo Spirito troverà sempre il modo per farle tornare in vita sussurrandole e creando nuove menti (profetiche) d’artista che vibreranno quando esso lo vorrà, e nuove mani per scrivere ciò che comanderà!

 

Si è mai chiesto come mai che tra i Dottori di chiesa e non, persino tra i Papi, abbiano potuto esserci dei criminali, indegni della loro carica, indegni di portare il nome di uomo. So benissimo, forse meglio di lei, quanto sia grande il numero dei preti cattolici che segretamente celano nel cuore dubbi angoscianti…

 

Da dove saltano fuori questi dubbi, le chiedo.

 

Da un venir meno della fede?

 

No!

 

I dubbi crescono di conseguenza dall’inconscia consapevolezza che ci sono pochissimi preti (e laici) dalla fede così ardente da cercare la via della santità senza correre il rischio di essere inquisiti da superstiziosi principi nell’eterna caccia ai Dèmoni dello Spirito.

 

(Così come pochi ‘Dottori’ della nostra mente specchio di un’Anima infinita, fondatori di una nuova scienza, che come l’antica e arcana Alchimia si è evoluta fino a trattare e spiegare tutto l’oro invisibile della ‘Segreta Dottrina’ trasmutato in ‘chimica’, poi, in sana terapia: ‘psichiatria’ o ‘psicologia’ che sia…, scusate la Rima che nella Fede della loro secolare ‘ortodossia’ l’arte profetica della verità sembra smarrita… Dèmone della nostra imperscrutabile via).


(Prosegue...)









domenica 11 maggio 2025

LA GRANDE MADRE

 










Precedenti capitoli: 


Circa un darwinismo criminale 


Prosegue con: 


la Seconda parte



 


 

 

La Bibbia giudaico-cristiana ci mostra un Padre Creatore maschile, sorgente di ogni vita. Ma molte delle più antiche storie di creazione conosciute parlano di una Grande Madre: una divinità femminile che dà e mantiene la vita, la Dea degli animali, delle piante e degli umani, delle acque, della terra e del cielo.

 

Un’antica preghiera sumera esalta la gloriosa Nana come la ‘Signora Potente, la Creatrice’. Un’altra antica tavoletta si riferisce alla dea Nammu come alla ‘Madre che diede vita al Cielo e alla Terra’. In Egitto, la creazione della vita veniva attribuita a Nut, Hathor, o Iside, di cui è scritto: ‘All'inizio c’era Iside, la più Antica di tutto ciò che è Antico. Era la Dea da cui scaturì tutto ciò che diviene’. In Africa troviamo leggende su Mawu, un altro nome per la Madre Creatrice. E nella terra di Canaan, come scrive lo studioso biblico Raphael Patai, Ashera o Ishtar era la ‘Progenitrice degli Dei’.

 

Tutto questo sta a indicare che il culto delle divinità femminili era parte integrante delle nostre più antiche tradizioni sacre. E in verità non è improbabile che all’alba della civiltà, quando per la prima volta l’uomo iniziò a porsi gli interrogativi universali (Da dove veniamo prima di nascere? Dove andiamo dopo morti?), dovette rilevare quello che è il più miracoloso di tutti gli eventi: il fatto cioè che la vita umana scaturisce dal corpo della donna. Dovette quindi essere del tutto logico, per i nostri antenati, immaginare all’inizio la terra come una Grande Madre, una Dea della Natura e della Spiritualità, fonte divina di ogni nascita, di ogni morte e di ogni rinascita.




Questa conclusione logica, di fatto, è comprovata dalle testimonianze archeologiche, dalle innumerevoli statuette femminili primitive, oggi riportate alla luce in luoghi sparsi su tutta l’Asia Minore e l’Europa. Dalle statuette della cosiddetta Venere Paleolitica che datano a più di ventimila anni fa.

 

La stessa idea dell’indole ‘dell’uomo’ come un individuo accentratore, avido, brutale ‘assassino per natura’, per molto tempo ha dato forma a quel che ci è stato insegnato sulla fase successiva della cultura umana: il Neolitico o età agreste. L’idea convenzionale, ancora ampiamente coltivata a livello di insegnamento universitario, è che l’invenzione umana più importante - lo sviluppo della tecnologia per acclimatare le piante - abbia segnato anche l’inizio della dominazione maschile, della guerra e della schiavitù.

 

In questa ottica, con l’invenzione dell’agricoltura ‘da parte dell’uomo’ - e quindi con la possibilità di tenere in piedi la civiltà grazie a un rifornimento regolare e addirittura eccedente di cibo – sopraggiunse non solo il predominio maschile, ma anche la guerra e una struttura sociale gerarchica generalizzata. Ma ancora una volta i dati non convalidano l’idea convenzionale della civiltà come storia della dominazione sempre più strutturata ‘dell’uomo’ tanto sulla natura quanto sugli altri esseri umani.




Tanto per cominciare, oggi gli antropologi ritengono, in linea generale, che l’acclimatazione delle piante sia stata probabilmente invenzione delle donne. Infatti, uno degli aspetti più affascinanti dell’attuale recupero della nostra perduta eredità è l’immenso contributo dato dalle donne alla civiltà. Se guardiamo da vicino i nuovi dati di cui oggi disponiamo a proposito delle prime società agresti o neolitiche, in realtà vediamo che tutte le tecnologie fondamentali sulle quali è basata la civiltà si svilupparono in società che non erano a dominazione maschile e non erano guerriere.

 

In contrasto con ciò che ci è stato insegnato sul Neolitico ovvero sulle prime civiltà agresti come società a dominazione maschile, estremamente violente, queste furono invece generalmente pacifiche, dedite a vasti commerci con i vicini, e non ricorrevano all’uccisione o al saccheggio per procurarsi ricchezza.

 

Grazie a scavi archeologici condotti in maniera assai più scientifica e ampia, ora sappiamo anche che in queste società estremamente creative le donne ricoprivano posizioni sociali importanti in qualità di sacerdotesse, artigiane e membri anziani di clan matrilinei. Si trattava inoltre di società egualitarie dove, come scrive Mellaart, non compaiono segni di importanti differenze di status basate sul sesso. Ciò non significa che queste società neolitiche rappresentassero realtà utopiche ideali. Ma, a differenza delle nostre società, non erano guerriere.

 

Non erano società dove le donne fossero subordinate agli uomini. E non vedevano la terra come oggetto di sfruttamento e di dominazione dal momento che il mondo era considerato come una Grande Madre: un’entità viva che nelle sue manifestazioni temporali e spirituali crea e nutre tutte le forme di vita. La coscienza di questa unità essenziale di tutto quanto ha vita, nei  tempi moderni, si è mantenuta in molte culture tribali che venerano la terra come la Madre. È illuminante il fatto che queste culture spesso siano state descritte dagli antropologi come ‘primitive’. Altrettanto illuminante è il fatto che spesso in queste culture le donne, per tradizione, occupino posizioni pubbliche chiave come sciamane o vecchie sagge, o come capi di clan matrilinei.

 

(R.Eisler)



Quindi la Grande Madre come tale, e come al meglio ed al peggio la conosciamo, la qual Donna e i suoi figli, futuri (mariti ed amanti) (i quali, gli appartenenti a quest’ultima categoria certamente l’amano e adorano più del genere derivato a cui lei purtroppo legata e congiunta suo malgrado…) ‘esseri umani’, i quali un tempo l’amavano qual indispensabile generatrice nonché futura sposa, venerandola come una Dèa per la sua impareggiabile bellezza, alternare e dispensare i propri frutti e colori accompagnati da ire dolori e capricci, nelle alterne Stagioni di cui costantemente beneficia (o dovrebbe) e patisce l’(umano) sposo (a Lei legato suo malgrado).

 

Il quale come tale la vuol dominare e sottomettere.

 

Il quale come tale la vuole amare come un figlio (sgradito) o futuro marito (tradito).




(La psicologica che ne scaturisce apparentemente confusa, anche se dalla ‘gerarchia olimpica’ nasceranno tutte quelle considerazioni circa una remota ‘analisi umana’ dettata da una mitologica condizione dell’Essere ed appartenere alla Terra; giacché tutte le divinità, infatti, nessuna esclusa, rappresentano un ‘prometeico’ intento di predare il segreto inviolato degli Dèi per donarlo agli uomini… Da ciò che ne scaturirà dipenderà ogni ruolo ‘conflittuale’ dal quale il vasto regno - e non solo psicologico - ne indagherà ogni rapporto abdicato all’uomo, non più divino, ma come tale ‘umano’ assoggettato ad ogni forma di peccato, decaduto dalla prima condizione dello Spirito inviolato, come può o poteva Essere la Natura donde e da cui nato; abdicato all’atto o istinto incarnato della materia. La prima mantiene inalterato la segreta impronta del proprio ed altrui Dio suggellato con la Divinità nel continuo ‘atto o Genio creativo’, e essendo scritto in ogni suo Elemento (qual Genio appena detto) tende a celarsi, o come disquisivano gli antichi Filosofi nascondersi; ovvero la Natura ama nascondersi e giammai rivelarsi, divenendo immagine - o specchio riflesso - di una più elevata Idea d’una Dèa dall’umano adorata; con alterni Elementi gravitati in altrettante divinità. Il secondo destinato ad un ruolo, seppur presumiamo ‘elevato’ in quanto predisposto dal genio dell’Intelletto suddiviso in altrettante divine superiori facoltà e capacità di articolato pensiero e parola, eppure paradossalmente subalterno, avendo perso la primitiva immacolata purezza immagine del Dio; il quale ‘uomo’ a Lui come Prometeo si è ribellato volendo donare ogni inviolato antico ‘segreto’ ai suoi figli per dominare, o peggio, ricreare la propria condizione persa in procedimento inverso da umana a divina, alterando, o ancor peggio, violando irrimediabilmente ogni antica divinità della quale vuole usurparne il regno. E seppure la Genesi per bocca di ugual Dio impone una precisa successione del Dominio a cui l’uomo sembra destinato, in verità e per il vero, in cotal volontà sembra aver voluto alterarne il vero precetto, non avendo ben compreso il limite a cui assoggettato, così come fu per Prometeo. 




Solo il Figlio di medesimo (e più evoluto, almeno così dicono…) Dio compiendo identico passo, si è ribellato alla segreta Genesi creatrice dispensata dal ‘comandamento’ del Padre, come alla Legge che da ogni Tempio ne governa il Verbo. La sua e nostra Grande Madre, Immacolata nella propria Natura, nell’atto che ne contraddistingue la nascita, così come la prematura morte per umano intelletto sancito dal Verbo o Legge di Dio, nel calvario o Teschio che ne contraddistingue evidenziandone la Croce, rappresenta l’antico patto con la disconosciuta Divinità, il Dio segreto, a cui suo Figlio, in verità e per il vero, si è ricongiunto per ogni rinascita con la quale riconosciamo le Infinite Stagioni della Vita, di cui la divina sacralità (e il Sacro come nelle alterne fasi mitologiche rappresentato da Iside all’Immacolata Madonna) da cui nato costantemente violate o profanate dall’uomo, non più dio, non riuscendone a comprenderne o decifrarne, pur predandone ogni (prometeico) segreto, l’indecifrato immateriale spirituale Linguaggio; in quanto ogni segreto Miracolo (scritto nel karma della Vita e la sua continua rinascita) difficilmente riconosciuto dall’Intelletto cosiddetto umano, così ogni immateriale intento diverso dalla materia in cui caduto ogni suo peccato. L’elevata volontà sarà sancita dal superamento a cui l’uomo predestinato nel ciclo dell’intera Esistenza per ogni Elemento ‘incarnato’ sino alla lenta graduale universale evoluzione in cui risorgerà per ogni Vita violata, comprenderne il peccato terreno e riscattarne ogni colpa commessa; almeno che il Divino (o la divinità) non abbia prevalso nel Sentiero intrapreso, seppure perseguitati umiliati e derisi come ogni profeta caduto e annunziato da una Verde Cometa precipitata su questa povera Terra, sarà un Dio Straniero tutelare e vigilare l’Anima caduta su questa Terra, perenne amico e invisibile compagno dell’eterno cammino, donde l’antica Dèa o Immacolata purezza assieme veneriamo fondare il nostro e altrui immortale Spirito.) 


(Prosegue....)