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Il libro scomparso (7) (8) (9)
Prosegue in:
Ogni obiezione conta! (11)
....Qui non si tratta di previsioni più
o meno azzardate, suggerite dal buon senso, ma di fatti così sicuri come se
fossero già avenuti..... Fra pochi anni le foreste impenetrabili saranno
abbattute, il rumore della civiltà e delle industrie romperà il silenzio della
Saginaw, la sua eco diventerà muta... Le banchine imprigioneranno le rive, le
acque che adesso scorrono ignorate e tranquille in mezzo al deserto senza nome
saranno ricacciate nei loro alvei dalla prua delle navi. Cinquanta leghe
separano ancora questa solitudine dai grandi agglomerati europei; forse siamo
gli ultimi viaggiatori ai quali è stato concesso di contemplarla ancora intatta
nel suo primitivo splendore tanto è inarrestabile l’impulso che trascina la
razza bianca a conquistare interamente il Nuovo Mondo. È l’idea dell’imminente
distruzione, il recondito pensiero d’un mutamento prossimo e inevitabile che,
secondo noi, conferisce alle solitudini americane un carattere così originale e
una bellezza così suggestiva. Si guardano con una gioia malinconica, ci si
affretta, in un certo senso ad ammirarle. ...L’idea che questa grande
grandiosità naturale e selvaggia è destinata a scomparire, si frammischia alle
orgogliose visioni suggerite dalla marcia inarrestabile... della civiltà... Ci
si sente fieri di essere uomini e nello stesso tempo si prova come un senso di
amaro rincrescimento per il potere accoradatoci da Dio sulla natura. L’anima è
travagliata da idee e da sentimenti contrastanti, ma tutte le impressioni che
riceve sono importanti e lasciano una traccia profonda…”
Rileggendo in maniera più approfondita l’intero capitolo delle considerazioni di Tocqueville intendiamo altresì come l’animo suo predisposto quale ‘specchio’ (come chi prima di lui lo ha preceduto ed ugualmente interpretato divenire futura vittima della conquista giacché affine alla Natura) nelle acque del Fiume riflesso, il quale animo compone il proprio Linguaggio - il proprio fraseggio - da chi sa ben rilevarlo e di rimando, qual ‘Sciamano veggente e profeta’ – [scorgendo ben altra cima e traguardo non più riflesso e congiunto con l’Universale creato così attraversato in un Tempo irrimediabilmente perso e in qual tempo conquistato - qual linguaggio improprio coniugato] manifestare nonché argomentare l’urgenza del Progresso qual ‘storico’ o ‘testimone’ mirabilmente colto ed interpretato nel segreto geroglifico e nel ‘fiume’ del proprio Intelletto scorrere come sangue e linfa di un comune senso di Vita (così come abbiamo letto di Thoreau).
…Corrispondere al Creato così di nuovo scoperto e
non certo conquistato…
Solo una Cima con la dovuta vista ed univoca
musica che ne deriva qual sol intendimento e strofa!
….Cerchiamo di decifrare l’armonia abdicata qual
Tomo perso così come il testimone (e guida) ne sublima l’Opera e concreta
sostanza enunciando profetico futuro avvenimento interpretandone successiva
‘lingua’ (nata) nell’atto ed ‘esercizio’ in uso della dovuta (almeno così
dicono) corretta ‘grammatica’; così come si qualifica specifica e differenzia dotto ‘linguaggio’
fra il 'primitivo glutterato' e successivo ‘civile evoluto composto fraseggio', altresì e mi
ripeto, come si intende linguaggio e parola, e con questa, civiltà ed
armonia comporre, almeno così dicono e ciarlano, dovuta ‘grammatica’ fondare ‘Etica
Morale Legge e successivo Pensiero’.
…Se non fosse proprio il Pensiero negato
all’esercizio della Parola nata ed interpretata dall’Anima nell’atto
d’intenderla e riporla nel giusto contesto dell’intero arco evolutivo della Storia…
“Il
‘Simbolo’ come oggetto, non è mai identico alla realtà simboleggiata… Esso non
è che un mezzo di esteriorizzazione che permette una ‘forza’, non raffigurabile
sensibilmente e come nascosta nell’ ‘ombra’, di far palese la propria
‘attività’, così come l’Anima umana, ad esempio, può manifestarsi nel corpo o
nel linguaggio…
E poiché
tale forza possiede un carattere attivo, il ‘simbolo’ è l’autorealizzazione di
tale essere in un altro essere. Ora, questa autorealizzazione determina una presenza;
e in base a tale presenza si istituisce una ‘relazione’ tra le due componenti
del ‘simbolo’. La ‘realtà simboleggiata’ non si confonde mai con la materia che
ne è il veicolo. Ma in tale incontro la ‘forza spirituale’ simboleggiata si
esterna sensibilmente, mentre il campo della sua azione, come purificato, tende
all’ ‘Universalità’.
Ovviamente,
tale trasparenza non dipende dalla percezione umana. La sua esistenza è
autonoma, e importa poco che l’uomo sia capace o incapace di discernerla. Le
antiche nozioni ora reintrodotte sono quelle di energia e di analogia. Secondo
taluni studiosi, l’avere abbandonato l’idea di ‘energia’ fluente segna una
delle date più gravi per la Filosofia europea.
In misura
via via maggiore, sul finire del Medioevo si è lasciato cadere tale concetto,
per sostituirlo con la nozione di ‘casualità’. All’idea di ‘flusso’ continuo di
energia veniva sostituita quella di successione delle cause. Ciò facendo, si
‘detronizzava’ la potenza creatrice concepita come un ritmo indiviso e indivisibile,
a favore di una causa prima, seguita da una serie di cause seconde.
Eppure,
l’osservazione della Natura, il ciclo continuo di dispersione e di
rigenerazione e l’ininterrotto mutare della materia ci dimostrano che
l’esistenza di un flusso ritmico è perpetua, e che, propriamente il muoversi della ‘forza creatrice’ precede le forme
create.
È la Forza
capace di creare le ‘forme’ che dà agli esseri la loro esistenza. Giustamente H. Bergson afferma che il mutamento non
ha bisogno di un supporto e che il movimento non implica una realtà soggetta al
movimento, perché reale – e il costitutivo della realtà – è il mutamento.
…Così le
Idee e gli oggetti più diversi, riuniti grazie ad un ‘ritmo’ comune, finiscono
col formare in noi un insieme semi-cosciente che è ‘linguisticamente
inesprimibile’ ma altresì caratteristico (quindi soggetto all’…)
dell’esperienza simbolica. Se apparentemente tale insieme non possiede uno
specifico ‘significato concettuale’, possiede tuttavia un ‘senso’; senso che
non è espresso in una ‘formula’ logica, ma in un ritmo che raggruma e comprime
gli Elementi dati e li confonde per rifonderli.
È così che
il passato può divenire presente, gli Elementi tra loro eterogenei saranno resi
omogenei, e trasparirà il loro substrato ritmico comune. Ora, se l’uomo si
mostra capace di afferrare le analogie create da determinato ritmo comune, il
‘simbolo’ può divenire ‘mediazione’ fra tale uomo e la forza simboleggiata.
…Ma qual è
la strada attraverso cui la potenza creatrice simboleggiata può manifestarsi
come un ‘puro ritmo’, senza cioè apparire vincolata a una forma concreta o a
una immagine determinata, cosa che, agli occhi di un essere umano in
meditazione, potrebbe facilmente privarla del suo carattere immateriale e
generale?
Se
consultiamo ora il pensiero dei popoli la cui mistica è nettamente simbolica,
riceviamo una risposta assolutamente chiara. Perché un Elemento trascendente
possa giungere a trasparire in una realtà del nostro mondo concreto, il suo più
adeguato veicolo sarà un ‘ritmo’ sonoro, poiché tale ritmo è spoglio di ogni
forma o immagine concreta, che potrebbero essere un ostacolo alla Natura
immateriale e dinamica di una simile manifestazione.
Altre
tradizioni, riferendosi alla Genesi del mondo, dicono che l’esternamento del
‘ritmo’ creatore si realizza attraverso il Verbo, primo passo verso la
creazione del mondo e la successiva sottomissione dell’atto stesso o se
preferiamo universale linguaggio.
Partendo da
tale idea, si sarebbe tentati di porre all’origine del simbolo il linguaggio.
Ma simile linguaggio non può essere il nostro, che è essenzialmente uno
strumento di comunicazione e di informazione, sostenuto da immagini concrete e
quindi poco idoneo a farsi veicolo di un ritmo puro.
La ‘parola’
che sta su un piano remoto delle cose tangibili appartiene dunque a un
linguaggio primordiale nella musicalità dell’intera Natura…
Quindi un
linguaggio non nel senso comune come siamo porti ad intenderlo e quindi
coniugarlo. I nomi con i quali la nostra lingua designa gli oggetti non traducono
il ‘ritmo’ delle cose, la stretta limitazione dei nostri concetti, anzi, si
oppone alla nostra intuizione sempre desiderosa di afferrare e di restituire le
cose percepite come ritmi viventi.
È
indubitabile che i nostri concetti (compresi
la psicologia che gli appartiene) si interpongono fra noi e le cose. Per
introdurci nel ‘ritmo’ fondamentale e comune agli oggetti unificati
dell’analogia bisogna cercare uno strumento più ‘immateriale’ quale la stessa
musicalità realizzata attraverso uno e più strumenti ed ove il proprio ‘suono
riprodotto’, come ad esempio un tamburo, evolvere in frammentata apparente
scomposta oracolare poesia.
La nostra
trattazione ci ha portato alla successiva interpretazione di una duplice
manifestazione di due tipi di simboli: il
primo è una realtà della Natura che l’uomo può percepire, tale ad esempio,
un tuono, mediante cui la potenza formatrice della tempesta si fa palese.
Il secondo tipo è creato dall’uomo, che mediante la sua
voce palesa il proprio ritmo interiore (non oggettivato né soggettivato alle
paradossali alterne condizioni della limitata psicologia che ne vorrebbe
decifrare, quindi circoscrivere, alla più nota limitata patologia, pochi coloro
che hanno saputo interpretare superare e altresì intendere cotal Secolar
limite).
Ma il
‘simbolo’ grazie al quale l’uomo e un’altra realtà simboleggiata combaciano, si
attua soltanto attraverso l’incontro e la congiunzione di due tipi di simboli,
nella mediazione di un ritmo sonoro comune o di una luce sonora comune.
La prassi
‘sacerdotale’ (nonché ‘regale’) ci insegna che per raggiungere tale fine il
‘sacerdote’ (o antropologicamente parlando ‘sciamano’) deve studiarsi di
divenire una sorta di ricettore oggettivo dei ritmi della Natura, qualsiasi
asimmetria in questo processo rompere Superiore Prima consistenza ed
appartenenza quale legame infinito dello Spirito, conferma la nostra tesi circa
l’immobilità della Storia.
In quanto
l’asimmetria propria nella rottura e nascita della dovuta ‘materia’ o ortodossa
‘dottrina’ posticipa’ e mai precede il canto da cui la Vita!
Il cui ‘canto’
e immateriale ‘suono’ che ne deriva (e futura poesia) soggetto non al ritmo da
cui nata primordiale simmetria, bensì e al contrario, assoggettato all’interpretazione
dell’asimmetrico vincolo alla parola circoscritto, la quale al meglio (o al
peggio) accompagna lo Spirito nella ‘materia’ incarnato, quindi, assoggettato
al limite che suono e ritmo circa medesima ugual Poesia circoscritti alla
grammatica della ‘corretta espressione’ esulare però dalla comune ‘evoluzione’
(in cui ogni Natura subordinata all’ ‘umano’ difettare per proprio limitato
‘verbo’) e mai facenti parte di quella primordiale ‘inesprimibilità’ detta.
…Se non
‘erro’ anche un noto Fisico espresse il limite se non l’impossibilità di
svelare l’incompletezza della propria materia dai numeri dedotta…
…Ed anche
lui alla fine scrisse e dedusse una antica ma nuova equazione circa una certa
dimostrabilità nelle infinite Vie… o Note…
(M. Schneider accompagnato al...)
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