giuliano

venerdì 11 ottobre 2019

IL LIBRO DELLA NATURA (10)




















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Ogni obiezione conta! (11)














....Qui non si tratta di previsioni più o meno azzardate, suggerite dal buon senso, ma di fatti così sicuri come se fossero già avenuti..... Fra pochi anni le foreste impenetrabili saranno abbattute, il rumore della civiltà e delle industrie romperà il silenzio della Saginaw, la sua eco diventerà muta... Le banchine imprigioneranno le rive, le acque che adesso scorrono ignorate e tranquille in mezzo al deserto senza nome saranno ricacciate nei loro alvei dalla prua delle navi. Cinquanta leghe separano ancora questa solitudine dai grandi agglomerati europei; forse siamo gli ultimi viaggiatori ai quali è stato concesso di contemplarla ancora intatta nel suo primitivo splendore tanto è inarrestabile l’impulso che trascina la razza bianca a conquistare interamente il Nuovo Mondo. È l’idea dell’imminente distruzione, il recondito pensiero d’un mutamento prossimo e inevitabile che, secondo noi, conferisce alle solitudini americane un carattere così originale e una bellezza così suggestiva. Si guardano con una gioia malinconica, ci si affretta, in un certo senso ad ammirarle. ...L’idea che questa grande grandiosità naturale e selvaggia è destinata a scomparire, si frammischia alle orgogliose visioni suggerite dalla marcia inarrestabile... della civiltà... Ci si sente fieri di essere uomini e nello stesso tempo si prova come un senso di amaro rincrescimento per il potere accoradatoci da Dio sulla natura. L’anima è travagliata da idee e da sentimenti contrastanti, ma tutte le impressioni che riceve sono importanti e lasciano una traccia profonda…



Rileggendo in maniera più approfondita l’intero capitolo delle considerazioni di Tocqueville intendiamo altresì come l’animo suo predisposto quale ‘specchio’ (come chi prima di lui lo ha preceduto ed ugualmente interpretato divenire futura vittima della conquista giacché affine alla Natura) nelle acque del Fiume riflesso, il quale animo compone il proprio Linguaggio - il proprio fraseggio - da chi sa ben rilevarlo e di rimando, qual ‘Sciamano veggente e profeta’ – [scorgendo ben altra cima e traguardo non più riflesso e congiunto con l’Universale creato così attraversato in un Tempo irrimediabilmente perso e in qual tempo conquistato - qual linguaggio improprio coniugato] manifestare nonché argomentare l’urgenza del Progresso qual  ‘storico’ o ‘testimone’ mirabilmente colto ed interpretato nel segreto geroglifico e nel ‘fiume’ del proprio Intelletto scorrere come sangue e linfa di un comune senso di Vita (così come abbiamo letto di Thoreau).

…Corrispondere al Creato così di nuovo scoperto e non certo conquistato…

Solo una Cima con la dovuta vista ed univoca musica che ne deriva qual sol intendimento e strofa!

….Cerchiamo di decifrare l’armonia abdicata qual Tomo perso così come il testimone (e guida) ne sublima l’Opera e concreta sostanza enunciando profetico futuro avvenimento interpretandone successiva ‘lingua’ (nata) nell’atto ed ‘esercizio’ in uso della dovuta (almeno così dicono) corretta ‘grammatica’; così come si qualifica  specifica e differenzia dotto ‘linguaggio’ fra il 'primitivo glutterato' e successivo ‘civile evoluto composto fraseggio', altresì e mi ripeto, come si intende linguaggio e parola, e con questa, civiltà ed armonia comporre, almeno così dicono e ciarlano, dovuta ‘grammatica’ fondare ‘Etica Morale Legge e successivo Pensiero’.

…Se non fosse proprio il Pensiero negato all’esercizio della Parola nata ed interpretata dall’Anima nell’atto d’intenderla e riporla nel giusto contesto dell’intero arco evolutivo della Storia…

“Il ‘Simbolo’ come oggetto, non è mai identico alla realtà simboleggiata… Esso non è che un mezzo di esteriorizzazione che permette una ‘forza’, non raffigurabile sensibilmente e come nascosta nell’ ‘ombra’, di far palese la propria ‘attività’, così come l’Anima umana, ad esempio, può manifestarsi nel corpo o nel linguaggio…

E poiché tale forza possiede un carattere attivo, il ‘simbolo’ è l’autorealizzazione di tale essere in un altro essere. Ora, questa autorealizzazione determina una presenza; e in base a tale presenza si istituisce una ‘relazione’ tra le due componenti del ‘simbolo’. La ‘realtà simboleggiata’ non si confonde mai con la materia che ne è il veicolo. Ma in tale incontro la ‘forza spirituale’ simboleggiata si esterna sensibilmente, mentre il campo della sua azione, come purificato, tende all’ ‘Universalità’.

Ovviamente, tale trasparenza non dipende dalla percezione umana. La sua esistenza è autonoma, e importa poco che l’uomo sia capace o incapace di discernerla. Le antiche nozioni ora reintrodotte sono quelle di energia e di analogia. Secondo taluni studiosi, l’avere abbandonato l’idea di ‘energia’ fluente segna una delle date più gravi per la Filosofia europea.

In misura via via maggiore, sul finire del Medioevo si è lasciato cadere tale concetto, per sostituirlo con la nozione di ‘casualità’. All’idea di ‘flusso’ continuo di energia veniva sostituita quella di successione delle cause. Ciò facendo, si ‘detronizzava’ la potenza creatrice concepita come un ritmo indiviso e indivisibile, a favore di una causa prima, seguita da una serie di cause seconde.

Eppure, l’osservazione della Natura, il ciclo continuo di dispersione e di rigenerazione e l’ininterrotto mutare della materia ci dimostrano che l’esistenza di un flusso ritmico è perpetua, e che, propriamente il muoversi della ‘forza creatrice’ precede le forme create.  

È la Forza capace di creare le ‘forme’ che dà agli esseri la loro esistenza. Giustamente H. Bergson afferma che il mutamento non ha bisogno di un supporto e che il movimento non implica una realtà soggetta al movimento, perché reale – e il costitutivo della realtà – è il mutamento.

…Così le Idee e gli oggetti più diversi, riuniti grazie ad un ‘ritmo’ comune, finiscono col formare in noi un insieme semi-cosciente che è ‘linguisticamente inesprimibile’ ma altresì caratteristico (quindi soggetto all’…) dell’esperienza simbolica. Se apparentemente tale insieme non possiede uno specifico ‘significato concettuale’, possiede tuttavia un ‘senso’; senso che non è espresso in una ‘formula’ logica, ma in un ritmo che raggruma e comprime gli Elementi dati e li confonde per rifonderli.

È così che il passato può divenire presente, gli Elementi tra loro eterogenei saranno resi omogenei, e trasparirà il loro substrato ritmico comune. Ora, se l’uomo si mostra capace di afferrare le analogie create da determinato ritmo comune, il ‘simbolo’ può divenire ‘mediazione’ fra tale uomo e la forza simboleggiata.

…Ma qual è la strada attraverso cui la potenza creatrice simboleggiata può manifestarsi come un ‘puro ritmo’, senza cioè apparire vincolata a una forma concreta o a una immagine determinata, cosa che, agli occhi di un essere umano in meditazione, potrebbe facilmente privarla del suo carattere immateriale e generale?

Se consultiamo ora il pensiero dei popoli la cui mistica è nettamente simbolica, riceviamo una risposta assolutamente chiara. Perché un Elemento trascendente possa giungere a trasparire in una realtà del nostro mondo concreto, il suo più adeguato veicolo sarà un ‘ritmo’ sonoro, poiché tale ritmo è spoglio di ogni forma o immagine concreta, che potrebbero essere un ostacolo alla Natura immateriale e dinamica di una simile manifestazione.

Altre tradizioni, riferendosi alla Genesi del mondo, dicono che l’esternamento del ‘ritmo’ creatore si realizza attraverso il Verbo, primo passo verso la creazione del mondo e la successiva sottomissione dell’atto stesso o se preferiamo universale linguaggio.

Partendo da tale idea, si sarebbe tentati di porre all’origine del simbolo il linguaggio. Ma simile linguaggio non può essere il nostro, che è essenzialmente uno strumento di comunicazione e di informazione, sostenuto da immagini concrete e quindi poco idoneo a farsi veicolo di un ritmo puro.

La ‘parola’ che sta su un piano remoto delle cose tangibili appartiene dunque a un linguaggio primordiale nella musicalità dell’intera Natura…

Quindi un linguaggio non nel senso comune come siamo porti ad intenderlo e quindi coniugarlo. I nomi con i quali la nostra lingua designa gli oggetti non traducono il ‘ritmo’ delle cose, la stretta limitazione dei nostri concetti, anzi, si oppone alla nostra intuizione sempre desiderosa di afferrare e di restituire le cose percepite come ritmi viventi.

È indubitabile che i nostri concetti (compresi la psicologia che gli appartiene) si interpongono fra noi e le cose. Per introdurci nel ‘ritmo’ fondamentale e comune agli oggetti unificati dell’analogia bisogna cercare uno strumento più ‘immateriale’ quale la stessa musicalità realizzata attraverso uno e più strumenti ed ove il proprio ‘suono riprodotto’, come ad esempio un tamburo, evolvere in frammentata apparente scomposta oracolare poesia.

La nostra trattazione ci ha portato alla successiva interpretazione di una duplice manifestazione di due tipi di simboli: il primo è una realtà della Natura che l’uomo può percepire, tale ad esempio, un tuono, mediante cui la potenza formatrice della tempesta si fa palese.

Il secondo tipo è creato dall’uomo, che mediante la sua voce palesa il proprio ritmo interiore (non oggettivato né soggettivato alle paradossali alterne condizioni della limitata psicologia che ne vorrebbe decifrare, quindi circoscrivere, alla più nota limitata patologia, pochi coloro che hanno saputo interpretare superare e altresì intendere cotal Secolar limite).

Ma il ‘simbolo’ grazie al quale l’uomo e un’altra realtà simboleggiata combaciano, si attua soltanto attraverso l’incontro e la congiunzione di due tipi di simboli, nella mediazione di un ritmo sonoro comune o di una luce sonora comune.

La prassi ‘sacerdotale’ (nonché ‘regale’) ci insegna che per raggiungere tale fine il ‘sacerdote’ (o antropologicamente parlando ‘sciamano’) deve studiarsi di divenire una sorta di ricettore oggettivo dei ritmi della Natura, qualsiasi asimmetria in questo processo rompere Superiore Prima consistenza ed appartenenza quale legame infinito dello Spirito, conferma la nostra tesi circa l’immobilità della Storia.

In quanto l’asimmetria propria nella rottura e nascita della dovuta ‘materia’ o ortodossa ‘dottrina’ posticipa’ e mai precede il canto da cui la Vita!

Il cui ‘canto’ e immateriale ‘suono’ che ne deriva (e futura poesia) soggetto non al ritmo da cui nata primordiale simmetria, bensì e al contrario, assoggettato all’interpretazione dell’asimmetrico vincolo alla parola circoscritto, la quale al meglio (o al peggio) accompagna lo Spirito nella ‘materia’ incarnato, quindi, assoggettato al limite che suono e ritmo circa medesima ugual Poesia circoscritti alla grammatica della ‘corretta espressione’ esulare però dalla comune ‘evoluzione’ (in cui ogni Natura subordinata all’ ‘umano’ difettare per proprio limitato ‘verbo’) e mai facenti parte di quella primordiale ‘inesprimibilità’ detta.  

…Se non ‘erro’ anche un noto Fisico espresse il limite se non l’impossibilità di svelare l’incompletezza della propria materia dai numeri dedotta…

…Ed anche lui alla fine scrisse e dedusse una antica ma nuova equazione circa una certa dimostrabilità nelle infinite Vie… o Note…

(M. Schneider accompagnato al...)













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