giuliano

giovedì 31 ottobre 2019

IL LUPO RIFONDA IL MITO (18)











































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Il Lupo... (17)

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Il secondo accademico, ovvero: chi nel viso degli uomini legge 'omo' (19)














Come vedremo in seguito, nella sua ultima essenza è un sacrificio sonoro, un canto con cui l’uomo fa olocausto della sua parola, vale a dire della sua sostanza più intima. Il fenomeno religioso perfetto è sempre caratterizzato dalla presenza contemporanea e interdipendente di tre atteggiamenti spirituali: quello dell’uomo che per natura è sempre aperto all’ammirazione e all’adorazione di ciò che lo supera; quello di un essere intimamente grato; quello di chi va sempre in cerca di qualcosa. Nessuno di questi tre atteggiamenti è essenzialmente primitivo o legato ad una cultura, ma si riscontra ovunque in ogni epoca.

L’irreligiosità, da parte sua, non è un prodotto di uno sviluppo spirituale superiore, ma è anch’essa una disposizione constatabile in ogni tempo. Occorre tuttavia riconoscere che alcune religioni presentano una tale incrostazione di paura che il ricercatore irreligioso non riesce a vedere se non questa facciata. Ciò non toglie che dietro la facciata, all’interno dell’edificio, la lode rappresenti sempre la vera forza, anzi la vera forza sacrificale, la più feconda.




E non è certamente un caso che nella tradizione vedica la lode stia al vertice dei miti della creazione; nella Brihadaranyaka Upanishad si legge questo racconto, più volte citato:

Al principio c’era il Nulla, perché questo mondo era ammantato di morte e di fame, essendo la morte fame. Allora essa creò il mana (la volontà di esistere) perché desiderava essere se stessa (in forma corporea). Essa andava in giro cantando inni e dai suoi inni nacque l’acqua, avendo detto: Perché cantavo inni mi sentii felice. Questa è la natura del raggio, perché il raggio è acqua. La crema dell’acqua si coagulò e ne nacque la terra. Essendosi staccata e accaldata, la sua forza, il suo umore, divennero fuoco.

Prima di intraprendere l’analisi particolareggiata di questo racconto vogliamo far notare che al principio di tutte le cose risuonò per primo un inno, che equivale al primo sacrificio. Il Rigveda dice:

Gli dèi crearono per primo il canto, poi l’agni, quindi il sacrificatore.




Nello Shatapatha Brahmana si legge:

Tutto ciò che gli dèi fanno lo fanno mediante il canto. Il canto è il sacrificio.

Mediante questo inno le cose sono chiamate e incoraggiate a venire gioiosamente all’esistenza. Nella terminologia vedica ark, parola sanscrita equivalente a inno, significa ‘raggiungere, far inturgidire o creare qualcosa’. È evidente che l’intera creazione comincia in certo senso su un piano quasi esclusivamente psicologico. L’inno, che è la disposizione interiore a riconoscere le cose e a sollecitarle con la lode, è la forza da cui in seguito nasce tutto: gioia, acqua, terra e fuoco. La sostanza del mondo primitivo è il suono, il cui dinamismo è la lode.




Il sacrificio sonoro è vero, cioè reale, soltanto se è riconosciuto e accettato come valore vitale, come atto analogico della creazione e quindi compiuto come Inno. È invece inautentico se compiuto soltanto contro volontà e materialmente, se è attuato unicamente nel modo forzosamente voluto dalla natura concreta. Il sacrificio è il filo conduttore che si prolunga per l’intera durata della vita umana. Se, al contrario, quel sacrificio è un sacrificio sonoro, cioè un Inno, l’uomo attinge all’energia acustica primordiale della creazione, quindi in definitiva alla sillaba sacra AUMm che tutto ‘lega con amore in volume’, il passato, il presente e il futuro. E ciò ha grandissima importanza solo quando ogni presente risulta effettivamente dalla somma del passato.

Il modo con cui l’uomo offre il sacrificio della propria vita, cioè la sua parola, rappresenta il ritmo totale della sua esistenza; ciò che oggi egli è lo deve al suo ieri.

Soltanto gli dèi del mondo acustico primordiale è concesso di mantenere la forza, la natura sonora originaria ed esaltatrice della parola senza che esse siano offuscate o costrette dalla corporalità materiale.

Gli dèi veri sono Inni puri!




E poiché la creazione trasforma parzialmente la propria esistenza primordiale e puramente acustica in un’altra concreta e corporea, la sostanza acustica primordiale del mondo subisce a tratti un forte mascheramento. Ha così principio la seconda epoca della creazione. Mentre gli dèi, esseri sonori puri, rimangono nell’oscura notte primordiale della creazione, le altre creature entrano nel secondo periodo che si estende dall’alba all’aurora ed è caratterizzato dall’irruzione della luce. Il terzo periodo è rappresentato dal mondo chiaro in cui le cose, prima visibili unicamente in forma indistinta, semi-materiale o nebulosa, si configurano in modo definitivamente distinto e concreto.




Durante tale evoluzione, i ritmi originariamente affatto acustici diventano perciò visibili. Contemporaneamente all’apparire della luce, mentre le pure proporzioni temporali si trasformano in proporzioni visibili e percepibili, ecco che si sviluppa lo Spazio e con esso le figure definite, l’individuazione e infine il pensiero fissato in idee precise. L’incomprensibile e inafferrabile notte primordiale diventa comprensibile e afferrabile. Pur se in tale processo la sostanza sonora primordiale resta in gran parte nascosta, particolarmente negli oggetti muti, tuttavia sopravvive, percettibilmente o meno, come nucleo metafisico di ogni creatura.




Il che non impedisce che il velo di Maya, vale a dire l’illusione dei sensi, s’infittisca di più, perché l’aumento di luce e l’addensamento della corporalità si trasferiscano progressivamente sul fondo acustico con tale compattezza, che l’uomo soggiace facilmente all’errore di ritenere verità ciò che è l’apparenza della corporeità. Di fatto, Maya non comincia con l’apparizione della luce, bensì già con il suono primordiale; infatti per la filosofia indiana la verità suprema non è il suono ma il nulla silenzioso e la mancanza assoluta di pensiero e di forma. Motivo per cui la verità ultima subisce una forte diminuzione del suono stesso con cui esce dal vuoto del corpo armonico.




Ma questa stessa diminuzione origina i ritmi creati di questo mondo, vale adire l’illusione provocata dall’Inno della morte affamata di vita, morte che, da parte sua, è il principio del dualismo. La verità suprema rappresenta la vittoria sulla fame di vita. Essa è informe per sua natura e, perché informe e aritmica, non può essere manifestata. Pur essendo ogni manifestazione di per sé una riduzione, tuttavia la formulazione esclusivamente acustica e musicale della verità assoluta è l’unico modo di cui disponiamo per annunciare almeno la verità del nulla, risonando quella aconcettualmente e non dovendo essere costretta in simboli materiali e concreti.




La formulazione puramente acustica si avvicina al massimo alla verità informe perché tra tutte le figure esistenti, la forma musicale è la più instabile e dissolvibile e la sua materia, l’aria ondeggiante può essere considerata la materia più sottile. Nulla come la musica favorisce lo sviluppo e il consolidamento di concetti limpidi. Come creatrice dei ritmi e delle forme primordiali essa sta al vertice di tutte le energie cosmiche, perché le sue possibilità ritmiche sono maggiori e più varie di qualsiasi altra forza legata a una materia concreta.




La musica è la pianta primordiale della creazione, che cresce rigogliosa senza una determinazione precisa; non conosce spazio e scorre unicamente nel tempo in un modo primordiale. Non essendo legata ad un sistema preciso di idee e a una forma stabile, può continuamente mutare, trasformare o smembrare la sua figura per ricomporla a volontà, come il Faggio antico, un suo simbolo primordiale, che continuamente si trasforma.

Non si può tuttavia dubitare che la musica…




(ed in questo caso come nei precedenti attribuiamo una universalità concernente il termine riportato coniugandolo e altresì estendendo il pittogramma in cui circoscritto e di nuovo inciso alla caverna donde nato, quindi, al di fuori del limite limitante pur entro l’antica caverna antro del dio, ed in cui, oggettivato tradotto ed evoluto (e non più riconosciuto) nei brevi o estesi frammenti storici cui sembra appartenere, oppure, e ancor peggio, intrattenere; va da se che quando solitamente si disquisisce di musica si prevede una dotta storicità dell’argomento trattato compresa l’indiscussa ‘capacità armonica’ creata o medesimamente da buon orecchio compresa ed ascoltata, esulando dal principio e motivo per cui il tratto accompagnato, e altresì, dal limite limitante della parola che ne fa oggetto; quindi, e mi ripeto di nuovo, impossibilitata, dato che sovente in questa ripetitiva premessa accompagnato da Madre Natura e confermare la verità dedotta - non più parola - ragione o nota udita all’Alba del mattino in cui mi cingo in solitaria dismessa persa braccata inquisita incompresa armonia… 





Estesa alla musicalità dell’Universo per ogni Elemento raccolto dal principio della creazione compreso quel famoso ‘rumore di fondo’ ‘nota’ ben udita, ma certamente, data la distanza storica proiettata negli anni-luce da cui decifrata e quantunque studiata pur non visibile, ma concernente e facente parte di un ‘suono’ ove dedurne il principio in cui scritta la materia, compresa quindi la ‘parola’ che tende ad oggettivare in un solo campo della propria universalità - principio della vita. Ma altresì ricordare da questa ‘fisica’ conclusione per taluni principio, che i termini della sacralità trattata a Ragione rovesciano gli schemi imposti, e la fisica quindi poggiare il proprio ed altrui intento nella ‘metafisica’ come e similmente a quel poverello umiliato che del cantico fece il più bell’inno della Terra e con lui dell’intera creazione al di fuori d’ogni materiale artificiosa ricchezza… Così come ho già apostrofato ogni pretesa di conquista e non solo concernente il dotto sapere per la Cima contesa…)




…rappresenti il linguaggio primordiale di tutte le forme simboliche visibili di stile più antico…

Sul passaggio dall’acustico all’ottico grava un mondo affatto specifico, la cui comprensione intellettuale è resa difficile in particolare dal momento cosmico in quella trasformazione si verifica, perché l’evento intero si svolge nel tempo intermedio, vale a dire fra l’Alba e l’Aurora. Questo mondo, situato fra il tempo esclusivamente acustico (o notte primordiale della creazione) e il presente concreto (o giorno, tempo della luce), rappresenta il mondo del suono luminoso e del sogno (e specifichiamo nulla da intendere o condividere per come oggettivata esplicitata siffatta disquisizione nelle tenebre di ben altre notti bianche, anzi scoraggiamo coloro che procedano con cotal intendimento le proprie ed altrui notti a qualsivoglia comprensione di quanto fin qui detto, la volgarità di quella materia ci consegnerebbe alla brevità della Storia, l’immateriale sacralità in ben altra invisibile Sinfonia…).

Nel sistema analogico di queste cosmogonie il tempo primordiale è anche l’equivalente del cielo, e il presente corrisponde alla terra; di conseguenza il mondo del suono luminoso, in cui si verifica il passaggio dal suono quasi immateriale alla materia concreta, è lo Spazio cultuale chiaroscuro dell’Universo: è l’atmosfera.

(M. Schneider; in corsivo il curatore del blog)












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