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Ora non
diamoci un sacco d’arie pretendendo che le bestemmie di cui facciamo generoso
uso in questa nostra terra di libertà siano di nostra creazione; e poiché
abbiamo avuto il coraggio di proferirle, noi immaginiamo di aver avuto anche
l’intelligenza di inventarle.
Mi dispongo
subito a dimostrarlo a chicchessia eccetto agli intenditori, sebbene dichiari
di obiettare solamente agli intenditori di bestemmie, come farei con gli
intenditori di pittura, ecc., ecc., che tutta la loro cricca è così prona e
feticista davanti ai fronzoli e alle cianfrusaglie della critica o, per
interrompere la mia metafora (il che, sia detto per inciso, è un vero peccato perché
sono andato a prenderla nientemeno che sulle coste della Guinea), che le loro teste,
signore, sono così imbottite di regoli e compassi, e hanno quell’eterna
propensione ad applicarli in tutte le occasioni, che sarebbe
meglio che un’opera di genio andasse subito alla malora piuttosto che essere
punzecchiata e torturata a morte da loro.
‘E come ha
recitato il monologo Garrick ieri sera?’.
‘Grammatico
mirabile! Ma nel sospendere la voce… lasciò sospeso anche il senso? Non vi fu
espressione del gesto e del volto a colmare il vuoto? Non parlava forse il suo
sguardo? L’avete osservato minuziosamente?’.
‘Guardai
solo il cronometro, milord’.
‘Eccellente
osservatore!’
‘E che dite di questo nuovo libro per cui tutti fanno tanto scalpore?’.
‘Oh! è
completamente sballato, milord, una roba assolutamente irregolare! non uno dei
quattro angoli è un angolo retto. Avevo in tasca regolo e compasso, eccetera,
milord’.
Eccellente
critico!’.
‘Mirabile intenditore! E al ritorno entraste a dare un’occhiata a quel grande quadro?’.
‘È una
crosta deprimente, milord! Non uno dei principi della piramide è applicato in
uno qualsiasi dei gruppi! e che prezzo! Non
v’è infatti nulla del colore di Tiziano, dell’espressione di Rubens, della
grazia di Raffaello, della purezza del Domenichino, della coraggiosità del
Correggio, della cultura di Poussin, degli atteggiamenti di Guido, del gusto
dei Carracci o dei grandiosi profili di Michelangelo’.
Giusto
cielo, fammi star calmo!
Di tutti i
luoghi comuni espressi con affettazione in questo mondo pieno di affettati
luoghi comuni, benché quelli degli ipocriti possano essere i peggiori, i luoghi
comuni inventati dai critici sono i più esasperanti!
Grande
Apollo! se sei in vena di generosità, dammi,
non chiedo di più, un solo tocco di innato umorismo e insieme una singola
scintilla del tuo fuoco, e manda Mercurio, se ne ha il tempo, con regoli e
compassi e i miei omaggi a…
Non
importa.
Ora voglio
prendermi la briga di provare a chiunque altro che tutte le bestemmie e le
imprecazioni che abbiamo riversato come originali nel mondo in questi ultimi
duecento cinquant’anni, tranne “pollice di San Paolo”, “carne di Dio” e “pesce
di Dio”, che furono bestemmie monarchiche e, considerando chi le inventò, non
molto fuori posto, e come bestemmie di re non importa molto che fossero pesce o
carne, altrimenti, dicevo, non v’è bestemmia o per lo meno maledizione tra di
esse che non sia stata copiata e ricopiata mille volte da quelle di Ernulfo; ma, come tutte le altre copie,
quanto sono infinitamente inferiori per forza e vivacità all’originale!
Confrontatela
con quella di Ernulfo:
“Dio Padre
Onnipotente vi maledica; Dio figlio vi maledica; Dio lo Spirito Santo vi maledica”,
…e vedrete
che non vale nulla.
C’è in
quella di Ernulfo un che di orientale
che non siamo in grado di raggiungere; inoltre, egli è più ricco d’inventiva;
possedeva in grado più alto le qualità del bestemmiatore, aveva una così
completa conoscenza della struttura umana, delle sue membrane, nervi,
legamenti, della conformazione delle giunture e delle articolazioni, che,
quando malediva, non gli sfuggiva alcuna parte.
Mio padre,
il quale in genere vedeva ogni cosa in una luce molto diversa da quella del
resto del genere umano, non volle mai ammettere, tutto considerato, che l’anatema di Ernulfo fosse originale.
Egli considerava piuttosto che si trattava di un’istituzione di maledizioni,
nella quale, com’egli supponeva, per il declinare del maledire, sotto qualche
pontificato più mite, Ernulfo, per
ordine del pontefice successore, ne avesse con grande dottrina e diligenza raccolto
le leggi, per la stessa ragione per cui Giustiniano, al declino dell’impero,
aveva ordinato al suo cancelliere Triboniano di raccogliere tutte le leggi
romane o civili in un unico codice o digesto, per tema che, a causa della
ruggine del tempo e della fatalità di tutte le cose affidate alla tradizione
orale, esse non fossero perdute per sempre per il mondo.
Per questa
ragione mio padre soleva spesso affermare che non v’era imprecazione, da quella
solenne e tremenda di Guglielmo il Conquistatore (Per lo splendore di Dio), giù giù fino alla più bassa maledizione
di uno spazzino (Maledizione ai vostri
occhi) che non si potesse trovare in Ernulfo.
Insomma, egli soleva aggiungere:
‘Sfido chicchessia
a proferire un’imprecazione che non sia in esso’.
Quest’ipotesi
è, come la maggior parte di quelle di mio padre, singolare e anche ingegnosa;
né avrei obiezioni di sorta da muoverle contro, se non fosse che sconvolge la
mia.
(L. Sterne)
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