giuliano

domenica 22 novembre 2020

BREVI RIFLESSIONI SULL'ANATEMA DI ERNULFO (11)

 










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Ora non diamoci un sacco d’arie pretendendo che le bestemmie di cui facciamo generoso uso in questa nostra terra di libertà siano di nostra creazione; e poiché abbiamo avuto il coraggio di proferirle, noi immaginiamo di aver avuto anche l’intelligenza di inventarle.

 

Mi dispongo subito a dimostrarlo a chicchessia eccetto agli intenditori, sebbene dichiari di obiettare solamente agli intenditori di bestemmie, come farei con gli intenditori di pittura, ecc., ecc., che tutta la loro cricca è così prona e feticista davanti ai fronzoli e alle cianfrusaglie della critica o, per interrompere la mia metafora (il che, sia detto per inciso, è un vero peccato perché sono andato a prenderla nientemeno che sulle coste della Guinea), che le loro teste, signore, sono così imbottite di regoli e compassi, e hanno quell’eterna propensione ad applicarli in tutte le occasioni, che sarebbe meglio che un’opera di genio andasse subito alla malora piuttosto che essere punzecchiata e torturata a morte da loro.

 

‘E come ha recitato il monologo Garrick ieri sera?’.




  ‘Oh, contro tutte le regole, milord, nel modo più sgrammaticato! tra il sostantivo e l’aggettivo che dovrebbero concordare in numero, in caso e in genere, fece una pausa tale, fermandosi come se il punto richiedesse una verifica; e tra il caso in nominativo che, come vostra signoria ben sa, dovrebbe reggere il verbo, egli tenne in sospeso la voce nell’epilogo una dozzina di volte per tre secondi e tre quinti ciascuna, cronometro alla mano, milord’.

 

‘Grammatico mirabile! Ma nel sospendere la voce… lasciò sospeso anche il senso? Non vi fu espressione del gesto e del volto a colmare il vuoto? Non parlava forse il suo sguardo? L’avete osservato minuziosamente?’.

 

‘Guardai solo il cronometro, milord’.

 

‘Eccellente osservatore!’




‘E che dite di questo nuovo libro per cui tutti fanno tanto scalpore?’.

 

‘Oh! è completamente sballato, milord, una roba assolutamente irregolare! non uno dei quattro angoli è un angolo retto. Avevo in tasca regolo e compasso, eccetera, milord’.

 

Eccellente critico!’.




 ‘Quanto al poema epico che vostra signoria mi disse di guardare, dopo averne misurato lunghezza, larghezza, altezza e profondità, e averle verificate a casa sull’esatta scala del Bossu, è risultato sproporzionato, milord, in ogni sua dimensione’.

 

‘Mirabile intenditore! E al ritorno entraste a dare un’occhiata a quel grande quadro?’.

 

‘È una crosta deprimente, milord! Non uno dei principi della piramide è applicato in uno qualsiasi dei gruppi! e che prezzo! Non  v’è infatti nulla del colore di Tiziano, dell’espressione di Rubens, della grazia di Raffaello, della purezza del Domenichino, della coraggiosità del Correggio, della cultura di Poussin, degli atteggiamenti di Guido, del gusto dei Carracci o dei grandiosi profili di Michelangelo’.

 

Giusto cielo, fammi star calmo!

 

Di tutti i luoghi comuni espressi con affettazione in questo mondo pieno di affettati luoghi comuni, benché quelli degli ipocriti possano essere i peggiori, i luoghi comuni inventati dai critici sono i più esasperanti!




 Farei cinquanta miglia a piedi, perché non posseggo un cavallo degno d’essere montato, per baciare le mani all’uomo il cui nobile cuore affiderà le redini della propria immaginazione nelle mani dell’autore, compiaciuto di non sapere il perché e di non badare al percome.

 

Grande Apollo! se sei in vena di generosità, dammi,  non chiedo di più, un solo tocco di innato umorismo e insieme una singola scintilla del tuo fuoco, e manda Mercurio, se ne ha il tempo, con regoli e compassi e i miei omaggi a…

 

Non importa.

 

Ora voglio prendermi la briga di provare a chiunque altro che tutte le bestemmie e le imprecazioni che abbiamo riversato come originali nel mondo in questi ultimi duecento cinquant’anni, tranne “pollice di San Paolo”, “carne di Dio” e “pesce di Dio”, che furono bestemmie monarchiche e, considerando chi le inventò, non molto fuori posto, e come bestemmie di re non importa molto che fossero pesce o carne, altrimenti, dicevo, non v’è bestemmia o per lo meno maledizione tra di esse che non sia stata copiata e ricopiata mille volte da quelle di Ernulfo; ma, come tutte le altre copie, quanto sono infinitamente inferiori per forza e vivacità all’originale!




 Si reputa che “Dio vi maledica” non sia affatto una cattiva imprecazione e che di per sé stessa vada benissimo.

 

Confrontatela con quella di Ernulfo:

 

“Dio Padre Onnipotente vi maledica; Dio figlio vi maledica; Dio lo Spirito Santo vi maledica”,

 

…e vedrete che non vale nulla.

 

C’è in quella di Ernulfo un che di orientale che non siamo in grado di raggiungere; inoltre, egli è più ricco d’inventiva; possedeva in grado più alto le qualità del bestemmiatore, aveva una così completa conoscenza della struttura umana, delle sue membrane, nervi, legamenti, della conformazione delle giunture e delle articolazioni, che, quando malediva, non gli sfuggiva alcuna parte.




 Vero è che si nota una certa durezza nel suo stile e, come in Michelangelo, una mancanza di grazia, però vi è una tale grandezza di gusto!

 

Mio padre, il quale in genere vedeva ogni cosa in una luce molto diversa da quella del resto del genere umano, non volle mai ammettere, tutto considerato, che l’anatema di Ernulfo fosse originale. Egli considerava piuttosto che si trattava di un’istituzione di maledizioni, nella quale, com’egli supponeva, per il declinare del maledire, sotto qualche pontificato più mite, Ernulfo, per ordine del pontefice successore, ne avesse con grande dottrina e diligenza raccolto le leggi, per la stessa ragione per cui Giustiniano, al declino dell’impero, aveva ordinato al suo cancelliere Triboniano di raccogliere tutte le leggi romane o civili in un unico codice o digesto, per tema che, a causa della ruggine del tempo e della fatalità di tutte le cose affidate alla tradizione orale, esse non fossero perdute per sempre per il mondo.

 

Per questa ragione mio padre soleva spesso affermare che non v’era imprecazione, da quella solenne e tremenda di Guglielmo il Conquistatore (Per lo splendore di Dio), giù giù fino alla più bassa maledizione di uno spazzino (Maledizione ai vostri occhi) che non si potesse trovare in Ernulfo.




Insomma, egli soleva aggiungere:

 

‘Sfido chicchessia a proferire un’imprecazione che non sia in esso’.

 

Quest’ipotesi è, come la maggior parte di quelle di mio padre, singolare e anche ingegnosa; né avrei obiezioni di sorta da muoverle contro, se non fosse che sconvolge la mia.

 

(L. Sterne)








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