giuliano

venerdì 6 novembre 2020

IL MAL DI MATTONE (6)

 










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Prosegue con tanta...:











Vi era ancho un Romagnuolo con una cetra & si dolcemente la sonava che pareva un Iopa; un Philamono, un’Apolle, un Terpandro, & un Dorceo… 

 

 

Che cosi cantava & a Voi dotti eccelsi 'menti' dedicata:


 

Brentatore

Fornar mio, io vi saluto,

Ed a posta son venuto

Per saper se havete havuto

Questo mal che vien a ognun

Perché parmi veramente

Che tornato sia il matton.

Guarda guarda il mal matton.

 

Fornaro

Io l’ho avuto, e sentomi anco

Che mi duole il petto e ‘l fianco,

E tal hora vengo manco,

E vo’ tutto in tramballon,

E ben spesso casco in terra,

Nel voltar ch’io fo il paston.

Guarda guarda il mal matton.

 

Brentatore

Anchor io tengo in la testa

Una doglia sì molesta

Che par un che mi tempesta

Con un maglio, ovver piccon,

E al levar ch’io fo la brenta

Par ch’io facci il pirindon.

Guarda guarda il mal matton.

 

Fornaro

Mi van su certi vapori,

Certi fumi e certi ardori

Che mi cavan spesso fuori

De la via de la ragion,

E al scaldar ch’io faccio il forno

Brugio il manico al forgon.

Guarda guarda il mal matton.

 

Brentatore

Ogni passo oimè ch’io muto,

O ch’io tosso, o ch’io stranuto,

E m’abbonda sì lo sputo

Ch’impirei un carrion,

Né so mai se tanta schiuma

Fe’ la mula di magon.

Guarda guarda il mal matton.

 

Fornaro

Io son tanto mal andato

Che s’io fossi bastonato

Non harei tal passion,

E ben presto a far la scunza

Casco lì sul caldaron.

Guarda guarda il mal matton.

 

Brentatore

Ho serrata sì la gola

Ch’io non posso dir parola

Ed il naso ogn’hor mi cola

Come fa proprio un dozzon,

E ben spesso, per tal causa

Casco là con il sponton.

Guarda guarda il mal matton.

 

Fornaro

Sto la sera senza cena,

E mi duol tanto la schiena,

Ch’io non ho nervo né vena

Che non doglia in conclusion.

E ogni notte ho un po’ di febbre,

Che m’affetta il pellizzon.

Guarda guarda il mal matton.

 

Brentatore

Io non posso haver il fiato,

Ed ho perso l’odorato,

Ed il cibo nel palato

Mi par proprio sabbion.

E mi par haver la testa

Grossa assai più d’un ballon.

Guarda guarda il mal matton.

 

Fornaro

S’io mi levo la mattina,

Sto mezz’hora a testa china,

Né vorrei tor medicina,

Né siroppi, né untion,

Benché molti m’habbian detto

Che ‘l tor sangue sarìa bon.

Guarda guarda il mal matton.

 

Brentatore

Non mi piace tal partita,

Che ‘l tor sangue tol la vita,

Ma la strada più espedita

Si è voltarse al boccalon,

Perché far spesso bombina

Schiara il sangue e lo fa bon.

Guarda guarda il mal matton.

 

Fornaro

Il mio medico perito

M’ha ordinato e stabilito

Ch’io mi faccia un pan bollito

Con del seme di melon,

E per doi o tre mattine

Farmi far le fregagion.

Guarda guarda il mal matton.

 

Brentatore

Ed il mio m’ha comandato

Ch’io mi getti nel palato

Buon vitello e buon castrato,

Buon pollastri e buon cappon,

E ch’io stia ne la cantina

Fin che ‘l tempo torna in ton.

Guarda guarda il mal matton.

 

Fornaro

Questa è assai buona ricetta,

E mi piace e mi diletta,

Perché par ch’ella s’assetta

A la cosa del ventron,

Ma il mio gusto è tanto guasto,

Ch’io non so se vivo son.

Guarda guarda il mal matton.

 

Brentatore

Vi bisogna, a guarir questo

La mattina bever presto,

Ma non torre orgio né pesto,

Acqua cotta infusion,

Ma un boccal o due di vino,

Di quel vecchio e di quel bon.

Guarda guarda il mal matton.

 

Fornaro

L’altra sera per il fresco

Me n’andai da quel todesco

Il qual vende su quel desco

Quel suo oglio così buon,

E ne tolsi un’ampolletta,

Sol per farne parangon.

Guarda guarda il mal matton.

 

Brentatore

L’ho sentito commendare

Per un oglio singolare,

E anchor io ne vo’ comprare

E vo’ spender un teston,

Ch’io ne voglio haver in casa

Se verrà l’occasion.

Guarda guarda il mal matton.

 

Fornaro

Una volta l’ho adoprato

Com’il mastro m’ha insegnato,

Ed alquanto m’ha giovato,

Ed ha fatto operation.

E s’io m’ungo un’altra volta,

Potrò dir: “libero son!”

Guarda guarda il mal matton.

 

Brentatore

L’oglio è buon, che si sa certo,

E ch’il vende è di gran merto,

Ma bisognain tal concerto

Fodrar prima il valison;

Perché quel giova di fora,

Questo al fegato e al polmon.

Guarda guarda il mal matton.

 

Poi fuggir il tristo humore,

Né cridar, né far rumore,

Ma tener allegro il core,

Stando in pace ed in union

Con gli amici e co’ i parenti,

Per fuggir sì ria stagion.

Guarda guarda il mal matton.

 

E lassar andar l’offese,

E dì trenta per un mese,

Che i pensier non fan le spese

E non pagan la pigion,

Venghi il cancaro a la roba

E a le forche gli avaron.

Guarda guarda il mal matton.

 

Che ci è stato un mio compare,

Qual, volendo accumulare,

L’altro giorno andò a portare

Il zerletto al bastion,

E la Morte con la falce

Lo fe’ andare a roverson.

Guarda guarda il mal matton.

 

Madonn’Anna, mia vicina,

Anchor lei, l’altra mattina

Haveva perso una gallina

E fe’ cento question,

E si messe tanto affanno,

Che tirò quasi i scoffon.

Guarda guarda il mal matton.

 

E l’Antonia, sua compagna,

Per haver persa una cagna,

Si fe’ udir fino in Romagna,

E pareva proprio un tuon,

Ed è stata un mese in letto,

Ancor lei per tal cagion.

Guarda guarda il mal matton.

 

Che a volersi torre a petto

Certe cose ch’io v’ho detto

Causan poi cattivo effetto

E fan ria complession,

E chi a l’ira si dà in preda,

Non ha sal nel suo zuccon.

Guarda guarda il mal matton.

 

Fornar mio, voglio lassarvi

E di novo vo’ pregarvi

A nutrirvi e governarvi

A pollastri e buon piccion,

E lassate andar le frutte

Che fan ria digestion.

Guarda guarda il mal matton.

 

Buon allesso e buon arrosto

Vi farà ritornar tosto

E lassate gir il mosto,

Perché fa confusion

E bollir fa le budelle,

Che par proprio un pignaton.

Guarda guarda il mal matton.

 

Né lasciate tal ricetta

Per ogn’altra che sia detta,

Che gli è ottima e perfetta

E v’ho detto le ragion.

E però state in cervello,

E non fate simiton.

Guarda guarda il mal matton.

 

Fornaro

Io son pronto per far tutto,

Quel che far m’havete instrutto,

Perché son a tal ridutto

Ch’io vo’ tutto in ballordon.

E però questa mattina

Vo’ mangiar un buon cappon.

Guarda guarda il mal matton.

 

Ed havendomi insegnata

Sta ricetta tanto grata,

Vo’ portarvi una schiazzata

Col butirr, com’è ragion,

E una bietta di formaggio

Di quel sodo, vecchio e buon.

Guarda guarda il mal matton.

 

Brentatore

Non resudo la profferta,

De la qual mi fate offerta,

Ma l’aspetto a bocca aperta,

Perch’io son buon compagnon,

Poi faremo ambi in cantina,

Sul bigonzo colation.

Guarda guarda il mal matton.

 

Hor, finendo il parlar nostro,

Car fornar, son tutto vostro,

Poi ch’in tutto v’ho dimostro

La ricetta del matton.

Ed aspetto la schiazzata

Senza alcuna eccetion.

Guarda guarda il mal matton. 


 

& non è ancor finita giacche la mattina dorpo si dipartorino per una caccia infinita & ardita & anche un poco scondita…





 

Cinque compagni un giorno andorno a caccia,

E questi furno, se ben mi raccordo,

Un senza piedi, un muto, un cieco e un sordo,

Ed un che li mancava ambi le braccia.

 

& TUTTI ASSIEM VEDEA LA BECCACIA!

 

E mentre ogn’un di questi si procaccia

L’un più de l’altro a la campagna, ingordo,

Cercando non da pazzo o da balordo

Ma da bon cacciator che si procaccia.

 

& IL GUARDACCACIA ASSISO COME LA BECCACCIA!

 

Ecco, for da un cespuglio appresso un fosso

Una lepre smarrita ferma stare,

Tal ch’ li andorno tutti cinqui addosso.

 

Il sordo prima udì perché squassava

Le foglie ov’era ascosa la meschina,

E che tacesse ogn’un così parlava.

 

Ma il cieco che guardava

La vide che fuggir facea pensiero,

E il muto gridò forte: “Cavaliero!”

 

Ond’essa sul sentiero

Sbalzò fuggendo lieve com’un vento,

Ma il zoppo a seguitarla non fu lento,

 

E in passi più di cento

La giunse, perché il can l’aveva uccisa,

Onde ciascun crepava dalle risa.

 

E in più parte divisa

La miserabil lepre in quella caccia

Di bocca a il can la tolse il senza braccia.

 

Hor parmi che si faccia

Un consiglio fra lor senza tardare,

A chi di lor la lepre abbia toccare.

 

Dice il sordo: “Mi pare

Ch’ella debba esser mia senz’altro dire,

Perché di voi fui il primo a udire.”

 

“Tu te ne poi mentire”,

Disse il cieco, “E la è mia di ragione,

Perché prima la vidi nel macchione”.

 

“Ed io farò questione”,

Rispose il muto, “Se a me non la dai,

Che il primo fui che ‘cavalier!’ gridai”.

 

“S’io corsi e la pigliai”,

Soggiunse il zoppo con voce umil e pia,

“Perché non deve dunque ella esser mia?

 

Questa non è bugia,

Che se voi stavi saldi, io sol voleva

Correrli dietro, s’ella non fuggeva”.

 

Il monchin poi diceva:

“Che state a contrastare, oh voi, se tocca

A me, perché la tolsi al can di boccha.

 

E vo’ con quatte broccha

Cucinarmela, e poi da noi mangiata

Sarà la meschinella, s’a voi quata”.

 

All’hor con faccia irata

Replicò il sordo: “Ella è mia senza dolie,

Perché prima l’udì fra quelle folie.”

 

E con maligne voglie,

Voltossi con molt’ira al senza braccia

E lui li diede un pugno su la faccia.

 

Il cieco, a tal minaccia,

Vedendo i doi compagni in quella stretta,

Disse col zoppo: “Andiam a far vendetta.”

 

All’hora con gran fretta

Il zoppo corse e seco si mischiava,

E insieme ciaschedun si pettenava.

 

E ben forte gridava il muto

Col dire: “Aiuto! Aiuto!”,

Onde un villan fu a quel rumor ridutto,

 

Qual, essendo venuto

Fori d’un bosco con il suo bastone,

Gridando: “Perché fate voi questione?”

 

Ma, avendo la tenzone

Udita di costor, e lor sermone,

Si risolse di far a quei ragione,

 

E levando il bastone

Incominciò con impeto e ruina

A dare a ciaschedun su per la schina,

 

E poi, con tal rovina,

Gridò: “Fermate! Che con questo legno

Over darete a me la lepre in pegno”.

 

E quei, con poco ingegno,

Gli dan la lepre in mano, oh che pazzia,

Esso la tolle e poi si fuggi via,

 

Onde con pena ria

Lasciò quelli scherniti e star in forsi,

E d’aspettarla ogn’uno si risolse.

 

Ma poi ogn’un si tolse

Di villa e ritornaron senza caccia,

Il senza piedi, il muto, il cieco e il sordo, 

E quel che li mancava ambi le braccia.

(G.C.C.)

(Quasi al 'completo'... [7])



 





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