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Come
ho più volte detto, non si può misurare il valore di nessuno di quegli elementi
di perturbazione climatica, innalzamento o abbassamento della temperatura,
aumento o diminuzione dell'umidità, né si può dire che in una stagione, in un
anno o in un ciclo fisso, lungo o breve che sia, si equilibrano e si compensano
a vicenda. A volte, ma certamente non sempre, sono contemporanei nella loro
azione, sia che la loro tendenza sia nella stessa direzione o in direzioni
opposte, e quindi la loro influenza è a volte cumulativa, a volte conflittuale;
ma,
nel complesso, il loro effetto generale è quello di mitigare gli estremi del
caldo e del freddo atmosferici, dell’umidità e della siccità.
Servono
come equalizzatori di temperatura e umidità, ed è molto probabile che, in
analogia con la maggior parte delle altre opere e lavori della natura, essi, in
periodi certi o incerti, ristabilire l’equilibrio che, sia come masse senza
vita, sia come organismi viventi, possono aver temporaneamente turbato.
Con
la questione dell’azione delle Foreste sulla temperatura e sull’umidità
atmosferica è intimamente connessa quella della loro influenza sulle
precipitazioni, che possono influenzare aumentando o diminuendo il calore dell’aria
e assorbendo o esalando gas non combinati e vapore acqueo. Essendo il bosco un
assetto naturale, si presume che eserciti un’azione conservativa, o almeno compensativa,
e di conseguenza che la sua distruzione debba tendere a produrre perturbazioni
pluviometriche oltre che variazioni termometriche.
E
questa è l’opinione forse del maggior numero di osservatori.
Diverse
considerazioni teoriche rendono questo probabile, l’argomento più ovvio, forse,
essendo quello tratto dal fatto generalmente ammesso, che l’estate e anche la temperatura
media della foresta è inferiore a quella dell’aperta campagna alla stessa
latitudine.
[….]
Nelle pagine precedenti abbiamo visto che l’azione elettrica e chimica della Foresta,
benché oscura, esercita probabilmente un’influenza benefica, non certo dannosa,
sulla composizione e sullo stato dell’atmosfera; che serve da protezione contro
la diffusione delle esalazioni miasmatiche e dei veleni malarici; che svolge
una funzione importantissima come riparo meccanico dai venti esplosivi ai
terreni e alle colture a ridosso di esso; che, come conduttore di calore, tende
ad eguagliare la temperatura della terra e dell’aria; che i suoi prodotti morti
formano un mantello sulla superficie, che protegge la terra dal caldo e dal
freddo eccessivi; che l’evaporazione dalle foglie degli alberi viventi, mentre
raffredda l’aria intorno a loro, diffonde attraverso l’atmosfera un mezzo che
resiste alla fuga di calore dalla terra per irraggiamento.
Infine,
nelle regioni ben boscose e nei paesi abitati dove una debita proporzione di
suolo è dedicata alla crescita di foreste distribuite con giudizio, le tendenze
distruttive naturali di ogni tipo vengono arrestate o compensate, e quindi,
uomini, uccelli, animali, pesci e allo stesso modo i vegetali trovano una
costante uniformità di condizione più favorevole alla regolare ed armoniosa
convivenza di tutti loro.
I boschi inoltre impediscono la caduta di valanghe e di sassi, e smottamenti distruttivi degli strati superficiali delle montagne; e infine fornisce nutrimento e rifugio a molte tribù di vita animale e vegetale che, se non necessarie all’esistenza dell’uomo, sono favorevoli al suo razionale godimento.
Con
l’estirpazione della Foresta, tutto è cambiato, in una stagione, la terra si
separa con il suo calore per irraggiamento in un cielo aperto, in un’altra
riceve un calore smodato dai raggi non ostruiti del sole. Quindi il clima
diventa eccessivo, e il suolo è alternativamente arso dai fervori dell’estate,
e bruciato dai rigori dell’inverno. I venti cupi spazzano senza resistenza
sulla sua superficie, portano via la neve che lo riparava dal gelo e asciugano
la sua scarsa umidità.
La
precipitazione diventa tanto irregolare quanto la temperatura; le nevi che si
sciolgono e le piogge primaverili, non più assorbite da un terriccio vegetale
sciolto, si precipitano sulla superficie ghiacciata e si riversano nelle valli
verso il mare, invece di riempire un letto ritentivo di terra assorbente e
accumulare una scorta di umidità per nutrirsi primavere perenni. Il suolo è
spogliato della sua copertura di foglie, spezzato e allentato dall’aratro,
privato delle radichette fibrose che lo tenevano insieme, essiccato e
polverizzato dal sole e dal vento, e infine stremato da nuove combinazioni.
Da
queste cause, vi è un costante degrado degli altipiani,
ed un conseguente innalzamento dei letti dei corsi d’acqua e dei laghi per la
deposizione delle sostanze minerali e vegetali trasportate dalle acque. I
canali dei grandi fiumi diventano impraticabili, i loro estuari sono ostruiti e
i porti che un tempo riparavano grandi flotte sono intasati da pericolosi
banchi di sabbia. La Terra, spogliata della sua gleba vegetale, diventa sempre
meno produttiva e, di conseguenza, meno capace di proteggersi tessendo una
nuova rete di radici per legare insieme le sue particelle, un nuovo tappeto
erboso per ripararla dal vento e dal sole e pioggia battente.
A
poco a poco diventa del tutto sterile.
Il lavaggio del suolo dalle montagne lascia spoglie creste di roccia sterile, e la ricca muffa organica che le ricopriva, ora spazzata giù nei terreni umidi e bassi, promuove un rigoglio di vegetazione acquatica, che genera febbre, e forme più insidiose di malattie mortali, con il suo decadimento, e così la terra è resa non più adatta all’abitazione dell’uomo.
FORESTE
D’ITALIA
Secondo
le statistiche più recenti, l’Italia ha il 17,64 per cento di bosco, una
proporzione che, considerando il carattere del clima e della superficie,
potevano essere vantaggiosamente raddoppiati.
Prendendo
l’Italia nel suo insieme, si può dire che essa è eminentemente adattata, per
clima, suolo e formazione superficiale, alla crescita di una variegata e
rigogliosa vegetazione arborea, e che nell’interesse dell’autotutela, la
promozione dell’industria a tutela della Foresta è tra i primi doveri del suo
popolo.
Vi
sono nelle valli del Piemonte occidentale dove l’abbattimento dei boschi ha
prodotto conseguenze geograficamente ed economicamente disastrose come nel
sud-est della Francia, e vi sono molte altre contrade delle Alpi e degli
Appennini dove l’imprudenza umana è stata quasi altrettanto distruttiva. Alcune
di queste regioni devono essere abbandonate all’assoluta desolazione, e per
altre l’opportunità della restaurazione fisica sta rapidamente svanendo.
Ma
ci sono ancora milioni di miglia quadrate che potrebbero essere piantate con
profitto con alberi da foresta, e migliaia di acri di colline aride e aride, in
vista di quasi tutti i capoluoghi di provincia italiani, che potrebbero essere
facilmente e presto rivestiti di boschi verdeggianti.
La moltitudine di denominazioni geografiche in Italia che indicano l’antica esistenza delle Foreste mostra che anche nel Medioevo esistevano boschi dove ora non si trovano alberi forestali. Ci sono centinaia di nomi di città medievali derivati da abete, acero, carpino, castagno, faggio, frassino, pino, quercia e altri nomi di alberi.
Le
Alpi Orientali, l’Appennino Occidentale e le Alpi Marittime tutelarono le proprie
foreste molto più tardi; ma anche qui la mancanza di legname, e il danno alle
pianure e la navigazione dei fiumi da parte dei sedimenti portati dai torrenti,
portarono alla legislazione per la protezione delle Foreste, da parte della
Repubblica di Venezia, in vari periodi tra
il XV e il XV secolo. e il XIX secolo.
Non
troviamo nella legislazione Forestale veneta molte prove che gli argomenti
geografici fossero presi in considerazione dai legislatori, che sembrano aver
avuto un occhio solo alle considerazioni economiche.
Secondo
Hummel, la desolazione del Carso, l’altopiano
a nord di Trieste, oggi uno dei quartieri più aridi e aridi d’Europa, è dovuta
all’abbattimento dei Boschi, secoli fa, per costruire le marine di Venezia.
Dove
il miserabile contadino del Carso ora non vede altro che nuda roccia spazzata e
perlustrata dalla furiosa Bora, la furia di questo vento era un tempo domata da
possenti Abeti, che Venezia abbatteva sconsideratamente per costruire le sue
flotte.
Sebbene
nessun paese abbia prodotto scrittori più abili dell’Italia sul valore della
Foresta e sulle conseguenze generali della sua distruzione, tuttavia la
specifica importanza geografica dei Boschi, se non come protezione contro le
inondazioni, non è stata così chiaramente riconosciuta in quel paese come negli
Stati confinanti a nord e ad ovest.
Il
concerto d’azione su tale argomento, tra una moltitudine di gelose egoistiche
piccole sovranità, era ed è ancor presente a tutt’oggi, e nient’altro che l’unione
permanente di tutti gli Stati italiani sotto un unico governo può rendere
praticabile l’istituzione a tutela di necessari accordi per la conservazione e
il restauro delle Foreste, e la regolazione della loro sopravvivenza per un
diverso principio applicato di Economia a breve scadenza.
(G. P. Marsh)
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