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Molta gente in Francia considera l’uguaglianza come il primo male e la libertà politica come il secondo. Quando sono obbligati a subire l’una, si sforzano almeno di sottrarsi all’altra. Io invece dico che, per combattere i mali che l’uguaglianza può produrre, c’è un solo rimedio efficace: la libertà politica.
IN CHE MODO GLI AMERICANI COMBATTONO L’INDIVIDUALISMO ATTRAVERSO LA DOTTRINA DELL’INTERESSE BENE INTESO
Quando il
mondo era guidato da un gruppo ristretto di individui ricchi e potenti, questi
si compiacevano di farsi un’idea sublime dei doveri dell’uomo: amavano
professare che è meritorio dimenticare sé stessi e che conviene fare il bene
disinteressatamente, come Dio stesso. Era la dottrina ufficiale del tempo in
fatto di morale.
Dubito che
gli uomini nei secoli aristocratici fossero più virtuosi che negli altri, ma è
certo che allora si parlava incessantemente delle bellezze della virtù. Non
indagavano che in segreto per quale verso fosse anche utile. A mano a mano però
che la fantasia vola meno alta e ciascuno si concentra in sé stesso, i
moralisti si spaventano davanti a questa idea di sacrificio, e non osano più
offrirla all’animo umano: si riducono quindi a indagare se il tornaconto
individuale dei cittadini non sia per caso di lavorare per il benessere di
tutti, e, non appena scoprono uno di quei punti in cui l’interesse particolare
coincide con l’interesse generale e vi si confonde, si affrettano a metterlo in
luce; a poco a poco le osservazioni di questo genere si moltiplicano. Ciò che
non era altro che un’osservazione singola, diventa ora una dottrina generale; e
si pensa alla fine di avere scoperto che l’uomo, servendo i propri simili,
serve sé stesso, e che il suo interesse particolare è di ben fare.
Ho già mostrato in molti passi di quest’opera, come gli abitanti degli Stati Uniti sappiano quasi sempre combinare il loro benessere personale con quello dei loro concittadini. Quello che voglio mettere in evidenza ora è la teoria generale, mediante la quale riescono a farlo.
Negli Stati
Uniti non si dice quasi affatto che la virtù è bella. Si sostiene che essa è
utile, e lo si dimostra di continuo. I moralisti americani non pretendono che
bisogna sacrificarsi per i propri simili perché è bello farlo, ma dicono
arditamente che sacrifici del genere sono necessari tanto a colui che se li
impone, quanto a colui che ne trae profitto.
Si sono
accorti che, nel loro paese e nella loro epoca, l’uomo veniva come risospinto
verso sé stesso da una forza irresistibile e, perduta la speranza di
trattenerlo, non hanno più pensato che a guidarlo.
Non negano,
quindi, che ognuno possa seguire il proprio interesse, ma si sforzano di
dimostrare che l’interesse di ognuno è di essere onesto.
Non voglio
qui entrare nei minuti particolari dei loro ragionamenti, la qual cosa mi
allontanerebbe dall’argomento: basti dire che questi hanno convinto i loro
concittadini.
Già molto
tempo fa Montaigne aveva detto:
‘Quand’anche non seguissi la dritta via perché è
dritta, la seguirei se non altro perché ho scoperto, attraverso l’esperienza,
che in fin dei conti è generalmente la più felice e la più utile’.
La dottrina
dell’interesse bene inteso non è dunque nuova, però in America è stata oggi
universalmente accettata, e vi è divenuta popolare: sotto sotto compare in
tutte le nazioni, fa capolino in tutti i discorsi. Non la si trova meno sulla
bocca dei poveri, che su quella dei ricchi.
In Europa la dottrina dell’interesse bene inteso è molto meno elaborata che in America, ma al contempo è anche meno diffusa e soprattutto meno ostentata, e si fingono ancora quotidianamente grandi dedizioni che non si posseggono più.
Gli
Americani, invece, si compiacciono di spiegare mediante questa teoria, quasi
tutte le azioni della loro vita; mostrano con compiacimento come l’amore
illuminato di sé stessi li porti di continuo ad aiutarsi tra loro e li spinga a
sacrificare volentieri al bene dello Stato una parte del loro tempo e della
loro ricchezza. Penso che in questo molto spesso non si rendano giustizia:
giacché molte volte, negli Stati Uniti come altrove, si vedono i cittadini
lasciarsi andare a quegli slanci disinteressati e spontanei che sono tipici
dell’uomo: gli Americani, però, non confessano mai di cedere a moti di questo
genere: preferiscono fare onore più alla loro filosofia che a sé stessi.
Potrei
fermarmi qui, e non tentare di esprimere un giudizio su quanto ho descritto.
L’estrema difficoltà dell’argomento sarebbe una buona scusa. Non voglio però
approfittare di questo e preferisco che i miei lettori, vedendo chiaramente i
miei scopi, rifiutino di seguirmi, piuttosto che di essere lasciati in sospeso.
L’interesse
bene inteso è una dottrina non elevata, ma chiara e sicura. Non cerca di
raggiungere grandi obiettivi, raggiunge però senza troppi sforzi tutti quelli
cui mira. Siccome è alla portata di tutte le intelligenze, ognuna l’afferra
agevolmente e la ritiene senza fatica. Accordandosi splendidamente alle
debolezze umane, esercita facilmente un grande dominio, e non le è difficile
conservarlo, perché essa rivolge l’interesse personale contro sé stesso e si
serve, per dirigere le passioni, dello stesso pungolo che le eccita.
La dottrina dell’interesse bene inteso non spinge a grandi decisioni, suggerisce però, ogni giorno, piccoli sacrifici; da sola non potrebbe rendere un uomo virtuoso, ma crea una moltitudine di cittadini osservanti delle regole, temperati, moderati, previdenti, padroni di sé stessi; e, se non porta direttamente alla virtù, per la strada della volontà, ci fa avvicinare insensibilmente ad essa attraverso l’abitudine.
Se la
dottrina dell’interesse bene inteso arrivasse a dominare interamente il mondo
morale, probabilmente le virtù straordinarie sarebbero più rare. Io penso però
che allora sarebbero anche meno comuni i vizi grossolani. La dottrina
dell’interesse bene inteso impedisce, forse, ad alcuni uomini di innalzarsi
molto al di sopra del livello ordinario dell’umanità, ma un gran numero di
altri, che finivano col cadere al di sotto, si imbattono in essa e vi si
aggrappano solidamente. Se si considerano alcuni individui, li abbassa; se si
guarda alla specie, la innalza.
Oserò dire
che la dottrina dell’interesse bene inteso mi sembra, tra tutte le teorie
filosofiche, la più appropriata ai bisogni degli uomini del nostro tempo, e che
vedo in essa la garanzia più solida che rimanga loro contro sé stessi. Verso di
essa principalmente deve dunque volgersi lo spirito dei moralisti dei nostri
giorni. E, anche se la giudicassero imperfetta, bisognerebbe lo, stesso
accettarla come necessaria.
Non credo
che, a ben considerare le cose, vi sia più egoismo da noi che in America: la
sola differenza sta nel fatto che là esso è illuminato, qui, no. Ogni americano
sa sacrificare una parte dei propri interessi per salvare il resto. Noi
vogliamo tenere tutto, e spesso tutto ci sfugge.
Non vedo attorno a me che persone che sembrano volere insegnare quotidianamente ai loro contemporanei, con la parola e con l’esempio, come l’utile non sia mai disonesto. Non ne scoprirò mai nessuno che voglia fare comprendere loro come l’onesto possa essere utile?
Non c’è
potere sulla terra che possa impedire che l’uguaglianza crescente delle
condizioni non porti lo spirito umano verso la ricerca dell’utile e non spinga
il cittadino a chiudersi in sé stesso.
Bisogna,
dunque, attendersi che in futuro l’interesse personale diventerà più che mai il
principale, se non l’unico movente delle azioni umane; resta però da sapere
come ogni uomo intenderà il suo interesse personale.
Se i
cittadini, diventando uguali, restassero ignoranti e rozzi, è difficile
prevedere sino a quali sciocchi eccessi potrebbe arrivare il loro egoismo; e
non si potrebbe dire in anticipo in quali vergognose miserie tufferebbero sé
stessi, per paura di sacrificare qualcosa del loro benessere alla prosperità
dei loro simili.
Non credo che la dottrina dell’interesse, quale la si predica in America, sia chiara in ogni suo aspetto: essa però racchiude tante verità così evidenti, che basta illuminare gli uomini perché le vedano. Illuminateli dunque a tutti i costi: giacché il secolo delle dedizioni cieche e delle virtù istintive fugge già lontano da noi, e vedo avvicinarsi il tempo in cui la libertà, la quiete pubblica e l’ordine sociale stesso non potranno fare a meno della luce della conoscenza.
(Alexis De Tocqueville)
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