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circa il
Prosegue con il
e... la Fuga
LA TRANSIBERIANA
La sirena
della ferrovia del BAM urla a lungo…
Il treno si
ferma, un treno curioso. I vagoni merci sono rivestiti di tavole, le botole
sono a vetri, sul tetto ci sono cammini, che fumano come quello della
locomotiva.
E’ pazzesco
tutto quello che c’è sulle piattaforme…
Ruote per
cucine da campo, barili per far bollire l’acqua, mucchi di fieno, teloni,
secchi e marmitte…
Fra i
vagoni voci umane, nitriti di cavalli, grugniti di maiali e muggiti di mucche….
Uomini con
gabbani e giacche rivoltate di feltro e berretti: solo uomini, e però si
sentono voci femminili…
Cosa
succede?
Ecco: sono
donne con vestiti maschili. Il calderone e le marmitte si ritrovano subito a
terra. Si accendono i fuochi, si agganciano le marmitte, e il tè è pronto. Si
sentono tintinnare le gavette e i boccali, i cucchiai, le bottiglie, i secchi…
E’ buffo e strano: gente che arriva, si ferma in piena campagna e si sente a casa sua. Risuona una canzone molto, molto allegra quasi una cantilena…
All’altro
capo del treno,
sono le pale, i picconi e le zappe che si fanno sentire. Già il fabbro fa
andare il suo mantice. Il cuoco arriva portando un carico di patate, la
lavandaia con la biancheria, il palafreniere con secchi e fieno. Abbattono
degli alberi vicino alla ferrovia, tagliano la legna. Si lavano, battono i
materassi imbottiti di fieno, scuotono i loro vestiti. Alcuni contemplano il
paesaggio, altri scelgono un albero ben secco da tagliare, certi forse pensano
al loro paese natale, si ricordano dei luoghi familiari, altri ancora pensano
all’evasione, tanti pensieri quante persone.
Un gruppo
rimane lì a fumare, altri discutono…
Un ragazzo cerca di dimostrare qualcosa con forza di convinzione, gesticolando e sistemando a ogni istante il suo colbacco che continua a cadere. Alcuni lanciano sputacchi per terra, tossicchiano e si raschiano la gola. Tre persone costeggiano la ferrovia, esaminano qualche cosa, battono il piede sul terreno, mostrano il terrapieno e le rotaie dell’antica ferrovia. Uno degli uomini prende una pertica, la innalza per mostrare lo spazio tutto intorno, la lontananza. Le persone seguono con gli occhi la mano che tiene il bastone, si girano, riflettono, prendono delle note.
E’ così che
nasce una falange…
Qui fra un
giorno ad alcuni metri dalla linea ferroviaria ci saranno tende, baracche,
orti, un’intera città. Vivace di mattina, calma di giorno, e di nuovo vivace la
sera. Non guardare e non dire se qui è meglio o peggio, ovunque è uguale,
vivere tre-cinque mesi e oltre. Passeremo l’inverno, e d’estate ogni ramo
germoglierà.
Si sente un
grido: ‘Mamma, mamma!’.
Non è un bambino che chiama la mamma, sono le donne articolo 35 che chiamano il loro capo. Con gli uomini non esistono simili collettivi, non ci sono brigate così unite. Con le donne è diverso, ma non solo con le 35.
…E’ un
collettivo di criminali, con i propri usi e costumi da ladro, qui la capo
brigata è ‘atamano’, ‘pascià’, ‘mamma’. La ‘mamma’ dirige tutto e tutti, è lei
che colpisce, è lei che perdona, è lei che permette di non andare a lavorare,
che dà da mangiare o priva del cibo.
La ‘mamma’ è tutto…
Gli uomini,
invece, restano soli, raramente in due. Vincere o perdere giocando a carte per
loro è più importante dell’amicizia. Ci vogliono dieci minuti per fabbricare
delle carte. Per questo non serve a nulla confiscarle.
Perdono
tutto…
Perdono
interi magazzini…
In questi casi, ci si deve aspettare uno svaligiamento. I perdenti devono andare a insultare quelli della direzione. A volte, si giocano una parte del corpo, un dito della mano o del piede, o tutta la mano. Il perdente si taglia un dito o la mano davanti a tutti e lo getta sul tavolo dicendo:
BEVETE IL
MIO SANGUE, PARASSITI!
Di nuovo il
sole, ma il vento dell’est è freddo, e i pensieri non si possono frenare.
Né
trattenere, né racchiudere e i pensieri sono una cosa che non si può frenare né
afferrare.
Mosca, la
fabbrica, il rumore dei martelli, lo stridore della sega…
Il baccano
delle macchine, l’officina polverosa.
Un raggio di sole che penetra attraverso la doppia vetrata… risplende così dolcemente.
Le persone
mi vengono incontro, io incontro loro.
Il lavoro
qui ferve di buona lena quando la porta dell’officina si chiude alle mie spalle
respiro infine a pieni polmoni, liberamente…
Davanti a
me, un viso.
Lo stridio
dei tram, il rombo delle automobili.
Le sirene
delle fabbriche e l’occhio rosso del semaforo.
Rumore di
passi sul marciapiede.
Le persone
corrono, come forsennati.
Ognuno ha i
suoi affari, le sue emozioni uno va a teatro, un altro alla riunione.
E io, tra
questa folla, mi affretto verso lo stadio.
Sono forse
un milione, le persone come me?
La vita di una città è così varia così seria, ma al tempo stesso così gioiosa che talvolta ho voglia di partire, di sparire sottoterra, di fondermi in questa folla rumorosa o di volteggiare, gettandomi a testa in giù nel turbine.
Ma qui? Nella taiga!
Un tale silenzio tutto intorno, calma solo calma si sente il picchio e lo stridio delle gazze solo, senza amici, l’anima sconvolta, vago, come un nomade, per il bosco per un sentiero solitario.
Ponti
magazzini, secondo binario, strada parole e discorsi magniloquenti.
Ci vuole tutto
questo, ci vuole entusiasmo, perché senza l’imbroglio e l’ammonal non sarebbe
costruito il canale, come si dice da noi, senza l’imbroglio e l’ammonal, e
senza di noi voi non avreste costruito il secondo binario.
Freddo
feroce, monti.
Mondo
criminale.
Feroce
Natura.
Pale, grida
ammonal.
Circolari, evasioni, caos.
Caos.
Tutto si è
confuso, tutto si è intrecciato, una gran confusione da non capirci niente.
No si sa se
si ha torto o ragione!
A volte,
non si sa cosa si deve fare.
Non si dovrebbe dimenticare gli uomini, i comandanti, ci dicono che voi siete la forza, voi siete i rappresentanti del potere sovietico.
Ma in
questo sta la felicità.
Siamo
gentucola, gente senza grandi pretese.
Ci
accontenteremmo dello stretto necessario: stare al caldo, avere una camicia
pulita, un alloggio separato dai vitelli e dai maiali!
E’ tutto,
io ve lo giuro.
Non
reclamiamo pane bianco né burro, né teatro né cinema.
Noi
vogliamo solo dormire tranquillamente una notte o godere di un giorno di
riposo.
Noi abbiamo
anche un sogno segreto: lasciare il BAM, tornare a casa nostra.
Non sono
venuti per tutta la mattina…
Due ore di
tattica e di geometria.
Baccano e
zuffa alla falange.
Ci vado.
Prendiamo
due ragazzi per le maniche, li trasciniamo nella cella. Osipov si è preso un
colpo nell’occhio, peccato che non si siano buttati su di me, ne avrei
ammazzato uno, e si sarebbero calmati. Il capo distaccamento, ‘certamente’ non
vede niente e non vuol sapere niente. Devo solo provare a fare il mio lavoro, e
capirà.
Tutti sanno
dirigere, bene o male.
E tutti
sanno esigere.
Come venire fuori dal BAM?
‘Rifletti testolina, ti regalerò un berretto’.
Ma io non
ho nemmeno il tempo di riflettere. Dunque, si dovrà trovare un modo per venirne
fuori. Affondare nell’alcolismo è escluso, finirei nella prima sezione. Sarebbe
bello che mi congedassero per inadeguatezza.
Ma non
esistono casi di congedo.
Troverò un
sistema.
In qualunque
affare, l’occasione e l’umore della persona da cui dipende il successo
dell’impresa giocano un ruolo importante. Per il momento, l’occasione non mi si
è presentata, è troppo presto, ma l’occasione fa l’uomo ladro. Se si presenta,
ne approfitterò anche se è troppo presto.
Le falangi
se ne vanno a poco a poco.
Gli zek rientrano sono stati fuori tutta la notte... vanno a dormire... immagino il loro stato d’animo. A loro il lager deve sembrare un vero incubo, senza senso, mostruoso.
E’ così che
lo vedo anch’io.
Fino a
oggi, non riuscivo a rendermi conto di essere in un lager…
Qui non occorre nessun sapere, niente cultura, i libri più importanti sono censurati, niente cultura generale... Finché non ci sono evasioni, tutto va bene. Sono arrivato ad Archara. Un buco sperduto. Non c’è nessun posto per ripararsi per un’ora o due. Fa meno trentasette, si gela e penso di avere un po’ di febbre.
...Nel 1932 il Soviet dei Commissari del popolo
dell’URSS diede ordine per la costruzione di una ferrovia Bajkal-Amur. Il BAM
era il progetto di importanza militare, che all'inizio fu affidato al
Commissariato dei trasporti e comunicazioni. Il tempo concesso per il suo
completamento era di soli tre anni e mezzo, data la situazione nell’Estremo
Oriente russo.
Nel 1931-32 il Giappone aveva occupato la Manciuria,
privando così la Russia della Ferrovia orientale cinese. Questa era il
principale collegamento tra Vladivostock, unico grande porto della Russia nella
regione e sede della flotta dell’oceano Pacifico, la Siberia e le regioni
centrali della Russia.
Il resto
della Transiberiana era a un solo binario in molti tratti e per più di mille
chilometri correva lungo il confine sovietico con la Manciuria. Sachalin meridionale apparteneva al Giappone, e quindi
un secondo sbocco alla costa del Pacifico era di primaria importanza strategica
per l’URSS. Nonostante una campagna di propaganda, apparve impossibile
mobilitare gli enormi numeri di lavoratori necessari per un duro lavoro in
condizioni estremamente severe in quello che una canzone popolare in un film di
propaganda sovietica definiva ‘il nostro vicino e caro Estremo Oriente’.
Ben presto
apparve chiaro che l’unico modo per completare l’opera fissata da Stalin in un
tempo così breve era quello di usare manodopera forzata. La responsabilità del
progetto fu quindi trasferita alla OGPU. Successivamente al completamento del
canale mar Bianco-Baltico, primo grande progetto di costruzione del Gulag con
l’impiego di lavoro forzato, migliaia di persone furono trasferite al BAM.
Un gran
numero di detenuti confluirono nel BAM-lag.
A metà del 1935, quando Cistjakov era al BAM-lag, circa 170.000
detenuti vi stavano lavorando, e quando il lager fu smantellato nel maggio 1938 il numero era salito a
oltre 200.000. All’epoca del gulag si trovava un totale di oltre 1.800.000
detenuti. Nel suo romanzo ‘Vita e
destino’, Vasilij Grossman
descrive questo nuovo
mondo dei lager di detenzione e il suo organizzatore:
‘All’inizio della Nuova Politica
Economica, Frankel si era costruito una fabbrica di motori a Odessa. A metà
degli anni Venti, lo arrestarono e lo deportarono sulle isole Solovki. Dal
lager Frenkel spedì a Stalin un progetto geniale: ‘geniale’, il vecchio cekista
usò proprio questa parola. Nel progetto esponeva meticolosamente con competenza
economica e tecnica, come impiegare masse enormi di detenuti per costruire
strade, centrali idroelettriche e bacini artificiali. Non mancò neppure
l’apporto degli ‘schiavi’ slavi... E il detenuto Frenkel nel freddo e buio
della sua cella venne promosso su due piedi tenente generale dell’MGB: il
padrone aveva apprezzato la sua... idea...’.
L’Associazione Internazionale Memorial è stata fondata nel 1988 all’interno di un vasto
movimento a cui partecipavano personalità di diverso orientamento e credo
politico quanto religioso: ortodossi e non della politica quanto della
religione, di diverse generazioni, unite dal desiderio di costruire uno STATO DI DIRITTO ed
REALMENTE DEMOCRATICO
(non virtualmente quindi…).
Il primo presidente dell’Associazione Memorial è stato l’accademico Andrej Sacharov. Oggi Memorial riunisce decine di sezioni in Russia, Bielorussia, Germania, Italia, Kazakhstan, Lettonia, Ucrania che svolgono attività di ricerca, di divulgazione e di DIFESA DEI DIRITTI UMANI.
Per
iniziativa di Memorial nel 1991 è
stata approvata la Legge sulla RIABILITAZIONE DELLE VITTIME DELLA REPRESSIONE POLITICHE: IL
30 OTTOBRE è
stato proclamato GIORNO
DELLA MEMORIA DELLE VITTIME DELLE REPRESSIONI POLITICHE (dunque poniamo distinguo
fra criminali comuni e veri perseguitati….).
Fin dalla
sua fondazione Memorial si è posta il compito di salvaguardare la memoria
culturale DELLE
VITTIME, e in
venti anni sono stati creati collezioni museali, raccolte di documenti, una
biblioteca specializzata e l’unico archivio dedicato a questi temi…
Un altro
aspetto dell’attività di Memorial è stata la ricostruzione DELLE BIOGRAFIE (quindi di una più
attendibile verità occultata dalla loro storia), con la CREAZIONE DEI ‘LIBRI DELLA
MEMORIA’,
che raccolgono DUE
MILIONI E SEICENTOMILA NOMI (mi auguro che il progetto venga conservato ed esteso in ogni
campo ove regna il ‘libero arbitrio’ perseguitato…)
(I. Cistjakov,
Diario di un guardiano del Gulag)
Forse Dostoevskij non faceva dell’ironia quando nell’introduzione del suo racconto autobiografico ‘Memorie di una casa morta’ scriveva:
‘in Siberia
si può vivere beati. Il clima è eccellente; ci sono molti mercanti notevolmente
ricchi e ospitali; molti allogeni oltremodo rispettabili. Le signorine vi
fioriscono come rose e sono costumate oltre ogni dire. La selvaggina vola per
le vie e va da sé addosso al cacciatore. Di sciampagna se ne beve una quantità
inverosimile. Il caviale è stupendo. Il raccolto è in certi luoghi quindici volte
la semente (…). In generale, una terra benedetta. Bisogna soltanto saperne
approfittare’.....
[PROSEGUE CON IL CAPITOLO COMPLETO]
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