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in riferimento ed in lode
Prosegue con il
capitolo completo [22]
Ragion per cui
come possiamo, non solo interpretare, ma come al meglio collocare lo sfondo e/o l’ispirazione ‘geografica’ posta,
non più sullo ‘sfondo’ ma quale
‘principio’ costitutivo d’un ‘primo
piano’ storicamente ‘inquadrato’ ai riferimenti costitutivi
(se non addirittura organici) in cui il Sacro si esprime con le proprie
architetture connesse e tutt’une con l’ambiente; ovvero ‘monoliti’ con le
radici ben salde nel proprio terreno ove traggano linfa di vita come Esseri
animati dal loro e nostro comune Dio; facenti parte, con la propria funzione
(seppur per taluni, muta e senza voce) nonché espressione ‘teologica-filosofica’,
oltre il ‘rito’, quale manifestazione
della sacralità esposta alla Luce delle vicissitudini storiche dell’humano. Humano (ri)tratto e/o frammentato, o peggio, sottoposto suo
malgrado, ai frazionamenti della
stessa non percependo il vero Tempo di
posa con le conseguenti esposizioni che esulano la pienezza dell’Eterna
comprensione per una immagine più limpida circa la violata sacralità.
Quindi l’ambiente occupato o ‘punto di fuga’ non più inquadrato nell’èstetica, bensì connesso con i violati principi della Natura, e quindi posti nel costante divenire del proprio Essere da cui deriva per gradi Pensiero Intelletto e Dio*; oltre, non mi sembra il caso di rinnovare l’antico diverbio, medesima interpretazione del Dio del Verbo, e quindi il dovuto ‘proprio’ o ‘improprio’ sfruttamento ed utilizzo che ne giustifica il metodo subordinato al dominio dell’uomo, o meglio che dico:
l’humano
(?!).
Dèi,
oracoli sibille e sciamani, sembrano contenere nel proprio codice genetico ugual filo
conduttore: un comune strato, o meglio, ‘stratigrafico geologico’ sovrapposto
nei millenni e da cui lo sforzo interpretativo del tutto ‘laico’ e/o ‘teologico-filosofico’
di individuarne medesimo Sentiero per la costante Ricerca di una o più possibili
Verità, quali invisibili Sentieri consacrati alla violata sacralità d’ogni
Anima poste alla Cima dell’Albero Maestro contemplarne la vetta; e da cui la
simmetricità con la Natura nella suddetta ‘geografia’ poco sopra ‘apostrofata’,
sublimata in talune architetture; ovvero, un ricongiungimento, non solo con una
determinata mitologia, ma anche con l’intero mondo della Natura la quale sembra
ispirare (o meglio dettare) superiori ed Eterne regole Leggi ed armonie; o al
contrario, apparenti abomini sanciti da demoni diavoli e altri diversi orribili
mitologici figuranti o maschere deliranti condivise con ossa e tamburi di
oracoli e sciamani urlanti. Che tutto ciò possa essere sinonimo di pagano apostata o eretico…
Se pur
apparentemente distanti in verità a breve distanza, la distanza che divide ed
unisce la vista contemplata di schiere di prodi congiunti in similar Battaglia
fra l’eterno bene e il suo costante avversario, il male…
Condiviso
in questo grande immenso panorama!
In quanto il ‘valore’ posto qual misura appare comune denominatore non solo nella Letteratura adottata nei termini della finalità conseguita (o da conseguire con il Libero Arbitrio della scelta) circa la Conoscenza nel cogliere la mela apparentemente matura, bensì e con essa, valore e misura dell’Evoluzione intera che al meglio compie il suo lungo percorso e non certo breve paradosso…
Ovvero:
dall’elevato elmo d’un Faggio, sino alla misera pagina
finemente stampata riflesso del grande e folto Bosco similmente seminato quale
Biblioteca ove conservata, nell’uguale volontà umana trascritta letta ed
interpretata nei Geni d’una similar Natura da cui nata ed evoluta, e
di cui vicini nelle finalità contemplate…
Da un Vello rubato piano cresce come un germoglio di Primavera sino
ad una pergamena, e poi ed ancora a Stagione
inoltrata con il Sole ammiccare il proprio assenso sino ad un folto rotolo ricoprirne la chioma; poi con il caldo proprio dell’Elemento
del suo sorriso la linfa rinvigorisce sino a divenire uno scrigno - una giara -
per custodirne il prezioso segreto, come una grande vallata fiorita resuscitata
a Primavera; poi quando il sole del deserto si fa cocente l’oasi d’un papiro ritrovato donare quella purezza persa e non solo dal torrido
deserto incamminato; quando, cioè, la porta di Giano spalanca il proprio ardore
in un Tomo ben stampato non men che rilegato; e quando
l’inverno del creato dal Cancro al Capricorno morto e risorto in quanto umani
scorgiamo, dimenticando quali Dèi e Dio lo crearono; appare per ultimo
frangente, o primo peccato nato, non ancora né autunno né inverno nel breve
Tomo racchiusa ed al rogo destinata, per tutto ciò a voi enunciato e non del
tutto svelato…
A portata di breve mano, come quando stanchi da questo lungo Viaggio appena narrato, scorgiamo i prodi che lo hanno pensato: schiere di innominati guerrieri donde alla loro ombra dissetiamo l’Anima quanto lo Spirito afflitto solo per quell’Elemento che dona la Vita e con essa la capacità di dedurne o solo appena intuirne il velato significato, nella misura appena detta, più o meno la modesta grandezza d’una foglia…
E se pur in
codesto breve Sentiero tracciato risplende verde colma di linfa - in verità e
per il vero - aggrinzita come un antico inverno d’un Tomo finemente e ben
stampato come rilegato, ed in cui dedurre e ben interpretare ‘l’invisibile
battaglia’ consumata e letta nella volontà respirata non men che nobilmente
ispirata, e a cui rendiamo ogni onore al vero e solo guerriero, e con Lei
leggiamo (o dovremmo) il frutto di Dio nell’Infinito imperscrutabile disegno
tornare mito…
Da codesto
breve Sentiero tracciato, le vie si dividono e biforcano sperando di elevare il
comune ingegno sino alla Cima, mentre il Ramo alto per ciò che per primo nato
ci osserva e scruta, cresce fuor d’ogni misura: ad ogni Stagione del nostro
breve cammino quando ultimi approdammo all’ombra della grande chioma con ugual
elmo, le vere schiere di prodi non certo esuli in questo grande campo di
battaglia si moltiplicano e silenti ci giudicano, così come l’intera Natura,
mentre il povero umano tapino o vile guerriero stretto alla propria armatura…
All’ombra del suo lungo inverno ne schernisce con il fuoco, rogo d’ogni cima, ne frammenta e limita ogni specie nuova della Grande Selva (o Tomo che sia), ed in cui non riconosce ed intende nei millenni di similar crescita, né rima né poesia, e come sovente accade ad ogni Re della Selva che alto in suo vece si eleva, viene compiuto Sacrificio: l’uomo o il Dio al proprio Albero maestro ad ogni Cima vien confinato e poi crocefisso, mentre il resto della ciurma naviga e prospera tranquilla nella sua Terra.
Va da sé
che il corretto intendimento ci consegnano al vasto campo della Geografia non
certo ben misurata, in quanto negli odierni intendimenti, e non solo quelli del
poeta, come giustamente argomenta il ‘letterato’ assieme all’‘ecclesiastico’,
regna il sovrapporsi d’una diversa geografia, e con essa, un impropria misura
dell’intero Creato assoggettato e vinto in codesto Campo di Battaglia narrato…
E
similmente a portata di palmare di medesima pugnata mano, ovvero la grandezza
d’una se pur modesta apparente incolta Foglia…
Con
l’antica differenza (e mai sia detta diffidenza) che non esiste più nessun
metro di misura per rapportarci in ciò ove, senza misura alcuna, apportiamo
ogni danno se pur evoluti e apparentemente dotti, in quanto la mano ben armata
e congiuntamente connessa, non più con gli Elementi da cui evoluta all’ombra
della misera eterna Foglia, ma con ciò che al meglio l’affligge e la umilia in
nome e per conto del fuoco della più vile guerra compiuta.
Bisogna
saper riconoscere Eroi e mostri.
Bisogni saper distinguere Maestri e Bestie in codesto nuovo bestiario nato.
Bisogna
saper bene ove la guerra si consuma nell’eterno campo di battaglia da cui ogni
impropria limitata avventura…
Quindi come
bene abbiamo letto e leggeremo ancora attraverso ogni suo Elemento, e non più
araldo ma guerriero con il quale ci armiamo per questa Guerra con l’Anima e lo Spirito del loro invisibile
coraggio, per ciò cui nostro malgrado divenuto nel vasto ‘Campo di Battaglia’
non ancora del tutto conquistato per sempre contemplato e con cui volontari ci
alleiamo, ed ove ogni retta Via sembra smarrita, ed ognuno festeggia l’altrui
naufragio alla Cima dell’epica avventura…
Nella
continua distruzione cui nostro malgrado siamo costretti ad assistere.
Siamo grati
all’Arte che per tramite della Natura e chi al meglio la interpreta nella
continua ispirazione offerta, che il volto si orni della folta chioma non
espiando alcun peccato consumato, giacché in questo remoto angolo della Terra
come il maestro insegna, ci armiamo di coraggio oltraggiato ed afflitto, ed a
Lei, la nostra Dea, umilmente serviamo e dedichiamo codesta devota preghiera,
prima di indossare la nostra breve armatura terrena…
E a chi
poco comprende e poco sa vedere o ammirare ed intendere circa il linguaggio
della vera Natura dedichiamo cotal breve Poesia così come la Pittura che al
meglio la orna come un foglio ben miniato…
Schiere
intravedo non più di Angeli giacché i demoni regnano incontrastati
Giacché i
diavoli dominano ogni parabola dell’Universo
Schiere di
eserciti intravedo per ogni foglia libera al vento
Schiere di
guerrieri dati al rogo dell’eterna guerra apparentemente morire e risorgere
nelle poche pagine di questo dire
Rendo a
loro omaggio e dovuta memoria
Rendo loro
umile sofferta preghiera
Rendo loro
l’onore dell’eterna gloria
Rendo loro
non più Poesia ma volontà ferma di vendicare ogni loro e mia ferita
Rendo loro
l’Eresia di questa seppur invisibile cielo e cima e che allora guerra sia…
Una cosa ci appare degna di nota, e mi ripeto, in questa sede si parla di Tempo a cui ognuno appartiene, il quale premette uno sforzo introspettivo rivolto alla Conoscenza, e non certo nell’abominio del frammentato ‘atto’ spacciato per ugual tempo rivenduto o costretto agli scomposti atti o nani-secondi di elettroni posti al servigio del feudo della scienza (gli abomini in cotal laboratori e la peste raccolta come seminata mi sembra degna di nota), per convogliarli al meglio - o alla meno peggio (con relativo premio) – e con indubbia prometeica ‘forza’ in un circuito pre-stampato nell’improprio utilizzo di ugual frammentato tempo così disgiunto dall’atto da cui il principio evolutivo.
Preferiamo
altri Frammenti e Papiri d’antica unanime Memoria circa il Tempo della nostra
ed altrui Anima e la comune dimenticata Storia (sempre rimossa dalla stessa affinché il formicaio, o la bestia che ne
deriva, possa al meglio essere illuminata da codesta corrente alternata); e
che nessun Frankenstein ci privi, né del merito
né della facoltà sancita nel karma di questa e ogni passata e futura esistenza
abdicandoci in una precoce natura morta e non ancor trapassata a miglior vita
come vorrebbero far intendere e credere. Fra l’‘atto’ e la ‘scena’, o meglio ‘messinscena’
rappresentata di ugual tempo vissuto al teatro della più fiera e nobile Natura,
sussiste un immancabile Abisso o divario e non solo interpretativo, e da cui
purtroppo deriverà non più il male dell’improprio progresso e la critica dello
stesso, ma anche ogni regola di Natura sovvertita e sottoposta al fallace
improprio dominio dell’uomo, esposto alla Prima, in galleria come in platea e
sempre ed immancabilmente rappresentata con maschere comparse e commedianti in
procinto della suggestiva teatralità della ‘materia’, la qual rappresentazione
esula dalla realtà così rozzamente recitata nonché mascherata.
(Giuliano) [prosegue con il capitolo completo]
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