giuliano

mercoledì 4 ottobre 2023

NAUFRAGHI IN BALIA DELLA TEMPESTA (21)

 








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Ragion per cui come possiamo, non solo interpretare, ma come al meglio collocare lo sfondo e/o l’ispirazione ‘geografica’ posta, non più sullo ‘sfondo’ ma quale ‘principio’ costitutivo d’un ‘primo piano’  storicamente ‘inquadrato’ ai riferimenti costitutivi (se non addirittura organici) in cui il Sacro si esprime con le proprie architetture connesse e tutt’une con l’ambiente; ovvero ‘monoliti’ con le radici ben salde nel proprio terreno ove traggano linfa di vita come Esseri animati dal loro e nostro comune Dio; facenti parte, con la propria funzione (seppur per taluni, muta e senza voce) nonché espressione ‘teologica-filosofica’, oltre il ‘rito’,  quale manifestazione della sacralità esposta alla Luce delle vicissitudini storiche dell’humano. Humano (ri)tratto e/o frammentato, o peggio, sottoposto suo malgrado, ai frazionamenti della stessa non percependo il vero Tempo di posa con le conseguenti esposizioni che esulano la pienezza dell’Eterna comprensione per una immagine più limpida circa la violata sacralità.

 

Quindi  l’ambiente occupato o ‘punto di fuga’ non più inquadrato nell’èstetica, bensì connesso con i violati principi della Natura, e quindi posti nel costante divenire del proprio Essere da cui deriva per gradi Pensiero Intelletto e Dio*; oltre, non mi sembra il caso di rinnovare l’antico diverbio, medesima interpretazione del Dio del Verbo, e quindi il dovuto ‘proprio’ o ‘improprio’ sfruttamento ed utilizzo che ne giustifica il metodo subordinato al dominio dell’uomo, o meglio che dico:

 

l’humano (?!).



     

Dèi, oracoli sibille e sciamani, sembrano contenere nel proprio codice genetico ugual filo conduttore: un comune strato, o meglio, ‘stratigrafico geologico’ sovrapposto nei millenni e da cui lo sforzo interpretativo del tutto ‘laico’ e/o ‘teologico-filosofico’ di individuarne medesimo Sentiero per la costante Ricerca di una o più possibili Verità, quali invisibili Sentieri consacrati alla violata sacralità d’ogni Anima poste alla Cima dell’Albero Maestro contemplarne la vetta; e da cui la simmetricità con la Natura nella suddetta ‘geografia’ poco sopra ‘apostrofata’, sublimata in talune architetture; ovvero, un ricongiungimento, non solo con una determinata mitologia, ma anche con l’intero mondo della Natura la quale sembra ispirare (o meglio dettare) superiori ed Eterne regole Leggi ed armonie; o al contrario, apparenti abomini sanciti da demoni diavoli e altri diversi orribili mitologici figuranti o maschere deliranti condivise con ossa e tamburi di oracoli e sciamani urlanti. Che tutto ciò possa essere sinonimo di pagano apostata o eretico…

 

Se pur apparentemente distanti in verità a breve distanza, la distanza che divide ed unisce la vista contemplata di schiere di prodi congiunti in similar Battaglia fra l’eterno bene e il suo costante avversario, il male…

 

Condiviso in questo grande immenso panorama!




In quanto il ‘valore’ posto qual misura appare comune denominatore non solo nella Letteratura adottata nei termini della finalità conseguita (o da conseguire con il Libero Arbitrio della scelta) circa la Conoscenza nel cogliere la mela apparentemente matura, bensì e con essa, valore e misura dell’Evoluzione intera che al meglio compie il suo lungo percorso e non certo breve paradosso…

 

Ovvero: dall’elevato elmo d’un Faggio, sino alla misera pagina finemente stampata riflesso del grande e folto Bosco similmente seminato quale Biblioteca ove conservata, nell’uguale volontà umana trascritta letta ed interpretata nei Geni d’una similar Natura da cui nata ed evoluta, e di cui vicini nelle finalità contemplate 

 

Da un Vello rubato piano cresce come un germoglio di Primavera sino ad una pergamena, e poi ed ancora a Stagione inoltrata con il Sole ammiccare il proprio assenso sino ad un folto rotolo ricoprirne la chioma; poi con il caldo proprio dell’Elemento del suo sorriso la linfa rinvigorisce sino a divenire uno scrigno - una giara - per custodirne il prezioso segreto, come una grande vallata fiorita resuscitata a Primavera; poi quando il sole del deserto si fa cocente l’oasi d’un papiro ritrovato donare quella purezza persa e non solo dal torrido deserto incamminato; quando, cioè, la porta di Giano spalanca il proprio ardore in un Tomo ben stampato non men che rilegato; e quando l’inverno del creato dal Cancro al Capricorno morto e risorto in quanto umani scorgiamo, dimenticando quali Dèi e Dio lo crearono; appare per ultimo frangente, o primo peccato nato, non ancora né autunno né inverno nel breve Tomo racchiusa ed al rogo destinata, per tutto ciò a voi enunciato e non del tutto svelato…




A portata di breve mano, come quando stanchi da questo lungo Viaggio appena narrato, scorgiamo i prodi che lo hanno pensato: schiere di innominati guerrieri donde alla loro ombra dissetiamo l’Anima quanto lo Spirito afflitto solo per quell’Elemento che dona la Vita e con essa la capacità di dedurne o solo appena intuirne il velato significato, nella misura appena detta, più o meno la modesta grandezza d’una foglia…

 

E se pur in codesto breve Sentiero tracciato risplende verde colma di linfa - in verità e per il vero - aggrinzita come un antico inverno d’un Tomo finemente e ben stampato come rilegato, ed in cui dedurre e ben interpretare ‘l’invisibile battaglia’ consumata e letta nella volontà respirata non men che nobilmente ispirata, e a cui rendiamo ogni onore al vero e solo guerriero, e con Lei leggiamo (o dovremmo) il frutto di Dio nell’Infinito imperscrutabile disegno tornare mito…

 

Da codesto breve Sentiero tracciato, le vie si dividono e biforcano sperando di elevare il comune ingegno sino alla Cima, mentre il Ramo alto per ciò che per primo nato ci osserva e scruta, cresce fuor d’ogni misura: ad ogni Stagione del nostro breve cammino quando ultimi approdammo all’ombra della grande chioma con ugual elmo, le vere schiere di prodi non certo esuli in questo grande campo di battaglia si moltiplicano e silenti ci giudicano, così come l’intera Natura, mentre il povero umano tapino o vile guerriero stretto alla propria armatura…




All’ombra del suo lungo inverno ne schernisce con il fuoco, rogo d’ogni cima, ne frammenta e limita ogni specie nuova della Grande Selva (o Tomo che sia), ed in cui non riconosce ed intende nei millenni di similar crescita, né rima né poesia, e come sovente accade ad ogni Re della Selva che alto in suo vece si eleva, viene compiuto Sacrificio: l’uomo o il Dio al proprio Albero maestro ad ogni Cima vien confinato e poi crocefisso, mentre il resto della ciurma naviga e prospera tranquilla nella sua Terra. 

 

Va da sé che il corretto intendimento ci consegnano al vasto campo della Geografia non certo ben misurata, in quanto negli odierni intendimenti, e non solo quelli del poeta, come giustamente argomenta il ‘letterato’ assieme all’‘ecclesiastico’, regna il sovrapporsi d’una diversa geografia, e con essa, un impropria misura dell’intero Creato assoggettato e vinto in codesto Campo di Battaglia narrato…

 

E similmente a portata di palmare di medesima pugnata mano, ovvero la grandezza d’una se pur modesta apparente incolta Foglia…

 

Con l’antica differenza (e mai sia detta diffidenza) che non esiste più nessun metro di misura per rapportarci in ciò ove, senza misura alcuna, apportiamo ogni danno se pur evoluti e apparentemente dotti, in quanto la mano ben armata e congiuntamente connessa, non più con gli Elementi da cui evoluta all’ombra della misera eterna Foglia, ma con ciò che al meglio l’affligge e la umilia in nome e per conto del fuoco della più vile guerra compiuta.

 

Bisogna saper riconoscere Eroi e mostri.




Bisogni saper distinguere Maestri e Bestie in codesto nuovo bestiario nato.

 

Bisogna saper bene ove la guerra si consuma nell’eterno campo di battaglia da cui ogni impropria limitata avventura…  

 

Quindi come bene abbiamo letto e leggeremo ancora attraverso ogni suo Elemento, e non più araldo ma guerriero con il quale ci armiamo per questa Guerra   con l’Anima e lo Spirito del loro invisibile coraggio, per ciò cui nostro malgrado divenuto nel vasto ‘Campo di Battaglia’ non ancora del tutto conquistato per sempre contemplato e con cui volontari ci alleiamo, ed ove ogni retta Via sembra smarrita, ed ognuno festeggia l’altrui naufragio alla Cima dell’epica avventura…

 

Nella continua distruzione cui nostro malgrado siamo costretti ad assistere.

 

Siamo grati all’Arte che per tramite della Natura e chi al meglio la interpreta nella continua ispirazione offerta, che il volto si orni della folta chioma non espiando alcun peccato consumato, giacché in questo remoto angolo della Terra come il maestro insegna, ci armiamo di coraggio oltraggiato ed afflitto, ed a Lei, la nostra Dea, umilmente serviamo e dedichiamo codesta devota preghiera, prima di indossare la nostra breve armatura terrena…



 

E a chi poco comprende e poco sa vedere o ammirare ed intendere circa il linguaggio della vera Natura dedichiamo cotal breve Poesia così come la Pittura che al meglio la orna come un foglio ben miniato… 


Schiere intravedo non più di Angeli giacché i demoni regnano incontrastati

 

Giacché i diavoli dominano ogni parabola dell’Universo

 

Schiere di eserciti intravedo per ogni foglia libera al vento

 

Schiere di guerrieri dati al rogo dell’eterna guerra apparentemente morire e risorgere nelle poche pagine di questo dire

 

Rendo a loro omaggio e dovuta memoria

 

Rendo loro umile sofferta preghiera

 

Rendo loro l’onore dell’eterna gloria

 

Rendo loro non più Poesia ma volontà ferma di vendicare ogni loro e mia ferita

 

Rendo loro l’Eresia di questa seppur invisibile cielo e cima e che allora guerra sia…




 Paradossalmente parlando, in quanto una determinata eresia viene posta come un ‘apparente’ rifiuto della stessa Natura al giudizio unanime d’una veloce lettura storica (nonché accademica); quando in verità e per il vero, la nostra Natura la possiamo, altrimenti e ancor meglio, individuare – nonché ancor meglio specificare - nel proprio Io Umano e Divino, quindi Divinizzato, posto nella costante ricerca (oppure oblio) dell’Essere in Lei riflesso (ovvero lo sforzo interpretativo di una psicologia più o meno laica derivata da un codice genetico del tutto cattolico ma altresì in un certo modo o mondo rifiutato per come intrapreso il proprio ed altrui messaggio… nel Beneficio che ne deriva o dovrebbe…), nell’atto senza Tempo e/o Infinito della Conoscenza dell’Assoluto; quindi non più una ‘teologia negativa’, la quale anelando ad ugual Dio ne evidenzia e tacita la volontà sublimata nell’Essere posta nell’oblio del Nulla, abdicando ogni facoltà al non-Essere, e quindi, ponendola nella simmetrica ispirazione d’un Oriente, seppur apparentemente lontano, in realtà vicino per ugual atto ‘meditativo’, o medesima divina aspirazione verso un comune Dio; ovvero, come, nella prospettiva che al meglio ne evidenzia e risalta la Volontà controllandone le potenzialità e la potenza proiettata nella tridimensionalità, evidenziata appunto, nel ‘punto di fuga’. È in quel ‘punto di fuga’ (al quale l’‘occidente’ sembra aspirare - o perdersi del tutto - nella costrizione interpretativa a cui assoggettato, o canone interpretativo, e per la quale anela verso la radice esposta ad oriente e da cui deriva una più che florida Cima nella sua mistica mitologica… o punto di fuga…) in cui non possiamo esulare di rilevarne e conoscerne il suo vero contesto storico-geografico; ed ancor meglio, donde per l’appunto, deriva eresia ortodossia e la frammentata differenza in ugual medesimo Tempo (e il contesto e non certo disgiunto contesto geografico da cui partito o scaturito il presente scritto) comporre non più immagine interpretativa, ma invisibile Anima ricongiunta alla propria Terra.




Una cosa ci appare degna di nota, e mi ripeto, in questa sede si parla di Tempo a cui ognuno appartiene, il quale premette uno sforzo introspettivo rivolto alla Conoscenza, e non certo nell’abominio del frammentato ‘atto’ spacciato per ugual tempo rivenduto o costretto agli scomposti atti o nani-secondi di elettroni posti al servigio del feudo della scienza (gli abomini in cotal laboratori e la peste raccolta come seminata mi sembra degna di nota), per convogliarli al meglio - o alla meno peggio (con relativo premio) – e con indubbia prometeica ‘forza’ in un circuito pre-stampato nell’improprio utilizzo di ugual frammentato tempo così disgiunto dall’atto da cui il principio evolutivo.

 

Preferiamo altri Frammenti e Papiri d’antica unanime Memoria circa il Tempo della nostra ed altrui Anima e la comune dimenticata Storia (sempre rimossa dalla stessa affinché il formicaio, o la bestia che ne deriva, possa al meglio essere illuminata da codesta corrente alternata); e che nessun Frankenstein ci privi, né del merito né della facoltà sancita nel karma di questa e ogni passata e futura esistenza abdicandoci in una precoce natura morta e non ancor trapassata a miglior vita come vorrebbero far intendere e credere. Fra l’‘atto’ e la ‘scena’, o meglio ‘messinscena’ rappresentata di ugual tempo vissuto al teatro della più fiera e nobile Natura, sussiste un immancabile Abisso o divario e non solo interpretativo, e da cui purtroppo deriverà non più il male dell’improprio progresso e la critica dello stesso, ma anche ogni regola di Natura sovvertita e sottoposta al fallace improprio dominio dell’uomo, esposto alla Prima, in galleria come in platea e sempre ed immancabilmente rappresentata con maschere comparse e commedianti in procinto della suggestiva teatralità della ‘materia’, la qual rappresentazione esula dalla realtà così rozzamente recitata nonché mascherata.

 

(Giuliano[prosegue con il capitolo completo]








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