giuliano

venerdì 1 febbraio 2013

UNA FOTOGRAFIA (i ragazzi dello zoo...)



































Detlef ed io frequentavamo di nuovo in pieno il giro dell'ero, quelle normali
discoteche per mocciosetti non ci interessavano più.
Quando non ero al Bahnhof Zoo, stavo alla stazione della metropolitana del
Kurfurstendamm, sugli stretti marciapiedi di questa stazione c'erano spesso
un centinaio di bucomani, lì si spacciava.




Venivano anche dei clienti che erano specializzati in bucomani, ma soprattut-
to la stazione della metropolitana del Kurfurstendamm era un punto di incon-
tro.
Io passavo da un gruppo all'altro e chiacchieravo con gli altri bucomani.
Quando giravo così tra gli altri bucomani spesso mi sentivo fantastica.




Ciabattavo su questo marciapiede sotto il Kurfurstendamm come una star tra
le star. Vedevo le vecchie signore coi loro fagotti di buste di plastica e Werth-
eim o di Bilka che tornavano a casa, e vedevo come ci guardavano con gli
occhi spalancati, inorridite e proprio spaventate, e pensavo: noi siamo buco-
mani che stiamo cento volte più avanti di loro, noi facciamo una vita da schi-
attare, possiamo morire ogni giorno e moriremo presto.




A me comunque piace così.
Pensavo ai soldi che guadagnavo. Per la roba avevo bisogno di cento marchi
ogni giorno. Con le spese accessorie arrivavo a 4000 marchi di uscita al mese,
che dovevo dunque tirar su.




A 4000 marchi al mese netti ci arriva appena il direttore di una ditta. Ed io rime-
diavo questi 4000 marchi a 14 anni.
Certo che fare marchette era un lavoro miserabile ma se ero sballata di ero non
mi faceva più neanche effetto. E in realtà ero io che fregavo i clienti. Le mie pre-
stazioni quando battevo non erano assolutamente proporzionate a quello che lo-
ro mi dovevano poi dare.




Ancora ero sempre io che mettevo le condizioni.
Di scopare con me non se ne parlava proprio.
Tra gli altri c'erano delle star ancora più grosse di me. C'erano quelli che raccon-
tavano che avevano bisogno di quattro grammi di ero al giorno. Questo costava
allora da 500 a 850 marchi al giorno.




E loro riuscivano quasi sempre a tirar su questi soldi. Riuscivano dunque a far più
soldi di un direttore generale senza che i poliziotti li prendessero.
Questi erano delle star che io potevo avvicinare in ogni momento nella stazione del
Kurfurstendamm e che chiacchieravano spesso con me. Questi erano i miei pensieri
in quel periodo: febbraio 2014, quando nello sballo ci stavo dentro bene.




Bene non mi andava ma non ero neanche completamente arrivata.
Ancora riuscivo a dirmi un sacco di bugie.
Mi ero di nuovo totalmente immedesimata nel ruolo della bucomane (e la differen-
za fra me e un direttore generale come potete vedere è nulla...).
Mi trovavo un sacco paracula (come il direttore generale...).
Non avevo paura di niente (come il già detto...).




Quando ancora non mi bucavo la cosa che avevo più di tutto era la paura.
Di mio padre, più tardi dell'amico di mia madre, della scuola di merda e degli inse-
gnanti, dei portieri, dei vigili e dei controllori della metropolitana. Adesso mi senti-
vo intoccabile. Non mi cagavo mai sotto dalla paura per i poliziotti in borghese che
qualche volta giravano per la stazione.




Ero sfuggita ad ogni retata (li fregavo come il grande direttore generale..) rimanen-
do fredda come il ghiaccio. In quel periodo avevo contatti con dei bucomani che
secondo me con l'eroina se la cavavano proprio bene.
Per esempio Atze e Lufo.
Atze era stato il primo ragazzo con cui avevo avuto una relazione stretta prima di
Detlef e di cui ero stata veramente cotta.




Lufo ed Atze e Detlef avevano fatto parte del gruppo dell'hascisc del Sound tutto
era partito da lì (hanno un bell'appartamentino ...tutto loro...).
Vivevano adesso in un appartamento perfetto, con letto francese, divano e moquet-
te, ed un ottimo padrone di casa che li asseconda in tutto. Lufo aveva ancora persi-
no un vero lavoro come operaio semplice.




I due dicevano che loro non erano fisicamente dipendenti dall'eroina e che qualche
volta gliela facevano senza pere per uno, due mesi. Io gli credevo malgrado quando
li vedevo fossero sempre sballati.
(Christiane F., Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino)










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