martedì 12 marzo 2013
QUANDO LA 'LINGUA' CONTRIBUISCE ALLA VITTORIA (23)
Precedenti capitoli:
li ho creati io (22) &
(l'enigma si complica &
....dallo sguardo compassionevole di uno spettatore...)
Prosegue in:
pionieri e nativi: la terra trasformata (24)
pionieri e nativi: la terra trasformata (25)
pionieri e nativi: la terra trasformata (26)
la sofferenza necessaria all'uomo..... (27)
Mentre i crittoanalisti britannici facevano breccia in Enigma
modificando il corso della guerra in Europa, i loro colleghi
americani influenzavano in modo altrettanto profondo gli e-
venti bellici del Pacifico venendo a capo del funzionamento
della cifratrice 'Porpora'.
Le garanzie di segretezza e gli altri vantaggi delle macchine
per cifrare furono dimostrati dalla Typex adottata dalle for-
ze armate britanniche, e dalla SIGABA, impiegata da quel-
le americane.
Entambe le cifratrici erano più complesse di Enigma ed en-
trambe furono usate correttamente; perciò, rimasero invio-
late per tutta la durata del conflitto.
Uno dei primi a reagire a questa situazione fu Philip John-
ston, un ingegnere di Los Angeles troppo anziano per com-
battere ma desideroso di aiutare il suo Paese.
All'inizio del 1942 cominciò a progettare un sistema critto-
grafico ispirandosi alle sue esperienze giovanili.
Figlio di un missionario protestante, Johnston era cresciu-
to nelle riserve navajo dell'Arizona, immerso nella cultura
indiana.
Essendo uno dei pochi bianchi che parlavano e capivano
il navajo, egli fu spesso chiamato a far da interprete nei
colloqui tra pellirosse e agenti governativi.
Il suo ruolo di intermediario culminò in una visita alla Ca-
sa Bianca; in tale occasione, Johnston fece da interprete
a due navajo appellatisi al presidente Roosevelt per un
più equo trattamento della loro tribù.
Consapevole di quanto quella lingua fosse impenetrabile
per gli estranei, Johnston fu colpito dall'idea che il navajo,
o qualunque lingua autoctona del Nord America, poteva
rappresentare un codice perfetto.
Quando l'America entrò nella seconda guerra mondiale,
i navajo vivevano in condizioni difficili ed erano conside-
rati cittadini di seconda categoria; ciò nonostante il consi-
glio della tribù si dichiarò leale alla patria in guerra e pron-
to a contribuire alla sua vittoria: 'In nessuno l'attaccamen-
to all'America può essere più forte che tra i Primi Ameri-
cani'.
I navajo erano così ansiosi di combattere che alcuni menti-
rono sulla loro età. Altri ingurgitarono acqua e banane per
raggiungere il peso minimo per il servizio militare, che era
di 55 chili.
Né fu difficile trovare candidati adatti al ruolo di 'code-tal-
kers', cioè di 'parla-codice' come questi singolari marconi-
sti furono soprannominati.
Quattro mesi dopo Pearl Harbour, 29 navajo, alcuni ap-
pena ventenni, frequentarono un corso di comunicazione
della durata di otto settimane organizzato dal Corpo dei
'Marines'.
In otto settimane, le reclute e futuri 'parla-codice' aveva-
no imparato tutto il lessico e l'alfabeto (cosa non facile,
numeri e parole...).
Non avrebbero quindi avuto bisogno di cifrari, che hanno
sempre lo svantaggio di poter essere catturati.
Per i navajo affidare tutto alla memoria era normale, per-
ché la loro lingua non esisteva in forma 'scritta': miti e tra-
dizioni familiari erano tramandati oralmente.
William McCabe, una delle reclute, commentò: 'I navajo
non hanno bisogno di libri, tutto è affidato alla memoria
- canti, preghiere, tutto....
E' così che veniamo allevati.....'.
Alla fine dell'addestramento, i navajo furono messi alla
prova.
I mittenti tradussero una serie di messaggi dall'inglese al
navajo, li trasmisero, e i destinatari volsero i messaggi di
nuovo in inglese usando, se necessario, il lessico e l'alfabe-
to di cui disponevano.
L'impenetrabilità della lingua navajo dipende dal fatto che
appartiene alla famiglia linguistica Na-Dene, priva di qual-
siasi legame con qualunque lingua-idioma asiatico o euro-
peo.
Per esempio, i verbi navajo non sono coniugati solo in ba-
se al soggetto, ma anche all'oggetto; le desinenze verbali
dipendono dalla categoria alla quale l'oggetto appartiene
(caso più unico...che raro..): lungo e rigido (una pipa, una
matita..), lungo e non rigido (un serpente, una striscia di
cuoio), granuloso (lo zucchero, il sale..), composto (un
covone), viscoso (il fango, gli escrementi) e così via....
Il verbo incorpora anche gli avverbi, e proprietà del sog-
getto come il fatto che parli di qualcosa che conosce (?)
direttamente o per sentito dire (?).
Di conseguenza un verbo, può, da solo, trasmettere il
contenuto di un'intera frase, rendendo impossibile, per
chi non abbia familiarità con questa (difficile) lingua, di-
stricare tutti i suoi significati......
(S. Singh, Codici & Segreti)
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