giuliano

domenica 10 maggio 2015

IL TEMPO E LA MEMORIA (17)


















Precedente capitolo:

Il Tempo & la Memoria (16)

Prosegue in:

Il Tempo & la Memoria (18)














... Sterminio mostrava al mondo intero nel modo più chiaro come si potevano liquidare i problemi delle minoranze e degli apolidi.
(H. Arendt - Le origini del totalitarismo)

 Eichmann non assisté mai a fucilazioni in massa, non seguì mai il processo dell’asfissia né la selezione degli idonei al lavoro che dal campo di concentramento precedeva l’uccisione. Vide appena quel tanto che gli bastava per sapere con esattezza come funzionava quel meccanismo di distruzione per sapere che c’erano due diversi metodi di esecuzione, la fucilazione e l’asfissia; che la prima era effettuata dagli Einsatzgruppen e la seconda era praticata nei campi o in camere o in camion a gas; e che nei campi vigeva tutta una complicata procedura per ingannare le vittime fino all’ultimo momento. No, lui non si era mai trovato in pericolo immediato di morte, e poiché aveva sempre fatto il suo dovere e obbedito a tutti gli ordini che gli venivano dati cosa di cui era ancora orgoglioso, aveva fatto del suo meglio per aggravare, non per ridurre le conseguenze del torto. L’unica attenuante che invocò era che aveva cercato di evitare il più possibile inutili brutalità nell’eseguire il suo lavoro; ma questa era un’attenuante che contava ben poco, anche perché, ammesso che egli dicesse la verità, evitare inutili brutalità era una delle istruzioni che gli erano state date dai suoi superiori. …Le azioni di stato che la giurisprudenza tedesca chiama con espressione più eloquente non perseguibili ovvero atti di alto valore sociale, non punibili, si fondano su un esercizio del potere sovrano, e restano quindi completamente al di fuori del campo giuridico, mentre tutti gli ordini e comandi, almeno in teoria, sono sempre sotto il controllo giudiziario. Se quelle che Eichmann aveva commesso erano ‘azioni di stato’, allora nessuno dei superiori, e meno di tutti Hitler, poteva essere giudicato da un tribunale. La teoria delle azioni di Stato si accordava così bene con le concezioni generali del dottor Servatius, che non c’è da stupirsi se questi ritenne di doverla nuovamente invocare.  …Un memoriale in cui gli si diceva che nel prossimo inverno gli Ebrei non avrebbero più esser nutriti, e gli si chiedeva se per caso non fosse più umano uccidere con qualche mezzo sbrigativo gli ebrei incapaci di lavorare: questo sarebbe comunque più opportuno che lasciarli morire di fame. In una lettera di accompagnamento, indirizzata al Caro camerata Eichmann, l’autore del memoriale ammetteva: ‘queste cose suoneranno forse fantastiche, ma sono perfettamente realizzabili’.
L’ammissione dimostra che il mittente non conosceva ancora il ben più fantastico ordine del Fuhrer… …Era impossibile tener segreta l’uccisione di tanta gente; la popolazione tedesca delle zone in cui sorgevano quegli istituti se ne accorse e ci fu un’ondata di proteste, da parte di persone di ogni ceto che ancora non si erano fatte un’idea oggettiva della natura della scienza medica e dei compiti del medico. Nell’Europa orientale lo sterminio col gas, o, per usare il linguaggio dei nazisti, il modo umanitario di concedere una morte pietosa iniziò quasi il giorno stesso in cui in Germania fu sospesa l’uccisione dei malati di mente. Gli uomini che avevano lavorato per il programma di eutanasia furono ora inviati a oriente, a costruire gli impianti per distruggere popoli interi e questi uomini erano scelti o dalla Cancelleria del Fuhrer o del ministero della sanità del Reich, e solamente ora furono messi, amministrativamente, sotto il controllo di Himmler. (H. Arendt - La banalità del male)





Nostra una nuova simmetria…

 Più passano gli anni privi di documenti scritti e più è difficile raccogliere le sparse testimonianze dei superstiti. Essi ci dicono che processi fasulli furono intentati fin dai primi anni dell’esistenza DELL’ISTRUTTORIA: Se agli intellettuali di Cechov, sempre ansiosi di sapere cosa sarebbe avvenuto fra venti-quarant’anni, avessero risposto che entro quarant’anni ci sarebbe stata in Russia un’istruttoria accompagnata da torture, che avrebbero stretto il cranio con un cerchio di ferro, immerso un uomo in un bagno di acidi, tormentato altri, nudi e legati, con formiche e cimici, cacciato nell’ano una bacchetta metallica arroventata su un fornello a petrolio, schiacciato lentamente i testicoli con uno stivale e, con forma più blanda suppliziato per settimane con l’insonnia, la sete, percosso fino a ridurre un uomo a polpa insanguinata, non uno dei drammi cechoviani sarebbe giunto alla fine, tutti i protagonisti sarebbero finiti in manicomio. E non soltanto i personaggi cechoviani, ma nessun russo normale dell’inizio del secolo, ivi compresi i membri del Partito social-democratico dei lavoratori, avrebbe potuto credere, avrebbe sopportato una tale calunnia contro il luminoso futuro. …Non è giusto, non è esatto. Nei vari anni e decenni, l’istruttoria basata sull’art. 58 non è QUASI MAI stata fatta per appurare la verità, ma è consistita soltanto in una inevitabile sporca procedura: la persona poco prima libera, a volte fiera, sempre impreparata, doveva essere piegata, trascinata attraverso una stretta conduttura dove i ganci dell’armatura le avrebbero dilaniato i fianchi, dove le sarebbe mancato il respiro, tanto da costringerla a supplicare di uscirne all’altra estremità, e questa l’avrebbe gettata fuori come indigeno bello e pronto dell’Arcipelago, della terra promessa. (Lo sprovveduto si ostina immancabilmente, crede che esista anche una via di ritorno dalla conduttura.) Più passano gli anni privi di documenti scritti e più difficile raccogliere le sparse testimonianze dei superstiti. Essi ci dicono che processi fasulli furono intentati dai primi anni dell’esistenza degli organi, perché fosse sentita la loro insostituibile, incessante opera salutare, altrimenti, con il calo dei nemici, gli Organi - non sia mai detto! - si sarebbero atrofizzati.
…E. Dojarenko ricorda ancora l’anno 1921: deposito degli arresti della Lubjanka. 40-50 tavolacci. Tutta la notte è un continuo affluire di donne. Nessuna conosce la propria colpa: sono prese per nulla. …Nel Dizionario ragionato di Dal’ è data la seguente distinzione: ‘L’indagine si distingue dall’istruttoria in quanto la prima viene fatta per assicurarsi preventivamente se esistono motivi per procedere alla seconda’.
Oh, sancta simplicitas!
Gli Organi non conobbero mai nessuna indagine. Elenchi mandati dall’alto, il primo sospetto, la delazione d’un informatore o anche lettera anonima portavano all’arresto e all’immancabile imputazione. …Il nesso è semplicissimo: giacché occorre arrivare a qualunque costo a una imputazione, sono inevitabili minacce, violenze e torture e più fantastica l’accusa, più crudele dovrà essere l’istruttoria per estorcere la confessione. E, poiché le cause fasulle sono sempre esistite, sono esistite sempre anche le violenze e le torture; non è una particolarità dell’anno 1937, è una caratteristica costante, generale. Ecco perché è strano leggere oggi in certe memorie di ex detenuti che - le torture furono autorizzate dalla primavera del 1938.
(A. Solzenicyn - Arcipelago Gulag)




 Due uomini vigorosi e robusti portarono un cavalletto nel mezzo della camera. Quest’orribile strumento di legno, fatto a forma di truogolo, largo abbastanza da contenere il corpo d’un uomo, non aveva altro fondo che un bastone sul quale il corpo si curava per effetto d’un meccanismo, dimanieraché il paziente aveva la testa più bassa dei piedi. I tormentatori alzarono la povera donna mezza morta, poscia le legarono le membra con corde di canape. La vittima li lasciò fare senza mettere un grido. Ma l’inquisitore essendosi avvicinato ad essa per esortarla nuovamente a confessare il delitto di cui veniva accusata, l’infelice protestò di nuovo la sua innocenza.
(P. Tamburini - Storia generale della Inquisizione)




…Come i boia medioevali i nostri giudici istruttori, procuratori e magistrati acconsentirono a vedere la prova decisiva di colpevolezza nella sua ammissione da parte dell’accusato. Tuttavia quell’ingenuo Medioevo, per estorcere la confessione voluta, ricorreva a drammatici e pittoreschi mezzi: la fune, la ruota, il fuoco, la trebbia di ferro, l’impalamento. Nel secolo ventesimo invece, ricorrendo all’evolutiva medicina e alla non poca esperienza carceraria si è ritenuto tale concentrazione di mezzi vigorosi superflua e ingombrante nel caso di applicazione in massa.
…I reali confini dell’equilibrio umano sono molto limitati e non occorre affatto il cavalletto o il braciere per ridurre l’uomo medio a uno stato d’irresponsabilità.

 PROVIAMO A ENUMERARE ALCUNI DEI PROCEDIMENTI PIÙ SEMPLICI CHE STRONCANO LA VOLONTÀ E LA PERSONALITÀ DEL DETENUTO SENZA LASCIARE TRACCE SUL SUO CORPO.

Cominciamo dai metodi psicologici.

1) Iniziamo dalle notti stesse. Perché l’opera diretta a stroncare le anime si svolge principalmente di notte? …Perché il detenuto non può più essere equilibrato, strappato dal suo sonno abituale.
2) Persuadere della sincerità del tono.  ‘… Lo vedi da te, una pena la dovrai scontare comunque. Ma se resisti, perderai la salute qui, in prigione, ci lascerai la pelle. Se invece andrai in un lager vedrai l’aria, la luce …Firma subito, dammi retta…’.
Molto logico. È ragionevole chi acconsente e firma, altrimenti…
3) Grossolano turpiloquio. Espediente semplicissimo, ma può agire assai bene su persone educate, raffinate, di delicata costituzione.
4) Colpo del contrasto psicologico. Improvvisi voltafaccia. Essere estremamente cortesi durante l’intero interrogatorio …Poi di punto in bianco minacciarlo…
5) Umiliazione preventiva. Nei famosi sotterranei della GPU di Rostov (nr. 33) sotto gli spessi vetri del marciapiede i detenuti in attesa di interrogatorio erano costretti a sdraiarsi bocconi nel corridoio comune per diverse ore col divieto di sollevare la testa o emettere qualsiasi suono.
6) Qualsiasi espediente atto a sgomentare il detenuto.
7) Intimidazione. Minacce di trasferimento in un'altra prigione peggiore…
8) La menzogna. Noi, gli agnelli, non dobbiamo mentire, ma il giudice istruttore mente di continuo e quegli articoli non si riferiscono a lui. Abbiamo a tal punto perduto ogni criterio che non chiederemo: cosa sarà fatto a lui se mente? …L’intimidazione con allettamenti e menzogne è il metodo preferito per agire sui parenti dell’arrestato, chiamati a deporre quali testimoni.  ‘Se voi non farete queste deposizioni (quelle che occorrono) ne soffrirà lui… Lei lo rovinerà. Solo firmando questo documento (e subito lo si presenta) lo potete salvare (e rovinare!).
9) Gioco sull’affetto per i familiari. …: ‘Arresteremo (rovineremo) vostra figlia e la metteremo in una cella con delle sifilitiche’. ‘…Ti confischeremo la casa e butteremo per la strada le tue vecchie…’.
(A. Solzenicyn - Arcipelago Gulag)




‘Impenitente! impenitente!’ esclamò il grande inquisitore con sembiante tristo e desolato. A tali parole, due uomini robusti girarono con forza un randello di legno che, serrando le corde colle quali la vittima era legata, la strinsero esse con tanta violenza che il sangue spruzzò fin sui carnefici. La sventurata mandò un grido d’agonia, debole, ma lacerante; sarebbe si detto che tutta la sua forza di soffrire fosse espressa in quel grido. I tormentatori asciugarono freddamente col rovescio della loro larga manica il sangue di cui era macchiata la loro cappa.
(P. Tamburini - Storia generale della Inquisizione)




 …Ma voglio dire ancora questo…

Le torture, anche i procedimenti più blandi, non sono necessarie per ottenere le deposizioni dei più, per azzannare con i denti di ferro gli agnelli impreparati e ansiosi di tornare al focolare domestico. Troppo impari è il rapporto delle forze e delle posizioni.

…MA L’ISTRUTTORE MACELLAIO NON CERCA LA COERENZA, CERCA SOLTANTO DUE O TRE BREVI FRASI. LUI SA BENISSIMO COSA VUOLE. NOI INVECE SIAMO TOTALMENTE IMPREPARATI.

Un altro principio della nostra istruttoria è quello di privare l’imputato anche della conoscenza delle leggi. Viene presentata la conclusione dell’accusa a proposito: ‘Ci metta la firma’. ‘Non sono d’accordo’. ‘Firmi’. ‘Ma io non ho nessuna colpa!…’ ‘Lei è accusato secondo gli articoli 58-10 parte 2 e 58-11 del codice penale della rsfsr. ‘Firmi!’. ‘Che cosa dicono questi articoli? mi faccia leggere il codice’. ‘Non l’ho qui’. ‘Se lo procuri dal capo del reparto’. ‘Non lo ha neppure lui’. ‘Firmi’. ‘Ma io chiedo di vederlo!’. ‘Non siamo tenuti a mostrarglielo, è scritto per noi, non per voialtri. Del resto lei non né ha bisogno, glielo spiego io: questi articoli sono precisamente ciò di cui è accusato. E anche adesso le chiediamo di firmare, non che è d’accordo con quanto ha letto, ma che è stata notificata l’accusa’.
…La solitudine o meglio l’emarginazione e l’isolamento della persona sottoposta a istruttoria! Ecco un’altra condizione per il successo di un’istruttoria ingiusta. L’intero apparato deve abbattersi su una volontà isolata e angustiata. Dal momento dell’arresto e per tutto il primo periodo d’urto l’ideale sarebbe che il detenuto fosse solo (uno solo…): nella cella, nei corridoi, sulle scale, nell’ufficio, non deve mai incontrare un suo simile, non deve poter attingere conforto, consiglio, sostegno, in nessun sorriso, nessun riguardo. Gli Organi fanno di tutto per oscurargli il futuro e deformare il presente. …Esagerare le possibilità di fare scempio di lui e dei suoi, i propri diritti di graziarlo.
…Abbiamo detto: ‘l’ideale sarebbe che il detenuto fosse solo’. Ma dato che le prigioni traboccavano nel 37 (come pure nel 45), questo principio ideale di solitudine del neoarresto non poteva essere osservato. Quasi dalle prime ore egli si trovava in una cella comune stipata. Questo presentava certi vantaggi che compensavano i difetti. L’affollamento eccessivo non solo sostituiva la strettezza del box d’isolamento ma finiva per essere una tortura di prim’ordine, senza alcuno sforzo da parte dei giudici istruttori, il detenuto era torturato dagli stessi suoi compagni. …Il mio giudice istruttore non doveva quindi inventare nulla, cercava solo di gettare il cappio su chiunque avesse scritto a me o avesse ricevuto da me una lettera. Solevo esprimere con insolenza, con sfida, i miei pensieri sovversivi in lettere ad amici e amiche, e questi chissà perché, continuavano a scrivermi. Anche nelle loro lettere si trovavano qua e là espressioni sospette. …E che soprattutto al mio pigro giudice istruttore non venisse in mente di frugare nel maledetto carico che avevo portato nella stramaledetta valigia, nei molti taccuini del mio Diario di guerra scritto a matita, con una calligrafia minuscola, divenuta in certi punti illeggibile.

Quei diari rappresentavano la mia pretesa di diventare scrittore.

…Ma pareri e racconti così naturali in prima linea apparivano invece qui, nelle retrovie, sovversivi, promettevano il carcere e peggio ai miei compagni del fronte. Purché il giudice istruttore non si decidesse a darsi un po’ da fare con il mio Diario di guerra, e non ne estraesse le fibre di quegli uomini liberi al fronte, io mi pentivo quel tanto che occorreva, aprivo quel tanto che occorreva, gli occhi sulle mie aberrazioni politiche. Mi estenuavano a forza di camminare sul filo di lama, fino a quando capii che non avrebbero portato nessuno a un confronto con me, e avvertii i primi segni evidenti della fine dell’istruttoria: fino a quando, al quarto mese, tutti i taccuini del mio Diario di guerra finirono nelle infernali fauci di una stufa della Lubjanka e ne sprizzarono le faville rosse di un ennesimo romanzo perito in Russia: volarono, divenuti fuliggine, farfalle nere, dalla ciminiera più alta. 
(A. Solzenicyn - Arcipelago Gulag)




 Pietro si avvicinò nuovamente. 
‘Confessate, sorella mia’, le disse con voce carezzante. La povera donna che non aveva più forza di parlare, fece colla testa un segno negativo. Nella posizione in cui era stata posta, essa poteva appena respirare. ‘Impenitente!’ ripeté l’inquisitore. I tormentatori posero allora sul volto della paziente un finissimo pannolino inzuppato d’acqua, una parte della quale fu introdotta nella sua gola; l’altra le copriva le narici, poscia le versarono lentamente dell’acqua nella bocca e nel naso.
(P. Tamburini - Storia generale della Inquisizione)

 …Per tracciare una retta basta segnare due soli punti…

Nel 1920, ricorda Erenburg, la CEKA gli formulò la domanda così: ‘Ci dimostri che non è un agente di Vrangel’. Nel 1950, uno dei colonnelli più eminenti del KGB  Zelezov, dichiarò ai detenuti: ‘Noi non faticheremo a dimostrare la vostra colpa. Dimostrateci voi di non aver avuto intenzioni ostili’.

Su questa linea retta, cannibalesca nella sua semplicità, s’inseriscono nei punti intermedi innumerevoli ricordi di milioni.

Quale semplificazione e fretta nell’istruttoria, sconosciute fino ad allora all’umanità. Gli Organi esenti del tutto dalla fatica di cercare le prove. Il coniglio acciuffato, tremante e pallido, privato del diritto di scrivere, telefonare, portare qualcosa con sé, privato del sonno, del cibo, della carta, d’una matita e perfino dei bottoni, seduto su uno sgabello nell’angolo di un ufficio doveva trovare DA SÉ ed esporre all’ozioso giudice istruttore le prove di NON aver avuto intenzioni ostili! E se non le trovava (come avrebbe potuto procurarsele?) offriva all’istruttoria le prove approssimative della propria colpevolezza. …Io aprii il grosso incartamento e già all’interno della copertina lessi nel testo stampato una cosa sconvolgente: risultava che nel corso dell’istruttoria avevo il diritto di esporre lamentele scritte su irregolarità nello svolgimento dell’istruttoria stessa, e il giudice aveva il dovere di includere tali lamentele in ordine cronologico nell’incartamento. Nel corso dell’istruttoria! Non al suo termine. Purtroppo nessuno delle migliaia di detenuti con i quali mi sono trovato in seguito era al corrente di tale diritto. Continuai a sfogliare. Vidi le fotocopie delle mie lettere e l’interpretazione che ne falsava completamente il senso, fatta da ignoti commentatori. Vidi anche l’iperbolica menzogna di cui il capitano aveva rivestito le mie caute deposizioni. E infine l’assurdità che io, da solo, ero accusato come  gruppo. …Firmai… Firmai al punto 11. Non ne conoscevo allora il peso, mi era stato detto soltanto che non comportava un supplemento di pena. A causa dell’undicesimo punto capitai in un lager di lavori forzati. Sempre a causa del punto 11dicesimo fui mandato, senza alcun verdetto, in deportazione perpetua dopo la ‘liberazione. Meglio così, forse. Senza l’uno e l’altro non avrei scritto questo libro…
(A. Solzenicyn - Arcipelago Gulag)

  ‘Monsignore’ gli disse, ‘questa donna non può soffrire ulteriormente senza morire’. ‘Si sciolga’ disse Pietro; ‘la tortura è sospesa fino a nuovo ordine’. I tormentatori tolsero subito il pannolino che copriva il viso della torturata; ma quando ebbero sciolti ad uno ad uno i legami che circondavano le sue fragili membra, si avvidero che quelle membra erano state tagliate fino all’osso, tanto le corde erano entrate innanzi nelle carni. Giuseppe allora si avanzò colpito da inesprimibile orrore, e dopo aver considerato il viso della vittima, ‘Monsignore’, disse ‘la tortura è finita; questa donna è morta’.
(P. Tamburini - Storia generale della Inquisizione)




 IL LORO MESTIERE NON ESIGE CHE SIANO PERSONE ISTRUITE, DI CULTURA E VEDUTE LARGHE, E TALI NON SONO. IL MESTIERE NON ESIGE CHE PENSINO LOGICAMENTE, E NON LO FANNO. IL MESTIERE ESIGE UNICAMENTE UNA PRECISA ESECUZIONE DELLE DIRETTIVE E SIANO INSENSIBILI VERSO LE SOFFERENZE ALTRUI, E QUESTO SI, LO FANNO. NOI CHE SIAMO PASSATI ATTRAVERSO LE LORO MANI LI SENTIAMO, CON UN SENSO DI SOFFOCAMENTO, COME BLOCCO DI ESSERI TOTALMENTE PRIVO DI CONCETTI UMANI. CHI ALTRI, SE NON I GIUDICI ISTRUTTORI VEDONO CHE UN’ACCUSA È FASULLA? FUORI DALLE RIUNIONI, NON POTEVANO DIRE SERIAMENTE L’UNO ALL’ALTRO E A SE STESSI CHE STAVANO SMASCHERANDO DEI DELINQUENTI. EPPURE VERGAVANO UN FOGLIO DI VERBALE DIETRO L’ALTRO PERCHÉ FOSSIMO MANDATI A MARCIRE. E’ IL PRINCIPIO DEI CRIMINALI COMUNI:  ‘MUORI TU OGGI E IO DOMANI’.  CAPITAVANO CHE LE ACCUSE ERANO FASULLE EPPURE LAVORAVANO ANNO DOPO ANNO. COME MAI? O SI COSTRINGEVANO A NON PENSARE O, SEMPLICEMENTE SI DICEVANO: ‘COSÌ DEVE ESSERE. CHI SCRIVE LE DIRETTIVE NON PUÒ SBAGLIARE’.

SE BEN RICORDO ANCHE I NAZISTI RAGIONAVANO COSÌ.

(A. Solzenicyn - Arcipelago Gulag)

(Pietro Autier, Storia di un Eretico)



















Nessun commento:

Posta un commento