giuliano

venerdì 17 novembre 2017

...E CHI SCESO DAL TRENO (non meno dell'antico veliero) ovvero: LOTTE IN RIMA AL CROCEVIA DELLA VIA (41)








































Precedenti capitoli:

Noi da Mattera andiamo a Folligno.... (40)

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Lotte in Rima (& una strega a bordo) (42) &






















...& la demenza scende in campo (ovvero quando l'ingegno non conta) (43)













Una prima rappresentazione della ‘Nave dei folli’ è di Hieronymus Bosch: un dipinto su tavola conservato al Louvre, una metafora subito ricondotta a quella dell’Albero del Peccato originale, da cui derivò la tentazione di Eva.

La Follia assume un carattere paradigmatico: il peccato originale costituisce, in senso mistico, la follia per eccellenza (da curare da estirpare, ricordiamo e rimembriamo il terribile ‘Martello delle Streghe’), è cioè una metafora della ‘colpa’ secondo il simbolismo biblico di cui l’albero della tentazione è divenuto l’esponente.




Sì, il mondo sa che può conoscere, ma, appunto per questo, sprofonda allegramente e tragicamente nel peccato!

Oggi a distanza di secoli da questo testo in Rima da cui talune mie osservazioni che meglio stratigraficamente parlando indagano la terra di cui il ‘colto frutto’. Del resto è innegabile che proprio della ‘follia’ fu vittima l’intera Europa unita qualche decennio neppur remoto…

…Comunque proseguiamo…  

…Oggi dicevo è pur in atto una riforma, medesima,  la quale ai tempi di Brant fu avviata dall’Inghilterra, oggi per sua stessa mano prosegue in difficile ed impervio cammino esulando dall’Europa quindi dalla patria del Brant detto.




Una vecchia contesa?
Una antica sfida?
Una giostra al crocevia di una globalità diversamente interpretata?

Vedremo!

Noi siamo pur folli ma con la pretesa chi il più e vero folle della contesa…




Non pochi, soprattutto in Germania, si sono provati nell’impresa di chiarire le ragioni del successo della ‘Nave dei folli’: in primo luogo, il fatto che la Nave abbia un protagonista ben noto all’epoca, il ‘Narr’, matto, stolto, ‘fou’, ‘fool’, folle, figura che aveva addirittura sanzione ufficiale.
E certo, anche, che il ‘fou de cour’ cominciava ad essere guardato con sospetto dal mondo borghese di Brant (e sottolineo che il Tempo non certo mutato nell’inganno di quanto contato & numerato), non fosse che per i privilegi di cui godeva in un periodo in cui l’assolutismo monarchico veniva messo in forse; appariva, soprattutto, un residuo ‘pagano’, di tempi in cui la monarchia non era posta in discussione, ricordava i nani delle corti bizantine, ottomane, egizie, e i sovrani cristiani erano costretti a mettere la sordina ai loro ‘fools’, in un certo senso ad igienizzarli per renderli accettabili.

Per gli abitanti di città laboriose ordinate apparentemente ligie alle leggi timorose di Dio nelle pratiche delle proprie ed altrui antiche arti metallurgiche frutto di rimembranze di un mondo alchemico mal interpretato (e forse non solo quello) il ‘fool’ era ed è una sopravvivenza che proprio per questo poteva e può assumere una funzione di nuovo tipo, quasi potremmo dire una condizione Ereticale demonizzata dal costante progredire della materia nella propria imperturbabile crescita ed ascesa al medesimo trono del ‘superiore potere’ da cui il vero folle delle masse iper-urbanizzate difetta grazie alla propria follia affine e simmetrica ad una Natura anch’essa impazzita…




La ‘buffoneria’ la satira il sarcasmo, la verità rilevata e rivelata e detta nello specchio dell’altrui paradossale condizione,  in altre parole, venne in pratica espulsa se non addirittura demonizzata dalle corti come dall’intera socialità a 'codice a barre’ composta (ossia il codice morale detto sia modello unno o anglo con i suoi derivati poco marca la differenza qui posta); da ‘topos’ della rivelazione, si trasformò in segno dell’ ‘indegnitas hominis’, ossessiva, i quali contemporanei possono proiettare le proprie follie non meno delle proprie frustrazioni ed ossessioni (come il martello ci insegna), odierni ed antichi ‘contemporanei’  hanno edificato la propria ed altrui ‘dignitas’ quale pietra angolare nella propria ed altrui concezione del ‘Bene’ (con tutte le paradossali condizioni di una filosofia che forse per decenni ha pur mal-interpretato talune manichee condizioni nel Bene poste…), il metro di misura del successo in terra e della salvezza nell’aldilà (non meno che di qua).

L’arma spirituale del folle, la beffa istitutrice del distacco, venne così ad essere rovesciata, servì ai moralisti per denunciare appunto la follia e, di conseguenza, per legittimare ogni passata presente e futura persecuzione. Bisognava persuadere il folle a rinunciare alla sua follia (mezzi e metodi in questa sede mi astengo nell’enumerare); la Buffoneria andava pertanto messa a bando, rimossa, ed entro le mura della nuova città proibita (non avendo per il vero intuito bene la grande selva del Karma della vita) non doveva esserci più posto per l’eccesso (l’inizio del ghetto, in ricordo di un altro passeggero – fors’anche anche lui sceso da ugual vagone armeno di nome con la bocca cucita fedele a codesta disciplina impartita che da una stazione ad un porto corre fino al binario morto dell’intera linea… così asservita…); questa patologia ‘buffonesca’ nei termini della Memoria deve essere messa al bando ed essere circoscritta e relegata nel disordine organico se non addirittura patologico (avremmo tristi accadimenti circa codesti principi): la selva e l’intero bosco e con questo tutta la Natura deve essere finalmente redenta, cristianizzata secondo i principi della Riforma o Controriforma.




Nell’epoca di Brant non meno dell’odierno la dimensione che si impone è quella della Città globalizzata non più minacciata dalla selva, dalla foglia dalle stagioni che da queste derivano. Ogni selva è pur buona per il calore nel rogo che da questa deriva ed unicamente principia.

Qualsiasi diverso argomento sarà materia di una antica per quanto odierna Ortodossia!

Numerosi sono i dipinti tra la fine del Quattrocento e la metà del Cinquecento in cui si illustra l’estrazione della pietra della follia: un’operazione cruenta, che fa urlare di dolore il povero matto sottoposto all’azione implacabile e connessa (di più folli) di un metodo, cioè, feroce, dato che all’inizio del ‘genere’ era stato un ‘santo’ a provvedere, con tenerezza, alla bisogna. Non vi è posto nell’Universo ritmato e musicato di Brant, per il folle sogghignante che in mano regge probabilmente la marotta, o forse il bastone del nuovo pellegrino fuggito da queste città quanto dal secolare destino che tutte le accumuna: la crociata pugnata del falso per-benismo alla mecca del grande peccato globalmente consumato. Quindi non solo il Diavolo è folle, come si ostina a proclamare Brant, ma i pochi che si salveranno pellegrini anche loro sulla ‘barchetta di San Pietro’ nell’eterno paradosso da cui la condizione di una certa cultura posta fra Riforma e Controriforma, si incrocia nell’orgia e sconcio che ne deriva, il qual ‘folle’ indica esule per costretta natura da cotal pornografia… quotidianamente servita…

Qual è dunque l’antecedente, il modello della follia di Brant in rappresentanza della propria ed altrui genetica comporre futura rima?

È LO ‘STUPOR’, LA MANIA, L’EK-STATIS ACCOMPAGNATE ALLE VISIONI DI UN COMPROVATO E POPOLATO MISTICISMO  STRANIERO ALLE LORO SECOLARI DIMORE…

Il posseduto in compagnia dell’antica possessione diabolica, e se in passato erano e sono frati e preti (quantunque e sempre dottori al capezzale dell’eterno sciamano)… in Brant va demandata alla nuda persecuzione, e concludo: è ancora da venire l’inserimento della follia nel quadro clinico, giacché abbiamo aperto il post con un quadro e con un quadro intendo concluderlo essendo state create le dovute premesse nelle radici di medesima pianta nell’esclusione di ogni diritto e con lui il giusto godimento nella visione della Vita e con essa dell’intera Natura che certo il ‘folle’ più di una macchina capisce comprende e traduce…

E per questo ancor più folle….

(...PROSEGUE....)
















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