Precedenti capitoli:
Solo per voi.... Codesti preziosi precetti...
...E per la 'tavola calda' prosegui fino...
Ad Anguillara... (5) &
Negli stessi anni (6)
...Folle follia (7) & (8)
(1) Se a
cena la padrona dimentica che c’è in casa della carne fredda, non essere così
petulante da ricordarglielo; è chiaro che non la gradisce; e se le torna in
mente il giorno dopo, dille che non ti aveva dato ordini, e che è stata usata;
quindi, per non dover dire una bugia, finiscila col maggiordomo, o con un altro
intimo amico, prima di andare a letto.
(2) Non
mandare mai in tavola una coscia di pollo, a cena, se c’è un gatto o un cane in
casa che tu possa accusare di averla sgraffignata: ma, se per caso non c’è,
puoi dar la colpa ai topi, o a un levriero che passava.
(3) È
cattiva amministrazione sporcare gli strofinacci di cucina per asciugare il fondo
dei piatti che mandi in tavola, perché lo si può fare benissimo con la tovaglia,
che viene cambiata a ogni pasto.
(4) Non
pulir mai gli spiedi dopo averli usati; perché il grasso lasciato dalla carne è
la cosa migliore per preservarli dalla ruggine; e quando li userai nuovamente
lo stesso grasso manterrà morbido l’interno della carne.
(5) Se vivi
in una famiglia ricca, arrostire e bollire sono cose al di sotto della dignità
del tuo ufficio, e che ti è più consono ignorare; perciò lascia questo lavoro
interamente alla sguattera, per non screditare la famiglia in cui vivi.
(6) Se hai
l’incarico di far la spesa, compra la carne al più basso prezzo possibile: ma
quando rendi i conti, sii gelosa dell’onore del tuo padrone; e segna il prezzo
più alto; cosa, del resto, più che legittima; perché nessuno può permettersi di
vendere allo stesso prezzo a cui compra; e non dubito che potrai sempre giurare
in buona fede di non aver pagato più di quello che ti ha chiesto il macellaio o
il pollivendolo.
(7) Se la
padrona ti ordina di metter su un pezzo di carne per cena, non interpretarlo
nel senso che devi metterla tutta; perciò puoi offrirne metà a te stessa e al
maggiordomo.
(8) Le
brave cuoche non possono soffrire quello che molto giustamente chiamano lavoro
ozioso, dove si perde un gran tempo e si conclude poco: tale, ad esempio, è la
preparazione degli uccelletti, che richiede un mondo di lavoro e confusione,
oltre a un secondo o terzo spiedo, che tra l’altro è del tutto inutile, perché
sarebbe davvero molto buffo se uno spiedo abbastanza robusto da girare un lombo
di manzo, non fosse in grado di girare un’allodola. Comunque, se la tua padrona
è sofistica e ha paura che un grosso spiedo squarci gli uccelletti, disponili
in bell’ordine sulla leccarda, dove il grasso del montone o del manzo
arrostiti, cadendogli sopra, servirà ad ammorbidirli; e quindi a risparmiare
sia il tempo che il burro: e a proposito del tempo, quale cuoca con un minimo
di personalità sciuperebbe il suo a spennare allodole, culbianchi, e altri
uccelletti? perciò, se non riesci a farti aiutare dalle cameriere o dalle
signorine, almeno semplifica il lavoro, strinandoli e scorticandoli; di pelle
se ne perde poca, e la carne resta sempre la stessa.
(9) Se hai
l’incarico della spesa, non accettare uno spuntino di bistecca e birra offerto
dal macellaio, che in coscienza sarebbe nient’altro che una frode al tuo
padrone; ma questa tua spettanza esigila sempre in denaro, se non compri a
credito; oppure in percentuale sul saldo finale dei conti.
(10) Dato
che il soffietto di cucina è generalmente fuori uso, a forza di attizzare il
fuoco col becco per non rovinare le molle e l’attizzatoio, usa provvisoriamente
il soffietto della camera da letto della padrona, che essendo il meno usato è
di solito il migliore della casa; e se ti capita di sciuparlo o sporcarlo di
grasso, è facile che tu possa tenerlo esclusivamente per te.
(11) Dev’esserci
sempre uno sguattero per casa, che faccia le tue commissioni, e vada per tuo
conto al mercato nei giorni di pioggia; preservando così i tuoi vestiti, e
facendoti apparire più disinteressata davanti alla tua padrona.
(12) Se la
tua padrona ti concede in beneficio il grasso di recupero, per ricambiare la
sua generosità bada che la carne bollisca e arrostisca abbastanza. Se invece lo
tiene per guadagnarci lei, usale il riguardo che merita; e piuttosto di lasciar
deperire un buon fuoco, ravvivalo di tanto in tanto col grasso della leccarda e
col burro che per disgrazia dovesse liquefarsi. Manda la carne in tavola tenuta
ben su con stecchini, per farla sembrare tonda e piena; e uno spiedino di
ferro, usato nel modo e al momento giusto, le darà un aspetto ancora più bello.
Quando arrostisci un taglio lungo di carne, cura soltanto la parte mediana, e
lascia crude le due estremità; serviranno per un’altra volta, e inoltre si risparmia
combustibile.
(13) Quando
strofini i tuoi rami e i tuoi piatti di stagno, storci gli orli in dentro, per
aumentarne la capienza.
(14) Tieni
sempre un gran fuoco in cucina quando il pranzo è modesto, o la famiglia pranza
fuori; perché vedendo il fumo i vicini possano lodare l’ospitalità del tuo
padrone: ma, quando ci sono molti invitati, allora serba i tuoi carboni più che
puoi, perché buona parte della carne, restando mezzo cruda, avanzerà e servirà
per il giorno dopo.
(15) Fai
bollire la carne sempre in acqua di cisterna, perché qualche volta ti troverai
senz’acqua di fiume o di acquedotto, e allora la padrona accorgendosi che la
carne ha un diverso colore, ti sgriderà senza tua colpa.
(16) Quando
ci sono polli in abbondanza nella moscaiola, lascia lo sportello aperto, per
pietà della povera gatta, se è una brava cacciatrice di topi.
(17) Se ti
sembra necessario andare al mercato in una giornata piovosa, prendi il mantello
con cappuccio della tua padrona per non sciupare i tuoi vestiti.
(18) Per
aiutarti in cucina tieni sempre tre o quattro donne a ore, che puoi pagare con
poca spesa, solo con gli avanzi di carne, qualche pezzo di carbone, e tutta la
cenere.
(19) Per
tener fuori di cucina i servi molesti, quando hai caricato il girarrosto lasciagli
sopra la chiave, perché gli cada sulla testa. Se un grumo di fuliggine cade nel
brodo, ed è troppo laborioso tirarlo fuori, rimestalo bene, e darà al brodo un
aromatico gusto francese. Se il burro si è squagliato come olio, non te ne fare
un cruccio, e manda in tavola: l’olio è una salsa più fine del burro.
(20) Gratta
il fondo di pentole e paioli con un cucchiaio d’argento, per non rischiare che
prendano gusto di rame. Quando per salsa mandi il burro in tavola, abbi la
parsimonia di lasciarlo mezzo acquoso; che è anche molto più sano. Non servirti
mai di un cucchiaio in tutto ciò che puoi fare con le mani, per lo scrupolo di
non consumare l’argenteria del tuo padrone.
(21) Quando
ti accorgi che il pranzo non può essere pronto all’ora stabilita, metti
indietro l’orologio, dopodiché sarà pronto allo scoccar del minuto. Ogni tanto
lascia cadere un tizzone rovente nella leccarda, perché il fumo del grasso
bruciato salga, e dia all’arrosto un sapore più aromatico.
(22) Considera
pure la cucina come il tuo camerino da toilette; ma non è il caso che ti lavi
le mani finché non sei stata al cesso, non hai schidionato la carne, accosciato
i polli, mondato l’insalata, e comunque non prima di aver mandato in tavola la
seconda portata; perché le tue mani si risporcherebbero dieci volte con tutte
le cose che sei costretta a maneggiare; ma quando il tuo lavoro è finito, puoi
lavarle una volta per tutte.
(23) C’è
solo un’operazione di toilette che ti consento di fare mentre le vivande stanno
lessando, arrostendo, o stufando, cioè pettinarti la testa, che non fa perder
tempo, perché puoi seguire la cottura, e curarla con una mano, mentre stai
usando il pettine con l’altra. Se per caso va in tavola coi cibi qualche
capello caduto dal pettine, puoi benissimo dare la colpa a un qualsiasi
valletto che ti abbia fatto arrabbiare: perché questi signori sono anche capaci
di far dispetti se gli rifiuti un pezzo di pan fritto, o un boccone dallo
spiedo; e ancor più se gli rovesci sulle gambe un mestolo pieno di porridge
bollente, o li mandi su dai padroni con lo strofinaccio dei piatti appuntato
alle falde della giacca.
(24) Arrostendo
e lessando, ordina alle sguattere di portarti soltanto carbone grosso, e
serbare quello piccolo per i fuochi del piano di sopra; il primo è più adatto
per cuocere la carne, e quando è finito, se per caso un piatto ti riesce male,
puoi darne onestamente la colpa alla mancanza di carbone grosso: inoltre, le
ceneraie parleranno certamente male dell’ospitalità del tuo padrone, se non
troveranno abbondanza di ceneri grosse mescolate con grossi carboni ancora
intatti: così potrai cuocere la carne come si deve, fare un’opera di carità,
tenere alto l’onore del tuo padrone, e di tanto in tanto esser chiamata a
spartire una brocca di birra in cambio della tua bontà con le ceneraie.
(25) Quando
hai mandato di sopra la seconda portata, non hai più niente da fare in una
grande famiglia, fino all’ora di cena: perciò, strofinati le mani e la faccia,
metti la cuffia e lo scialle, e prenditi un po’ di svago con i tuoi amici intimi,
fino alle nove o alle dieci di sera — prima, però, mangia.
(26) Ci sia
sempre una stretta amicizia fra te e il maggiordomo, perché è vostro comune
interesse essere uniti: il maggiordomo ha bisogno spesso di un bocconcino
ristoratore, e tu molto più spesso di un fresco calice di vino buono. Però, non
ti fidar di lui, perché a volte è incostante in amore, avendo il grande
vantaggio di sedurre le cameriere con un bicchiere di vino bianco, secco o
zuccherato.
(27) Quando
arrostisci un petto di vitello, ricorda che l’anima dell’anima tua, il maggiordomo,
ha un debole per l’animella; perciò mettila da parte per la sera: puoi dire che
il gatto o il cane l’hanno rubata, o che l’hai trovata guasta o contaminata
dalle mosche; e poi, sulla tavola il pezzo fa la stessa figura con l’animella o
senza.
(28) Quando
fai aspettare molto il pranzo ai commensali, e la carne è passata di cottura (come
succede quasi sempre), puoi legittimamente incolpare la tua padrona, che ti ha
fatto tanta premura di mandare il pranzo in tavola, da costringerti a mandar su
la carne troppo bollita e arrostita.
(29) Quando
hai fretta di tirar giù i piatti, dagli una spintarella che ne faccia cadere
una dozzina sulla credenza, giusto a portata di mano. Per risparmiar tempo e
fatica, taglia le mele e le cipolle con lo stesso coltello, perché ai signori
di buona famiglia piace il sapore di cipolla in ogni cosa che mangiano. Impasta
con le tue mani tre o quattro libbre di burro in un blocco solo, poi sbattilo
contro il muro proprio sopra la credenza, e lascialo lì per prenderlo pezzo a
pezzo quando ti serve. Se hai una casseruola d’argento per uso di cucina, debbo
proprio consigliarti di sbatacchiarla senza riguardo, e di tenerla sempre nera
di fuliggine, ruotarla in mezzo alla brace per farle posto, eccetera: questo
per fare onore al tuo padrone, perché dimostra che ha sempre tenuto tavola imbandita.
E analogamente, se la cucina è dotata di un mestolo d’argento, il manico
dev’essere consumato a forza di usarlo per raschiare e attizzare, e tu devi dir
spesso argutamente: che cosa non ha fatto questo mestolo per il mio padrone!
(30) Quando
al mattino mandi al tuo padrone una tazza di brodo, pappa d’avena, o simili,
non dimenticare di metter del sale su un lato del piatto prendendolo tra il
pollice e altre due dita; perché se adoperi un cucchiaio, o la punta di un
coltello, c’è pericolo che il sale si versi, cosa che porta sfortuna. Ricorda
solo di leccarti il pollice e le altre dita, prima di azzardarti a toccare il sale.
Se il burro, quando fonde, sa di metallo, è colpa del tuo padrone, che non ti ha
dotato di una casseruola d’argento; inoltre, l’inconveniente si aggraverà, e una
nuova stagnatura è molto costosa. Se invece hai una casseruola d’argento, e il
burro sa di fumo, da’ la colpa al carbone.
(31) Se il
pranzo ti riesce male quasi in ogni piatto, come potevi far diverso, coi valletti
che entravano in cucina a darti noia? e per dimostrare che è vero, fatti venire
un accesso di rabbia, e getta un mestolo di brodo sopra una o due delle loro
livree; inoltre, il venerdì e il giorno dei Santi Innocenti sono due giornate nere
della settimana, nelle quali è impossibile avere fortuna; perciò in quei due
giorni hai una scusa legittima.
(J. Swift)
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