giuliano

lunedì 26 agosto 2019

I PRECETTI (4)







































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Negli stessi anni (6)

...Folle follia (7)  &  (8)













(1) Se a cena la padrona dimentica che c’è in casa della carne fredda, non essere così petulante da ricordarglielo; è chiaro che non la gradisce; e se le torna in mente il giorno dopo, dille che non ti aveva dato ordini, e che è stata usata; quindi, per non dover dire una bugia, finiscila col maggiordomo, o con un altro intimo amico, prima di andare a letto.

(2) Non mandare mai in tavola una coscia di pollo, a cena, se c’è un gatto o un cane in casa che tu possa accusare di averla sgraffignata: ma, se per caso non c’è, puoi dar la colpa ai topi, o a un levriero che passava.

(3) È cattiva amministrazione sporcare gli strofinacci di cucina per asciugare il fondo dei piatti che mandi in tavola, perché lo si può fare benissimo con la tovaglia, che viene cambiata a ogni pasto.

(4) Non pulir mai gli spiedi dopo averli usati; perché il grasso lasciato dalla carne è la cosa migliore per preservarli dalla ruggine; e quando li userai nuovamente lo stesso grasso manterrà morbido l’interno della carne.

(5) Se vivi in una famiglia ricca, arrostire e bollire sono cose al di sotto della dignità del tuo ufficio, e che ti è più consono ignorare; perciò lascia questo lavoro interamente alla sguattera, per non screditare la famiglia in cui vivi.

(6) Se hai l’incarico di far la spesa, compra la carne al più basso prezzo possibile: ma quando rendi i conti, sii gelosa dell’onore del tuo padrone; e segna il prezzo più alto; cosa, del resto, più che legittima; perché nessuno può permettersi di vendere allo stesso prezzo a cui compra; e non dubito che potrai sempre giurare in buona fede di non aver pagato più di quello che ti ha chiesto il macellaio o il pollivendolo.

(7) Se la padrona ti ordina di metter su un pezzo di carne per cena, non interpretarlo nel senso che devi metterla tutta; perciò puoi offrirne metà a te stessa e al maggiordomo.

(8) Le brave cuoche non possono soffrire quello che molto giustamente chiamano lavoro ozioso, dove si perde un gran tempo e si conclude poco: tale, ad esempio, è la preparazione degli uccelletti, che richiede un mondo di lavoro e confusione, oltre a un secondo o terzo spiedo, che tra l’altro è del tutto inutile, perché sarebbe davvero molto buffo se uno spiedo abbastanza robusto da girare un lombo di manzo, non fosse in grado di girare un’allodola. Comunque, se la tua padrona è sofistica e ha paura che un grosso spiedo squarci gli uccelletti, disponili in bell’ordine sulla leccarda, dove il grasso del montone o del manzo arrostiti, cadendogli sopra, servirà ad ammorbidirli; e quindi a risparmiare sia il tempo che il burro: e a proposito del tempo, quale cuoca con un minimo di personalità sciuperebbe il suo a spennare allodole, culbianchi, e altri uccelletti? perciò, se non riesci a farti aiutare dalle cameriere o dalle signorine, almeno semplifica il lavoro, strinandoli e scorticandoli; di pelle se ne perde poca, e la carne resta sempre la stessa.

(9) Se hai l’incarico della spesa, non accettare uno spuntino di bistecca e birra offerto dal macellaio, che in coscienza sarebbe nient’altro che una frode al tuo padrone; ma questa tua spettanza esigila sempre in denaro, se non compri a credito; oppure in percentuale sul saldo finale dei conti.

(10) Dato che il soffietto di cucina è generalmente fuori uso, a forza di attizzare il fuoco col becco per non rovinare le molle e l’attizzatoio, usa provvisoriamente il soffietto della camera da letto della padrona, che essendo il meno usato è di solito il migliore della casa; e se ti capita di sciuparlo o sporcarlo di grasso, è facile che tu possa tenerlo esclusivamente per te.

(11) Dev’esserci sempre uno sguattero per casa, che faccia le tue commissioni, e vada per tuo conto al mercato nei giorni di pioggia; preservando così i tuoi vestiti, e facendoti apparire più disinteressata davanti alla tua padrona.

(12) Se la tua padrona ti concede in beneficio il grasso di recupero, per ricambiare la sua generosità bada che la carne bollisca e arrostisca abbastanza. Se invece lo tiene per guadagnarci lei, usale il riguardo che merita; e piuttosto di lasciar deperire un buon fuoco, ravvivalo di tanto in tanto col grasso della leccarda e col burro che per disgrazia dovesse liquefarsi. Manda la carne in tavola tenuta ben su con stecchini, per farla sembrare tonda e piena; e uno spiedino di ferro, usato nel modo e al momento giusto, le darà un aspetto ancora più bello. Quando arrostisci un taglio lungo di carne, cura soltanto la parte mediana, e lascia crude le due estremità; serviranno per un’altra volta, e inoltre si risparmia combustibile.

(13) Quando strofini i tuoi rami e i tuoi piatti di stagno, storci gli orli in dentro, per aumentarne la capienza.

(14) Tieni sempre un gran fuoco in cucina quando il pranzo è modesto, o la famiglia pranza fuori; perché vedendo il fumo i vicini possano lodare l’ospitalità del tuo padrone: ma, quando ci sono molti invitati, allora serba i tuoi carboni più che puoi, perché buona parte della carne, restando mezzo cruda, avanzerà e servirà per il giorno dopo.

(15) Fai bollire la carne sempre in acqua di cisterna, perché qualche volta ti troverai senz’acqua di fiume o di acquedotto, e allora la padrona accorgendosi che la carne ha un diverso colore, ti sgriderà senza tua colpa.

(16) Quando ci sono polli in abbondanza nella moscaiola, lascia lo sportello aperto, per pietà della povera gatta, se è una brava cacciatrice di topi.

(17) Se ti sembra necessario andare al mercato in una giornata piovosa, prendi il mantello con cappuccio della tua padrona per non sciupare i tuoi vestiti.

(18) Per aiutarti in cucina tieni sempre tre o quattro donne a ore, che puoi pagare con poca spesa, solo con gli avanzi di carne, qualche pezzo di carbone, e tutta la cenere.

(19) Per tener fuori di cucina i servi molesti, quando hai caricato il girarrosto lasciagli sopra la chiave, perché gli cada sulla testa. Se un grumo di fuliggine cade nel brodo, ed è troppo laborioso tirarlo fuori, rimestalo bene, e darà al brodo un aromatico gusto francese. Se il burro si è squagliato come olio, non te ne fare un cruccio, e manda in tavola: l’olio è una salsa più fine del burro.

(20) Gratta il fondo di pentole e paioli con un cucchiaio d’argento, per non rischiare che prendano gusto di rame. Quando per salsa mandi il burro in tavola, abbi la parsimonia di lasciarlo mezzo acquoso; che è anche molto più sano. Non servirti mai di un cucchiaio in tutto ciò che puoi fare con le mani, per lo scrupolo di non consumare l’argenteria del tuo padrone.

(21) Quando ti accorgi che il pranzo non può essere pronto all’ora stabilita, metti indietro l’orologio, dopodiché sarà pronto allo scoccar del minuto. Ogni tanto lascia cadere un tizzone rovente nella leccarda, perché il fumo del grasso bruciato salga, e dia all’arrosto un sapore più aromatico.

(22) Considera pure la cucina come il tuo camerino da toilette; ma non è il caso che ti lavi le mani finché non sei stata al cesso, non hai schidionato la carne, accosciato i polli, mondato l’insalata, e comunque non prima di aver mandato in tavola la seconda portata; perché le tue mani si risporcherebbero dieci volte con tutte le cose che sei costretta a maneggiare; ma quando il tuo lavoro è finito, puoi lavarle una volta per tutte.

(23) C’è solo un’operazione di toilette che ti consento di fare mentre le vivande stanno lessando, arrostendo, o stufando, cioè pettinarti la testa, che non fa perder tempo, perché puoi seguire la cottura, e curarla con una mano, mentre stai usando il pettine con l’altra. Se per caso va in tavola coi cibi qualche capello caduto dal pettine, puoi benissimo dare la colpa a un qualsiasi valletto che ti abbia fatto arrabbiare: perché questi signori sono anche capaci di far dispetti se gli rifiuti un pezzo di pan fritto, o un boccone dallo spiedo; e ancor più se gli rovesci sulle gambe un mestolo pieno di porridge bollente, o li mandi su dai padroni con lo strofinaccio dei piatti appuntato alle falde della giacca.

(24) Arrostendo e lessando, ordina alle sguattere di portarti soltanto carbone grosso, e serbare quello piccolo per i fuochi del piano di sopra; il primo è più adatto per cuocere la carne, e quando è finito, se per caso un piatto ti riesce male, puoi darne onestamente la colpa alla mancanza di carbone grosso: inoltre, le ceneraie parleranno certamente male dell’ospitalità del tuo padrone, se non troveranno abbondanza di ceneri grosse mescolate con grossi carboni ancora intatti: così potrai cuocere la carne come si deve, fare un’opera di carità, tenere alto l’onore del tuo padrone, e di tanto in tanto esser chiamata a spartire una brocca di birra in cambio della tua bontà con le ceneraie.

(25) Quando hai mandato di sopra la seconda portata, non hai più niente da fare in una grande famiglia, fino all’ora di cena: perciò, strofinati le mani e la faccia, metti la cuffia e lo scialle, e prenditi un po’ di svago con i tuoi amici intimi, fino alle nove o alle dieci di sera — prima, però, mangia.

(26) Ci sia sempre una stretta amicizia fra te e il maggiordomo, perché è vostro comune interesse essere uniti: il maggiordomo ha bisogno spesso di un bocconcino ristoratore, e tu molto più spesso di un fresco calice di vino buono. Però, non ti fidar di lui, perché a volte è incostante in amore, avendo il grande vantaggio di sedurre le cameriere con un bicchiere di vino bianco, secco o zuccherato.

(27) Quando arrostisci un petto di vitello, ricorda che l’anima dell’anima tua, il maggiordomo, ha un debole per l’animella; perciò mettila da parte per la sera: puoi dire che il gatto o il cane l’hanno rubata, o che l’hai trovata guasta o contaminata dalle mosche; e poi, sulla tavola il pezzo fa la stessa figura con l’animella o senza.

(28) Quando fai aspettare molto il pranzo ai commensali, e la carne è passata di cottura (come succede quasi sempre), puoi legittimamente incolpare la tua padrona, che ti ha fatto tanta premura di mandare il pranzo in tavola, da costringerti a mandar su la carne troppo bollita e arrostita.

(29) Quando hai fretta di tirar giù i piatti, dagli una spintarella che ne faccia cadere una dozzina sulla credenza, giusto a portata di mano. Per risparmiar tempo e fatica, taglia le mele e le cipolle con lo stesso coltello, perché ai signori di buona famiglia piace il sapore di cipolla in ogni cosa che mangiano. Impasta con le tue mani tre o quattro libbre di burro in un blocco solo, poi sbattilo contro il muro proprio sopra la credenza, e lascialo lì per prenderlo pezzo a pezzo quando ti serve. Se hai una casseruola d’argento per uso di cucina, debbo proprio consigliarti di sbatacchiarla senza riguardo, e di tenerla sempre nera di fuliggine, ruotarla in mezzo alla brace per farle posto, eccetera: questo per fare onore al tuo padrone, perché dimostra che ha sempre tenuto tavola imbandita. E analogamente, se la cucina è dotata di un mestolo d’argento, il manico dev’essere consumato a forza di usarlo per raschiare e attizzare, e tu devi dir spesso argutamente: che cosa non ha fatto questo mestolo per il mio padrone!

(30) Quando al mattino mandi al tuo padrone una tazza di brodo, pappa d’avena, o simili, non dimenticare di metter del sale su un lato del piatto prendendolo tra il pollice e altre due dita; perché se adoperi un cucchiaio, o la punta di un coltello, c’è pericolo che il sale si versi, cosa che porta sfortuna. Ricorda solo di leccarti il pollice e le altre dita, prima di azzardarti a toccare il sale. Se il burro, quando fonde, sa di metallo, è colpa del tuo padrone, che non ti ha dotato di una casseruola d’argento; inoltre, l’inconveniente si aggraverà, e una nuova stagnatura è molto costosa. Se invece hai una casseruola d’argento, e il burro sa di fumo, da’ la colpa al carbone.

(31) Se il pranzo ti riesce male quasi in ogni piatto, come potevi far diverso, coi valletti che entravano in cucina a darti noia? e per dimostrare che è vero, fatti venire un accesso di rabbia, e getta un mestolo di brodo sopra una o due delle loro livree; inoltre, il venerdì e il giorno dei Santi Innocenti sono due giornate nere della settimana, nelle quali è impossibile avere fortuna; perciò in quei due giorni hai una scusa legittima.

(J.  Swift)












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