Da precedenti capitoli,
ovvero,
Prosegue perché vedete
L’ho aperta
già sapendo che sarei entrato in un corridoio talmente buio da doverlo
percorrere con una lampada. Il corridoio assomigliava al magazzino di accessori
di un teatro, o al retrobottega di un rigattiere del Tempio. Ai muri erano
appesi gli abiti più disparati, alla contadina, da carbonaro, da fattorino, da
accattone, una giubba con i pantaloni da soldato, e accanto agli abiti le
acconciature che dovevano completarli. Una dozzina di testiere disposte in buon
ordine sopra una mensola di legno sostenevano altrettante parrucche.
In fondo,
una coiffeuse simile a quella dei camerini da commedianti, ricoperta di vasetti
di biacca e di rossetto, di matite nere e turchine, di zampe di lepre, di
piumini, di pennelli, di spazzole.
A un certo
punto il corridoio piegava ad angolo retto, e in fondo vi era un’altra porta
che immetteva in una stanza più luminosa delle mie, perché riceveva la luce da
una strada che non era l’angusta impasse Maubert. Infatti, affacciatomi a una
delle finestre, ho visto che dava su rue Maître-Albert. Dalla stanza una
scaletta menava alla strada, ma era tutto. Si trattava di un monolocale,
qualcosa di mezzo tra uno studio e una camera da letto, con mobili sobri e
scuri, un tavolo, un inginocchiatoio, un letto.
Vicino all’uscita si apriva una piccola cucina, e sulla scala una chiotte con lavandino. Era evidentemente il pied-à-terre di un ecclesiastico, con cui avrei dovuto avere una qualche dimestichezza, giacché i nostri due appartamenti comunicavano. Ma, benché il tutto sembrasse ricordarmi qualcosa, di fatto avevo l’impressione di visitare quella stanza per la prima volta.
Mi sono
avvicinato al tavolo e vi ho visto un fascio di lettere con le loro buste,
tutte indirizzate alla stessa persona…
…Ho letto,
con qualche fatica:
Tutto
sembra irreale.
Come se fossi un altro che mi osserva. Mettere per iscritto per essere sicuro che è vero.
Oggi è il 10
maggio.
Dove sono
la tonaca e la parrucca?
Cosa ho
fatto ieri sera?
Ho come una
nebbia nella testa.
Non ricordavo neppure dove portasse la porta in fondo alla stanza. Ho scoperto un corridoio (mai visto?) pieno di abiti, parrucche, paste e ceroni come usano gli attori. Dal piolo pendeva una buona tonaca, e su un ripiano ho trovato non solo una buona parrucca ma anche finte sopracciglia. Con un fondo ocra, due pomelli appena rosati, sono ritornato quello che credo di essere, aspetto pallido e leggermente febbrile. Ascetico.
Sono io.
Io
chi?
Una
sconosciuta calamità del Progresso lo aveva colpito come un fulmine, possibile
abbiano inventato siffatti nuovi strumenti…?
Allora il curato è un benandante e tutti loro i veri dèmoni, l’abate deve averlo scoperto, ovvero che esistono davvero, e quindi deve essersi rifugiato fra i Geni della Natura, o meglio della Foresta - dacché la vogliono conquistare fino alla più invisibile cellula o linfa di vita…
Fino
all’ultima pietra!
Facciamo
alcune ipotesi sul curato…
Primo:
Il curato è
un altro forse un Eretico in seno alla Chiesa e contrario ad un certo tipo di
Eresia…, oppure un Ortodosso che non vuol sentir ragione dell’altrui commedia,
oppure lo stesso che in Versi ha scritto la Rima intera…, e poi passa - non so
per quale motivo - spesso a casa mia, collegata alla sua per tramite d’un Bosco
segreto!?…
La sera dell’8 maggio è rientrato da me in impasse Maubert San Martin, ha deposto la sua tonaca (perché), poi è andato a dormire a casa o in mezzo alla Selva?
Dove poi si
è svegliato smemorato la mattina. E
così, ugualmente smemorato, mi ero svegliato io due mattine dopo.
Ma in tal
caso, che cosa avrei fatto il martedì 22 marzo, se mi ero svegliato privo di
Memoria la mattina del 23 per essere internato a Col-Legno?
E perché
mai il curato assieme alla piccola doveva spogliarsi da me e rientrare poi a
casa proprio senza tonaca – e a che ora?
Ero stato assalito dal terrore che avesse passato la prima parte della notte nel mio letto… con Diana…, ma io sono separato da…., mio Dio è vero che le donne mi fanno orrore, ma con un Abate sarebbe peggio.
Sono casto
ma non pervertito!
Oppure io e
l’Abate siamo la stessa persona!?
Siccome ho
trovato la tonaca in camera mia, dopo la giornata della messa il 21 sarei
potuto essere rientrato dal Convegno (durato sino a notte fonda….) acconciato
come l’Abate, per poi sbarazzarmi di tonaca e Abate, e andare più tardi a
dormire nell’appartamento di Diana…
Il mattino dopo, lunedì 22 marzo, svegliandomi come fossi l’Abate, non solo mi sarei trovato smemorato ma non avrei neppure trovato la tonaca ai piedi del letto…
Come
l’Abate, smemorato, avrei trovato una tonaca di ricambio in corridoio e Diana
m’avrebbe visto?
Ma con
Diana ci siamo lasciati?
E hora con
chi dormo?
Insomma
avrei avuto tutto il tempo per fuggire ad un altro Convegno e fuggire da me
stesso…
Quindi cerco di ricapitolare il tutto: l’Abate smemora il 22 marzo e smemorato rimane un giorno intero per poi ritrovarsi il 23 come un Benandante ad un processo intentato da taluni speculatori e inquisitori con la falsa accusa e pretesto - qual scusa - mossa da innominati amministratori - di non aver pagato loro delle parcelle…
Per poi
dopo l’Abate essere denunziato anche da una inquilina che lo aveva scorto
sull’uscio d’una o più porte ad imbrattare con l’inchiostro…
Ma questo
fu un altro processo… agli untori…
O Dio perdo
il filo logico!
Nulla di
eccezionale… dopo quello che ho appreso da… come si chiama quel famoso dottore
della clinica di Vincennes?
Tranne un
altro piccolo problema.
Mi ero riletto le note che avevo scritto di mio pugno sulla cartella clinica dell’Abate… ma poi il 22 o 23 sono andato ad un Convegno… e chi ero?
Avevo
percorso il corridoio e non stavo di certo nel bel mezzo del Bosco, ma
accompagnato da qualche timore. Se l’Abate non fossi io, mi dicevo, avrei
potuto vedermelo apparire come uno Spirito inquieto dall’altro capo di quel
condotto, magari anche lui con una lampada accesa e un orologio in mano… quelli
antichi da tasca…
Per fortuna
ciò non è avvenuto e in fondo al corridoio non vedo né l’Abate né Diana…
Adesso
signori miei proseguo ho un importante Convegno…
(U. Eco, il cimitero di Praga)
I NUMERI
Carissimo amico,
Le scrivo giacché in procinto di partire per il Viaggio
nel quale mi è ed èra di mio
conforto e appagamento storico renderLa partecipe.
Purtroppo Lei ha preferito seguire a distanza tal evento, mi duole circa lo stato
della sua cagionevole salute, certo il
difficile percorso già di per se accidentato in quanto nessuna pista o
passo ben ancorato alla addomesticata occidentale natura dell’uomo, le sarebbe
costato, non meno del sottoscritto, sofferenza, con il rischio
di vederla sollevato dagli impegni terreni quindi anche
quelli a cui incaricato per mio conto, del
tutto Spirituali.
Ho avuto modo
di leggere, con sua, immagino
sorpresa, gli annali storici da Lei curati e redatti, ed ivi ho avuto ed ho ancora
il piacere, direi il ritrovato piacere, di vedervi incise a chiare lettere
Storie perse alla comune Memoria, il che ha posto e pone il dovuto accento nel conseguire
ed affidare a un non certo indottrinato, bensì oserei dire, esule della Romana Dottrina, un credo ancor più antico fors’anche tacitato ed avversato,
se pur ricordo coloro incaricati dalla cattolica
conversione abbiano per primi visitato, in precedenti pellegrinaggi, siffatte lontane
proibite inaccessibili Terre.
Ma ciò pone a mio dire, anzi premette una Visione del tutto
inclusa nell’Ortodossa Dottrina ove i
resti Frammentati debbono apportare ed avvalorare dei comuni valori simmetrici
alla stratigrafia donde studiamo la Terra. Quindi sottinteso
se pur dall’’Uno ogni cosa nata
ed evoluta, successivamente come gli alti
altopiani testimoniano, progredita in Pensieri e Filosofie ancor non del tutto conosciute nelle inviolate
Cime dello Spirito
simmetrico al Dio che le ha
elevate alla Ragione ed Intelletto
dell’uomo in sua contemplata
meditazione.
Per ora mi astengo
nel porre giusto o ingiusto distinguo, mio l’intento, con la preziosa Sua consulenza rinnovare e meglio
studiare tutte quelle biografie cosparse anche loro d’incenso
o cenere , e non solo oro, come
si è soliti
incoronare il ricercatore di
ogni Impero conquistato.
Quindi la sua elvetica Terra prezioso
forziere per conservarne e rinnovarne la Memoria persa.
Ma non certo
oro così come si è
soliti coniugare ricchezza
e materia!
Sono vicino alle sue
montagne, come spero
ed immagino, Lei alle future mie, e non
solo Cime.
Le cime le dovremmo
conquistare insieme.
Per ora rinnovo i
saluti e presto una nuova mia.
Cercherò, quindi, al meglio
ed in ogni modo di tenerla aggiornato fino alla mèta prescelta qual Santuario di cui presto le
parlerò…
Suo Svedin Hadin
Stoccolma 15 Ottobre 10 Novembree 1905
Carissimo amico le rispondo,
Le rispondo come se fosse scritta
di mio pugno questa Breve Lettera, che non oso pubblicare, ma che rappresenta una triste
testimonianza della patria saltuariamente albergata.
Brandelli di questa
ho potuto rintracciare da una collezione d’una vasta
Biblioteca, il curatore e sua moglie, immagino Bibliotecaria anch’essa, me ne
hanno fatto tesoro inorriditi ed ammutoliti, la tenevano ben celata, come
anch’essa spuntata dal fondo
d’una giara, o fosse conservata sul vasto ripiano in
forma originale così come
scoperta e tradotta quale Papiro.
(Prosegue con il capitolo completo....)
Nessun commento:
Posta un commento