giuliano

sabato 9 marzo 2019

VERITA' SENZA TEMPO: la scelta (Seconda parte)


















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Verità senza tempo: la scelta

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Il culto dell'ignoranza














Il vostro treno, quando arriverete a capirlo, non è altro che uno strumento per rendere il mondo più piccolo; per quanto riguarda il potersi parlare da un luogo all’altro è, effettivamente, una cosa buona e utile, ma immaginate di non avere, in partenza, nulla da dire. Saremo infine obbligati a confessare ciò che dovremmo sapere già da tempo, e cioè che le cose veramente preziose sono il pensiero e la vista.
Non fa bene ad una pallottola andare forte; e ad un uomo, se è veramente un uomo, non fa male andare piano; perché la sua gloria non è affatto nell’andare, ma nell’essere.
‘Bene, ma i treni e i telegrafi sono così utili per comunicare la conoscenza alle nazioni selvagge’. E’ vero, se avete qualcosa da trasmettere loro! Se non conoscete nient’altro che i treni e non potete trasmettere altro che vapore acqueo e polvere da sparo – a che serve, infine?




Se però avete cose diverse da queste, allora il treno è utile soltanto per trasmettere queste altre cose; e la domanda è: cosa sono queste cose? Credo che se veramente avessimo voluto trasmetterla, avremmo potuto farlo in meno di 1800 anni, senza il vapore.
La maggior parte della comunicazione religiosa ben fatta, di cui ho ricordo, è stata realizzata a piedi; e non è facilitata da alcuna andatura più rapida.
La scienza?
Ma quale scienza – del moto, dell’alimentazione, della medicina?
Bene, una volta che avete messo in movimento il vostro selvaggio, che lo avete vestito e nutrito con pane bianco, e gli avete mostrato come ricomporre un arto – cos’altro? Traete le conseguenze di questa domanda. Immaginate che ogni ostacolo sia stato superato; che abbiate trasmesso al vostro selvaggio tutti i vantaggi della civilizzazione; supponete di essere riusciti ad infilare un indiano pellerossa in uno stretto paio di scarpe; di avere insegnato ad un cinese come produrre le porcellane di Wedgwood e come dipingerle con colori che scompariranno strofinando; e di aver convinto tutte le donne indù che vi è maggiore pietà nel tormentare i propri mariti fino alla tomba, piuttosto che bruciarsi con loro sulla pira – e poi?



 
Gradualmente, passando all’esame ogni punto, arriveremo a recepire come ogni vera felicità e nobiltà sia vicino a noi, e tuttavia trascurata; e che, finché non avremo imparato ad essere felici e nobili, non avremo molto da dire, nemmeno agli indiani pellerossa.
I piaceri delle corse dei cavalli e della caccia delle riunioni notturne anziché diurne, della musica sontuosa e tediosa, degli abiti preziosi pretenziosi e pesanti, della lotta umiliante per la posizione e il potere, o la ricchezza, o l’ammirazione dei più; ed ogni infinita occupazione priva di scopi, e la pigrizia senza sosta del nostro mondo volgare non sono, a mio parere, divertimenti che dobbiamo desiderare di trasmettere.
Tutti i godimenti veri e sani possibili per l’uomo, sono stati alla sua portata fin da quando fu creato per la prima volta sulla terra, proprio come lo sono ora; e lo sono principalmente in uno stato di pace.




 Guardare crescere il grano e i boccioli fiorire; prendere faticosamente fiato sul vomere o sulla spada; leggere, pensare, amare, sperare, pregare – ecco le cose che rendono felici gli uomini; hanno sempre avuto questo potere, non avranno mai il potere di fare di più. La prosperità o l’avversità del mondo dipende dal nostro conoscere ed insegnare queste poche cose: sicuramente non dal ferro, o dal vetro, o dall’elettricità, o dal vapore.
Sono sufficientemente utopista da credere che verrà il giorno in cui il mondo scoprirà tutto ciò. Fino ad ora ha compiuto i propri esperimenti in tutte le direzioni, eccetto quelle giuste: sembra che, infine, sia costretto, come per necessità matematica, a provare quella giusta.




Ha provato la lotta, la preghiera, il digiuno, l’acquisto e la vendita, lo sfarzo e la parsimonia, l’orgoglio e l’umiliazione – ogni tipo di esistenza possibile, in cui potesse supporre vi fosse felicità o dignità. E nonostante tutto, mentre comprava, vendeva, e lottava, e digiunava e si affaticava in azioni politiche, ambizioni e rinunce di se stesso, Dio aveva collocato ogni sua felicità nell’osservazione dei piccoli muschi lungo la strada e delle nuvole nel cielo.
Di tanto in tanto un re annoiato, o uno schiavo tormentato, scoprivano i veri regni del mondo e si impadronivano, in un solco o due di un giardino, di un potere veramente infinito. Il mondo però non avrebbe creduto al loro resoconto, continuando a calpestare incurantemente i muschi, a dimenticarsi delle nuvole e a cercare la felicità a modo proprio (senza prima aver calunniato il povero disgraziato), se un giorno, infine, ormai annaspando e in ritardo, non fosse arrivata la scienza naturale; e con la scienza non solo l’osservazione delle cose, ma anche la scoperta di nuovi modi di utilizzarle.
Naturalmente il mondo, lasciato libero di scegliere, sbagliò come al solito e pensò che questi usi puramente materiali fossero destinati ad essere le fonti della sua felicità, del traguardo, del progresso, o peggio manifestazioni della sua intelligenza….. 

(J. Ruskin)















    

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