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Il Tempo & la Memoria (7)
... Oltre che dei loro
servigi, anche dei loro – Signori - .
Cosa vuol dire tanto dissenso, tanto scrutare, tanto indagare. L’averti
allontanato dalla dura fatica del campo, in questa maniera ci ripaga del
servigio offerto? Eppure quel duro lavoro ha nutrito il tuo Spirito malato. Ha
curato le tue sofferenze. A quelle se ne aggiungano altre? Altri tormenti ti
perseguitano? Se così fosse indaghiamoli con la pazienza e costanza e con la
capacità della dialettica, che ci dicono, non esserti nemica.
– Ora l’espressione
di Eraclio si accenna seria, una serietà mutevole, come le onde di ogni mare,
come gli alberi di una scura foresta che piegano al risentimento del vento .
- Iniziamo da principio, poi conveniamo alla
nostra generosità né riconosciuta, né ripagata. E questo di per se è un peccato
di superbia che deve farci riflettere tutti!
Nessuno
assolto.
Per anni, come ti
dicevo, ci siamo presi carico delle tue esigenze terrene, oltre che dello
Spirito che assieme vi albergavano. Con
ciò vorremmo tutti che tu comprendessi i nostri sforzi in tal senso. Indagare
le nostre sostanze non ti investe di nessun merito.
Vuoi tu indagare la
benevolenza dell’ Altissimo? !
Vuoi tu indagare la
sostanza della sua potenza? !
Vuoi tu misurare
l’aratro ed il campo dove ti abbiamo concesso i favori della costanza del
lavoro? !
Vuoi tu… scavare
nella pietra che ha nutrito il tuo piatto, che ha cotto il tuo pane, che ha
donato luce alla tua Anima? !
Vuoi tu, misero
fratello, indagare la potenza di Nostro Signore che si palesa in terra con la
capacità di saper donare per rendere la nostra Chiesa, misura costante del
Tempo.
Vuoi tu ….. ! Indagare anche quello? !
- Le onde
all’improvviso si sono alzate dal mare, si sono abbattute con una tale
maestosità sulla riva, che la Chiesa sembra scossa da un tremore. Dalla pace dell’acqua, siamo passati all’impeto del fuoco, come se il ghiaccio che
tutto prima di quel minuto, copriva e nutriva, si fosse sprigionata la forza
demoniaca del fuoco. Il vento e la poca luce penetrano dalle fessure delle alte
vetrate. Si alternano in un gioco costante di ombre che calano e scolpiscono i
volti di pietra dei presenti.
L’avvicendarsi di luce ed ombre e le
candele che illuminano i perimetri
rendono all’improvviso il parlare calmo di – Eraclio – un terremoto
di risentimento misto ad odio antico
. Un odio che nessuno dei presenti
immaginava, intuiva.
- Per quel che si
dica …. o dici di noi, tuoi umili e benevoli confratelli, ti abbiamo lasciato
oltre il compito anche la possibilità di parlare e dire ciò che ritenevi
giusto, mai ci siamo levati contro di te, anche se la – Regola – impone e
comanda. Sappilo dunque, anche se di ciò non conservi memoria. Perché è di
quella che noi nutriamo i nostri spiriti malati al pari del tuo. Non ti abbiamo
dispensato dalla parola, ma ora questa deve tornarti amica, per la tua lingua
che troppe volte si è palesata al pari del forcone del – Diavolo - . Che la
parola ti torni amica, or dunque, in questo luogo sacro, che hai disonorato e
offeso con le bestemmie che ci hanno riferito. Era meglio per tutti noi che tal
comportamento riservavi per questo luogo, così da poterlo comprendere e rivolgere all’umiltà della zolla di terreno
che ti offriamo come e più della preghiera per il lavoro che con il tempo, e
forse a torto, ti donammo. Forse il martirio ed il piacere di quel conoscere lo
sforzo della terra ed i suoi frutti, per il nostro e l’altrui palato, ti ha
avvelenato lo spirito incolto? Ma ciò
non è un’offesa, perché questa è la regola a cui tutti noi ci sottoponiamo. E se la misura del tuo zappare e seminare
sullo stesso terreno non è proporzionata alla comprensione che noi abbiamo
stabilito nell’ equazione di questo perimetro, è nostro compito stabilirne la
matematica che lo sovrintende. Se l’ ingiusta semina ed l’ ingiusto raccolto
hai dovuto patire, questa è punizione a cui tutti siamo convenuti per soffocare nel giusto le tue – Eresie - .
Sappilo dunque. Perché di eresie hai seminato il nostro terreno, hai vangato la
dura terra. L’errore deve conoscere questa
segreta conciliazione con lo – Spirito – ingannato che inganna. Non oso, qui ed ora, pronunziare il tuo nome,
tu una volta che mi eri fratello. Non oso raccontare ciò che la meschina tua
arguzia ha coltivato nello stesso terreno, dove noi seminiamo la dura fatica
della preghiera mista a sudore. Non oso dire, che – Dio – mi perdoni se ti chiamo ancora – Fratello - , la fiducia che
in te fu riposta nel colmare il nostro e
l’altrui spirito, nel momento più difficile di qualsiasi noviziato, la fiducia
donata e seminata con pazienza antica
che hai dismesso nel tempo di una stoffa più scura, più scura del cielo
che a quest’ ora a tutti appare .
– Così dicendo, nella calma teatrale di questa
recita, ma che recita non è, alza di nuovo la mano in segno di potenza, in un
gesto che richiama tutti i fratelli presenti
al raccoglimento del pensiero. Il
quale pensiero deve confrontarsi con il terribile affronto perpetrato da – Pietro
- .
La mano in vista , con le dita nel segno dell’unità del gesto.
Del simbolo.
Del tacito patto.
- Non oso raccontare
l’altruismo del gesto che sempre ci contraddistingue quando abbiamo dato. E mai
ricevuto. Di questo parleremo poi visto il dubbio che conservi nei nostri confronti.
Anche se hai voluto in questo modo misurare la giustizia divina. Hai voluto
pesare il vino ed il pane della cena, tu che sei stato peggio di Giuda. Hai
voluto misurare il terreno e contare i colpi di vanga. Hai voluto indagare… più
che leggere i libri.
Hai insultato più
che pregato sulle nostre croci.
Hai seminato il
difficile passo del vento che può essere diletto e terrore per ogni navigante.
Hai voluto misurare le distanze fra la verità interpretata compresa e
divulgata, ed mormorare frasi senza tempo e luogo di fronte ad un mare di
menzogne.
Hai messo in dubbio
– Vecchio – e – Nuovo – Testamento.
Hai contato i nostri
bocconi ed i nostri bicchieri di vino, mentre sedevi con noi alla stessa mensa.
Hai tramato mentre
leggevi i – Libri – durante il misero pasto.
Hai cercato trovato
e poi rinnegato. Senza il reale dono della comprensione. Anche quando poi ti
abbiamo perdonato facendo finta di non vedere.
Hai continuato
convinto della ragione.
Che – Dio – abbia
pietà della tua anima. Abbiamo pregato e vegliato su di te con costanza e
severità. Perché questo ci fu comandato da chi ora offre per te più del suo
sangue. Questa la regola dell’ordine.
Hai indagato la
verità del gesto di umiltà, peccato ancor più grave del rubare. Ma se la
ragione pensi di conquistare, sappi, che io – Eraclio – custode della verità (e
del sapere), di ogni verità, taciterà questa immonda eresia. Anche se questa
fosse vera, mai, sappilo, nessun fratello ti fece torto con l’inganno del
tormento. Per donare e dare ciò che è
tuo e macchiarsi di un peccato ben più grave. Se così fosse, tutti noi saremmo
complici in questo losco affare. Tutti
noi avremmo camminato nell’ – Immondo – per questo inganno verso noi e gli
altri .
Sappi – Pietro - ,
anche dopo questa conversazione, nella quale vorrò indagare anche il tuo pensiero,
qui, di fronte a tutti i - Confratelli - , che mai nessuna Eresia uscirà da
queste mura, che il tempo né la pazienza ti saranno amiche. Il nostro pane mai ti sfamerà, la nostra
terra mai conforto di donerà. Nessuna bestemmia uscirà o entrerà entro i confini
di questo luogo sacro. Ed io Eraclio
straccerò e brucerò le tue vesti e le carni che le contengono, ma prima, l’
anima che vi alberga.
Pietro - …presta
attenzione, assieme al tuo amico qui presente, prima che elenchi i crimini di
cui vi siete macchiati, aspetterò ancora prima di nominarli per non fare offesa
all’ Altissimo. Ma prima di ciò, qui, ed ora, dovrai rispondere alle mie
domande. Qui ed ora dovrai rendere pubblico al nostro – Ordine- , dove è
fuggita la tua fede , e con essa il tuo pensiero.
Io Eraclio, qui
ti - Interrogo - , e che le tue risposte
siano all’altezza delle mie domande. Che la verità ti illumini per il vero dono
della comprensione che sembri aver smarrito. La retta strada cui nella capacità
di ricordare ed imparare, dono ancor più raro, hai confuso nella tua anima -
….dannata - , ma prima di concederti quella dannazione che hai scelto come
strada di verità, misuriamo la capacità di comprensione, che in noi tutti, dai
tempi dei tempi, e per i tempi a venire, ci darà misura e capacità di
riconoscere la retta parola dell’ Altissimo , che risiede in ogni sua opera –
Creata - . Nel suo – Verbo - , nel suo - Sacrificio - .
Prima di iniziare ,
dopo le solenni parole di rito, alza di nuovo la mano in un gesto di assenso
con gli altri confratelli . Lo stesso gesto, il quale nella mia memoria sfugge
a qualsiasi comprensione. Ma gli altri – Confratelli – sembrano capire,
accettare …e temere. E nell’assenso di un cenno, volgono lo sguardo assente ed
in apparente raccoglimento verso la pietra cui sono assisi, come tanti avvoltoi su un albero. Nella scura
foresta che da lontano appare .
- Io
Eraclio in nome della Chiesa che rappresento voglio innanzitutto
comprendere, con tutta la misericordia che il mio abito comanda, che per quanto
nessuno, nemmeno noi, siamo pervenuti a – Verità – certa , da un uomo
intelligente come sempre hai dimostrato di essere, sei giunto ad ogni – diversa
– e supposta verità, che in cuor tuo è parsa – vera- , io devo cercare di
capire in nome di tutti, come in tutta la sua – Assurdità – può esserti
sembrata – Vera -.
Per secoli ancora, fino alla vigilia della Rivoluzione francese, la convinzione che la pubblicazione di un libro non dovesse essere libera fu ovvia e generalizzata! Si poteva semmai discutere sui modi con cui il censore doveva operare: un conto era il frate ottusamente impegnato nella difesa dell’ortodossia, un altro il letterato nominato a tale incarico per la propria cultura e sensibilità, che si dava da fare per evitare che i tagli fossero brutali e i sentimenti dell’autore stravolti, cercando di recuperare quanto più possibile. La qualifica di revisore (oppure di ‘inquisitore’ anche se ‘laicamente’ aperto ad ogni contesto della cultura appartiene a quell’ ‘humus’ civile cui nessuno è immune, tenendo conto che a distanza di cinque e più anni dalla pubblicazione del mio Dialoghi, successivamente di Frammenti in Rima, e in ultimo lo Straniero, ho dovuto patire le ingiustizie cui solo gli Eretici nei secoli passati ne conoscono le sofferenze, ingiustizie ben stratificate nella ‘geologia’ della nostra cultura. Eretici così spesso chiamati in causa ed a cui mi sono ispirato, perché la loro sofferenza ed umiliazione ha conosciuto quei fenomeni di tortura psicologica di cui pensavamo immune la ‘colta’ ed ‘evoluta’ società civile italica e non solo. L’umiliazione dell’isolamento, dell’accanimento psicologico, del controllo della coscienza e con essa dell’anima di quel Primo Dio disceso nella mia quanto nell’Anima di molti altri che hanno dovuto patire le torture
di una società e di una ortodossia che pretende interpretare ed incarnare il messaggio di colui che è stato sacrificato all’abominio della croce in cima ad un Teschio…, non sono superate nell’accanimento e con esso la pretesa di ‘curare’ questa ‘visione’ di una realtà diversa della ‘materia’ da loro ‘universalizzata’ nell’interpretazione della ‘Parola’ e con essa il ‘Verbo’ di un probabile Dio; che invisibile ed imperscrutabile circoscritta all’umano limite terreno cui l’uomo è destinato e depositario, almeno in questa vita, quale suo ‘infallibile custode ed interprete’, cela ben altro significato quanto fin qui svelato dalle ortodosse teologie parenti di moderni scientifici accadimenti. Ragione per cui, come quel Profeta che pretese parlare di un diverso Regno nel Tempio e Tempo della loro ‘materia’, e con esso di un diverso Dio, quanto da loro ‘pregato’ e ‘custodito’ come il dono o meglio la ‘presunzione’ di interpretarne il ‘senso’ e con esso il ‘fine’…, Straniero al loro divenire, narro e spiego la verità celata e occultata dei tanti Eretici e non, che perseguendo ugual intento, nei secoli passati, ma mai dimenticati, e di cui incarno l’Anima giammai morta al Rogo della loro intolleranza terrena, ne ravvivo e svelo la Parabola nascosta di una e tante verità giammai sepolte al calvario del Teschio crocevia di questa nuova Storia inquisita. Nel bosco braccato di questo sudario, nell’inverno dei loro terreni accanimenti, cacce e torture ad Eterni Pensieri, con essi alla foglia ed all’albero di una Eterna vita destino la Stagione dell’Eterna Rima della vita, affinché nessuno mai soffra i tormenti della loro ‘dottrina’ o ‘scienza’ che sia, perché l’Anima di ogni innocente non è mai perita nell’Eresia di questa via! - autore del blog -), o ancor meglio quella di ‘censore’, non evocò a lungo immagini di polizieschi intenti a lottare contro la libertà di espressione, ma fu piuttosto (inganno dell’umano ingegno…) prerogativa di uomini di studio apprezzati per la moderazione e l’apertura, i quali erano spesso in grado di esprimere giudizi sul valore letterario del testo.
Nella Venezia di metà ’500 prestarono la propria opera come ‘revisori
di libri’ per i Riformatori dello Studio di Padova alcuni dei letterati più
prestigiosi come Lodovico Dolce, Francesco Sansovino, Paolo Manunzio, Carlo
Siconio. Lo stesso avvenne anche altrove. Lo scrittore toscano Francesco Redi,
consultore nel XVII secolo dell’Inquisizione fiorentina, non trascurava
considerazioni sulla lingua e sullo stile dei libri che doveva controllare.
Simile era il comportamento in Spagna di illustri letterati come Lope de vega,
censore per il Sant’Uffizio dal 1607 al 1635, e di Pedro Calderòn de la Barca
dal 1635 al 1681, i quali, oltre alle formule consuete con cui licenziavano le
opere sottoposte, fornivano giudizi circa la qualità dello scritto e
dell’autore (la nascita della moderna ‘critica’?).
Un giudizio sull’opera, indipendentemente da qualsiasi valutazione
circa l’ortodossia cattolica della stessa è elemento corrente nell’idea di ‘censura’ che predomina lungo tutto
l’arco temporale della nostra ‘civiltà’. (Abominio razionalistico interprete
dell’irrazionale coincidevano al crocevia dell’umana Storia terrena: gli
intelletti andavano educati catalogati
controllati qualificati indirizzati
schedati, e se ciò non bastava, isolati
o convogliati presso quelle
pratiche di ‘esorcizzazione’ e ‘controllo del Pensiero’, patologie
‘malate’ dell’anima e della coscienza che lo avevano partorito. Manuali famosi
come il ‘Martello delle streghe’
oppure il meno conosciuto ma ugualmente efficace ‘Bacolum Demonum’, erano i progenitori di quella scienza ‘psicanalitica’
che trascurava la nostra comune ‘antropologia’ per veicolare il cosiddetto
‘indemoniato’ verso il retto e comune pensiero, e di conseguenza ridurne e
sminuirne il senso teologico-divino che intrattiene e intratteneva per il
tramite della Natura, oppure i diversi aspetti di essa; quanto il pensiero
artistico di una diversa visione del reale che tale rapporto suscita.., ad una
seduta terapeutica sia essa convogliata nel credo e nella pratica ortodossa di
una preghiera-confessione-pentimento, sia essa nella prassi medico-terapeutica
di un ugual dottore della mente.
La violenza psicologica come quella fisica con l’intento di ‘educare’ è
una costante che evidenzia i caratteri comuni ed accomuna i fini di una società
cosiddetta evoluta, ancor oggi con amarezza traccio i ‘graffiti’ nascosti di
questa verità nell’esilio cui l’umano sapere mi ha costretto e destinato, per
raccogliere uguali ed invariati patimenti e torture e poi proiettarli nei
‘fotogrammi’ dell’arte scoprendo come uno Sciamano che ciò che provo ho già
provato, che ciò che la ‘gnosi’ del mio Dio cerca è già stata tracciata nel
Tempo infinito al loro Creato, mano della memoria anima incarnata scopro un
diverso Tempo nella materia da loro narrata, e nella ‘santità’ della loro
Storia per sempre conservata lascio testimonianza dell’invisibile dottrina
inquisita e bruciata. Come me, molti altri hanno perso ogni avere nel rogo
della civile intolleranza; come me, molti altri hanno dovuto subire la tortura
del controllo della coscienza e con essa, per mano di insospettati giovani
aguzzini al soldo della moderna e superficiale materia…, della privazione del
loro Eretico credo. - autore
del blog -).
Gli intelletti andavano educati o, meglio ancora, utilizzando un termine dell’epoca,
coltivati. Lo scrisse esplicitamente uno dei maggiori biografi di fine ’500, il
gesuita Antonio Possevino, in un libro la cui traduzione italiana suonava
appunto ‘La Coltura degli ingegni’, che trattava di scuole, di
libri e del loro uso. Come si coltivano le piante, si doveva agire sugli
intelletti umani. Ha affermato Adriano Prosperi nel 1997 che “nella mente e nei
concetti di questi uomini del tardo ’500 è ben fisso il principio che gli
intelletti debbano essere sorvegliati, educati, diretti, magari intervenendo
con operazioni dolorose come il tagliar via certi modi di pensare dannosi e
pericolosi, soprattutto facendo crescere la pianta dell’umano (non certo
divino) intelletto in direzioni giuste (se ci illudiamo, come già detto, che al
contrario questa prassi nel contesto del moderno vivere sia superata, avremmo
commesso un grave errore di valutazione ‘storica e sociale’: ugual intenti del
controllo del
pensiero sono tratti comuni nel ‘formicaio’ del ‘cantiere’ terreno, ‘coltivati’ nell’universo della moderna ‘materia’ mediatica’, che al contrario di ciò che in realtà è, si palesa come il miglior terreno dove coltivare tutti quegli istinti repressi e non manifesti dell’essere, e di conseguenza apparire, tradendo ogni sano principio filosofico di conoscenza e volontà dell’umano ingegno e sacrificando all’altare della ‘velocità’ e della ‘conquista’ ogni possibile traccia di quel Divino cui la Natura è il solo e vero tramite (pur nel senso interpretativo del rovesciamento schematico cui siamo accademicamente portati a percepire un certo ‘dualistico’ verbo Eretico), l’universale sapere cui in maniera genetica siamo portatori da quando evoluti in milioni di anni nella ‘geologia’ della nostra psiche quanto della nostra struttura fisica, simmetrica e per nulla diversa dall’Universo che l’ha ‘volontariamente’ o ‘involontariamente’ partorita nell’Anima Mundi cui siamo ‘oracolarmente’ o ‘gnosticamente’ partecipi. - Autore del blog -) adeguate a un’idea della civiltà fondata sull’eredità politica dell’Impero romano (o di altro Impero in ugual sentieri nel ‘circolo’ della Storia) e su quella religiosa del cristianesimo”.
pensiero sono tratti comuni nel ‘formicaio’ del ‘cantiere’ terreno, ‘coltivati’ nell’universo della moderna ‘materia’ mediatica’, che al contrario di ciò che in realtà è, si palesa come il miglior terreno dove coltivare tutti quegli istinti repressi e non manifesti dell’essere, e di conseguenza apparire, tradendo ogni sano principio filosofico di conoscenza e volontà dell’umano ingegno e sacrificando all’altare della ‘velocità’ e della ‘conquista’ ogni possibile traccia di quel Divino cui la Natura è il solo e vero tramite (pur nel senso interpretativo del rovesciamento schematico cui siamo accademicamente portati a percepire un certo ‘dualistico’ verbo Eretico), l’universale sapere cui in maniera genetica siamo portatori da quando evoluti in milioni di anni nella ‘geologia’ della nostra psiche quanto della nostra struttura fisica, simmetrica e per nulla diversa dall’Universo che l’ha ‘volontariamente’ o ‘involontariamente’ partorita nell’Anima Mundi cui siamo ‘oracolarmente’ o ‘gnosticamente’ partecipi. - Autore del blog -) adeguate a un’idea della civiltà fondata sull’eredità politica dell’Impero romano (o di altro Impero in ugual sentieri nel ‘circolo’ della Storia) e su quella religiosa del cristianesimo”.
Non vi era spazio per la libertà (nel paradosso sopra espresso ugual
intenti si profilano nel nostro moderno contesto sociale…) in simile
concezione, tanto meno per la libertà di scelta (anche nelle miriadi offerte di
libera espressione e scelta riflesse negli odierni valori civili, in realtà e
verità non regna nel nuovo Impero quanto venduto o svenduto al libero mercato
della moneta che fa rima con ricchezza, le gradi Corporazioni indirizzano e
coltivano ugual albero del gesuita detto, per convergere in ugual e medesimi
intenti culturali, che poi divergano nell’apparenza dell’inganno offerto, la
verità rilevata ‘regna perisce e soffre’ come le passate Eresie cui la Storia saprà
purgarne o controllarne l’efficacia alla materia del loro… (secondo) Dio così
pregata o coltivata! - autore
del Blog -).
Ecco quindi offerto uno strumento che serviva da guida all’interno
della congerie dei libri ecco quindi ‘le candide et prudenti censure’,
‘grandemente a tutti gli studi giovevoli’ in grado di contrastare i vari ‘mezi
tenuti da Satanasso per turbar la coltura degl’ingegni negli studi’.
(M. Benedetti, Inquisitori lombardi del Duecento; G. Lazzari, Dialoghi
con Pietro Autier; M. Infelise, I libri proibiti)
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