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... Con quel vecchio signore che, in seguito, mi adottò. Capii che avevano
parlato delle mie peregrinazioni notturne.
‘Il tuo corpo è ancora immaturo. Non puoi portarlo con te, perciò ti
legherò’, disse il vecchio signore quando prese ad avviarsi verso casa
conducendomi per mano e ansando stranamente in cerca d’aria dopo aver
pronunciato ogni frase…..
(G. Meyrink, Il Domenicano Bianco)
… La credenza nelle influenze dei Dèmoni
quale noi la troviamo nei libri più recenti del ‘Vecchio Testamento’ greco, nel
‘Nuovo Testamento’ e negli scritti giudaici dell’epoca imperiale, si sviluppò
relativamente assai tardi presso gli Ebrei. Ma al tempo in cui furono scritti
quei libri, essa era in pieno fiore. Nella stessa epoca all’incirca, essa
cominciò a prevalere anche presso i Greci ed i Romani: come e perché ciò
accadesse non è stato ancora ben chiarito. Certo, nessuno oserebbe affermare
che la credenza nei Dèmoni, in quella forma che troviamo diffusa ovunque
nell’impero del II secolo in poi, sia dovuta unicamente ad influenze giudaiche
o cristiane, tuttavia, queste religioni avranno, senza dubbio, contribuito ad
agevolare la recezione di quella credenza…
La caratteristica della credenza nei Dèmoni nel secolo II consiste anzitutto in questo, che gli strati
sociali più bassi ed oscuri essa sale ai più elevati, penetrando anche nella
letteratura, di guisa che essa va acquistando socialmente una importanza di
gran lunga maggiore di prima; in secondo luogo, non c’è più accanto ad essa una
pubblica religione forte e sincera, che sia capace di tenerla in freno;
aggiungi che l’idea di ‘Dèmone’, per
l’addietro concepito unicamente come potenza sovrumana, moralmente indifferente
e indeterminata, si determina ora nel senso di potenza maligna; e, finalmente,
è da notarsi l’applicazione individuale della nuova credenza, che porta seco
come conseguenza anche la malattia psichica dell’‘ossessione’.
Raccogliendo insieme questi momenti caratteristici, se ne induce che la
straordinaria diffusione della credenza nei Dèmoni
e la frequenza dei casi di ‘ossessione’ si possono ricondurre all’azione
combinata di queste cause fondamentali, ben note, cioè: il discredito in cui
caddero le vecchie religioni nell’età imperiale; l’anarchia morale e
l’abbandono in cui vennero a trovarsi gl’individui, messi ormai alle prese col
proprio intimo e con la propria responsabilità. Non più trattenuto e regolato
da alcuna tradizione, l’uomo errava tra i Frammenti
senza vita delle vecchie credenze, tra l’ammasso caotico d’idee tramandategli
da un mondo in decadenza, scegliendo, nella sua irrequietezza, or questa or
quella, finché spinto da paura e da speranza, cercava un rifugio illusorio o
cadeva addirittura nel regno dell’assurdo (incompreso regno dei Misteri… cui
Giuliano l’Apostata fu l’ultimo porto e baluardo, faro in difesa di quel mondo
che rischiava il definito naufragio nel mare del ‘nuovo’ che avanzava ed
appariva, al contrario, incomprensibile e contraddittorio nelle sue
speculazioni ‘filosofiche’: principi e regole di vita che ad un filosofo
imperatore dovevano apparire il naufragio dell’impero edificato sulla Legge nel
nome dell’antico obbligo sacerdotale-regale
di seminare ed amministrare il retto sapere e la ‘retta via’ nell’anima e nella
coscienza del suo popolo. Dovere morale e spirituale non certo ‘nuovo’ nel
mondo greco a cui Giuliano faceva costante riferimento aggiungendo quel senso
‘gnostico’, ed, a mio parere, Eretico in seno al ‘nuovo’ che ‘prevedibilmente’
avanzava nel calendario della Storia; in riferimento a dei ‘principi’ che
‘filosoficamente’ celati nel Mito, oppure dichiaratamente ‘logici’ ed
‘imprescindibili’ nelle loro ‘asserzioni’, ne ribadiva la paternità
‘antropologica-storica’ e la superiorità logico-morale. Rispetto ad un ‘nuovo’
senso morale (cristiano) dichiarato un ‘pericolo’ per l’impero. Giuliano
posseduto dai sui innumerevoli Dèmoni
cercava una speranza ‘nuova’ per il ‘vecchio’ che affogava o trasmutava in
altro; dell’‘altro’ aveva compreso in senso ‘gnostico’ ed ‘Eretico’ che nulla
di nuovo nasce nel ‘sacrificio’, ma ciò che è, è sempre stato nella costante
lettura del Mito. Il ‘filosofo’
riconosce(va) la religione del nuovo Profeta ucciso per mano romana su pressante
richiesta del popolo che lo aveva partorito materialmente ma non certo
spiritualmente, ma nell’intimo del ‘pagano’
vive(va) un ‘doppio conflitto’, specchio di mutevoli secoli di transizione
spirituale e morale, di cui la Storia per mano e bocca di taluni Dottori della
futura Chiesa ne travisa il messaggio e la volontà di convivere nella
dichiarata tolleranza di intenti e finalità. Finalità che coincidevano nella
volontà di ‘forgiare’ quell’uomo retto e ligio alle regole morali delle quali
fu estremo ed indiscusso difensore. Convivenza e tolleranza, questa fu la
‘strada bianca’ di Giuliano, il suo Dèmone,
la sua volontà tradita ed incompresa nonché travisata dalla Storia dei
vincitori, riducendo secoli di Storia (pagana e non) ad una ‘infame calunnia’…-
Autore del blog -).
(A.V. Harnack, Missione e propagazione del Cristianesimo)
La prima prova che questo nell’uomo non è frutto di insegnamento, ma
esiste per natura, è lo spontaneo anelito al divino che noi troviamo a livello
pubblico e privato, tra individui e popoli. Ognuno di noi crede spontaneamente
in un’entità divina, ma la conoscenza precisa su di essa non è per tutti
facile, né è possibile per chi l’ha raggiunta comunicarla a tutti… a questa
intuizione universalmente diffusa se ne aggiunge un’altra. Noi uomini siamo
tutti così uniti per natura al cielo e agli dei che in esso appaiono che, se si
immagina la presenza di un altro dio, lo si fa abitare senz’altro in cielo, non
per separarlo dalla terra, ma per collocare per così dire il sovrano di tutto
in quel luogo più onorevole, nella convinzione che egli osservi dall’alto le
vicende terrene.
Sta ora a sentire cosa dice
Platone del cosmo.
“ Dunque il cielo tutto o cosmo – chiamalo pure con qualunque altro
nome lo si possa chiamare – è esistito sempre, senza principio alcuno o è nato
traendo la propria origine da un inizio?
E’ nato.
E’ infatti visibile, tangibile, corporeo. Simili esseri sono oggetto di
sensazione, percepibili all’opinione accompagnata dalla sensazione.. se dunque
bisogna parlare secondo logica, bisogna dire che questo mondo, essere fornito
di anima intelligente, è veramente nato grazie alla provvidenza divina”.
Mettiamolo solo a confronto punto per punto quale discorso e di che
tipo fa dio secondo Mosè e quale secondo Platone.
“E dio disse: facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza. Ed abbia
dominio sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sulle bestie e su tutta
la terra e su tutti gli esseri che si muovono sulla terra. E dio creò l’uomo e
lo fece ad immagine di dio; maschio e femmina li fece, dicendo: crescete e
moltiplicatevi e riempite la terra e assoggettatela. E abbiano dominio sui
pesci del mare, sugli uccelli del cielo, su tutte le bestie e su tutta la
terra”.
Ora dunque ascolta anche il discorso di Platone, che egli attribuisce
al demiurgo di tutto.
“ Dèi degli dei, le opere di cui io sono il demiurgo e il padre saranno
indissolubili perché io lo voglio. Quel che è il risultato di un unione è tutto
destinato a dissolversi, e sarebbe proprio di un essere malvagio voler separare
quel che è ben connesso ed ha una buona struttura. Perciò, poiché siete nati,
non siete immortali, né del tutto esenti dal disfacimento; d’altra parte è
certo che non vi dissolverete e non incorrerete nella morte; voi avete nella
mia volontà un legame più forte e più potente di quelli che vi avvincevano al
momento della nascita. Ora ascoltate le parole che io vi rivolgo. Ci sono
ancora tre specie mortali che non sono nate e finché queste non nascono il
cielo sarà incompleto, perché non avrà in sé tutte le specie viventi. Ma se
nascessero ed avessero la vita per opera mia, sarebbero simili agli dei. Perché
dunque siano mortali e questo universo sia veramente completo volgetevi secondo
la vostra natura alla formazione degli esseri viventi, imitando il potere mio
nel generarvi, e quella parte di essi a cui spetta lo stesso nome degli
immortali, che è detta divina e governa in essi quelle che sono sempre disposte
a seguire la giustizia e voi, sarò io a seminarla, a darle inizio e a
consegnarvela. Quanto al resto, voi, unendo il mortale e l’immortale, plasmate
e generate i viventi, nutriteli, fateli crescere ed accoglieteli di nuovo al
momento della morte”.
… Ma questo è forse un sogno?
Riflettete e rendetevene voi stessi conto.
Platone chiama dei visibili il sole e la luna, le stelle e il cielo, ma
questi sono immagini di quelli invisibili: il sole che appare ai nostri occhi è
immagine del sole intellegibile e invisibile, ed ancora la luna che appare ai
nostri occhi e ogni stella sono immagini di quelle intellegibili.
Platone dunque sa che quegli dei intellegibili sono immanenti al
demiurgo e a lui coesistenti, e che hanno avuto vita e origine da lui. E’
logico dunque che il demiurgo platonico dica ‘Dei’, quando si rivolge agli dei
invisibili, ‘degli Dei’, cioè dei visibili. Demiurgo comune dei due ordini di
divinità è colui che ha modellato cielo e terra, mare e astri dando vita nel
mondo intellegibile ai loro archetipi.
Sta a vedere dunque che anche il resto è ben detto.
Rimangono – egli dice – tre specie mortali, e si riferisce chiaramente agli uomini, agli
animali e alle piante: ognuna di queste ha infatti caratteristiche proprie. Se
dunque – egli dice – ognuna di esse nascesse grazie a me, dovrebbe
necessariamente essere immortale. Gli dei e il mondo visibile devono infatti la
loro immortalità unicamente al fatto di essere nati per opera del demiurgo.
Perché dice: la parte immortale (necessariamente esiste in essi per
concessione del demiurgo, cioè l’anima razionale), che governa in essi quelle
parti che sono sempre disposte a seguire la giustizia e voi sarò io a
seminarla, a darle inizio, a consegnarvela, e per il resto provvedete voi a
unire l’immortale al mortale?
Evidentemente perché gli dei demiurgici attinsero dal padre loro la potenza
demiurgica e diedero vita sulla terra agli esseri viventi che sono mortali. Se
infatti il cielo non doveva essere affatto diverso dall’uomo, dalle fiere, per
Zeus, e infine dagli animali terrestri e dai pesci che nuotarono nel mare,
unico e identico doveva essere il demiurgo di tutto. Se invece tra esseri
immortali e esseri mortali c’è una grande differenza, che non cresce o
diminuisce come accade per gli esseri soggetti alla morte e alla dissoluzione,
né consegue che chi da origine a questi
è diverso da chi la da a quelli.
Che interesse ho io a citare qui come miei testimoni Greci ed Ebrei?
Non c’è nessuno che quando prega non alza le mani al cielo; se poi giura per un dio o per gli dei, se insomma.....
Non c’è nessuno che quando prega non alza le mani al cielo; se poi giura per un dio o per gli dei, se insomma.....
(Prosegue....)
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