Precedenti capitoli:
I due Alberi (14)
Prosegue in:
I due Alberi (16)
....Predatorio
principio privato del motivo, o semplice maschera, nominata vita e con essa…
Dio… Ed in nome e per conto di questo, nella Genesi di ugual ‘verbo’, ragion
per cui il povero (colore scuro dall’occhio rilevato come fosse una foglia
appesa e staccata al proprio ramo nell’autunno cui pensano il caldo della vita)
fu appeso e messo come lei (secolare antenato Albero del bosco) al rogo… così
da rinvigorire l’aspirato fuoco… ragione di un più nobile decoro… Forse in quei
momenti, quando il sudore scende dal volto e dalla schiena, natura di un
aguzzino precipitata e caduta (ed anch’io conservo quale Eretico medesimo
ricordo), provarono, per il vero ed in verità, ugual patimento e sofferenza
formare parola preghiera e musica, congiungersi e orbitare in nera natura
collassata precipitata - principio e motivo di una futura gravità percepita o
forse solo udita… Ad un più giusto Dio gradita… (ma stati pur tranquilli codesto
Spirito ed Anima confusi e barattati calunniati e tacciati per altro come lo
spartito insegna… giacché in questo
‘motivo’ - non certo compreso - e
principio l’Uno che nacque dopo, da un Eretico trovatore…, nato dalla calunnia
cui tale ‘odio’ terreno cresce e prospera seminato da inferiore pensiero…).
Sussurrò una nota! Sì la ricordo! Sussurrò un lamento! Sì è vero lo sento in
questo Universo! Un pianto giammai udito nel suo vero principio… Sì posso
goderne frutto e luce di un sano nutrimento ed appetito dall’Anima desiderato…
E ricordare quando il mondo nacque alla danza di un diverso Dio Straniero,
medesimo frutto con la pianta condiviso… Giacché nel sangue e nel cuore quanto
nell’Anima orbitare gravità e luce udita ed anche gradita quale specchio e
libertà di vita infinita… Anima-Mundi ove ogni elemento cresce nel proprio
motivo e Universale intento e libero arbitrio segregato e costretto ad
inferiore principio e ‘nota’… In un luogo ove nacque il primo vagito da un
lontano Universo raccolto e nel mito di una terrena civiltà riflesso…
Ed ora
tornare al ‘passo’ compiuto ed inquisito di una più retta disciplina, privata
però, di quella ‘nota’ che rende ‘pazza’ la comune via, cammino o Sentiero percorso, quale ‘monte analogo’ di
una più profonda Verità divenuta e riflessa per ogni mito arso all’ingiuria e
trascuratezza, o ancor peggio, al limite della semplice ‘parola’ nata (e dicono
evoluta alla grotta cui incisa)… Alcuni predicano Storia, altri e con loro,
Memoria… Se pur sempre taciuta costretta ed anche travisata, talché cotal intento
diverrà (di ciò ne sono più che certo nel visibile Universo privato dell’Anima
detta) come il povero Albero e con lui l’infelice natura linciata e di seguito
- l’Uno trovator della Memoria inquisita - ugual ricordo… E se pur in apparenza
incapace di qualsivoglia strumento, in verità e per il vero, nell’Anima e Dio
aver composto e suonato ogni accordo… In accordo, per il vero, con l’Opera
pensata aver concepito la Prima Nota il Primo Elemento… L’Uno assiso (ed Io)
contemplare vera Natura dal ‘due’ nata cui la cellula formerà futuro spartito e
Universale concerto… E saper con ugual
sudore aver attraversato nelle ère percorse ugual pena sofferenza e terreno
patimento al Teschio della vita la quale vittima del Tempo, e con questo, le
sue evoluzioni creare diverso mito diverso spartito… Ma ora l’Uno nato sa di
aver capito e visto la vita nel Secondo in cui braccato… nel progresso
maturato… nella conquista ove ogni Anima soffre e reclama una più nobile
natura…da una diversa parabola raccolta e costretta…Dio intona la sua
preghiera…
Misurare
tale distanza nella geometria rivelata e rilevata sarà come udire ed assaporare
il colore della vita il peso o la sensibilità nata o fors’anche perita al
comune intento della gravità misurata… E se l’Anima percepire tale intento non
stupirti del ritmo della rima seguire d’incanto lo spartito nella fuga ove io
qual Eretico scrivo e dico… Non stupirti se la gioia nascere ugualmente al
passo al ritmo alla vita… E narrare il mondo nato! Non stupirti se ugual grida
confondere passo e musica! Non stupirti se come il Tempo narrato ugual
inquisitore braccare intento e spartito…e mutare il sole di un sorriso
precipitato nell’abisso di una colpa mai consumata e con lei offesa
arrecata…(*)
(*) L’essere umano ha modellato ogni suo movimento, suono e immagine
sull’osservazione delle altre creature e delle altre meraviglie naturali di
Dio.
Gli uccelli cantano come uccelli, i leopardi camminano come leopardi, i
cavalli come cavalli, i gabbiani volano come gabbiani, i leoni ruggiscono come
leoni, i pesci nuotano come pesci. Tutti gli animali, salvo l’uomo, si
comportano come vuole la loro specie.
La musica, per esempio, è cominciata con l’uomo, l’uomo primitivo che
cercava di riprodurre i suoni della natura, il vento, gli uccelli, gli animali,
l’acqua, il crescendo del fuoco. Dopodiché vennero creati dei grandi sistemi di
studio, soltanto per sco-prire che la musica non ha confini.
(D. Ellington)
Queste guerre per gli schiavi portavano destino di morte ai giovani e
ai vecchi di quei tempi, perché se un uomo o una donna venivano catturati, poi
erano venduti come schiavi a gente forestiera che li portava in posti
sconosciuti per ucciderli davanti al suo dio o per farli lavorare
per loro...
per loro...
Ma siccome mia madre era una piccola commerciante che andava da un
posto all’altro, una mattina andò al mercato che stava a circa tre miglia dalla
nostra città, e lasciò come sempre due fette di igname cotto per noi. Quando
furono le dodici del pomeriggio i galli cominciarono a cantare senza smettere
mai, allora mio fratello ed io entrammo nella stanza di nostra madre dove lei
teneva al sicuro per noi i due ignami affettati o tagliati, così le due mogli
che ci odiavano non potevano avvelenarli, e mio fratello prese uno degli ignami e io
presi l’altro e subito ci mettemmo a mangiare.
Ma mentre noi stavamo mangiando
gli ignami nella stanza di nostra madre, quelle due mogli che ci odiavano
seppero prima di noi che in città stava per scoppiare la guerra, così
scapparono tutte e due dalla città con le loro figlie senza dirci niente e
senza portarci con loro, e lo sapevano tutte quante che nostra madre non era in
città. Proprio perché eravamo troppo piccoli per sapere il significato del ‘male’
e del ‘bene’, ballavamo tutti e due ai rumori dei fucili nemici che rimbombavano
nella stanza dove stavamo mangiando gli ignami, mentre i grossi alberi e le
molte colline tutte piene di buchi profondi che circondavano completamente la
città cambiavano i rumori terribili dei fucili nemici in un suono che ci pareva
bellissimo, e noi ballavamo per questi suoni bellissimi dei fucili nemici.
Ma siccome i nemici si
avvicinavano sempre di più alla città, per noi i suoni bellissimi dei
loro fucili diventarono terribili perché in quel momento tutto tremava…
…E fu quel giorno che scoprii che se la paura è troppa una persona non
ha più paura di niente. Ma siccome il fumo dei fucili nemici si stava
avvicinando a noi, con grande dolore mio fratello mi lasciò su quella strada,
poi si fermò e si mise le mani in tasca e tirò fuori
i frutti che erano caduti dall’albero sotto il quale prima stavamo per nasconderci; e invece di uno solo me li diede tutti e due.
i frutti che erano caduti dall’albero sotto il quale prima stavamo per nasconderci; e invece di uno solo me li diede tutti e due.
Dopo di che si mise a correre più presto che poteva lungo quella strada
verso i nemici, senza essere visto, e intanto che correva via continuava ancora
a guardarmi. Così quando non lo vidi più sulla strada, mi misi in tasca tutti e
due i frutti e poi tornai a quell’albero sotto il quale li avevamo presi e restai
là soltanto per ripararmi dal sole...
(Amos Tutuola, La mia vita nel bosco degli
spiriti)
(Prosegue...)
Nessun commento:
Posta un commento