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Venenum materia (32/1)
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Dispute teologiche fra Sacro e profano (34)
Si designa però più spesso come gloria, kydos, o come fama, kléos, decretata da una pronuncia, phéme, degli Dèi. In vedico è lo stato di kratu, di ardore, forza ed ispirazione, forse dalla stessa radice kar donde il sanscrito kirti, ‘fama’. In avestico è magha,
dalla radice di magnificenza e di magia. Forse in indoeuropeo fu designato con
la radice leudh, donde l’avestico ruoda, ‘crescita’, ‘statura’; il greco
antico eleutheria e il latino libertas; con la radice aug, donde augmentum, auctoritas, augustus. E’ uno stato nel quale si fonde la
veemenza più ebbra e l’attenzione più quieta e lungimirante; perciò una comune
radice genera le parola mania, mente e mantica.
Questo lo stato giusto, il bene!
Le parole che designano il diritto
spesso evocano questa condizione che è la pietra di volta d’ogni ordine di
giustizia (per chi si adopera ed affanna nel contrario al rogo di ogni bosco e
foglia certamente opera per altra ed opposta natura mai degna Arte di alcun Dio).
Questa giustizia come conformità al
destino può venir meno (come appena detto e troppo spesso) la sua dritta via
può essere smarrita: improvvisamente un infausto incontro, una cattiva notizia,
una calunnia, una brutta azione accompagnata ad un morbo alterano la
circolazione d’energia (come un elemento estraneo attacca un corpo sano), si
ottenebra allora l’irradiazione di prestigio e d’autorità, la gloria del
colpito (anche da un solo fulmine alla chioma del folto bosco), il suo canto
interiore muore e brucia e si spegne nelle ceneri di un singhiozzo, di un acqua
putrida, di una strana escrescenza, di un fuoco solfureo, di una vista
incompiuta; cessa, quindi, la propria certezza d’avere nome e fato scritti nel
cielo là ove la chioma protende….
Sguardi o gesti o parole o suoni
sinistri, opera di uomini o di esseri invisibili, hanno rapinato e legato,
stregato, maledetto l’uomo che prima si muoveva libero nella sua gloria
specchio di Dio o baldo beniamino degli Dèi, non scorgo gran differenza in
medesimo male rilevato…
E’ stato compiuto, diranno i primi
giuristi, un veneficio. Non è, questo, soltanto l’avvelenamento della Natura ma
anche l’ammaliamento. Venenum è tanto
il fascino maligno quanto la corruzione
degli umori corporei.
Il veneficio va represso; nascono
insieme la medicina e il diritto, dalla radice med, proviene il nome del giudice in osco: mediss. Il medico e il giudice furono una sola persona, lo
Sciamano.
La tradizione eschimese raccolta da Rasmussen insegna che all’inizio il
vento e il respiro riunivano, intrecciavano, mantenendole integre le energie
dell’uomo. Quando povertà e bisogno e morte scesero sulla terra, sorse il Primo Sciamano esperto di riti, di cure,
di magia, istruito da visioni nelle
quali individuava ricette e responsi, dunque in grado di guarire e restaurare
la giustizia.
Pericoli dei pericoli è restare
affascinati, ossessionati, posseduti; conferiti a un altrui destino e morti al
nostro. Culmine dell’ingiustizia è la rapina psichica che atti di violenza,
malattie agevolano nei diritti primordiali il veneficio è il massimo delitto. Lo
schianto d’un torto o la potenza d’un inganno o il dolore d’una persona
percossa aprono le porte alla forza psichica e malevola altrui, che ci cattura
e trasforma in larve: questa la pura escrescenza del male. Allora è la massima
sventura, quando abdichiamo al nostro per ammirare, amare, seguire accecati il
destino e la volontà di chi ci abbia piegato e stregato, contenti di non
essere, di non aver più diritto a niente, di non poter più nessun’altra
Stagione al Bosco di cui la vita…
E’ questa potrebbe
essere una valida introduzione al faggio su cui feci giuramento… ed ora a lui
regalo ogni foglia persa e rinata alla chioma di un’infinita Primavera… nel
rogo di chi attenta la vita…
(E. Zolla, Uscite dal mondo; composizioni artistiche di: Kizuki Tamura)
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