Precedenti Capitoli:
Il tordo beffeggiatore (39)
Prosegue nel...
Lento inesorabile declino (41)
Non ebbe alcuna risposta; perlomeno, ci fu un attimo di esitazione,
e la risposta, se venne data, si perse nella detonazione del fucile della
sentinella. Nel silenzio della notte e della foresta il suono assordante si era
a malapena smorzato quando venne ripetuto dai fucili dei picchetti a destra e a
sinistra, in un fuoco di fila amico. Da due ore, ogni civile non ancora trasformatosi
in soldato si raffigurava nemici immaginari con cui popolava la foresta
antistante, e lo sparo di Grayrock aveva conferito alla schiera degli invasori un’esistenza
tangibile.
Dopo aver sparato, si ritirarono tutti senza fiato verso le
riserve… tutti tranne Grayrock, che non sapeva in che direzione fuggire.
Quando, non essendosi materializzato nessun nemico, l’accampamento destato, a tre
chilometri di distanza, si era di nuovo spogliato e rimesso a letto, e la linea
dei picchetti si era ricomposta con circospezione, Grayrock venne trovato coraggiosamente
al suo posto, e l’ufficiale di guardia si complimentò con lui poiché era
l’unico soldato di quel reparto leale che potesse essere considerato a buon
diritto l’equivalente morale di quella straordinaria unità di valore detta un
evviva all’inferno.
Comunque, nel frattempo, Grayrock aveva intrapreso una ricerca
serrata ma infruttuosa delle spoglie mortali dell’intruso al quale aveva
sparato e che il suo intuito di tiratore gli diceva di aver colpito, poiché era
uno di quegli esperti nati che fanno fuoco senza prendere la mira in virtù di
un istintivo senso della direzione, e che di notte sono pericolosi quasi quanto
di giorno. Per una buona metà dei suoi ventiquattro anni, era stato il flagello
dei bersagli di tutti i poligoni di tre città.
Impossibilitato a mostrare la preda morta, ebbe la discrezione
di tenere la bocca chiusa, e fu felice di scorgere nell’ufficiale e nei
compagni la supposizione naturale che, non essendo scappato, non aveva visto nulla
di ostile. In ogni modo, si era guadagnato una ‘menzione d’onore’ per non
essere fuggito. Ciononostante, il soldato semplice Grayrock era tutt’altro che soddisfatto
dell’avventura notturna, e quando l’indomani trovò un pretesto abbastanza
convincente per richiedere il lasciapassare che gli avrebbe permesso di uscire
dalle linee, e il generale al comando glielo concesse prontamente in segno di riconoscimento
per il coraggio dimostrato la notte precedente, uscì nel punto in cui ne aveva
fatto sfoggio.
Dopo aver detto alla sentinella in servizio di aver smarrito
una cosa – il che tutto sommato era vero – riprese a cercare la persona che
credeva di aver colpito e che, nel caso in cui fosse stata solo ferita, sperava
di scovare grazie alle tracce di sangue. Alla luce del sole non ebbe più
successo di quanto ne avesse avuto al buio, e dopo aver battuto una vasta area
ed essersi coraggiosamente addentrato per un certo tratto nella Confederazione,
smise di cercare; alquanto affaticato, si sedette ai piedi del grosso pino dove
l’abbiamo già visto, e si crogiolò nella delusione.
Non bisogna dedurne che quella di Grayrock fosse la
mortificazione di una natura crudele ostacolata nel compimento di un’azione sanguinaria.
Nei grandi occhi chiari, nelle labbra finemente cesellate e nella fronte ampia
del giovane si leggeva tutt’altra storia, e in effetti il suo carattere era una
combinazione singolarmente felice di audacia e sensibilità, di coraggio e
coscienza.
Sono deluso, si disse, seduto ai piedi della foschia dorata
che sommergeva la foresta come un mare rarefatto, deluso per non essere riuscito
a trovare un mio simile ucciso dalla mia stessa mano!
Voglio davvero aver ucciso qualcuno nel compimento di un
dovere che poteva benissimo essere espletato anche senza spargimento di sangue?
Cos’altro potrei desiderare?
Se incombeva un pericolo, il mio sparo l’ha allontanato; è per
questo che ero qui. No, sono davvero felice se nessuna vita umana è stata
distrutta invano per mano mia. Ma mi trovo in una situazione falsa. Ho lasciato
che gli ufficiali si complimentassero con me e che i compagni mi invidiassero.
L’accampamento risuona di lodi per il mio coraggio. Non è giusto; so di essere coraggioso,
ma mi lodano per azioni che non ho compiuto… o che ho compiuto in modo diverso.
Credono che sia rimasto coraggiosamente nella mia postazione, senza sparare, e
invece sono stato io a dare il via al fuoco di fila, e non mi sono ritirato durante
l’allarme generale perché ero sconcertato.
Allora, cosa devo fare?
Spiegare che ho visto un nemico e ho fatto fuoco?
L’hanno detto tutti di loro stessi, ma nessuno ci crede.
Devo dire una verità che, screditando il mio coraggio, sortirà
l’effetto di una bugia?
Puah! È proprio una brutta faccenda. Spero che Dio mi conceda
di trovare il mio uomo!
…E con questo desiderio, il soldato semplice Grayrock,
sopraffatto infine dal languore del pomeriggio e cullato dai placidi ronzii in
prosa degli insetti nei cespugli profumati, finì per dimenticare gli interessi degli
Stati Uniti e per addormentarsi esponendosi alla cattura. E dormendo sognò…
Fantasticò di essere un ragazzo che viveva in una meravigliosa
terra lontana sulle rive di un grande fiume solcato in su e in giù da imponenti
battelli a vapore, le cui alte volute di fumo nero ne annunciavano l’arrivo molto
tempo prima che avessero svoltato le anse e ne indicavano i movimenti a diversi
chilometri di distanza. Mentre li guardava, aveva sempre al suo fianco una
persona che egli amava con tutto il cuore e con tutta l’anima: suo fratello gemello.
Insieme passeggiavano lungo le rive del fiume; insieme esploravano i campi
lontani, e raccoglievano la menta aromatica e i rametti di sassofrasso
fragrante sulle colline che dominavano il paesaggio, al di là delle quali si estendeva
il Reame dell’Ipotesi e dalle quali,
se loro due guardavano verso sud rispetto al grande fiume, potevano scorgere la
Terra Incantata.
Mano nella mano e cuore nel cuore, gli unici figli di una
madre vedova percorrevano sentieri di luce attraverso valli di pace e vedevano cose
nuove sotto un sole nuovo. E su tutti quei giorni dorati aleggiava un unico
suono incessante: il canto profondo e commuovente di un tordo beffeggiatore, in gabbia davanti alla porta della casetta. Pervadeva
e riempiva tutti gli intervalli spirituali del sogno, come una benedizione
musicale. Il gioioso uccello cantava sempre; le sue note infinite sembravano uscirgli
dalla gola senza sforzo, con gorgoglii e tintinnii a ogni battito del cuore, come
le acque di una sorgente vibrante. Quella melodia vivace e limpida sembrava lo
spirito della scena, il significato e l’interpretazione dei misteri della vita
e dell’amore. Ma venne un tempo in cui i giorni del sogno si fecero bui per il
dolore in una pioggia di lacrime. La buona madre era morta, la casa nel prato accanto
al grande fiume era caduta in rovina, e i fratelli vennero divisi da due dei
loro parenti. William (il sognatore) andò a vivere in una città popolosa nel
Reame dell’Ipotesi, e John, dopo aver attraversato il fiume ed essere giunto
nella Terra Incantata, venne portato in una regione lontana i cui abitanti
erano noti per il loro modo di vivere e per i loro usi bizzarri e malvagi. A
questi, nella divisione dei beni della madre morta, era toccato tutto ciò che avevano
ritenuto prezioso: il tordo beffeggiatore.
Loro due potevano essere separati, ma l’uccello no, quindi
venne portato nel paese bizzarro, e il mondo di William non ne seppe più nulla.
Eppure, anche negli anni di solitudine, quel canto riempì tutto il sogno, e
sembrò sempre riecheggiargli nelle orecchie e nel cuore. I parenti che avevano
adottato i ragazzi si odiavano e non avevano rapporti. Per un certo periodo, i
due fratelli si scambiarono lettere piene di spacconeria fanciullesca e di racconti
presuntuosi delle loro nuove e più ampie esperienze, descrizioni grottesche
delle loro vite dagli orizzonti più vasti e dei nuovi mondi che avevano conquistato;
ma pian piano divennero sempre meno frequenti, e quando William si trasferì in
una città più grande cessarono completamente.
Ma il canto del tordo beffeggiatore non ebbe mai fine, e
quando il sognatore aprì gli occhi e fissò in prospettiva la foresta dei pini,
l’interruzione della musica gli fece capire di essersi svegliato. Il sole era
basso e rosseggiava a occidente; i raggi orizzontali proiettavano dal tronco di
ciascun pino gigante una parete di ombre che attraversava la foschia dorata verso
est, finché la luce e l’ombra non si fusero in un azzurro indistinto.
Il soldato semplice Grayrock si alzò in piedi, si guardò
intorno con circospezione, imbracciò il fucile e si avviò verso l’accampamento.
Aveva percorso all’incirca ottocento metri e stava oltrepassando un boschetto
di alloro, quando un uccello si alzò in volo dal folto del bosco e,
appollaiatosi sul ramo di un albero più in alto, fece sgorgare dal suo petto
gioioso un profluvio inesauribile di note che solo una tra tutte le creature di
Dio è in grado di emettere in Sua lode. Era una faccenda di poco conto: si
trattava solo di aprire il becco e di prendere fiato; eppure l’uomo si fermò
come se fosse stato colpito… si fermò e lasciò cadere il fucile, sollevò lo sguardo
verso l’uccello, si coprì gli occhi con le mani e pianse come un bambino!
In quel momento era davvero tornato bambino, nello spirito e
nel ricordo, e viveva ancora presso il grande fiume, di fronte alla Terra
Incantata!
Quindi, con uno sforzo di volontà, tornò in sé, raccolse
l’arma e, dandosi ad alta voce dell’idiota, proseguì a grandi falcate. Passando
davanti a un’apertura che s’inoltrava nel cuore del boschetto, vi guardò
dentro, e lì, supina sul terreno, con le braccia spalancate, l’uniforme grigia insozzata
da un’unica macchia di sangue sul petto, il volto pallido riverso bruscamente
verso l’alto e all’indietro, giaceva l’immagine di se stesso… il corpo di John Grayrock,
morto in seguito a una ferita da arma da fuoco, e ancora caldo!
Aveva trovato il suo uomo.
Quando lo sventurato soldato si inginocchiò accanto a quel capolavoro
della guerra civile, l’uccello che cantava sul ramo sopra la sua testa zittì la
sua melodia e, arrossato dal fulgore purpureo del tramonto, si librò
silenziosamente in volo tra gli spazi solenni della foresta. Quella sera,
all’appello nell’accampamento federale, il nome di William Grayrock non ricevette
risposta, né allora, né mai più.
(Bierce)
Nessun commento:
Posta un commento