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Grande 'intuizione' (20)
Raccomandiamo a tutti i Soci del Club Alpino Italiano la qui
unita circolare emanata dal geologo professore Antonio Stoppani.
Firenze, 25 giugno 1878
Egregio Signore,
Uno dei
fatti più interessanti por la fisica terrestre, è, per così chiamarlo, la
riproduzione su piccola scala ai nostri giorni della stessa vicenda, per
rapporto ai ghiacciai delle Alpi, che caratterizza l’Epoca glaciale.
Noi assistiamo attualmente ad un periodo di
straordinario regresso.
Da quando ebbi
occasione di annunciare, in uno dei precedenti miei scritti {Note ad un corso
di geologia, Voi. I, § 515), che un seguito d’anni come il 1861 farebbe rinculare
i ghiacciai ben addentro i recessi delle Alpi; questi non hanno cessato
ritirarsi.
Non ho
mancato nelle mie susseguenti pubblicazioni di chiamare, quasi ogni anno
dappoi, l’attenzione del geologi su questo fatto. Le morene frontali, per
quanto mi consta, furono, tutte senza eccezione, abbandonate a molte centinaia
di metri dalla fronte del rispettivo ghiacciaio; le rocce lisciate,
arrotondate, striate, messe a nudo sopra estensioni di migliaia di metri
quadrati sulla fronte e sui fianchi; le vedrette sono ridotte a piccole tasche
di neve e moltissime scomparse; di nevi fresche quasi più nessuna traccia sulle
alture coperte di nevi persistenti; queste ridotte a ben più angusti confini.
Chi ha visitato ripetutamente le stesse località
in questi ultimi anni, dev’essersi accorto che il paesaggio alpino, nelle
regioni più elevate, ha interamente cambiato di aspetto.
Questo
periodo di straordinario regresso, il quale altri ne ricorda storici ma di data
molto antica, corre dal 1860, e non accenna a chiudersi certamente. Ma esso fu preceduto,
come avvenne in grande nell’epoca glaciale, da un periodo di avanzamento il
quale era già cominciato, se valgono le notizie da me raccolte, molto avanti la
fine dello scorso secolo, ed occupò tutta la prima metà del presente, toccando
il suo maximum verso la fine del primo quarto e più precisamente nel 1820.
Da che hanno origine codeste vicende?
Dipendono
esse da oscillazioni secolari della temperatura, ovvero da quantità minore o
maggiore di vapori portati dalle correnti atmosferiche?
Si tratta
di vicende telluriche o di semplici fenomeni regionali?
È ufficio
della scienza osservarci fatti ed indagarne le ragioni. Ma se parlasi di
fenomeni i quali si compiono soltanto in un largo giro d’anni o di secoli (come
sono appunto i grandi cicli meteorologici di cui i ghiacciai possono
considerarsi come i principali misuratori), lo scienziato purtroppo deve
limitarsi per lo più al semplice ufficio d’osservatore, lasciando ai posteri
quello di scoprirne le cause e di cavarne le conclusioni per la scienza.
In questo
ufficio di osservatore però, dev’essere, quanto più gli riesca, preciso,
abbondante, facendosi aiutare da quanti hanno a cuore il progresso della
scienza, in guisa da lasciare ai posteri quel maggior numero possibile di dati
incontestabili, che permetterà loro di afferrare i veri in oggi a noi contesi,
più che da altro, dalla trascuratezza e dall’apatia dei nostri maggiori.
È con
queste idee e queste intenzioni, che il sottoscritto ha già posto mano ad un
lavoro il quale è appunto destinato a mettere nella maggior luce possibile i
fatti che riguardano l’attuale regresso dei ghiacciai alpini, in
corrispondenza al progresso verificatosi antecedentemente al 1860 ed alle
vicende somiglianti segnalate in altri luoghi e in altri tempi, ed attestato
dalla storia o dalla geologia.
Trattandosi
però di uno studio il quale, anche tenuto semplicemente entro i limiti dell’osservazione,
non potrebbe condursi a buon fine senza visitare in sito un gran numero di ghiacciai,
raccogliere il maggior numero possibile di notizie e di tradizioni dalla bocca
di alpigiani, fare lo spoglio di opere antiche e moderne e degli archivi degli
osservatori metereologici, senza far quello insomma a cui non basterebbero più
persone insieme; prevede che a ben meschini risultati approderebbero i suoi
sforzi, senza il concorso che altri già gli prestarono efficacissimo, e ch’egli
invoca da lei, egregio signore, e da quanti lei sa che apprezzino l’importanza
di tali scientifiche ricerche e siano capaci in qualunque modo di coadiuvarvi.
Mi permetto dunque di indicarle qui sotto le cose a cui bramerei principalmente rivolte le
di lei indagini, colla preghiera di parteciparmene a suo tempo il risultato.
1 Morene frontali abbandonate
probabilmente dopo il 1820, riconoscibili facilmente perché ricoperte soltanto
di erbe e d’arbusti e da qualche giovine pianta. Loro attuale distanza dalla
fronte del ghiacciaio.
2 Morene frontali abbandonate dal 1860 in
poi. Loro numero e distanza di ciascuna dalla fronte del rispettivo ghiacciaio.
Queste morene si riconoscono con tutta certezza, essendo fresche, nude, e
affatto incoerenti.
3 Estensione dell’area frontale messa a nudo dal
regresso del ghiacciaio.
4 Morene laterali abbandonate dopo il
1860, riconoscibili come sopra. Loro attuale elevazione sul lato rispettivo del
ghiacciaio.
5 Larghezza dell’area laterale denudata, dove si
mostrano facilmente a nudo le rocce frescamente lisciato, striate ed
arrotondate.
6 Calcoli approssimativi sulla quantità di
ghiaccio perduto da ciascun ghiacciaio dopo il 1860.
7 Vedrette impiccolite o scomparse.
8 Aree rimaste spoglie recentemente di nevi
persistenti.
9 Diminuzione in genere delle così
dette nevi eterne o persistenti.
10 Passi alpini resi più accessibili ed ascensioni
divenute più facili per la scomparsa o riduzione delle vedrette , dei crepacci
e delle nevi persistenti.
11 Notizie sui freddi straordinari, sulle straordinarie cadute di nevi o invasioni de’ ghiacciai,
e sulle variazioni di clima e di stagioni, ordinarie o straordinarie,
riferibili od anteriori al secolo presente, o anche antichissime, che siano
opportune a stabilire in qualunque modo dei rapporti tra le oscillazioni dei
ghiacci, quelle delle nevi perpetue, e le condizioni meteorologiche parziali o
generali delle diverse epoche.
12 Spoglio degli archivi degli osservatori
metereologici per ciò che riguarda specialmente la quantità di pioggia o di
neve caduta nelle diverse stagioni in un maggior numero possibile di anni.
Qualunque
notizia del resto possa, egregio signore, raccogliere o dalle proprie
osservazioni, o dalla bocca degli alpigiani, o dagli osservatori o dai libri,
tornerà sempre utile e graditissima al sottoscritto, dandole diritto alla sua
riconoscenza, ch’egli spera di poterle pubblicamente attestare, come fa ora
privatamente, mentre le anticipa i più vivi ringraziamenti e le si rassegna.
Devotissimo servo
Antonio Stoppani
P.S. Tutto ciò per quanto detto osservato e studiato non
sollevano le concause circa responsabilità dell’uomo dal fenomeno dedotto, semmai
evidenziano come una persistente ‘ritirata’ può imputarsi non ad un evento
naturale o ciclico, circa lo stesso fenomeno evidenziato lungo un lasso
di tempo rilevato nei millenni e secoli, semmai, una “pregiudizievole
consistente determinante significativa interferenza” umana (oltre che della
stessa Natura come dal mio libro che introduco) che ne determina una
oscillazione notevole, anche e comunque se preesistente su scala temporale nella
breve frequenza storica in cui tal fattore rilevato si intensifica, e non più
dovuta allo stesso fenomeno nell’estensione della propria ciclicità in
riferimento a ben precise relazioni con l’Universo stesso [il Sole in primo
luogo]. Ritirate e Estensioni differiscono con i valori rilevati determinando
concause non inerenti alle naturali studiate nei millenni di storia Geologica e
nuova Glaciologia…
(Prosegue...)
(Prosegue...)
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